Decreto Legislativo 19 settembre 1994 n. 626
Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE,89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE e 90/679/CEE, 93/88/CEE, 95/63/CE, 97/42, 98/24 e 99/38 riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro
pubblicato sul Supplemento Ordinario n. 141 alla Gazzetta Ufficiale n. 265 del 12 novembre 1994
Testo coordinato con le modifiche apportate con D.Lgs. 19 marzo 1996 n. 242 (Supplemento Ordinario n. 75 alla Gazzetta Ufficiale n. 104 del 6 maggio 1996) e con il D.Lgs. 19 dicembre 1994 n. 758 (Supplemento Ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 21 del 26 gennaio 1995), D.Lgs. 4 agosto 1999 n. 359 (Gazzetta Ufficiale n. 246 del 19 ottobre 1999), Decreto 12 novembre 1999 (Gazzetta Ufficiale n. 21 del 27 gennaio 2000), D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 66 (Gazzetta Ufficiale n. 70 del 24 marzo 2000), L. 29 dicembre 2000 n. 422 (S.O. alla G. U. n. 16 del 20 gennaio 2001), D.Lgs. 2 febbraio 2002, n. 25 (S.O. n. 40/L alla G.U. n. 57 del 8 marzo 2002), Rettifica G. U. n. 83 del 9 aprile 2002
TITOLO I
capo I
Disposizioni generali
Articolo 1 (*)
Campo di applicazione
1. Il presente decreto legislativo prescrive misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori durante il lavoro, in tutti i settori di attività privati o pubblici.
2. Nei riguardi delle Forze armate e di Polizia, dei servizi di protezione civile, nonché nell'ambito delle strutture giudiziarie, penitenziarie, di quelle destinate per finalità istituzionali alle attività degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica, delle università, degli istituti di istruzione universitaria, degli istituti di istruzione ed educazione di ogni ordine e grado, degli archivi, delle biblioteche, dei musei e delle aree archeologiche dello stato, delle rappresentanze diplomatiche e consolari e dei mezzi di trasporto aerei e marittimi, le norme del presente decreto sono applicate tenendo conto delle particolari esigenze connesse al servizio espletato, individuate con decreto del Ministro competente di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della sanità e della funzione pubblica.(**)
3. Nei riguardi dei lavoratori di cui alla legge 18 dicembre 1973 n. 877, nonché dei lavoratori con rapporto contrattuale privato di portierato, le norme del presente decreto si applicano nei casi espressamente previsti.
4. Le disposizioni di cui al presente decreto si applicano nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e relative norme di attuazione.
4-bis. Il datore di lavoro che esercita le attività di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 e, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, i dirigenti e i preposti che dirigono o sovraintendono le stesse attività, sono tenuti all'osservanza delle disposizioni del presente decreto.
4-ter. Nell'ambito degli adempimenti previsti dal presente decreto, il datore di lavoro non può delegare quelli previsti dall'articolo 4, commi 1, 2, 4, lettera a), e 11, primo periodo.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 19/11/1996 n. 154; Circolare 20/12/1996 n. 172; Circolare 5/3/1997 n. 28.
(**) Comma così modificato dal D.L. n 510 del 1.10.96 convertito in Legge n. 608 del 28 novembre 1996.
Articolo 2 (*)
Definizioni
1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto si intendono per:
a) lavoratore: persona che presta il proprio lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari, con rapporto di lavoro subordinato anche speciale. Sono equiparati i soci lavoratori di cooperative o di società, anche di fatto, che prestino la loro attività per conto delle società e degli enti stessi, e gli utenti dei servizi di orientamento o di formazione scolastica, universitaria e professionale avviati presso datori di lavoro per agevolare o per perfezionare le loro scelte professionali. Sono altresì equiparati gli allievi degli istituti di istruzione ed universitari e i partecipanti a corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori, macchine, apparecchi ed attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici. I soggetti di cui al precedente periodo non vengono computati ai fini della determinazione del numero di lavoratori dal quale il presente decreto fa discendere particolari obblighi;
b) datore di lavoro: il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l'organizzazione dell'impresa, ha la responsabilità dell'impresa stessa ovvero dell'unità produttiva, quale definita ai sensi della lettera i), in quanto titolare dei poteri decisionali e di spesa. Nelle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, per datore di lavoro si intende il dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest'ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale;
c) servizio di prevenzione e protezione dai rischi: insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all'azienda finalizzati all'attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali nell'azienda, ovvero unità produttiva;
d) medico competente: medico in possesso di uno dei seguenti titoli:
(1) 1) specializzazione in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene industriale o in fisiologia ed igiene del lavoro o in clinica del lavoro o in igiene e medicina preventiva o in medicina legale e delle assicurazioni ed altre specializzazioni individuate, ove necessario, con decreto del Ministro della sanità di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica;
2) docenza o libera docenza in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene industriale o in fisiologia ed igiene del lavoro;
3) autorizzazione di cui all'articolo 55 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277;
e) responsabile del servizio di prevenzione e protezione: persona designata dal datore di lavoro in possesso di attitudini e capacità adeguate;
f) rappresentante dei lavoratori per la sicurezza: persona, ovvero persone, eletta o designata per rappresentare i lavoratori per quanto concerne gli aspetti della salute e della sicurezza durante il lavoro, di seguito denominato rappresentante per la sicurezza;
g) prevenzione: il complesso delle disposizioni o misure adottate o previste in tutte le fasi dell'attività lavorativa per evitare o diminuire i rischi professionali nel rispetto della salute della popolazione e dell'integrità dell'ambiente esterno;
h) agente: l'agente chimico, fisico o biologico, presente durante il lavoro e potenzialmente dannoso per la salute;
g) unità produttiva: stabilimento o struttura finalizzata alla produzione di beni o servizi, dotata di autonomia finanziaria e tecnico-funzionale.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 7/8/1995 n. 102; Circolare 19/11/1996 n. 154; Circolare 17/12/1996 n. 3; Circolare 20/12/1996 n. 172.
Articolo 3
Misure generali di tutela
1. Le misure generali per la protezione della salute e per la sicurezza dei lavoratori sono:
a) valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza;
b) eliminazione dei rischi in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico e, ove ciò non è possibile, loro riduzione al minimo;
c) riduzione dei rischi alla fonte;
d) programmazione della prevenzione mirando ad un complesso che integra in modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche produttive e organizzative dell'azienda nonché l'influenza dei fattori dell'ambiente di lavoro;
e) sostituzione di ciò che è pericoloso con ciò che non lo è, o è meno pericoloso;
f) rispetto dei principi ergonomici nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, anche per attenuare il lavoro monotono e quello ripetitivo;
g) priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale;
h) limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono, o che possono essere, esposti al rischio;
i) utilizzo limitato degli agenti chimici, fisici e biologici, sui luoghi di lavoro;
l) controllo sanitario dei lavoratori in funzione dei rischi specifici;
m) allontanamento del lavoratore dall'esposizione a rischio, per motivi sanitari inerenti la sua persona;
n) misure igieniche;
o) misure di protezione collettiva ed individuale;
p) misure di emergenza da attuare in caso di pronto soccorso, di lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori e di pericolo grave ed immediato;
q) uso di segnali di avvertimento e di sicurezza;
r) regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, macchine ed impianti, con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformità alla indicazione dei fabbricanti;
s) informazione, formazione, consultazione e partecipazione dei lavoratori ovvero dei loro rappresentanti, sulle questioni riguardanti la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro;
t) istruzioni adeguate ai lavoratori.
2. Le misure relative alla sicurezza, all'igiene e alla salute durante il lavoro non devono in nessun caso comportare oneri finanziari per i lavoratori.
Articolo 4 (*)
Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto
(2) "1. Il datore di lavoro, in relazione alla natura dell'attività dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, valuta tutti i rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonchè nella sistemazione dei luoghi di lavoro".
2. All'esito della valutazione di cui al comma 1, il datore di lavoro elabora un documento contenente:
a) una relazione sulla valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute durante il lavoro, nella quale sono specificati i criteri adottati per la valutazione stessa;
b) l'individuazione delle misure di prevenzione e di protezione e dei dispositivi di protezione individuale, conseguente alla valutazione di cui alla lettera a);
c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza.
3. Il documento è custodito presso l'azienda ovvero l'unità produttiva.
4. Il datore di lavoro:
a) designa il responsabile del servizio di prevenzione e protezione interno o esterno all'azienda secondo le regole di cui all'articolo 8;
b) designa gli addetti al servizio di prevenzione e protezione interno o esterno all'azienda secondo le regole di cui all'articolo 8;
c) nomina, nei casi previsti dall'articolo 16, il medico competente.
5. Il datore di lavoro adotta le misure necessarie per la sicurezza e la salute dei lavoratori, e in particolare:
a) designa preventivamente i lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di pronto soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza;
b) aggiorna le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e della sicurezza del lavoro, ovvero in relazione al grado di evoluzione della tecnica della prevenzione e della protezione;
c) nell'affidare i compiti ai lavoratori tiene conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza;
d) fornisce ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale, sentito il responsabile del servizio di prevenzione e protezione;
e) prende le misure appropriate affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico;
f) richiede l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti, nonché delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di igiene del lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione;
g) richiede l'osservanza da parte del medico competente degli obblighi previsti dal presente decreto, informandolo sui processi e sui rischi connessi all'attività produttiva;
h) adotta le misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dà istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato ed inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;
i) informa il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;
l) si astiene, salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave e immediato;
m) permette ai lavoratori di verificare, mediante il rappresentante per la sicurezza, l'applicazione delle misure di sicurezza e di protezione della salute e consente al rappresentante per la sicurezza di accedere alle informazioni ed alla documentazione aziendale di cui all'articolo 19, comma 1, lettera e);
n) prende appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate possano causare rischi per la salute della popolazione o deteriorare l'ambiente esterno;
o) tiene un registro nel quale sono annotati cronologicamente gli infortuni sul lavoro che comportano un'assenza dal lavoro di almeno un giorno. Nel registro sono annotati il nome, il cognome, la qualifica professionale dell'infortunato, le cause e le circostanze dell'infortunio, nonché la data di abbandono e di ripresa del lavoro. Il registro è redatto conformemente al modello approvato con decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, sentita la Commissione consultiva permanente, di cui all'articolo 393 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, e successive modifiche, ed è conservato sul luogo di lavoro a disposizione dell'organo di vigilanza. Fino all'emanazione di tale decreto il registro è redatto in conformità ai modelli già disciplinati dalle leggi vigenti;
p) consulta il rappresentante per la sicurezza nei casi previsti dall'articolo 19, comma 1, lettere b), c) e d);
q) adotta le misure necessarie ai fini della prevenzione incendi e dell'evacuazione dei lavoratori, nonché per il caso di pericolo grave e immediato. Tali misure devono essere adeguate alla natura dell'attività, alle dimensioni dell'azienda, ovvero dell'unità produttiva, e al numero delle persone presenti.
6. Il datore di lavoro effettua la valutazione di cui al comma 1 ed elabora il documento di cui al comma 2 in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e con il medico competente nei casi in cui sia obbligatoria la sorveglianza sanitaria, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza.
7. La valutazione di cui al comma 1 e il documento di cui al comma 2 sono rielaborati in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini della sicurezza e della salute dei lavoratori.
8. Il datore di lavoro custodisce, presso l'azienda ovvero l'unità produttiva, la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria, con salvaguardia del segreto professionale, e ne consegna copia al lavoratore stesso al momento della risoluzione del rapporto di lavoro, ovvero quando lo stesso ne fa richiesta.
9. Per le piccole e medie aziende, con uno o più decreti da emanarsi entro il 31 marzo 1996 da parte dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, dell'industria del commercio e dell'artigianato e della sanità, sentita la Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per l'igiene del lavoro, in relazione alla natura dei rischi e alle dimensioni dell'azienda, sono definite procedure standardizzate per gli adempimenti documentali di cui al presente articolo. Tali disposizioni non si applicano alle attività industriali di cui all'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175, e successive modifiche, soggette all'obbligo di dichiarazione o notifica ai sensi degli articoli 4 e 6 del decreto stesso, alle centrali termoelettriche, agli impianti e laboratori nucleari, alle aziende estrattive ed altre attività minerarie, alle aziende per la fabbricazione e il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni, e alle strutture di ricovero e cura sia pubbliche sia private.
10. Per le medesime aziende di cui al comma 9, primo periodo, con uno o più decreti dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, dell'industria del commercio e dell'artigianato e della sanità, sentita la Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per l'igiene del lavoro, possono essere altresì definiti:
a) i casi relativi a ipotesi di scarsa pericolosità, nei quali è possibile lo svolgimento diretto dei compiti di prevenzione e protezione in aziende ovvero unità produttive che impiegano un numero di addetti superiore a quello indicato nell'Allegato I;
b) i casi in cui è possibile la riduzione a una sola volta all'anno della visita di cui all'articolo 17, lettera h), degli ambienti di lavoro da parte del medico competente, ferma restando l'obbligatorietà di visite ulteriori, allorché si modificano le situazioni di rischio.
11. Fatta eccezione per le aziende indicate nella nota (1) dell'Allegato I, il datore di lavoro delle aziende familiari nonché delle aziende che occupano fino a dieci addetti non è soggetto agli obblighi di cui ai commi 2 e 3, ma è tenuto comunque ad autocertificare per iscritto l'avvenuta effettuazione della valutazione dei rischi e l'adempimento degli obblighi ad essa collegati. L'autocertificazione deve essere inviata al rappresentante per la sicurezza. Sono in ogni caso soggette agli obblighi di cui ai commi 2 e 3 le aziende familiari nonché le aziende che occupano fino a dieci addetti, soggette a particolari fattori di rischio, individuate nell'ambito di specifici settori produttivi con uno o più decreti del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della sanità, dell'industria del commercio e dell'artigianato, delle risorse agricole alimentari e forestali e dell'interno, per quanto di rispettiva competenza.
12. Gli obblighi relativi agli interventi strutturali e di manutenzione necessari per assicurare, ai sensi del presente decreto, la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati in uso a pubbliche amministrazioni o a pubblici uffici, ivi comprese le istituzioni scolastiche ed educative, restano a carico dell'amministrazione tenuta, per effetto di norme o convenzioni, alla loro fornitura e manutenzione. In tal caso gli obblighi previsti dal presente decreto, relativamente ai predetti interventi, si intendono assolti, da parte dei dirigenti o funzionari preposti agli uffici interessati, con la richiesta del loro adempimento all'amministrazione competente o al soggetto che ne ha l'obbligo giuridico.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 7/8/1995 n. 102; Circolare 27/6/1996 n. 89; Decreto 5/12/1996; Circolare 17/12/1996 n. 3; Circolare 20/12/ 1996 n. 172; Circolare 5/3/1997 n. 28.
Articolo 5
Obblighi dei lavoratori
1. Ciascun lavoratore deve prendersi cura della propria sicurezza e della propria salute e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro su cui possono ricadere gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione ed alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.
2. In particolare i lavoratori:
a) osservano le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale;
b) utilizzano correttamente i macchinari, le apparecchiature, gli utensili, le sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto e le altre attrezzature di lavoro, nonché i dispositivi di sicurezza;
c) utilizzano in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione;
d) segnalano immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dispositivi di cui alle lettere b) e c), nonché le altre eventuali condizioni di pericolo di cui vengono a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell'ambito delle loro competenze e possibilità, per eliminare o ridurre tali deficienze o pericoli, dandone notizia al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;
e) non rimuovono o modificano senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo;
f) non compiono di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori;
g) si sottopongono ai controlli sanitari previsti nei loro confronti;
h) contribuiscono, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all'adempimento di tutti gli obblighi imposti dall'autorità competente o comunque necessari per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori durante il lavoro.
Articolo 6 (*)
Obblighi dei progettisti, dei fabbricanti, dei fornitori e degli installatori
1. I progettisti dei luoghi o posti di lavoro e degli impianti rispettano i principi generali di prevenzione in materia di sicurezza e di salute al momento delle scelte progettuali e tecniche e scelgono macchine nonché dispositivi di protezione rispondenti ai requisiti essenziali di sicurezza previsti nelle disposizioni legislative e regolamentari vigenti.
2. Sono vietati la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la concessione in uso di macchine, di attrezzature di lavoro e di impianti non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di sicurezza. Chiunque concede in locazione finanziaria beni assoggettati a forme di certificazione o di omologazione obbligatoria è tenuto a che gli stessi siano accompagnati dalle previste certificazioni o dagli altri documenti previsti dalla legge.
3. Gli installatori e montatori di impianti, macchine o altri mezzi tecnici devono attenersi alle norme di sicurezza e di igiene del lavoro, nonché alle istruzioni fornite dai rispettivi fabbricanti dei macchinari e degli altri mezzi tecnici per la parte di loro competenza.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 7/8/1995 n. 102.
Articolo 7 (*)
Contratto di appalto o contratto d'opera
1. Il datore di lavoro, in caso di affidamento dei lavori all'interno dell'azienda, ovvero dell'unità produttiva, ad imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi:
a) verifica, anche attraverso l'iscrizione alla Camera di commercio, industria e artigianato, l'idoneità tecnico-professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori da affidare in appalto o contratto d'opera;
b) fornisce agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività.
2. Nell'ipotesi di cui al comma 1) i datori di lavoro:
a) cooperano all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto;
b) coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva.
3. Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione ed il coordinamento di cui al comma 2. Tale obbligo non si estende ai rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 20/12/1996 n. 172; Circolare 5/3/1997 n. 28.
capo II
Servizio di prevenzione e protezione
Articolo 8 (*)
Servizio di prevenzione e protezione
1. Salvo quanto previsto dall'art. 10, il datore di lavoro organizza all'interno dell'azienda, ovvero dell'unità produttiva, il servizio di prevenzione e protezione, o incarica persone o servizi esterni all'azienda, secondo le regole di cui al presente articolo.
2. Il datore di lavoro designa all'interno dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, una o più persone da lui dipendenti per l'espletamento dei compiti di cui all'art. 9, tra cui il responsabile del servizio in possesso di attitudini e capacità adeguate, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza.
3. I dipendenti di cui al comma 2 devono essere in numero sufficiente, possedere le capacità necessarie e disporre di mezzi e di tempo adeguati per lo svolgimento dei compiti loro assegnati. Essi non possono subire pregiudizio a causa dell'attività svolta nell'espletamento del proprio incarico.
4. Salvo quanto previsto dal comma 2, il datore di lavoro può avvalersi di persone esterne all'azienda in possesso delle conoscenze professionali necessarie per integrare l'azione di prevenzione o protezione.
5. L'organizzazione del servizio di prevenzione e protezione all'interno dell'azienda, ovvero dell'unità produttiva, è comunque obbligatoria nei seguenti casi:
a) nelle aziende industriali di cui all'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n.175 e successive modifiche, soggette all'obbligo di dichiarazione o notifica, ai sensi degli articoli 4 e 6 del decreto stesso;
b) nelle centrali termoelettriche;
c) negli impianti e laboratori nucleari;
d) nelle aziende per la fabbricazione e il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni;
e) nelle aziende industriali con oltre duecento dipendenti;
f) nelle industrie estrattive con oltre cinquanta lavoratori dipendenti;
g) nelle strutture di ricovero e cura sia pubbliche sia private.
(3) 6. Salvo quanto previsto dal comma 5, se le capacità dei dipendenti all'interno dell'azienda ovvero dell'unità produttiva sono insufficienti, il datore di lavoro deve far ricorso a persone o servizi esterni all'azienda, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza.
7. Il servizio esterno deve essere adeguato alle caratteristiche dell'azienda, ovvero unità produttiva, a favore della quale è chiamato a prestare la propria opera, anche con riferimento al numero degli operatori.
8. Il responsabile del servizio esterno deve possedere attitudini e capacità adeguate.
9. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con decreto di concerto con i Ministri della sanità e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la commissione consultiva permanente, può individuare specifici requisiti, modalità e procedure, per la certificazione dei servizi, nonché il numero minimo degli operatori di cui ai commi 3 e 7.
10. Qualora il datore di lavoro ricorra a persone o servizi esterni egli non è per questo liberato dalla propria responsabilità in materia.
11. Il datore di lavoro comunica all'ispettorato del lavoro e alle unità sanitarie locali territorialmente competenti il nominativo della persona designata come responsabile del servizio di prevenzione e protezione interno ovvero esterno all'azienda. Tale comunicazione è corredata da una dichiarazione nella quale si attesti con riferimento alle persone designate:
a) i compiti svolti in materia di prevenzione e protezione;
b) il periodo nel quale tali compiti sono stati svolti;
c) il curriculum professionale.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 17/12/1996 n. 3; Circolare 20/12/1996 n. 172.
Articolo 9
Compiti del servizio di prevenzione e protezione
1. Il servizio di prevenzione e protezione dai rischi professionali provvede:
a) all'individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e all'individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base della specifica conoscenza dell'organizzazione aziendale;
b) ad elaborare, per quanto di competenza, le misure preventive e protettive e i sistemi di cui all'art. 4, comma 2, lettera b) e i sistemi di controllo di tali misure;
c) ad elaborare le procedure di sicurezza per le varie attività aziendali;
d) a proporre i programmi di informazione e formazione dei lavoratori;
e) a partecipare alle consultazioni in materia di tutela della salute e di sicurezza di cui all'art. 11;
f) a fornire ai lavoratori le informazioni di cui all'art. 21.
2. Il datore di lavoro fornisce ai servizi di prevenzione e protezione informazioni in merito a:
a) la natura dei rischi;
b) l'organizzazione del lavoro, la programmazione e l'attuazione delle misure preventive e protettive;
c) la descrizione degli impianti e dei processi produttivi;
d) i dati del registro degli infortuni e delle malattie professionali;
e) le prescrizioni degli organi di vigilanza.
3. I componenti del servizio di prevenzione e protezione e i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza sono tenuti al segreto in ordine ai processi lavorativi di cui vengono a conoscenza nell'esercizio delle funzioni di cui al presente decreto.
4. Il servizio di prevenzione e protezione è utilizzato dal datore di lavoro.
Articolo 10 (*)
Svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti
di prevenzione e protezione dai rischi
1. Il datore di lavoro può svolgere direttamente i compiti propri del servizio di prevenzione e protezione dai rischi nonché di prevenzione incendi e di evacuazione, nei casi previsti nell'allegato I, dandone preventiva informazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ed alle condizioni di cui ai commi successivi. Esso può avvalersi della facoltà di cui all'art. 8, comma 4.
2. Il datore di lavoro che intende svolgere i compiti di cui al comma 1, deve frequentare apposito corso di formazione in materia di sicurezza e salute sul luogo di lavoro, promosso anche dalle associazioni dei datori di lavoro e trasmettere all'organo di vigilanza competente per territorio:
a) una dichiarazione attestante la capacità di svolgimento dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi;
b) una dichiarazione attestante gli adempimenti di cui all'art. 4 commi 1, 2, 3 e 11;
c) una relazione sull'andamento degli infortuni e delle malattie professionali della propria azienda elaborata in base ai dati degli ultimi tre anni del registro infortuni o, in mancanza dello stesso, di analoga documentazione prevista dalla legislazione vigente;
d) l'attestazione di frequenza del corso di formazione in materia di sicurezza e salute sul luogo di lavoro.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 19/11/1996 n. 154; Decreto 5/12/1996.
Articolo 11
Riunione periodica di prevenzione e protezione dai rischi
1. Nelle aziende, ovvero unità produttive, che occupano più di quindici dipendenti, il datore di lavoro, direttamente o tramite il servizio di prevenzione e protezione dai rischi, indice almeno una volta all'anno una riunione cui partecipano:
a) il datore di lavoro o un suo rappresentante;
b) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi;
c) il medico competente ove previsto;
d) il rappresentante per la sicurezza.
2. Nel corso della riunione il datore di lavoro sottopone all'esame dei partecipanti:
a) il documento, di cui all'art. 4, commi 2 e 3;
b) l'idoneità dei mezzi di protezione individuale;
c) i programmi di informazione e formazione dei lavoratori ai fini della sicurezza e della protezione della loro salute.
3. La riunione ha altresì luogo in occasione di eventuali significative variazioni delle condizioni di esposizione al rischio, compresa la programmazione e l'introduzione di nuove tecnologie che hanno riflessi sulla sicurezza e salute dei lavoratori.
4. Nelle aziende, ovvero unità produttive, che occupano fino a quindici dipendenti, nelle ipotesi di cui al comma 3, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza può chiedere la convocazione di una apposita riunione.
5. Il datore di lavoro, anche tramite il servizio di prevenzione e protezione dai rischi, provvede alla redazione del verbale della riunione che è tenuto a disposizione dei partecipanti per la sua consultazione.
Capo III (*)
Prevenzione incendi, evacuazione dei lavoratori, pronto soccorso
(*) Per una migliore interpretazione del Capo III vedi: Circolare 7/8/1995 n. 102.
Articolo 12 (*)
Disposizioni generali
1. Ai fini degli adempimenti di cui all'art. 4, comma 5, lett. q) il datore di lavoro:
a) organizza i necessari rapporti con i servizi pubblici competenti in materia di pronto soccorso, salvataggio, lotta antincendio e gestione dell'emergenza;
b) designa preventivamente i lavoratori incaricati di attuare le misure di cui all'art. 4, comma 5, lettera a);
c) informa tutti i lavoratori che possono essere esposti ad un pericolo grave ed immediato circa le misure predisposte ed i comportamenti da adottare;
d) programma gli interventi, prende i provvedimenti e dà istruzioni affinché i lavoratori possano, in caso di pericolo grave ed immediato che non può essere evitato, cessare la loro attività, ovvero mettersi al sicuro, abbandonando immediatamente il luogo di lavoro;
e) prende i provvedimenti necessari affinché qualsiasi lavoratore, in caso di pericolo grave ed immediato per la propria sicurezza ovvero per quella di altre persone e nell'impossibilità di contattare il competente superiore gerarchico possa prendere le misure adeguate per evitare le conseguenze di tale pericolo, tenendo conto delle sue conoscenze e dei mezzi tecnici disponibili.
2. Ai fini delle designazioni di cui al comma 1, lettera b), il datore di lavoro tiene conto delle dimensioni dell'azienda ovvero dei rischi specifici dell'azienda ovvero dell'unità produttiva.
3. I lavoratori non possono, se non per giustificato motivo, rifiutare la designazione. Essi devono essere formati, essere in numero sufficiente e disporre di attrezzature adeguate, tenendo conto delle dimensioni ovvero dei rischi specifici dell'azienda ovvero dell'unità produttiva.
4. Il datore di lavoro deve, salvo eccezioni debitamente motivate, astenersi dal chiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 27/6/1996 n. 89.
Articolo 13 (*)
Prevenzione incendi
1. Fermo restando quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n. 577, i Ministri dell'Interno, del lavoro e della previdenza sociale, in relazione al tipo di attività, al numero dei lavoratori occupati ed ai fattori di rischio, adottano uno o più decreti nei quali sono definiti:
a) i criteri diretti ad individuare:
1) misure intese ad evitare l'insorgere di un incendio e a limitarne le conseguenze qualora esso si verifichi;
2) misure precauzionali di esercizio;
3) metodi di controllo e manutenzione degli impianti e delle attrezzature antincendio;
4) criteri per la gestione delle emergenze;
b) le caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e protezione antincendio di cui all'art. 12, compresi i requisiti del personale addetto e la sua formazione.
2. Per il settore minerario il decreto di cui al comma 1 è adottato dai Ministri dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale e dell'industria, del commercio e dell'artigianato.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 29/8/1995 prot. P 1564/4146.
Articolo 14
Diritti dei lavoratori in caso di pericolo grave ed immediato
1. Il lavoratore che, in caso di pericolo grave, immediato e che non può essere evitato, si allontana dal posto di lavoro ovvero da una zona pericolosa, non può subire pregiudizio alcuno e deve essere protetto da qualsiasi conseguenza dannosa.
2. Il lavoratore che, in caso di pericolo grave e immediato e nell'impossibilità di contattare il competente superiore gerarchico, prende misure per evitare le conseguenze di tale pericolo, non può subire pregiudizio per tale azione, a meno che non abbia commesso una grave negligenza.
Articolo 15 (*)
Pronto soccorso
1. Il datore di lavoro, tenendo conto della natura dell'attività e delle dimensioni dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, sentito il medico competente ove previsto, prende i provvedimenti necessari in materia di pronto soccorso e di assistenza medica di emergenza, tenendo conto delle altre eventuali persone presenti sui luoghi di lavoro e stabilendo i necessari rapporti con i servizi esterni, anche per il trasporto dei lavoratori infortunati.
2. Il datore di lavoro, qualora non vi provveda direttamente, designa uno o più lavoratori incaricati dell'attuazione dei provvedimenti di cui al comma 1.
3. Le caratteristiche minime delle attrezzature di pronto soccorso, i requisiti del personale addetto e la sua formazione sono individuati in relazione alla natura dell'attività, al numero dei lavoratori occupati e ai fattori di rischio, con decreto dei Ministri della sanità, del lavoro e della previdenza sociale, della funzione pubblica e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la commissione consultiva permanente e il Consiglio Superiore di Sanità.
4. Fino all'emanazione del decreto di cui al comma 3 si applicano le disposizioni vigenti in materia.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 27/6/1996 n. 89.
Capo IV
Sorveglianza sanitaria
Articolo 16 (*)
Contenuto della sorveglianza sanitaria
1. La sorveglianza sanitaria è effettuata nei casi previsti dalla normativa vigente.
2. La sorveglianza di cui al comma 1 è effettuata dal medico competente e comprende:
a) accertamenti preventivi intesi a constatare l'assenza di controindicazioni al lavoro cui i lavoratori sono destinati, ai fini della valutazione della loro idoneità alla mansione specifica;
b) accertamenti periodici per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica.
3. Gli accertamenti di cui al comma 2 comprendono esami clinici e biologici e indagini diagnostiche mirati al rischio ritenuti necessari dal medico competente.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 7/8/1995 n. 102 .
Articolo 17
Il medico competente
1. Il medico competente:
a) collabora con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione di cui all'art. 8, sulla base della specifica conoscenza dell'organizzazione dell'azienda ovvero dell'unità produttiva e delle situazioni di rischio, alla predisposizione dell'attuazione delle misure per la tutela della salute e dell'integrità psico-fisica dei lavoratori;
b) effettua gli accertamenti sanitari di cui all'art. 16;
c) esprime i giudizi di idoneità alla mansione specifica al lavoro, di cui all'art. 16;
d) istituisce ed aggiorna sotto la propria responsabilità, per ogni lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria, una cartella sanitaria e di rischio da custodire presso il datore di lavoro con salvaguardia del segreto professionale;
e) fornisce informazioni ai lavoratori sul significato degli accertamenti sanitari cui sono sottoposti e, nel caso di esposizione ad agenti con effetti a lungo termine, sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attività che comporta l'esposizione a tali agenti. Fornisce altresì, a richiesta, informazioni analoghe ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
f) informa ogni lavoratore interessato dei risultati degli accertamenti sanitari di cui alla lettera b) e, a richiesta dello stesso, gli rilascia copia della documentazione sanitaria;
g) comunica, in occasione delle riunioni di cui all'art. 11, ai rappresentanti per la sicurezza, i risultati anonimi collettivi degli accertamenti clinici e strumentali effettuati e fornisce indicazioni sul significato di detti risultati;
h) congiuntamente al responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi, visita gli ambienti di lavoro almeno due volte all'anno e partecipa alla programmazione del controllo dell'esposizione dei lavoratori i cui risultati gli sono forniti con tempestività ai fini delle valutazioni e dei pareri di competenza (4) ;
i) fatti salvi i controlli sanitari di cui alla lettera b), effettua le visite mediche richieste dal lavoratore qualora tale richiesta sia correlata ai rischi professionali;
l) collabora con il datore di lavoro alla predisposizione del servizio di pronto soccorso di cui all'art. 15;
m) collabora all'attività di formazione e informazione di cui al capo VI.
2. Il medico competente può avvalersi, per motivate ragioni, della collaborazione di medici specialisti scelti dal datore di lavoro che ne sopporta gli oneri.
3. Qualora il medico competente, a seguito degli accertamenti di cui all'art. 16, comma 2, esprima un giudizio sull'inidoneità parziale o temporanea o totale del lavoratore, ne informa per iscritto il datore di lavoro e il lavoratore.
4. Avverso il giudizio di cui al comma 3 è ammesso ricorso, entro 30 giorni dalla data di comunicazione del giudizio medesimo, all'organo di vigilanza territorialmente competente che dispone, dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma, la modifica o la revoca del giudizio stesso.
5. Il medico competente svolge la propria opera in qualità di:
a) dipendente da una struttura esterna pubblica o privata convenzionata con l'imprenditore per lo svolgimento dei compiti di cui al presente capo;
b) libero professionista;
c) dipendente del datore di lavoro.
6. Qualora il medico competente sia dipendente del datore di lavoro, questi gli fornisce i mezzi e gli assicura le condizioni necessarie per lo svolgimento dei suoi compiti.
7. Il dipendente di una struttura pubblica non può svolgere l'attività di medico competente, qualora esplichi attività di vigilanza.
Capo V
Consultazione e partecipazione dei lavoratori
Articolo 18
Rappresentante per la sicurezza
1. In tutte le aziende o unità produttive, è eletto o designato il rappresentante per la sicurezza.
2. Nelle aziende, o unità produttive, che occupano sino a quindici dipendenti il rappresentante per la sicurezza è eletto direttamente dai lavoratori al loro interno. Nelle aziende che occupano fino a quindici dipendenti il rappresentante per la sicurezza può essere individuato per più aziende nell'ambito territoriale ovvero nel comparto produttivo. Esso può essere designato o eletto dai lavoratori nell'ambito delle rappresentanze sindacali, così come definite dalla contrattazione collettiva di riferimento.
3. Nelle aziende, ovvero unità produttive, con più di quindici dipendenti il rappresentante per la sicurezza è eletto o designato dai lavoratori nell'ambito delle rappresentanze sindacali in azienda. In assenza di tali rappresentanze, è eletto dai lavoratori dell'azienda al loro interno.
4. Il numero, le modalità di designazione o di elezione del rappresentante per la sicurezza, nonché il tempo di lavoro retribuito e gli strumenti per l'espletamento delle funzioni, sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva.
5. In caso di mancato accordo nella contrattazione collettiva di cui al comma 4, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentite le parti, stabilisce con proprio decreto, da emanarsi entro tre mesi dalla comunicazione del mancato accordo, gli standards relativi alle materie di cui al comma 4. Per le amministrazioni pubbliche provvede il Ministro per la Funzione pubblica sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale.
6. In ogni caso il numero minimo dei rappresentanti di cui al comma 1 è il seguente:
a) un rappresentante nelle aziende ovvero unità produttive sino a duecento dipendenti;
b) tre rappresentanti nelle aziende ovvero unità produttive da duecentouno a mille dipendenti;
c) sei rappresentanti in tutte le altre aziende ovvero unità produttive.
7. Le modalità e i contenuti specifici della formazione del rappresentante per la sicurezza sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva nazionale di categoria con il rispetto dei contenuti minimi previsti dal decreto di cui all'art. 22, comma 7.
Articolo 19
Attribuzioni del rappresentante per la sicurezza
1. Il rappresentante per la sicurezza:
a) accede ai luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni;
b) è consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla valutazione dei rischi, alla individuazione, programmazione, realizzazione e verifica della prevenzione nell'azienda ovvero unità produttiva;
c) è consultato sulla designazione degli addetti al servizio di prevenzione, all'attività di prevenzione incendi, al pronto soccorso, alla evacuazione dei lavoratori;
d) è consultato in merito all'organizzazione della formazione di cui all'art. 22, comma 5;
e) riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente la valutazione dei rischi e le misure di prevenzione relative, nonché quelle inerenti le sostanze e i preparati pericolosi, le macchine, gli impianti, l'organizzazione e gli ambienti di lavoro, gli infortuni e le malattie professionali;
f) riceve le informazioni provenienti dai servizi di vigilanza;
g) riceve una formazione adeguata, comunque non inferiore a quella prevista dall'art. 22;
h) promuove l'elaborazione, l'individuazione e l'attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l'integrità fisica dei lavoratori;
i) formula osservazioni in occasione di visite e verifiche effettuate dalle autorità competenti;
l) partecipa alla riunione periodica di cui all'art. 11;
m) fa proposte in merito all'attività di prevenzione;
n) avverte il responsabile dell'azienda dei rischi individuati nel corso della sua attività;
o) può fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le misure di prevenzione e protezione dai rischi adottate dal datore di lavoro e i mezzi impiegati per attuarle non sono idonei a garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro.
2. Il rappresentante per la sicurezza deve disporre del tempo necessario allo svolgimento dell'incarico senza perdita di retribuzione, nonché dei mezzi necessari per l'esercizio delle funzioni e delle facoltà riconosciutegli.
3. Le modalità per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 1 sono stabilite in sede di contrattazione collettiva nazionale.
4. Il rappresentante per la sicurezza non può subire pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della propria attività e nei suoi confronti si applicano le stesse tutele previste dalla legge per le rappresentanze sindacali.
5. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso per l'espletamento della sua funzione al documento di cui all'art. 4, commi 2 e 3, nonché al registro degli infortuni sul lavoro di cui all'art. 4, comma 5, lettera o).
Articolo 20
Organismi paritetici
1. A livello territoriale sono costituiti organismi paritetici tra le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori, con funzioni di orientamento e di promozione di iniziative formative nei confronti dei lavoratori. Tali organismi sono inoltre prima istanza di riferimento in merito a controversie sorte sull'applicazione dei diritti di rappresentanza, informazione e formazione, previsti dalle norme vigenti.
2. Sono fatti salvi, ai fini del comma 1, gli organismi bilaterali o partecipativi previsti da accordi interconfederali, di categoria, nazionali, territoriali o aziendali.
3. Agli effetti dell'art. 10 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, gli organismi di cui al comma 1 sono parificati alla rappresentanza indicata nel medesimo articolo.
capo VI
Informazione e formazione dei lavoratori
Articolo 21 (*)
Informazione dei lavoratori
1. Il datore di lavoro provvede affinché ciascun lavoratore riceva un'adeguata informazione su:
a) i rischi per la sicurezza e la salute connessi all'attività dell'impresa in generale;
b) le misure e le attività di protezione e prevenzione adottate;
c) i rischi specifici cui è esposto in relazione all'attività svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in materia;
d) i pericoli connessi all'uso delle sostanze e dei preparati pericolosi sulla base delle schede dei dati di sicurezza previste dalla normativa vigente e dalle norme di buona tecnica;
e) le procedure che riguardano il pronto soccorso, la lotta antincendio e l'evacuazione dei lavoratori;
f) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione ed il medico competente;
g) i nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure di cui agli articoli 12 e 15.
2. Il datore di lavoro fornisce le informazioni di cui al comma 1, lettere a), b), c) anche ai lavoratori di cui all'art. 1, comma 3.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 7/8/1995 n. 102; Circolare 29/8/1995 prot. P 1564/4146.
Articolo 22 (*)
Formazione dei lavoratori
1. Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore, ivi compresi i lavoratori di cui all'articolo 1 comma 3, riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e di salute, con particolare riferimento al proprio posto di lavoro ed alle proprie mansioni.
2. La formazione deve avvenire in occasione:
a) dell'assunzione;
b) del trasferimento o cambiamento di mansioni;
c) dell'introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e preparati pericolosi.
3. La formazione deve essere periodicamente ripetuta in relazione all'evoluzione dei rischi, ovvero all'insorgenza di nuovi rischi.
4. Il rappresentante per la sicurezza ha diritto ad una formazione particolare in materia di salute e sicurezza, concernente la normativa in materia di sicurezza e salute e i rischi specifici esistenti nel proprio ambito di rappresentanza, tale da assicurargli adeguate nozioni sulle principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi.
5. I lavoratori incaricati dell'attività di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori in caso di pericolo grave ed immediato, di salvataggio, di pronto soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza devono essere adeguatamente formati.
6. La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti di cui al comma 4 deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici di cui all'art. 20, durante l'orario di lavoro, e non può comportare oneri economici a carico dei lavoratori.
7. I Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, sentita la commissione consultiva permanente, possono stabilire i contenuti minimi della formazione dei lavoratori, dei rappresentanti per la sicurezza e dei datori di lavoro di cui all'art. 10, comma 3, tenendo anche conto delle dimensioni e della tipologia delle imprese.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 7/8/1995 n. 102; Circolare 29/8/1995 prot. P 1564/4146; Decreto 16/1/1997.
capo VII
Disposizioni concernenti la pubblica amministrazione
Articolo 23 (*)
Vigilanza
1. La vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro è svolta dalla unità sanitaria locale e, per quanto di specifica competenza, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché per il settore minerario, dal Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, e per le industrie estrattive di seconda categoria e le acque minerali e termali dalle regioni e province autonome di Trento e di Bolzano.
2. Ferme restando le competenze in materia di vigilanza attribuite dalla legislazione vigente all'ispettorato del lavoro, per attività lavorative comportanti rischi particolarmente elevati, da individuare con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, sentita la commissione consultiva permanente, l'attività di vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di sicurezza può essere esercitata anche dall'ispettorato del lavoro che ne informa preventivamente il servizio di prevenzione e sicurezza della unità sanitaria locale competente per territorio.
3. Il decreto di cui al comma 2 è emanato entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
4. Restano ferme le competenze in materia di sicurezza e salute dei lavoratori attribuite dalle disposizioni vigenti agli uffici di sanità aerea e marittima ed alle autorità marittime, portuali ed aeroportuali, per quanto riguarda la sicurezza dei lavoratori a bordo di navi e di aeromobili ed in ambito portuale ed aeroportuale, ed ai servizi sanitari e tecnici istituiti per le Forze armate e per le Forze di polizia; i predetti servizi sono competenti altresì per le aree riservate o operative e per quelle che presentano analoghe esigenze da individuarsi, anche per quel che riguarda le modalità di attuazione, con decreto del Ministro competente di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità. L'Amministrazione della giustizia può avvalersi dei servizi istituiti per le Forze armate e di polizia, anche mediante convenzione con i rispettivi ministeri, nonché dei servizi istituiti con riferimento alle strutture penitenziarie.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 7/8/1995 n. 102 e D.P.C.M. 14/10/1997 n. 412
Articolo 24
Informazione, consulenza, assistenza
1. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, il ministero dell'interno tramite le strutture del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, l'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro, anche mediante i propri dipartimenti periferici, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, per mezzo degli ispettorati del lavoro, il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, per il settore estrattivo, tramite gli uffici della direzione generale delle miniere, l'Istituto italiano di medicina sociale, l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e gli enti di patronato, svolgono attività di informazione, consulenza e assistenza in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, in particolare nei confronti delle imprese artigiane e delle piccole e medie imprese delle rispettive associazioni dei datori di lavoro.
2. L'attività di consulenza non può essere prestata dai soggetti che svolgono attività di controllo e di vigilanza.
Articolo 25
Coordinamento
1. Con atto di indirizzo e coordinamento, da emanarsi, su proposta dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono individuati criteri al fine di assicurare unità ed omogeneità di comportamenti in tutto il territorio nazionale nell'applicazione delle disposizioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori e di radioprotezione.
Articolo 26
Commissione consultiva permanente per la prevenzione
degli infortuni e l'igiene del lavoro
1. L'art. 393 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547 è sostituito dal seguente:
Art. 393 (Costituzione della Commissione). - 1. Presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale è istituita una commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per l'igiene del lavoro. Essa è presieduta dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale o dal Direttore generale della Direzione generale dei rapporti di lavoro da lui delegato, ed è composta da:
a) cinque funzionari esperti designati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di cui tre ispettori del lavoro, laureati uno in ingegneria, uno in medicina e chirurgia e uno in chimica o fisica;
b) il direttore e tre funzionari dell'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza del lavoro;
c) un funzionario dell'Istituto superiore di sanità;
d) il Direttore generale competente del Ministero della sanità ed un funzionario per ciascuno dei seguenti Ministeri: industria, commercio ed artigianato; interno; difesa; trasporti; risorse agricole alimentari e forestali; ambiente e della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica e degli affari regionali;
e) sei rappresentanti delle regioni e province autonome designati dalla Conferenza Stato-regioni;
f) un rappresentante dei seguenti organismi: Istituto nazionale assicurazioni e infortuni sul lavoro; Corpo nazionale dei vigili del fuoco; Consiglio nazionale ricerche; UNI, CEI, Agenzia nazionale protezione ambiente; Istituto italiano di medicina sociale;
g) otto esperti nominati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione delle organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative a livello nazionale;
h) otto esperti nominati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro, anche dell'artigianato e della piccola e media impresa, maggiormente rappresentative a livello nazionale;
i) un esperto nominato dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione delle organizzazioni sindacali dei dirigenti d'azienda maggiormente rappresentative a livello nazionale.
Ai predetti componenti, per le riunioni o giornate di lavoro, non spetta il gettone di presenza di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 gennaio 1956, n. 5, e successive modificazioni.
2. Per ogni rappresentante effettivo è designato un membro supplente.
3. All'inizio di ogni mandato la commissione può istituire Comitati speciali permanenti dei quali determina la composizione e la funzione.
4. La commissione può chiamare a far parte dei Comitati di cui al comma 3 persone particolarmente esperte, anche su designazione delle Associazioni professionali dell'Università e degli Enti di ricerca, in relazione alle materie trattate.
5. Le funzioni inerenti alla segreteria della commissione sono disimpegnate da due funzionari del ministero del lavoro e della previdenza sociale.
6. I componenti della commissione consultiva permanente ed i segretari sono nominati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione degli organismi competenti e durano in carica tre anni.
2. L'art. 394 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è sostituito dal seguente:
Art. 394 (Compiti della Commissione). - 1. La commissione consultiva permanente ha il compito di:
a) esaminare i problemi applicativi della normativa in materia di sicurezza e salute su posto di lavoro e predisporre una relazione annuale al riguardo;
b) formulare proposte per lo sviluppo e il perfezionamento della legislazione vigente e per il suo coordinamento con altre disposizioni concernenti la sicurezza e la protezione della salute dei lavoratori nonché per il coordinamento degli organi preposti alla vigilanza;
c) esaminare le problematiche evidenziate dai Comitati regionali sulle misure preventive e di controllo dei rischi adottate nei luoghi di lavoro;
d) proporre linee guida applicative della normativa di sicurezza;
e) esprimere parere sugli adeguamenti di natura strettamente tecnica relativi alla normativa Cee da attuare a livello nazionale;
f) esprimere parere sulle richieste di deroga previste dall'art. 48 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277;
g) esprimere parere sulle richieste di deroga previste dall'art. 8 del decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 77;
h) esprimere parere sul riconoscimento della conformità alle vigenti norme per la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro di mezzi e sistemi di sicurezza;
i) esprimere il parere sui ricorsi avverso le disposizioni impartite dagli ispettori del lavoro nell'esercizio della vigilanza, sulle attività comportanti rischi particolarmente elevati, individuate ai sensi dell'art. 43, comma 1, lettera g), n. 4 della legge 19 febbraio 1991, n. 142 secondo le modalità di cui all'art. 402;
l) esprimere parere, su richiesta del Ministero del lavoro e della previdenza sociale o del Ministero della sanità o delle regioni, su qualsiasi questione relativa alla sicurezza del lavoro e alla protezione della salute dei lavoratori.
2. La relazione di cui al comma precedente lettera a), è resa pubblica ed è trasmessa alle commissioni parlamentari competenti e ai presidenti delle regioni.
3. La commissione, per l'espletamento dei suoi compiti, può chiedere dati o promuovere indagini e, su richiesta o autorizzazione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, effettuare sopralluoghi.
3. L'art. 395 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è soppresso.
Articolo 27
Comitati regionali di coordinamento
1. Con atto di indirizzo e coordinamento, da emanarsi entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sentita la Conferenza Stato-Regioni, su proposta dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sono individuati criteri generali relativi all'individuazione di organi operanti nella materia della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro al fine di realizzare uniformità di interventi e il necessario raccordo con la commissione consultiva permanente.
2. Alle riunioni della Conferenza Stato-Regioni, convocate per i pareri di cui al comma 1, partecipano i rappresentanti dell'ANCI, dell'UPI e dell'UNICEM.
Articolo 28
Adeguamenti al progresso tecnico
1. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della sanità e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la commissione consultiva permanente:
a) è riconosciuta la conformità alle vigenti norme per la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro di mezzi e sistemi di sicurezza;
b) si dà attuazione alle direttive in materia di sicurezza e salute dei lavoratori sul luogo di lavoro della Comunità europea per le parti in cui modificano modalità esecutive e caratteristiche di ordine tecnico di altre direttive già recepite nell'ordinamento nazionale;
c) si provvede all'adeguamento della normativa di natura strettamente tecnica e degli allegati al presente decreto in relazione al progresso tecnologico.
capo VIII
Statistiche degli infortuni
e delle malattie professionali
Articolo 29
Statistiche degli infortuni e delle malattie professionali
1. L'INAIL e l'ISPESL si forniscono reciprocamente i dati relativi agli infortuni ed alle malattie professionali anche con strumenti telematici.
2. L'Ispesl e l'Inail indicono una conferenza permanente di servizio per assicurare il necessario coordinamento in relazione a quanto previsto dall'art. 8, comma 3, del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, nonché per verificare l'adeguatezza dei sistemi di prevenzione e assicurativi, e per studiare e proporre soluzioni normative e tecniche atte a ridurre il fenomeno degli infortuni e delle malattie professionali.
3. I criteri per la raccolta ed elaborazione delle informazioni relative ai rischi e ai danni derivanti da infortunio durante l'attività lavorativa sono individuati nelle norme UNI, riguardanti i parametri per la classificazione dei casi di infortunio e i criteri per il calcolo degli indici di frequenza e gravità e loro successivi aggiornamenti.
4. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e del Ministro della sanità, sentita la commissione consultiva permanente, possono essere individuati i criteri integrativi di quelli di cui al comma 3 in relazione a particolari rischi.
5. I criteri per la raccolta e l'elaborazione delle informazioni relative ai rischi e ai danni derivanti dalle malattie professionali, nonché ad altre malattie e forme patologiche eziologicamente collegate al lavoro, sono individuati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e del Ministro della sanità, sentita la commissione consultiva permanente, sulla base delle norme di buona tecnica.
titolo II (*)
luoghi di lavoro
(*) Per una migliore interpretazione del Titolo II vedi: Circolare 7/8/1995 n. 102.
Articolo 30 (*)
Definizioni
1. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui al presente titolo si intendono per luoghi di lavoro:
a) i luoghi destinati a contenere posti di lavoro, ubicati all'interno dell'azienda ovvero dell'unità produttiva nonché ogni altro luogo nell'area della medesima azienda ovvero unità produttiva comunque accessibile per il lavoro.
2. Le disposizioni del presente titolo non si applicano:
a) ai mezzi di trasporto;
b) ai cantieri temporanei o mobili;
c) alle industrie estrattive;
d) ai pescherecci;
e) ai campi, boschi e altri terreni facenti parte di una impresa agricola o forestale, ma situati fuori dall'area edificata dell'azienda.
3. Ferme restando le disposizioni di legge vigenti, le prescrizioni di sicurezza e di salute per i luoghi di lavoro sono specificate nell'allegato II.
4. I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, di eventuali lavoratori portatori di handicap.
5. L'obbligo di cui al comma 4, vige, in particolare per le porte, le vie di circolazione, le scale, le docce, i gabinetti e i posti di lavoro utilizzati od occupati direttamente da lavoratori portatori di handicap.
6. La disposizione di cui al comma 4 non si applica ai luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993, ma debbono essere adottate misure idonee a consentire la mobilità e l'utilizzazione dei servizi sanitari e di igiene personale.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 7/8/1995 n. 102.
Articolo 31
Requisiti di sicurezza e di salute
1. Ferme restando le disposizioni legislative e regolamentari vigenti e fatte salve le disposizioni di cui all'art. 8, comma 4 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 come modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, i luoghi di lavoro costruiti o utilizzati anteriormente all'entrata in vigore del presente decreto devono essere adeguati alle prescrizioni di sicurezza e salute di cui al presente titolo entro il 1° gennaio 1997.
2. Se gli adeguamenti di cui al comma 1, richiedono un provvedimento concessorio o autorizzatorio il datore di lavoro deve immediatamente iniziare il procedimento diretto al rilascio dell'atto ed ottemperare agli obblighi entro sei mesi dalla data del provvedimento stesso.
3. Sino a che i luoghi di lavoro non vengono adeguati, il datore di lavoro, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza, adotta misure alternative che garantiscono un livello di sicurezza equivalente.
4. Ove vincoli urbanistici o architettonici ostino agli adeguamenti di cui al comma 1, il datore di lavoro, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza, adotta le misure alternative di cui al comma 3. Le misure, nel caso di cui al presente comma, sono autorizzate dall'organo di vigilanza competente per territorio.
Articolo 32
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro provvede affinché:
a) le vie di circolazione interne o all'aperto che conducono ad uscite o ad uscite di emergenza e le uscite di emergenza siano sgombre allo scopo di consentirne l'utilizzazione in ogni evenienza;
b) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare manutenzione tecnica e vengano eliminati, quanto più rapidamente possibile, i difetti rilevati che possano pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori;
c) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare pulitura, onde assicurare condizioni igieniche adeguate;
d) gli impianti e i dispositivi di sicurezza destinati alla prevenzione o all'eliminazione dei pericoli, vengano sottoposti a regolare manutenzione e al controllo del loro funzionamento.
Articolo 33 (*)
Adeguamenti di norme
1. L'art. 13 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547 è sostituito dal seguente:
Art. 13 (Vie e uscite di emergenza). - 1. Ai fini del presente decreto si intende per:
a) via di emergenza: percorso senza ostacoli al deflusso che consente alle persone che occupano un edificio o un locale di raggiungere un luogo sicuro;
b) uscita di emergenza: passaggio che immette in un luogo sicuro;
c) luogo sicuro: luogo nel quale le persone sono da considerarsi al sicuro dagli effetti determinati dall'incendio o altre situazioni di emergenza.
c-bis) larghezza di una porta o luce netta di una porta: larghezza di passaggio al netto dell'ingombro dell'anta mobile in posizione di massima apertura se scorrevole, in posizione di apertura a 90 gradi se incernierata (larghezza utile di passaggio).
2. Le vie e le uscite di emergenza devono rimanere sgombre e consentire di raggiungere il più rapidamente possibile un luogo sicuro.
3. In caso di pericolo tutti i posti di lavoro devono poter essere evacuati rapidamente e in piena sicurezza da parte dei lavoratori.
4. Il numero, la distribuzione e le dimensioni delle vie e delle uscite di emergenza devono essere adeguate alle dimensioni dei luoghi di lavoro, alla loro ubicazione, alla loro destinazione d'uso, alle attrezzature in essi installate, nonché al numero massimo di persone che possono essere presenti in detti luoghi.
5. Le vie e le uscite di emergenza devono avere altezza minima di m. 2,0 e larghezza minima conforme alla normativa vigente in materia antincendio.
6. Qualora le uscite di emergenza siano dotate di porte, queste devono essere apribili nel verso dell'esodo e, qualora siano chiuse, devono poter essere aperte facilmente ed immediatamente da parte di qualsiasi persona che abbia bisogno di utilizzarle in caso di emergenza. L'apertura delle porte delle uscite di emergenza nel verso dell'esodo non è richiesta quando possa determinare pericoli per passaggio di mezzi o per altre cause, fatta salva l'adozione di altri accorgimenti adeguati specificamente autorizzati dal Comando provinciale dei vigili del fuoco competente per territorio.
7. Le porte delle uscite di emergenza non devono essere chiuse a chiave, se non in casi specificamente autorizzati dall'autorità competente.
8. Nei locali di lavoro e in quelli destinati a deposito è vietato adibire, quali porte delle uscite di emergenza, le saracinesche a rullo, le porte scorrevoli verticalmente e quelle girevoli su asse centrale.
9. Le vie e le uscite di emergenza, nonché le vie di circolazione e le porte che vi danno accesso non devono essere ostruite da oggetti in modo da poter essere utilizzate in ogni momento senza impedimenti.
10. Le vie e le uscite di emergenza devono essere evidenziate da apposita segnaletica, conforme alle disposizioni vigenti, durevole e collocata in luoghi appropriati.
11. Le vie e le uscite di emergenza che richiedono un'illuminazione devono essere dotate di un'illuminazione di sicurezza di intensità sufficiente, che entri in funzione in caso di guasto dell'impianto elettrico.
12. Gli edifici che sono costruiti o adattati interamente per le lavorazioni che presentano pericoli di esplosioni o specifici rischi di incendio alle quali sono adibiti più di cinque lavoratori devono avere almeno due scale distinte di facile accesso o rispondere a quanto prescritto dalla specifica normativa antincendio. Per gli edifici già costruiti si dovrà provvedere in conformità, quando non ne esista la impossibilità accertata dall'organo di vigilanza: in quest'ultimo caso sono disposte le misure e cautele ritenute più efficienti. Le deroghe già concesse mantengono la loro validità salvo diverso provvedimento dell'organo di vigilanza.
13. Per i luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993 non si applica la disposizione contenuta nel comma 4, ma gli stessi debbono avere un numero sufficiente di vie ed uscite di emergenza.
2. L'art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica del 27 aprile 1955, n. 547 è sostituito dal seguente:
Art. 14 (Porte e portoni). - 1. Le porte dei locali di lavoro devono, per numero, dimensioni, posizione e materiali di realizzazione, consentire una rapida uscita delle persone ed essere agevolmente apribili dall'interno durante il lavoro.
2. Quando in un locale le lavorazioni e i materiali comportino pericoli di esplosione o specifici rischi di incendio e siano adibiti alle attività che si svolgono nel locale stesso più di cinque lavoratori, almeno una porta ogni cinque lavoratori deve essere apribile nel verso dell'esodo e avere larghezza minima di m. 1,20
3. Quando in un locale si svolgono lavorazioni diverse da quelle previste al comma 2), la larghezza minima delle porte è la seguente:
a) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano fino a venticinque, il locale deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di m 0,80;
b) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in numero compreso tra ventisei e cinquanta, il locale deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di m 1,20 che si apra nel verso dell'esodo;
c) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in numero compreso tra cinquantuno e cento, il locale deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di m 1,20 e di una porta avente larghezza minima di m 0,80, che si aprano entrambe nel verso dell'esodo;
d) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in numero superiore a cento, in aggiunta alle porte previste alla lettera c) il locale deve essere dotato di almeno una porta che si apra nel verso dell'esodo avente larghezza minima di m 1,20 per ogni cinquanta lavoratori normalmente ivi occupati o frazione compresa tra dieci e cinquanta calcolati limitatamente all'eccedenza rispetto a cento.
4. Il numero complessivo delle porte di cui al comma 3 può anche essere minore, purché la loro larghezza complessiva non risulti inferiore.
5. Alle porte per le quali è prevista una larghezza minima di m. 1,20 è applicabile una tolleranza in meno del 5% (cinque per cento). Alle porte per le quali è prevista una larghezza minima di m. 0,80 è applicabile una tolleranza in meno del 2% (due per cento).
6. Quando in un locale di lavoro le uscite di emergenza di cui all'art. 13 comma 5 coincidono con le porte di cui al comma 1, si applicano le disposizioni di cui all'art. 13 comma 5.
7. Nei locali di lavoro e in quelli adibiti a magazzino non sono ammesse le porte scorrevoli, le saracinesche a rullo, le porte girevoli su asse centrale, quando non esistano altre porte apribili verso l'esterno del locale.
8. Immediatamente accanto ai portoni destinati essenzialmente alla circolazione dei veicoli devono esistere, a meno che il passaggio dei pedoni sia sicuro, porte per la circolazione dei pedoni che devono essere segnalate in modo visibile ed essere sgombre in permanenza.
9. Le porte e i portoni apribili nei due versi devono essere trasparenti o essere muniti di pannelli trasparenti.
10. Sulle porte trasparenti deve essere apposto un segno indicativo all'altezza degli occhi.
11. Se le superfici trasparenti o traslucide delle porte e dei portoni non sono costituite da materiali di sicurezza e c'è il rischio che i lavoratori possano rimanere feriti in caso di rottura di dette superfici, queste devono essere protette contro lo sfondamento.
12. Le porte scorrevoli devono disporre di un sistema di sicurezza che impedisca loro di uscire dalle guide o di cadere.
13. Le porte e i portoni che si aprono verso l'alto devono disporre di un sistema di sicurezza che impedisca loro di ricadere.
14. Le porte e i portoni ad azionamento meccanico devono funzionare senza rischi di infortuni per i lavoratori. Essi devono essere muniti di dispositivi di arresto di emergenza facilmente identificabili ed accessibili e poter essere aperti anche manualmente, salvo che la loro apertura possa avvenire automaticamente in caso di mancanza di energia elettrica.
15. Le porte situate sul percorso delle vie di emergenza devono essere contrassegnate in maniera appropriata con segnaletica durevole conformemente alla normativa vigente. Esse devono poter essere aperte, in ogni momento, dall'interno senza aiuto speciale.
16. Quando i luoghi di lavoro sono occupati le porte devono poter essere aperte.
17. I luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993 devono essere provvisti di porte di uscita che, per numero ed ubicazione, consentono la rapida uscita delle persone e che sono agevolmente apribili dall'interno durante il lavoro. Comunque, detti luoghi devono essere adeguati quanto meno alle disposizioni di cui ai precedenti commi 9 e 10. Per i luoghi di lavoro costruiti o utilizzati prima del 27 novembre 1994 non si applicano le disposizioni dei commi 2, 3, 4, 5, 6 concernenti la larghezza delle porte. In ogni caso la larghezza delle porte di uscita di detti luoghi di lavoro deve essere conforme a quanto previsto dalla concessione edilizia ovvero dalla licenza di abitabilità.
3. L'art. 8 del decreto del Presidente della Repubblica del 27 aprile 1955, n. 547 è sostituito dal seguente:
Art. 8 (Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi). - 1. Le vie di circolazione, comprese scale, scale fisse e banchine e rampe di carico, devono essere situate e calcolate in modo tale che i pedoni o i veicoli possano utilizzarle facilmente in piena sicurezza e conformemente alla loro destinazione e che i lavoratori operanti nelle vicinanze di queste vie di circolazione non corrano alcun rischio.
2. Il calcolo delle dimensioni delle vie di circolazione per persone ovvero merci dovrà basarsi sul numero potenziale degli utenti e sul tipo di impresa.
3. Qualora sulle vie di circolazione siano utilizzati mezzi di trasporto, dovrà essere prevista per i pedoni una distanza di sicurezza sufficiente.
4. Le vie di circolazione destinate ai veicoli devono passare a una distanza sufficiente da porte, portoni, passaggi per pedoni, corridoi e scale.
5. Nella misura in cui l'uso e l'attrezzatura dei locali lo esigano per garantire la protezione dei lavoratori, il tracciato delle vie di circolazione deve essere evidenziato.
6. Se i luoghi di lavoro comportano zone di pericolo, in funzione della natura del lavoro e presentano rischi di cadute dei lavoratori o rischi di cadute d'oggetti, tali luoghi devono essere dotati di dispositivi per impedire che i lavoratori non autorizzati possano accedere a dette zone.
7. Devono essere prese misure appropriate per proteggere i lavoratori autorizzati ad accedere alle zone di pericolo.
8. Le zone di pericolo devono essere segnalate in modo chiaramente visibile.
9. I pavimenti degli ambienti di lavoro e dei luoghi destinati al passaggio non devono presentare buche o sporgenze pericolose e devono essere in condizioni tali da rendere sicuro il movimento e il transito delle persone e dei mezzi di trasporto.
10. I pavimenti e i passaggi non devono essere ingombrati da materiali che ostacolino la normale circolazione.
11. Quando per evidenti ragioni tecniche non si possono completamente eliminare dalle zone di transito ostacoli fissi o mobili che costituiscono un pericolo per i lavoratori o i veicoli che tali zone devono percorrere, gli ostacoli devono essere adeguatamente segnalati.
4. L'intestazione del Titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956 n. 303 è sostituita della seguente:
Titolo II - Disposizioni particolari.
5. L'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente:
Art. 6 (Altezza, cubatura e superficie). - 1. I limiti minimi per altezza, cubatura e superficie dei locali chiusi destinati o da destinarsi al lavoro nelle aziende industriali che occupano più di 5 lavoratori, ed in ogni caso in quelle che eseguono le lavorazioni indicate nell'articolo 33, sono i seguenti:
a) altezza netta non inferiore a m. 3;
b) cubatura non inferiore a mc. 10 per lavoratore;
c) ogni lavoratore occupato in ciascun ambiente deve disporre di una superficie di almeno mq. 2.
2. I valori relativi alla cubatura e alla superficie si intendono lordi cioè senza deduzione dei mobili, macchine ed impianti fissi.
3. L'altezza netta dei locali è misurata dal pavimento all'altezza media della copertura dei soffitti o delle volte.
4. Quando necessità tecniche aziendali lo richiedono, l'organo di vigilanza competente per territorio può consentire altezze minime inferiori a quelle sopra indicate e prescrivere che siano adottati adeguati mezzi di ventilazione dell'ambiente. L'osservanza dei limiti stabiliti dal presente articolo circa l'altezza, la cubatura e la superficie dei locali chiusi di lavoro è estesa anche alle aziende industriali che occupano meno di cinque lavoratori quando le lavorazioni che in esse si svolgono siano ritenute, a giudizio dell'organo di vigilanza, pregiudizievoli alla salute dei lavoratori occupati.
5. Per i locali destinati o da destinarsi ad uffici, indipendentemente dal tipo di azienda, e per quelli delle aziende commerciali, i limiti di altezza sono quelli individuati dalla normativa urbanistica vigente.
6. L'art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica del 19 marzo 1956, n. 303 è sostituito dal seguente:
Art. 9 (Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi). - 1. Nei luoghi di lavoro chiusi, è necessario far sì che tenendo conto dei metodi di lavoro e degli sforzi fisici ai quali sono sottoposti i lavoratori, essi dispongano di aria salubre in quantità sufficiente anche ottenuta con impianti di areazione.
2. Se viene utilizzato un impianto di aerazione, esso deve essere sempre mantenuto funzionante. Ogni eventuale guasto deve essere segnalato da un sistema di controllo, quando ciò è necessario per salvaguardare la salute dei lavoratori.
3. Se sono utilizzati impianti di condizionamento dell'aria o di ventilazione meccanica, essi devono funzionare in modo che i lavoratori non siano esposti a correnti d'aria fastidiosa.
4. Qualsiasi sedimento o sporcizia che potrebbe comportare un pericolo immediato per la salute dei lavoratori dovuto all'inquinamento dell'aria respirata deve essere eliminato rapidamente.
7. L'art. 11 del Decreto del Presidente della Repubblica del 19 marzo 1956, n. 303 è sostituito dal seguente:
Art. 11 (Temperatura dei locali). - 1. La temperatura nei locali di lavoro deve essere adeguata all'organismo umano durante il tempo di lavoro, tenuto conto dei metodi di lavoro applicati e degli sforzi fisici imposti ai lavoratori.
2. Nel giudizio sulla temperatura adeguata per i lavoratori si deve tener conto della influenza che possono esercitare sopra di essa il grado di umidità ed il movimento dell'aria concomitanti.
3. La temperatura dei locali di riposo, dei locali per il personale di sorveglianza, dei servizi igienici, delle mense e dei locali di pronto soccorso deve essere conforme alla destinazione specifica di questi locali.
4. Le finestre, i lucernari e le pareti vetrate devono essere tali da evitare un soleggiamento eccessivo dei luoghi di lavoro, tenendo conto del tipo di attività e della natura del luogo di lavoro.
5. Quando non è conveniente modificare la temperatura di tutto l'ambiente, si deve provvedere alla difesa dei lavoratori contro le temperature troppo alte o troppo basse mediante misure tecniche localizzate o mezzi personali di protezione.
8. L'art. 10 del Decreto del Presidente della Repubblica del 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente:
Art. 10 (Illuminazione naturale ed artificiale dei luoghi di lavoro). - 1. A meno che non sia richiesto diversamente dalle necessità delle lavorazioni e salvo che non si tratti di locali sotterranei, i luoghi di lavoro devono disporre di sufficiente luce naturale. In ogni caso, tutti i predetti locali e luoghi di lavoro devono essere dotati di dispositivi che consentono un'illuminazione artificiale adeguata per salvaguardare la sicurezza, la salute e il benessere dei lavoratori.
2. Gli impianti di illuminazione dei locali di lavoro e delle vie di circolazione devono essere installati in modo che il tipo d'illuminazione previsto non rappresenta un rischio di infortunio per i lavoratori.
3. I luoghi di lavoro nei quali i lavoratori sono particolarmente esposti a rischi in caso di guasto dell'illuminazione artificiale, devono disporre di un'illuminazione di sicurezza di sufficiente intensità.
4. Le superfici vetrate illuminanti ed i mezzi di illuminazione artificiale devono essere tenuti costantemente in buone condizioni di pulizia e di efficienza.
9. L'art. 7 del Decreto del Presidente della Repubblica del 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente:
Art. 7 (Pavimenti, muri, soffitti, finestre e lucernari dei locali scale e marciapiedi mobili, banchina e rampe di carico). - 1. A meno che non sia richiesto diversamente dalle necessità della lavorazione, è vietato adibire a lavori continuativi i locali chiusi che non rispondono alle seguenti condizioni:
a) essere ben difesi contro gli agenti atmosferici, e provvisti di un isolamento termico sufficiente, tenuto conto del tipo di impresa e dell'attività fisica dei lavoratori;
b) avere aperture sufficienti per un rapido ricambio d'aria;
c) essere ben asciutti e ben difesi contro l'umidità;
d) avere le superfici dei pavimenti, delle pareti, dei soffitti tali da poter essere pulite e deterse per ottenere condizioni adeguate di igiene.
2. I pavimenti dei locali devono essere esenti da protuberanze, cavità o piani inclinati pericolosi, devono essere fissi, stabili ed antisdrucciolevoli.
3. Nelle parti dei locali dove abitualmente si versano sul pavimento sostanze putrescibili o liquidi, il pavimento deve avere superficie unita ed impermeabile e pendenza sufficiente per avviare rapidamente i liquidi verso i punti di raccolta e scarico.
4. Quando il pavimento dei posti di lavoro e di quelli di passaggio si mantiene bagnato, esso deve essere munito in permanenza di palchetti o di graticolato, se i lavoratori non sono forniti di idonee calzature impermeabili.
5. Qualora non ostino particolari condizioni tecniche, le pareti dei locali di lavoro devono essere a tinta chiara.
6. Le pareti trasparenti o traslucide, in particolare le pareti completamente vetrate, nei locali o nelle vicinanze dei posti di lavoro e delle vie di circolazione, devono essere chiaramente segnalate e costituite da materiali di sicurezza fino all'altezza di 1 metro dal pavimento, ovvero essere separate dai posti di lavoro e dalle vie di circolazione succitati in modo tale che i lavoratori non possono entrare in contatto con le pareti né rimanere feriti qualora esse vadano in frantumi. Nel caso in cui vengono utilizzati materiali di sicurezza fino all'altezza di 1 metro dal pavimento, tale altezzaè elevata quando ciò è necessario in relazione al rischio che i lavoratori rimangono feriti qualora esse vadano in frantumi.
7. Le finestre, i lucernari e i dispositivi di ventilazione devono poter essere aperti, chiusi, regolati e fissati dai lavoratori in tutta sicurezza. Quando sono aperti essi devono essere posizionati in modo da non costituire un pericolo per i lavoratori.
8. Le finestre e i lucernari devono essere concepiti congiuntamente con l'attrezzatura o dotati di dispositivi che consentono la loro pulitura senza rischi per i lavoratori che effettuano tale lavoro, nonché per i lavoratori presenti nell'edificio ed intorno ad esso.
9. L'accesso ai tetti costituiti da materiali non sufficientemente resistenti può essere autorizzato soltanto se sono fornite attrezzature che permettano di eseguire il lavoro in tutta sicurezza.
10. Le scale ed i marciapiedi mobili devono funzionare in piena sicurezza, devono essere muniti dei necessari dispositivi di sicurezza e devono possedere dispositivi di arresto di emergenza facilmente identificabili ed accessibili.
11. Le banchine e rampe di carico devono essere adeguate alle dimensioni dei carichi trasportati.
12. Le banchine di carico devono disporre di almeno un'uscita. Ove è tecnicamente possibile, le banchine di carico che superano m. 25,0 di lunghezza devono disporre di un'uscita a ciascuna estremità.
13. Le rampe di carico devono offrire una sicurezza tale da evitare che i lavoratori possano cadere.
13-bis. Le disposizioni di cui ai commi 10, 11, 12 e 13 sono altresì applicabili alle vie di circolazione principali sul terreno dell'impresa, alle vie di circolazione che portano a posti di lavoro fissi, alle vie di circolazione utilizzate per la regolare manutenzione e sorveglianza degli impianti dell'impresa, nonché alle banchine di carico.
10. L'art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303 è sostituito dal seguente:
Art. 14 (Locali di riposo). - 1. Quando la sicurezza e la salute dei lavoratori, segnatamente a causa del tipo di attività, lo richiedono, i lavoratori devono poter disporre di un locale di riposo facilmente accessibile.
2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica quando il personale lavora in uffici o in analoghi locali di lavoro che offrono equivalenti possibilità di riposo durante la pausa.
3. I locali di riposo devono avere dimensioni sufficienti ed essere dotati di un numero di tavoli e sedili con schienale in funzione del numero dei lavoratori.
4. Nei locali di riposo si devono adottare misure adeguate per la protezione dei non fumatori contro gli inconvenienti del fumo.
5. Quando il tempo di lavoro è interrotto regolarmente e frequentemente e non esistono locali di riposo, devono essere messi a disposizione del personale altri locali affinché questi possa soggiornarvi durante l'interruzione del lavoro nel caso in cui la sicurezza o la salute dei lavoratori lo esige. In detti locali è opportuno prevedere misure adeguate per la protezione dei non fumatori contro gli inconvenienti del fumo.
6. L'organo di vigilanza può prescrivere che, anche nei lavori continuativi, il datore di lavoro dia modo ai dipendenti di lavorare stando a sedere ogni qualvolta ciò non pregiudica la normale esecuzione del lavoro.
7. Le donne incinte e le madri che allattano devono avere la possibilità di riposarsi in posizione distesa e in condizioni appropriate.
11. L'art. 40 del Decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303 è sostituito dal seguente:
Art. 40 (Spogliatoi e armadi per il vestiario). - 1. Locali appositamente destinati a spogliatoi devono essere messi a disposizione dei lavoratori quando questi devono indossare indumenti di lavoro specifici e quando per ragioni di salute o di decenza non si può loro chiedere di cambiarsi in altri locali.
2. Gli spogliatoi devono essere distinti fra i due sessi e convenientemente arredati. Nelle aziende che occupano fino a cinque dipendenti lo spogliatoio può essere unico per entrambi i sessi; in tal caso i locali a ciò adibiti sono utilizzati dal personale dei due sessi, secondo opportuni turni prestabiliti e concordati nell'ambito dell'orario di lavoro.
3. I locali destinati a spogliatoio devono avere una capacità sufficiente, essere possibilmente vicini ai locali di lavoro aerati, illuminati, ben difesi dalle intemperie, riscaldati durante la stagione fredda e muniti di sedili.
4. Gli spogliatoi devono essere dotati di attrezzature che consentano a ciascun lavoratore di chiudere a chiave i propri indumenti durante il tempo di lavoro.
5. Qualora i lavoratori svolgano attività insudicianti, polverose, con sviluppo di fumi o vapori contenenti in sospensione sostanze untuose o incrostanti, nonché in quelle dove si usano sostanze venefiche, corrosive o infettanti o comunque pericolose, gli armadi per gli indumenti da lavoro devono essere separati da quelli per gli indumenti privati.
6. Qualora non si applichi il comma 1 ciascun lavoratore deve poter disporre delle attrezzature di cui al comma 4 per poter riporre i propri indumenti.
12. Gli articoli 37 e 39 del Decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303 sono sostituiti dai seguenti:
Art. 37 (Docce). - 1. Docce sufficienti ed appropriate devono essere messe a disposizione dei lavoratori quando il tipo di attività o la salubrità lo esigono.
2. Devono essere previsti locali per docce separati per uomini e donne o un'utilizzazione separata degli stessi. Le docce e gli spogliatoi devono comunque facilmente comunicare tra loro.
3. I locali delle docce devono avere dimensioni sufficienti per permettere a ciascun lavoratore di rivestirsi senza impacci e in condizioni appropriate di igiene.
4. Le docce devono essere dotate di acqua corrente calda e fredda e di mezzi detergenti e per asciugarsi.
"Art. 39 (Gabinetti e lavabi). - 1. I lavoratori devono disporre, in prossimità dei loro posti di lavoro, dei locali di riposo, degli spogliatoi e delle docce, di gabinetti e di lavabi con acqua corrente calda, se necessario, e dotati di mezzi detergenti e per asciugarsi.
2. Per uomini e donne devono essere previsti gabinetti separati; quando ciò sia impossibile a causa di vincoli urbanistici o architettonici e nelle aziende che occupano lavoratori di sesso diverso in numero non superiore a 10, è ammessa un'utilizzazione separata degli stessi.
13. L'art. 11 del Decreto del Presidente del Repubblica 27 aprile 1955, n. 547 è sostituito dal seguente:
Art. 11 (Posti di lavoro e di passaggio e luoghi di lavoro esterni). - 1. I posti di lavoro e di passaggio devono essere idoneamente difesi contro la caduta o l'investimento di materiali in dipendenza dell'attività lavorativa.
2. Ove non è possibile la difesa con mezzi tecnici, devono essere adottate altre misure o cautele adeguate.
3. I posti di lavoro, le vie di circolazione e altri luoghi o impianti all'aperto utilizzati o occupati dai lavoratori durante le loro attività devono essere concepiti in modo tale che la circolazione dei pedoni e dei veicoli può avvenire in modo sicuro.
4. Le disposizioni di cui all'articolo 8, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8, sono altresì applicabili alle vie di circolazione principali sul terreno dell'impresa, alle vie di circolazione che portano a posti di lavoro fissi, alle vie di circolazione utilizzate per la regolare manutenzione e sorveglianza degli impianti dell'impresa, nonché alle banchine di carico.
5. Le disposizioni sulle vie di circolazione e zone di pericolo di cui all'articolo 8, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8, si applicano per analogia ai luoghi di lavoro esterni.
6. I luoghi di lavoro all'aperto devono essere opportunamente illuminati con luce artificiale quando la luce del giorno non è sufficiente.
7. Quando i lavoratori occupano posti di lavoro all'aperto, questi devono essere strutturati, per quanto tecnicamente possibile, in modo tale che i lavoratori:
a) sono protetti contro gli agenti atmosferici e, se necessario, contro la caduta di oggetti;
b) non sono esposti a livelli sonori nocivi o ad agenti esterni nocivi, quali gas, vapori, polveri;
c) possono abbandonare rapidamente il posto di lavoro in caso di pericolo o possono esser soccorsi rapidamente;
d) non possono scivolare o cadere.
14. Le disposizioni di cui al presente articolo entrano in vigore tre mesi dopo la pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 7/8/1995 n. 102.
titolo III (*)
Uso delle attrezzature di lavoro
(*) Per una migliore interpretazione del Titolo III vedi: Circolare 7/8/1995 n. 102 .
Articolo 34
Definizioni
1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente titolo si intendono per:
a) attrezzatura di lavoro: qualsiasi macchina, apparecchio, utensile od impianto destinato ad essere usato durante il lavoro;
b) uso di una attrezzatura di lavoro: qualsiasi operazione lavorativa connessa ad una attrezzatura di lavoro, quale la messa in servizio o fuori servizio, l'impiego, il trasporto, la riparazione, la trasformazione, la manutenzione, la pulizia, lo smontaggio;
c) zona pericolosa: qualsiasi zona all'interno ovvero in prossimità di una attrezzatura di lavoro nella quale la presenza di un lavoratore costituisce un rischio per la salute o la sicurezza dello stesso.
Articolo 35
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori attrezzature adeguate al lavoro da svolgere ovvero adattate a tali scopi ed idonee ai fini della sicurezza e della salute.
2. Il datore di lavoro attua le misure tecniche ed organizzative adeguate per ridurre al minimo i rischi connessi all'uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori e per impedire che dette attrezzature possano essere utilizzate per operazioni e secondo condizioni per le quali non sono adatte.
"Inoltre, il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché durante l'uso delle attrezzature di lavoro siano rispettate le disposizioni di cui ai commi 4-bis e 4-ter." (5)
3. All'atto della scelta delle attrezzature di lavoro il datore di lavoro prende in considerazione:
a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere;
b) i rischi presenti nell'ambiente di lavoro;
c) i rischi derivanti dall'impiego delle attrezzature stesse;
"c-bis) i sistemi di comando, che devono essere sicuri anche tenuto conto dei guasti, dei disturbi e delle sollecitazioni prevedibili in relazione all'uso progettato dell'attrezzatura."(6)
4. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché le attrezzature di lavoro siano:
a) installate in conformità alle istruzioni del fabbricante;
b) utilizzate correttamente;
c) oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la rispondenza ai requisiti di cui all'art. 36 e siano corredate, ove necessario, da apposite istruzioni d'uso.
"c-bis) disposte in maniera tale da ridurre i rischi per gli utilizzatori e per le altre persone, assicurando in particolare sufficiente spazio disponibile tra gli elementi mobili e gli elementi fissi o mobili circostanti e che tutte le energie e sostanze utilizzate o prodotte possano essere addotte o estratte in modo sicuro.(7) "
(8) 4-bis. Il datore di lavoro provvede affinché nell'uso di attrezzature di lavoro mobili, semoventi o non semoventi sia assicurato che:
a) vengano disposte e fatte rispettare regole di circolazione per attrezzature di lavoro che manovrano in una zona di lavoro;
b) vengano adottate misure organizzative atte a evitare che i lavoratori a piedi si trovino nella zona di attività di attrezzature di lavoro semoventi e comunque misure appropriate per evitare che, qualora la presenza di lavoratori a piedi sia necessaria per la buona esecuzione dei lavori, essi subiscano danno da tali attrezzature;
c) il trasporto di lavoratori su attrezzature di lavoro mobili mosse meccanicamente avvenga esclusivamente su posti sicuri, predisposti a tale fine, e che, se si devono effettuare lavori durante lo spostamento, la velocità dell'attrezzatura sia adeguata;
d) le attrezzature di lavoro mobili, dotate di motore a combustione, siano utilizzate nelle zone di lavoro soltanto qualora sia assicurata una quantità sufficiente di aria senza rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori.
(9) 4-ter. Il datore di lavoro provvede affinchè nell'uso di attrezzature di lavoro destinate a sollevare carichi sia assicurato che:
a) gli accessori di sollevamento siano scelti in funzione dei carichi da movimentare, dei punti di presa, del dispositivo di aggancio, delle condizioni atmosferiche, nonché' tenendo conto del modo e della configurazione dell'imbracatura; le combinazioni di più accessori di sollevamento siano contrassegnate in modo chiaro per consentire all'utilizzatore di conoscerne le caratteristiche qualora esse non siano scomposte dopo l'uso; gli accessori di sollevamento siano depositati in modo tale da non essere danneggiati o deteriorati;
b) allorchè due o più attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati sono installate o montate in un luogo di lavoro in modo che i loro raggi di azione si intersecano, siano prese misure appropriate per evitare la collisione tra i carichi e gli elementi delle attrezzature di lavoro stesse;
c) i lavori siano organizzati in modo tale che, quando un lavoratore aggancia o sgancia manualmente un carico, tali operazioni possano svolgersi con la massima sicurezza e, in particolare, in modo che il lavoratore ne conservi il controllo diretto o indiretto;
d) tutte le operazioni di sollevamento siano correttamente progettate nonche' adeguatamente controllate ed eseguite al fine di tutelare la sicurezza dei lavoratori; in particolare, per un carico da sollevare simultaneamente da due o più attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati, sia stabilita e applicata una procedura d'uso per garantire il buon coordinamento degli operatori;
e) qualora attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati non possano trattenere i carichi in caso di interruzione parziale o totale dell'alimentazione di energia, siano prese misure appropriate per evitare di esporre i lavoratori ai rischi relativi; i carichi sospesi non devono rimanere senza sorveglianza salvo il caso in cui l'accesso alla zona di pericolo sia precluso e il carico sia stato agganciato e sistemato con la massima sicurezza;
f) allorchè le condizioni meteorologiche si degradano ad un punto tale da mettere in pericolo la sicurezza di funzionamento, esponendo così i lavoratori a rischi, l'utilizzazione all'aria aperta di attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati sia sospesa e siano adottate adeguate misure di protezione per i lavoratori e, in particolare, misure che impediscano il ribaltamento dell'attrezzatura di lavoro.
4-quater. Il datore di lavoro, sulla base della normativa vigente, provvede affinche' le attrezzature di cui all'allegato XIV siano sottoposte a verifiche di prima installazione o di successiva installazione e a verifiche periodiche o eccezionali, di seguito denominate "verifiche", al fine di assicurarne l'installazione corretta e il buon funzionamento.
(10) 4-quinquies. I risultati delle verifiche di cui al comma 4-quater sono tenuti a disposizione dell'autorità di vigilanza competente per un periodo di cinque anni dall'ultima registrazione o fino alla messa fuori esercizio dell'attrezzatura, se avviene prima. Un documento attestante l'esecuzione dell'ultima verifica deve accompagnare le attrezzature di lavoro ovunque queste sono utilizzate.".
5. Qualora le attrezzature richiedano per il loro impiego conoscenze o responsabilità particolari in relazione ai loro rischi specifici, il datore di lavoro si assicura che:
a) l'uso dell'attrezzatura di lavoro è riservato a lavoratori all'uopo incaricati;
b) in caso di riparazione, di trasformazione o manutenzione, il lavoratore interessato è qualificato in maniera specifica per svolgere tali compiti.
Articolo 36 (*)
Disposizioni concernenti le attrezzature di lavoro
1. Le attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori devono soddisfare alle disposizioni legislative e regolamentari in materia di tutela della sicurezza e salute dei lavoratori stessi ad esse applicabili.
(11) " 2. Le modalità e le procedure tecniche delle verifiche seguono il regime giuridico corrispondente a quello in base al quale l'attrezzatura è stata costruita e messa in servizio.".
3. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri dell'industria del commercio e dell'artigianato e della sanità, sentita la commissione consultiva permanente, (12) stabilisce modalità e procedure per l'effettuazione delle verifiche di cui al comma 2.
4. Nell'art. 52 del Decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, dopo il comma 2, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
Se ciò è appropriato e funzionale rispetto ai pericoli dell'attrezzatura di lavoro e del tempo di arresto normale, un'attrezzatura di lavoro deve essere munita di un dispositivo di arresto di emergenza.
5. Nell'art. 53 del Decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, dopo il comma 3, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
Qualora i mezzi di cui al secondo comma svolgano anche la funzione di allarme essi devono essere ben visibili ovvero comprensibili senza possibilità di errore.
6. Nell'art. 374 del Decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, dopo il comma 2 è aggiunto, in fine, il seguente comma:
Ove per le apparecchiature di cui al comma 2 è fornito il libretto di manutenzione occorre prevedere l'aggiornamento di questo libretto.
7. Nell'art. 20 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, dopo il comma 2 sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
soppresso.
Un'attrezzatura di lavoro che comporta pericoli dovuti ad emanazione di gas, vapori o liquidi ovvero ad emissioni di polvere, deve essere munita di appopriati dispositivi di ritenuta ovvero di estrazione vicino alla fonte corrispondente a tali pericoli..
8. Le disposizioni del presente articolo entrano in vigore tre mesi dopo la pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
(13) "8-bis. Il datore di lavoro adegua ai requisiti di cui all'allegato XV, entro il 30 giugno 2001, le attrezzature di lavoro indicate nel predetto allegato, già messe a disposizione dei lavoratori alla data del 5 dicembre 1998 (14) e non soggette a norme nazionali di attuazione di direttive comunitarie concernenti disposizioni di carattere costruttivo, allorchè esiste per l'attrezzatura di lavoro considerata un rischio corrispondente.
8-ter. Fino a che le attrezzature di lavoro di cui al comma 8-bis non vengono adeguate il datore di lavoro adotta misure alternative che garantiscano un livello di sicurezza equivalente.
8-quater. Le modifiche apportate alle macchine definite all'articolo 1, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 459, a seguito dell'applicazione delle disposizioni del comma 8-bis, e quelle effettuate per migliorare le condizioni di sicurezza sempre che non comportino modifiche delle modalità di utilizzo e delle prestazioni previste dal costruttore, non configurano immissione sul mercato ai sensi dell'articolo 1, comma 3, secondo periodo, del predetto decreto.".
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 7/8/1995 n. 102.
Articolo 37
Informazione
1. Il datore di lavoro provvede affinché per ogni attrezzatura di lavoro a disposizione, i lavoratori incaricati dispongano di ogni informazione e di ogni istruzione d'uso necessaria in rapporto alla sicurezza e relativa:
a) alle condizioni di impiego delle attrezzature anche sulla base delle conclusioni eventualmente tratte dalle esperienze acquisite nella fase di utilizzazione delle attrezzature di lavoro;
b) alle situazioni anormali prevedibili.
(15) "1-bis. Il datore di lavoro provvede altresì a informare i lavoratori sui rischi cui sono esposti durante l'uso delle attrezzature di lavoro, sulle attrezzature di lavoro presenti nell'ambiente immediatamente circostante, anche se da essi non usate direttamente, nonché sui cambiamenti di tali attrezzature.".
2. Le informazioni e le istruzioni d'uso devono risultare comprensibili ai lavoratori interessati.
Articolo 38
Formazione ed addestramento
1. Il datore di lavoro si assicura che:
a) i lavoratori incaricati di usare le attrezzature di lavoro ricevono una formazione adeguata sull'uso delle attrezzature di lavoro;
b) i lavoratori incaricati dell'uso delle attrezzature che richiedono conoscenze e responsabilità particolari di cui all'art. 35, comma 5, ricevono un addestramento adeguato e specifico che li metta in grado di usare tali attrezzature in modo idoneo e sicuro anche in relazione ai rischi causati ad altre persone.
Articolo 39
Obblighi dei lavoratori
1. I lavoratori si sottopongono ai programmi di formazione o di addestramento eventualmente organizzati dal datore di lavoro.
2. I lavoratori utilizzano le attrezzature di lavoro messe a loro disposizione conformemente all'informazione, alla formazione ed all'addestramento ricevuti.
3. I lavoratori:
a) hanno cura delle attrezzature di lavoro messe a loro disposizione;
b) non vi apportano modifiche di propria iniziativa;
c) segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto qualsiasi difetto od inconveniente da essi rilevato nelle attrezzature di lavoro messe a loro disposizione.
titolo IV (*)
Uso dei dispositivi di protezione individuale
(*) Per una migliore interpretazione delTitolo IV vedi: Circolare 7/8/1995 n. 102 .
Articolo 40
Definizioni
1. Si intende per dispositivo di protezione individuale (DPI) qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo.
2. Non sono dispositivi di protezione individuale:
a) gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non specificamente destinati a proteggere la sicurezza e la salute del lavoratore;
b) le attrezzature dei servizi di soccorso e di salvataggio;
c) le attrezzature di protezione individuale delle forze armate, delle forze di polizia e del personale del servizio per il mantenimento dell'ordine pubblico;
d) le attrezzature di protezione individuale proprie dei mezzi di trasporto stradali;
e) i materiali sportivi;
f) i materiali per l'autodifesa o per la dissuasione;
g) gli apparecchi portatili per individuare e segnalare rischi e fattori nocivi.
Articolo 41
Obbligo di uso
1. I DPI devono essere impiegati quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro.
Articolo 42 (*)
Requisiti dei DPI
1. I DPI devono essere conformi alle norme di cui al decreto legislativo 4 dicembre 1992 n. 475.
2. I DPI di cui al comma 1 devono inoltre:
a) essere adeguati ai rischi da prevenire, senza comportare di per sé un rischio maggiore;
b) essere adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro;
c) tenere conto delle esigenze ergonomiche o di salute del lavoratore;
d) poter essere adattati all'utilizzatore secondo le sue necessità.
3. In caso di rischi multipli che richiedono l'uso simultaneo di più DPI, questi devono essere tra loro compatibili e tali da mantenere, anche nell'uso simultaneo, la propria efficacia nei confronti del rischio e dei rischi corrispondenti.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 7/8/1995 n. 102.
Articolo 43 (*)
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro ai fini della scelta dei DPI:
a) effettua l'analisi e la valutazione dei rischi che non possono essere evitati con altri mezzi;
b) individua le caratteristiche dei DPI necessarie affinché questi siano adeguati ai rischi di cui alla lettera a), tenendo conto delle eventuali ulteriori fonti di rischio rappresentate dagli stessi DPI;
c) valuta, sulla base delle informazioni a corredo dei DPI fornite dal fabbricante e delle norme d'uso di cui all'art. 45 le caratteristiche dei DPI disponibili sul mercato e le raffronta con quelle individuate alla lettera b);
d) aggiorna la scelta ogni qualvolta intervenga una variazione significativa negli elementi di valutazione.
2. Il datore di lavoro, anche sulla base delle norme d'uso di cui all'art. 45, individua le condizioni in cui un DPI deve essere usato, specie per quanto riguarda la durata dell'uso, in funzione di:
a) entità del rischio;
b) frequenza dell'esposizione al rischio;
c) caratteristiche del posto di lavoro di ciascun lavoratore;
d) prestazioni del DPI.
3. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori i DPI conformi ai requisiti previsti dall'art. 42 e dal decreto di cui all'art. 45 comma 2.
4. Il datore di lavoro:
a) mantiene in efficienza i DPI e ne assicura le condizioni d'igiene, mediante la manutenzione, le riparazioni e le sostituzioni necessarie;
b) provvede a che i DPI siano utilizzati soltanto per gli usi previsti, salvo casi specifici ed eccezionali, conformemente alle informazioni del fabbricante;
c) fornisce istruzioni comprensibili per i lavoratori;
d) destina ogni DPI ad un uso personale e, qualora le circostanze richiedano l'uso di uno stesso DPI da parte di più persone, prende misure adeguate affinché tale uso non ponga alcun problema sanitario e igienico ai vari utilizzatori;
e) informa preliminarmente il lavoratore dei rischi dai quali il Dpi lo protegge;
f) rende disponibile nell'azienda ovvero unità produttiva informazioni adeguate su ogni DPI;
g) assicura una formazione adeguata e organizza, se necessario, uno specifico addestramento circa l'uso corretto e l'utilizzo pratico dei DPI.
5. In ogni caso l'addestramento è indispensabile:
a) per ogni DPI che, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, appartenga alla terza categoria;
b) per i dispositivi di protezione dell'udito.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 7/8/1995 n. 102.
Articolo 44
Obblighi dei lavoratori
1. I lavoratori si sottopongono al programma di formazione e addestramento organizzato dal datore di lavoro nei casi ritenuti necessari ai sensi dell'art. 43, commi 4, lettera g), e 5.
2. I lavoratori utilizzano i DPI messi a loro disposizione conformemente all'informazione e alla formazione ricevute e all'addestramento eventualmente organizzato.
3. I lavoratori:
a) hanno cura dei DPI messi a loro disposizione;
b) non vi apportano modifiche di propria iniziativa.
4. Al termine dell'utilizzo i lavoratori seguono le procedure aziendali in materia di riconsegna dei DPI.
5. I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto qualsiasi difetto o inconveniente da essi rilevato nei DPI messi a loro disposizione.
Articolo 45
Criteri per l'individuazione e l'uso
1. Il contenuto degli allegati III, IV e V costituisce elemento di riferimento per l'applicazione di quanto previsto all'art. 43 commi 1 e 4.
2. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la commissione consultiva permanente, tenendo conto della natura, dell'attività e dei fattori specifici di rischio, indica:
a) i criteri per l'individuazione e l'uso dei DPI;
b) le circostanze e le situazioni in cui, ferme restando le priorità delle misure di protezione collettiva, si rende necessario l'impiego dei DPI.
Articolo 46
Norma transitoria
1. Fino alla data del 31 dicembre 1998 e, nel caso di dispositivi di emergenza destinati all'autosalvataggio in caso di evacuazione, fino al 31 dicembre 2004, possono essere impiegati:
a) i DPI commercializzati ai sensi dell'art. 15, comma 1, del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475;
b) i DPI già in uso alla data di entrata in vigore del presente decreto prodotti conformemente alle normative vigenti nazionali o di altri Paesi della Comunità europea.
titolo V (*)
Movimentazione manuale dei carichi
(*) Per una migliore interpretazione del Titolo V vedi: Circolare 7/8/1995 n. 102.
Articolo 47
Campo di applicazione
1. Le norme del presente titolo si applicano alle attività che comportano la movimentazione manuale dei carichi con i rischi, tra l'altro, di lesioni dorso-lombari per i lavoratori durante il lavoro.
2. Si intendono per:
a) movimentazione manuale dei carichi: le operazioni di trasporto o di sostegno di un carico ad opera di uno o più lavoratori, comprese le azioni del sollevare, deporre, spingere, tirare, portare o spostare un carico che, per le loro caratteristiche o in conseguenza delle condizioni ergonomiche sfavorevoli, comportano tra l'altro rischi di lesioni dorso-lombari;
b) lesioni dorso-lombari: lesioni a carico delle strutture osteomiotendinee e nerveovascolari a livello dorso-lombare.
Articolo 48 (*)
Obblighi dei datori di lavoro
1. Il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie o ricorre ai mezzi appropriati, in particolare attrezzature meccaniche, per evitare la necessità di una movimentazione manuale dei carichi da parte dei lavoratori.
2. Qualora non sia possibile evitare la movimentazione manuale dei carichi ad opera dei lavoratori, il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie, ricorre ai mezzi appropriati o fornisce ai lavoratori stessi i mezzi adeguati allo scopo di ridurre il rischio che comporta la movimentazione manuale di detti carichi, in base all'allegato VI.
3. Nel caso in cui la necessità di una movimentazione manuale di un carico ad opera del lavoratore non può essere evitata, il datore di lavoro organizza i posti di lavoro in modo che detta movimentazione sia quanto più possibile sicura e sana.
4. Nei casi di cui al comma 3 il datore di lavoro:
a) valuta, se possibile, preliminarmente, le condizioni di sicurezza e di salute connesse al lavoro in questione e tiene conto in particolare delle caratteristiche del carico, in base all'allegato VI;
b) adotta le misure atte ad evitare o ridurre tra l'altro i rischi di lesioni dorso-lombari, tenendo conto in particolare dei fattori individuali di rischio, delle caratteristiche dell'ambiente di lavoro e delle esigenze che tale attività comporta, in base all'allegato VI;
c) sottopone alla sorveglianza sanitaria di cui all'art. 16 gli addetti alle attività di cui al presente titolo.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 7/8/1995 n. 102.
Articolo 49
Informazione e formazione
1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare per quanto riguarda:
a) il peso di un carico;
b) il centro di gravità o il lato più pesante nel caso in cui il contenuto di un imballaggio abbia una collocazione eccentrica;
c) la movimentazione corretta dei carichi e i rischi che i lavoratori corrono se queste attività non vengono eseguite in maniera corretta, tenuto conto degli elementi di cui all'allegato VI.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata, in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.
titolo VI (*)
Uso delle attrezzature munite di videoterminali
(*) Per una migliore interpretazione del Titolo VI vedi: Circolare 7/8/1995 n. 102.
Articolo 50
Campo di applicazione
1. Le norme del presente titolo si applicano alle attività lavorative che comportano l'uso di attrezzature munite di videoterminali.
2. Le norme del presente titolo non si applicano ai lavoratori addetti: (*)
a) ai posti di guida di veicoli o macchine;
b) ai sistemi informatici montati a bordo di un mezzo di trasporto;
c) ai sistemi informatici destinati in modo prioritario all'utilizzazione da parte del pubblico;
d) ai sistemi denominati portatili ove non siano oggetto di utilizzazione prolungata in un posto di lavoro;
e) alle macchine calcolatrici, ai registratori di cassa e a tutte le attrezzature munite di un piccolo dispositivo di visualizzazione dei dati o delle misure, necessario all'uso diretto di tale attrezzatura;
f) alle macchine di videoscrittura senza schermo separato.
Il presente articolo è stato corretto al punto 2 in base all'errata corrige pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 21/11/94 serie generale, n. 272 (n.d.r.).
Articolo 51 (*)
Definizioni
1. Ai fini del presente titolo si intende per:
a) videoterminale: uno schermo alfanumerico o grafico a prescindere dal tipo di procedimento di visualizzazione utilizzato;
b) posto di lavoro: l'insieme che comprende le attrezzature munite di videoterminale, eventualmente con tastiera ovvero altro sistema di immissione dati, ovvero software per l'interfaccia uomo-macchina, gli accessori opzionali, le apparecchiature connesse, comprendenti l'unità a dischi, il telefono, il modem, la stampante, il supporto per i documenti, la sedia, il piano di lavoro, nonché l'ambiente di lavoro immediatamente circostante;
(16) c) lavoratore: il lavoratore che utilizza un'attrezzatura munita di videoterminali, in modo sistematico o abituale, per venti ore settimanali, dedotte le interruzioni di cui all'articolo 54;
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 7/8/1995 n. 102.
Articolo 52
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro, all'atto della valutazione del rischio di cui all'art. 4, comma 1, analizza i posti di lavoro con particolare riguardo:
a) ai rischi per la vista e per gli occhi;
b) ai problemi legati alla postura e all'affaticamento fisico o mentale;
c) alle condizioni ergonomiche e di igiene ambientale.
2. Il datore di lavoro adotta le misure appropriate per ovviare ai rischi riscontrati in base alle valutazioni di cui al comma 1, tenendo conto della somma ovvero della combinazione della incidenza dei rischi riscontrati.
Articolo 53
Organizzazione del lavoro
1. Il datore di lavoro assegna le mansioni e i compiti lavorativi comportanti l'uso dei videoterminali anche secondo una distribuzione del lavoro che consente di evitare il più possibile la ripetitività e la monotonia delle operazioni.
Articolo 54 (*)
Svolgimento quotidiano del lavoro
1. Il lavoratore, qualora svolga la sua attività per almeno quattro ore consecutive, ha diritto ad una interruzione della sua attività mediante pause ovvero cambiamento di attività.
2. Le modalità di tali interruzioni sono stabilite dalla contrattazione collettiva anche aziendale.
3. In assenza di una disposizione contrattuale riguardante l'interruzione di cui al comma 1, il lavoratore comunque ha diritto ad una pausa di quindici minuti ogni centoventi minuti di applicazione continuativa al videoterminale.
4. Le modalità e la durata delle interruzioni possono essere stabilite temporaneamente a livello individuale ove il medico competente ne evidenzi la necessità.
5. E' comunque esclusa la cumulabilità delle interruzioni all'inizio e al termine dell'orario di lavoro.
6. Nel computo dei tempi di interruzione non sono compresi i tempi di attesa della risposta da parte del sistema elettronico, che sono considerati, a tutti gli effetti, tempo di lavoro, ove il lavoratore non possa abbandonare il posto di lavoro.
7. La pausa è considerata a tutti gli effetti parte integrante dell'orario di lavoro e, come tale, non è riassorbibile all'interno di accordi che prevedono la riduzione dell'orario complessivo di lavoro.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 7/8/1995 n. 102.
Articolo 55 (*)
Sorveglianza sanitaria
1. I lavoratori, prima di essere addetti alle attività di cui al presente titolo, sono sottoposti ad una visita medica per evidenziare eventuali malformazioni strutturali e ad un esame degli occhi e della vista effettuati dal medico competente. Qualora l'esito della visita medica ne evidenzi la necessità, il lavoratore è sottoposto a esami specialistici.
2. In base alle risultanze degli accertamenti di cui al comma 1 i lavoratori vengono classificati in:
a) idonei, con o senza prescrizioni;
b) non idonei.
(17) 3. I lavoratori sono sottoposti a sorveglianza sanitaria, ai sensi dell'articolo 16.
3-bis. Le visite di controllo sono effettuate con le modalità di cui ai commi 1 e 2.
3-ter. La periodicità delle visite di controllo, fatti salvi i casi particolari che richiedono una frequenza diversa stabilita dal medico competente, è biennale per i lavoratori classificati come idonei con prescrizioni e per i lavoratori che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di età; quinquennale negli altri casi.
4. Il lavoratore è sottoposto a controllo oftalmologico a sua richiesta, ogniqualvolta sospetti una sopravvenuta alterazione della funzione visiva, confermata dal medico competente, oppure ogniqualvolta l'esito della visita di cui ai commi 1 e 3 ne evidenzi la necessità;
5. La spesa relativa alla dotazione di dispositivi speciali di correzione in funzione dell'attività svolta è a carico del datore di lavoro.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 7/8/1995 n. 102.
Articolo 56
Informazione e formazione
1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare per quanto riguarda:
a) le misure applicabili al posto di lavoro, in base all'analisi dello stesso di cui all'art. 52;
b) le modalità di svolgimento dell'attività;
c) la protezione degli occhi e della vista.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.
3. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della sanità stabilisce con decreto una guida d'uso dei videoterminali.
Articolo 57
Consultazione e partecipazione
1. Il datore di lavoro informa preventivamente i lavoratori e il rappresentante per la sicurezza dei cambiamenti tecnologici che comportano mutamenti nell'organizzazione del lavoro, in riferimento alle attività di cui al presente titolo.
Articolo 58 (*) (18)
Adeguamento alle norme
1. I posti di lavoro dei lavoratori di cui all'articolo 51, comma 1, lettera c), devono essere conformi alle prescrizioni minime di cui all'allegato VII.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 7/8/1995 n. 102.
Articolo 59
Caratteristiche tecniche
1. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della sanità e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la commissione consultiva permanente, sono disposti, anche in recepimento di direttive comunitarie, gli adattamenti di carattere tecnico all'allegato VII in funzione del progresso tecnico, della evoluzione delle normative e specifiche internazionali oppure delle conoscenze nel settore delle attrezzature dotate di videoterminali.
titolo VII (*)
Protezione da agenti cancerogeni MUTAGENI
(*) Per una migliore interpretazione del Titolo VII vedi: Circolare 7/8/1995 n. 102.
capo I
Disposizioni generali
Articolo 60
Campo di applicazione
1. Le norme del presente titolo si applicano a tutte le attività nelle quali i lavoratori sono o possono essere esposti ad agenti cancerogeni o mutageni a causa della loro attività lavorativa.
(19) "2. Le norme del presente titolo non si applicano alle attività disciplinate dal decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277, capo III.".
3. Il presente titolo non si applica ai lavoratori esposti soltanto alle radiazioni previste dal trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica.
Articolo 61 (*) (20)
Definizioni
1. Agli effetti del presente decreto si intende per:
a) agente cancerogeno:
1) una sostanza che risponde ai criteri relativi alla classificazione quali categorie cancerogene 1 o 2, stabiliti ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive modificazioni;
2) un preparato contenente una o più sostanze di cui al punto 1), quando la concentrazione di una o più delle singole sostanze risponde ai requisiti relativi ai limiti di concentrazione per la classificazione di un preparato nelle categorie cancerogene 1 o 2 in base ai criteri stabiliti dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 16 luglio 1998, n. 285;
3) una sostanza, un preparato o un processo di cui all'allegato VIII, nonché una sostanza od un preparato emessi durante un processo previsto dall'allegato VIII;
b) agente mutageno:
1) una sostanza che risponde ai criteri relativi alla classificazione nelle categorie mutagene 1 o 2, stabiliti dal decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive modificazioni;
2) un preparato contenente una o più sostanze di cui al punto 1), quando la concentrazione di una o più delle singole sostanze risponde ai requisiti relativi ai limiti di concentrazione per la classificazione di un preparato nelle categorie mutagene 1 o 2 in base ai criteri stabiliti dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 16 luglio 1998, n. 285;
c) valore limite: se non altrimenti specificato, il limite della concentrazione media, ponderata in funzione del tempo, di un agente cancerogeno o mutageno nell'aria, rilevabile entro la zona di respirazione di un lavoratore, in relazione ad un periodo di riferimento determinato stabilito nell'allegato VIII-bis.".
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 7/8/1995 n. 102.
capo II
Obblighi del datore di lavoro
Articolo 62 (*)
Sostituzione e riduzione
1. Il datore di lavoro evita o riduce l'utilizzazione di un agente cancerogeno o mutageno sul luogo di lavoro in particolare sostituendolo, sempre che ciò è tecnicamente possibile, con una sostanza o un preparato o un procedimento che nelle condizioni in cui viene utilizzato non è o è meno nocivo alla salute e eventualmente alla sicurezza dei lavoratori.
2. Se non è tecnicamente possibile sostituire l'agente cancerogeno o mutageno il datore di lavoro provvede affinché la produzione o l'utilizzazione dell'agente cancerogeno o mutageno avvenga in un sistema chiuso sempre che ciò è tecnicamente possibile.
3. Se il ricorso ad un sistema chiuso non è tecnicamente possibile il datore di lavoro provvede affinché il livello di esposizione dei lavoratori sia ridotto al più basso valore tecnicamente possibile.
(21) "L'esposizione non deve comunque superare il valore limite dell'agente stabilito nell'allegato VIII-bis".
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 7/8/1995 n. 102.
Articolo 63 (*)
Valutazione del rischio
1. Fatto salvo quanto previsto all'art. 62, il datore di lavoro effettua una valutazione dell'esposizione a agenti cancerogeni o mutageni, i risultati della quale sono riportati nel documento di cui all'art. 4, comma 2.
2. Detta valutazione tiene conto, in particolare, delle caratteristiche delle lavorazioni, della loro durata e della loro frequenza, dei quantitativi di agenti cancerogeni o mutageni prodotti ovvero utilizzati, della loro concentrazione, della capacità degli stessi di penetrare nell'organismo per le diverse vie di assorbimento, anche in relazione al loro stato di aggregazione e, qualora allo stato solido, se in massa compatta o in scaglie o in forma polverulenta e se o meno contenuti in una matrice solida che ne riduce o ne impedisce la fuoriuscita.
(22) "La valutazione deve tener conto di tutti i possibili modi di esposizione, compreso quello in cui vi e' assorbimento cutaneo.".
3. Il datore di lavoro, in relazione ai risultati della valutazione di cui al comma 1, adotta le misure preventive e protettive del presente titolo, adattandole alle particolarità delle situazioni lavorative.
4. Il documento di cui all'art. 4, commi 2 e 3, è integrato con i seguenti dati:
a) le attività lavorative che comportano la presenza di sostanze o preparati cancerogeni o mutageni o di processi industriali di cui all'allegato VIII, con l'indicazione dei motivi per i quali sono impiegati agenti cancerogeni o mutageni;
b) i quantitativi di sostanze ovvero preparati cancerogeni o mutageni prodotti ovvero utilizzati, ovvero presenti come impurità o sottoprodotti;
c) il numero dei lavoratori esposti ovvero potenzialmente esposti ad agenti cancerogeni o mutageni;
d) l'esposizione dei suddetti lavoratori, ove nota e il grado della stessa;
e) le misure preventive e protettive applicate ed il tipo dei dispositivi di protezione individuale utilizzati;
f) le indagini svolte per la possibile sostituzione degli agenti cancerogeni o mutageni e le sostanze e i preparati eventualmente utilizzati come sostituti.
5. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall'ultima valutazione effettuata.
6. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso anche ai dati di cui al comma 4, fermo restando l'obbligo di cui all'art. 9, comma 3.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 7/8/1995 n. 102.
Articolo 64
Misure tecniche, organizzative, procedurali
1. Il datore di lavoro:
a) assicura, applicando metodi e procedure di lavoro adeguati, che nelle varie operazioni lavorative sono impiegati quantitativi di agenti cancerogeni o mutageni non superiori alle necessità delle lavorazioni e che gli agenti cancerogeni o mutageni in attesa di impiego, in forma fisica tale da causare rischio di introduzione, non sono accumulati sul luogo di lavoro in quantitativi superiori alle necessità predette;
b) limita al minimo possibile il numero dei lavoratori esposti o che possono essere esposti ad agenti cancerogeni o mutageni, anche isolando le lavorazioni in aree predeterminate provviste di adeguati segnali di avvertimento e di sicurezza, compresi i segnali vietato fumare, ed accessibili soltanto ai lavoratori che debbono recarvisi per motivi connessi con la loro mansione o con la loro funzione. In dette aree è fatto divieto di fumare;
c) progetta, programma e sorveglia le lavorazioni in modo che non vi è emissione di agenti cancerogeni o mutageni nell'aria. Se ciò non è tecnicamente possibile, l'eliminazione degli agenti cancerogeni o mutageni deve avvenire il più vicino possibile al punto di emissione mediante aspirazione localizzata, nel rispetto dell'art. 4, comma 5, lettera n). L'ambiente di lavoro deve comunque essere dotato di un adeguato sistema di ventilazione generale;
d) provvede alla misurazione di agenti cancerogeni o mutageni per verificare l'efficacia delle misure di cui alla lettera c) e per individuare precocemente le esposizioni anomale causate da un evento non prevedibile o da un incidente, con metodi di campionatura e di misurazione conformi alle indicazioni dell'allegato VIII del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277;
e) provvede alla regolare e sistematica pulitura dei locali, delle attrezzature e degli impianti;
f) elabora procedure per i casi di emergenza che possono comportare esposizioni elevate;
g) assicura che gli agenti cancerogeni o mutageni sono conservati, manipolati, trasportati in condizioni di sicurezza;
h) assicura che la raccolta e l'immagazzinamento, ai fini dello smaltimento degli scarti e dei residui delle lavorazioni contenenti agenti cancerogeni o mutageni, avvengano in condizioni di sicurezza, in particolare utilizzando contenitori ermetici etichettati in modo chiaro, netto, visibile;
i) dispone, su conforme parere del medico competente, misure protettive particolari per quelle categorie di lavoratori per i quali l'esposizione a taluni agenti cancerogeni o mutageni presenta rischi particolarmente elevati.
Articolo 65
Misure igieniche
1. Il datore di lavoro:
a) assicura che i lavoratori dispongano di servizi igienici appropriati ed adeguati;
b) dispone che i lavoratori abbiano in dotazione idonei indumenti protettivi da riporre in posti separati dagli abiti civili;
c) provvede affinché i dispositivi di protezione individuale siano custoditi in luoghi determinati, controllati e puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo altresì a far riparare o sostituire quelli difettosi, prima di ogni nuova utilizzazione.
2. E' vietato assumere cibi e bevande o fumare nelle zone di lavoro di cui all'art. 64, lettera b).
Articolo 66
Informazione e formazione
1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle conoscenze disponibili, informazioni ed istruzioni, in particolare per quanto riguarda:
a) gli agenti cancerogeni o mutageni presenti nei cicli lavorativi, la loro dislocazione, i rischi per la salute connessi al loro impiego, ivi compresi i rischi supplementari dovuti al fumare;
b) le precauzioni da prendere per evitare l'esposizione;
c) le misure igieniche da osservare;
d) la necessità di indossare e impiegare indumenti di lavoro e protettivi e dispositivi individuali di protezione ed il loro corretto impiego;
e) il modo di prevenire il verificarsi di incidenti e le misure da adottare per ridurre al minimo le conseguenze.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.
3. L'informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono fornite prima che i lavoratori siano adibiti alle attività in questione e vengono ripetute, con frequenza almeno quinquennale, e comunque ogni qualvolta si verificano nelle lavorazioni cambiamenti che influiscono sulla natura e sul grado dei rischi.
4. Il datore di lavoro provvede inoltre affinché gli impianti, i contenitori, gli imballaggi contenenti agenti cancerogeni o mutageni siano etichettati in maniera chiaramente leggibile e comprensibile. I contrassegni utilizzati e le altre indicazioni devono essere conformi al disposto della legge 29 maggio 1974, n. 256 e successive modifiche ed integrazioni.
Articolo 67 (*)
Esposizione non prevedibile
1. Se si verificano eventi non prevedibili o incidenti che possono comportare un'esposizione anomala dei lavoratori, il datore di lavoro adotta quanto prima misure appropriate per identificare e rimuovere la causa dell'evento e ne informa i lavoratori e il rappresentante per la sicurezza.
2. I lavoratori devono abbandonare immediatamente l'area interessata, cui possono accedere soltanto gli addetti agli interventi di riparazione e ad altre operazioni necessarie, indossando idonei indumenti protettivi e dispositivi di protezione delle vie respiratorie, messi a loro disposizione dal datore di lavoro. In ogni caso l'uso dei dispositivi di protezione non può essere permanente e la sua durata, per ogni lavoratore, è limitata al minimo strettamente necessario.
3. Il datore di lavoro comunica al più presto all'organo di vigilanza il verificarsi degli eventi di cui al comma 1 e riferisce sulle misure adottate per ridurre al minimo le conseguenze.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 7/8/1995 n. 102.
Articolo 68 (*)
Operazioni lavorative particolari
1. Nel caso di determinate operazioni lavorative, come quella di manutenzione, per le quali, nonostante l'adozione di tutte le misure di prevenzione tecnicamente applicabili, è prevedibile un'esposizione rilevante dei lavoratori addetti, il datore di lavoro previa consultazione del rappresentante per la sicurezza:
a) dispone che soltanto tali lavoratori hanno accesso alle suddette aree anche provvedendo, ove tecnicamente possibile, all'isolamento delle stesse ed alla loro identificazione mediante appositi contrassegni;
b) fornisce ai lavoratori speciali indumenti e dispositivi di protezione individuale che devono essere indossati dai lavoratori adibiti alle suddette operazioni.
2. La presenza nelle aree di cui al comma 1 dei lavoratori addetti è in ogni caso ridotta al minimo compatibilmente con le necessità delle lavorazioni.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 7/8/1995 n. 102.
capo III
Sorveglianza sanitaria
Articolo 69
Accertamenti sanitari e norme preventive e protettive specifiche
1. I lavoratori per i quali la valutazione di cui all'art. 63 ha evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti a sorveglianza sanitaria.
2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure preventive e protettive per singoli lavoratori sulla base delle risultanze degli esami clinici e biologici effettuati.
3. Le misure di cui al comma 2 possono comprendere l'allontanamento del lavoratore secondo le procedure dell'art. 8 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277.
4. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori esposti in modo analogo ad uno stesso agente, l'esistenza di una anomalia imputabile a tale esposizione, il medico competente ne informa il datore di lavoro.
5. A seguito dell'informazione di cui al comma 4 il datore di lavoro effettua:
a) una nuova valutazione del rischio in conformità all'art. 63;
b) ove sia tecnicamente possibile, una misurazione della concentrazione dell'agente in aria per verificare l'efficacia delle misure adottate.
6. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sulla sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti, con particolare riguardo all'opportunità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attività lavorativa.
Articolo 70
Registro di esposizione e cartelle sanitarie
(23) 1. I lavoratori di cui all'articolo 69 sono iscritti in un registro nel quale è riportata, per ciascuno di essi, l'attività svolta, l'agente cangerogeno o mutageno utilizzato e, ove noto, il valore dell'esposizione a tale agente. Detto registro e' istituito ed aggiornato dal datore di lavoro che ne cura la tenuta per il tramite del medico competente. Il responsabile del servizio di prevenzione ed i rappresentanti per la sicurezza hanno accesso a detto registro.
2. Il medico competente, per ciascuno dei lavoratori di cui all'articolo 69, provvede ad istituire e aggiornare una cartella sanitaria e di rischio, custodita presso l'azienda o l'unità produttiva sotto la responsabilità del datore di lavoro.
3. Il datore di lavoro comunica ai lavoratori interessati, su richiesta, le relative annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e, tramite il medico competente, i dati della cartella sanitaria e di rischio.
4. In caso di cessazione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro invia all'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro - ISPESL la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore interessato unitamente alle annotazioni individuali contenute nel registro e ne consegna copia al lavoratore stesso.
5. In caso di cessazione di attività dell'azienda, il datore di lavoro consegna il registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio all'ISPESL.
6. Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio sono conservate dal datore di lavoro almeno fino a risoluzione del rapporto di lavoro e dall'ISPESL fino a quarant'anni dalla cessazione di ogni attività che espone ad agenti cangerogeni o mutageni.
7. I registri di esposizione, le annotazioni individuali e le cartelle sanitarie e di rischio sono custoditi e trasmessi con salvaguardia del segreto professionale e del trattamento dei dati personali.
8. Il datore di lavoro, in caso di esposizione del lavoratore ad agenti cancerogeni, oltre a quanto previsto ai commi da 1 a 7:
a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all'ISPESL ed all'organo di vigilanza competente per territorio, e comunica loro ogni tre anni, e comunque ogni qualvolta i medesimi ne facciano richiesta, le variazioni intervenute;
b) consegna, a richiesta, all'Istituto superiore di sanità copia del registro di cui al comma 1;
c) in caso di cessazione di attività dell'azienda, consegna copia del registro di cui al comma 1 all'organo di vigilanza competente per territorio;
d) in caso di assunzione di lavoratori che hanno in precedenza esercitato attività con esposizione ad agenti cancerogeni, il datore di lavoro chiede all'ISPESL copia delle annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1, nonche' copia della cartella sanitaria e di rischio, qualora il lavoratore non ne sia in possesso ai sensi del comma 4.
9. I modelli e le modalità di tenuta del registro e delle cartelle sanitarie e di rischio sono determinati con decreto del Ministro della sanità, di concerto con i Ministri per la funzione pubblica e del lavoro e della previdenza sociale, sentita la commissione consultiva permanente.
10. L'ISPESL trasmette annualmente al Ministero della sanità dati di sintesi relativi al contenuto dei registri di cui al comma 1 ed a richiesta li rende disponibili alle regioni.
Articolo 71
Registrazione dei tumori
1. I medici, le strutture sanitarie pubbliche e private, nonché gli istituti previdenziali assicurativi pubblici o privati, che refertano casi di neoplasie da loro ritenute causate da esposizione lavorativa ad agenti cancerogeni o mutageni, trasmettono all'ISPESL copia della relativa documentazione clinica ovvero anatomopatologica e quella inerente l'anamnesi lavorativa.
(24) 2. L'ISPESL realizza, nei limiti delle ordinarie risorse di bilancio, sistemi di monitoraggio dei rischi cancerogeni di origine professionale utilizzando i flussi informativi di cui al comma 1, le informazioni raccolte dai sistemi di registrazione delle patologie attivi sul territorio regionale, nonché i dati di carattere occupazionale, anche a livello nominativo, rilevati nell'ambito delle rispettive attività istituzionali dall'Istituto nazionale della previdenza sociale - INPS, dall'Istituto nazionale di statistica - ISTAT, dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro - INAIL e da altre istituzioni pubbliche.
L'ISPESL rende disponibile al Ministero della sanità ed alle regioni i risultati del monitoraggio con periodicità annuale.".
3. Con decreto dei Ministri della sanità e del lavoro e della previdenza sociale, sentita la commissione consultiva permanente, sono determinate le caratteristiche dei sistemi informativi che, in funzione del tipo di neoplasia accertata, ne stabiliscono la raccolta, l'acquisizione, l'elaborazione e l'archiviazione, nonché le modalità di registrazione di cui al comma 2, e le modalità di trasmissione di cui al comma 1.
4. Il Ministero della sanità fornisce, su richiesta, alla Commissione CE, informazioni sulle utilizzazioni dei dati del registro di cui al comma 1.
Articolo 72 (25)
Adeguamenti normativi
"1. La Commissione consultiva tossicologica nazionale individua periodicamente le sostanze cancerogene, mutagene e tossiche per la riproduzione che, pur non essendo classificate ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, rispondono ai criteri di classificazione ivi stabiliti e fornisce consulenza ai Ministeri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, su richiesta, in tema di classificazione di agenti chimici pericolosi.
2. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, sentita la commissione consultiva permanente e la Commissione consultiva tossicologica nazionale:
a) sono aggiornati gli allegati VIII e VIII-bis in funzione del progresso tecnico, dell'evoluzione di normative e specifiche comunitarie o internazionali e delle conoscenze nel settore degli agenti cancerogeni o mutageni;
b) è pubblicato l'elenco delle sostanze in funzione dell'individuazione effettuata ai sensi del comma 1.".
TITOLO VII-bis
PROTEZIONE DA AGENTI CHIMICI (26)
Articolo 72-bis
Campo di applicazione
- 1. Il presente titolo determina i requisiti minimi per la protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza che derivano, o possono derivare, dagli effetti di agenti chimici presenti sul luogo di lavoro o come risultato di ogni attività lavorativa che comporti la presenza di agenti chimici.
2. I requisiti individuati dal presente titolo si applicano a tutti gli agenti chimici pericolosi che sono presenti sul luogo di lavoro, fatte salve le disposizioni relative agli agenti chimici per i quali valgono provvedimenti di protezione radiologica regolamentati dal decreto legislativo n. 230 del 1995, e successive modifiche.
3. Per gli agenti cancerogeni sul lavoro, si applicano le disposizioni del presente titolo, fatte salve le disposizioni specifiche contenute nel titolo VII del decreto legislativo n. 626/94, come modificato dal decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 66.
4. Le disposizioni del presente titolo si applicano altresì al trasporto di agenti chimici pericolosi, fatte salve le disposizioni specifiche contenute nei decreti ministeriali 4 settembre 1996, 15 maggio 1997, 28 settembre 1999 e decreto legislativo 13 gennaio 1999, n. 41, di attuazione della direttiva 94/55/CE, nelle disposizioni del codice IMDG del codice IBC e nel codice IGC, quali definite dall'articolo 2 della direttiva 93/75/CEE, nelle disposizioni dell'accordo europeo relativo al trasporto internazionale di merci pericolose per vie navigabili interne (ADN) e del regolamento per il trasporto delle sostanze pericolose sul Reno (ADNR), quali incorporate nella normativa comunitaria e nelle istruzioni tecniche per il trasporto sicuro di merci pericolose emanate alla data del 25 maggio 1998.
5. Le disposizioni del presente titolo non si applicano alle attività comportanti esposizione ad amianto che restano disciplinate dalla normativa specifica.
Articolo 72-ter
Definizioni
- 1. Ai fini del presente titolo si intende per:
a) agenti chimici: tutti gli elementi o composti chimici, sia da soli sia nei loro miscugli, allo stato naturale o ottenuti, utilizzati o smaltiti, compreso lo smaltimento come rifiuti, mediante qualsiasi attività lavorativa, siano essi prodotti intenzionalmente o no e siano immessi o no sul mercato;
b) agenti chimici pericolosi:
1) agenti chimici classificati come sostanze pericolose ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive modifiche, nonché gli agenti che corrispondono ai criteri di classificazione come sostanze pericolose di cui al predetto decreto.
Sono escluse le sostanze pericolose solo per l'ambiente;
2) agenti chimici classificati come preparati pericolosi ai sensi del decreto legislativo 16 luglio 1998, n. 285, e successive modifiche, nonché gli agenti che rispondono ai criteri di classificazione come preparati pericolosi di cui al predetto decreto.
Sono esclusi i preparati pericolosi solo per l'ambiente;
3) agenti chimici che, pur non essendo classificabili come pericolosi, in base ai punti 1) e 2), possono comportare un rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori a causa di loro proprietà chimico-fisiche chimiche o tossicologiche e del modo in cui sono utilizzati o presenti sul luogo di lavoro, compresi gli agenti chimici cui è stato assegnato un valore limite di esposizione professionale;
c) attività che comporta la presenza di agenti chimici: ogni attività lavorativa in cui sono utilizzati agenti chimici, o se ne prevede l'utilizzo, in ogni tipo di procedimento, compresi la produzione, la manipolazione, l'immagazzinamento, il trasporto o l'eliminazione e il trattamento dei rifiuti, o che risultino da tale attività lavorativa;
d) valore limite di esposizione professionale: se non diversamente specificato, il limite della concentrazione media ponderata nel tempo di un agente chimico nell'aria all'interno della zona di respirazione di un lavoratore in relazione ad un determinato periodo di riferimento; un primo elenco di tali valori è riportato nell'allegato VIII-ter;
e) valore limite biologico: il limite della concentrazione del relativo agente, di un suo metabolita, o di un indicatore di effetto, nell'appropriato mezzo biologico; un primo elenco di tali valori è riportato nell'allegato VIII-quater;
f) sorveglianza sanitaria: la valutazione dello stato di salute del singolo lavoratore in funzione dell'esposizione ad agenti chimici sul luogo di lavoro;
g) pericolo: la proprietà intrinseca di un agente chimico di poter produrre effetti nocivi;
h) rischio: la probabilità che si raggiunga il potenziale nocivo nelle condizioni di utilizzazione o esposizione.
Articolo 72-quater
Valutazione dei rischi
- 1. Nella valutazione di cui all'art. 4, il datore di lavoro determina, preliminarmente l'eventuale presenza di agenti chimici pericolosi sul luogo di lavoro e valuta anche i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori derivanti dalla presenza di tali agenti, prendendo in considerazione in particolare:
a) le loro proprietà pericolose;
b) le informazioni sulla salute e sicurezza comunicate dal produttore o dal fornitore tramite la relativa scheda di sicurezza predisposta ai sensi dei decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52 e 16 luglio 1998, n. 285 e successive modifiche;
c) il livello, il tipo e la durata dell'esposizione;
d) le circostanze in cui viene svolto il lavoro in presenza di tali agenti, compresa la quantità degli stessi;
e) i valori limite di esposizione professionale o i valori limite biologici; di cui un primo elenco è riportato negli allegati VIII-ter ed VIII-quater;
f) gli effetti delle misure preventive e protettive adottate o da adottare;
g) se disponibili, le conclusioni tratte da eventuali azioni di sorveglianza sanitaria già intraprese.
2. Nella valutazione dei rischi il datore di lavoro indica quali misure sono state adottate ai sensi dell'articolo 60-quinquies e, ove applicabile, dell'articolo 60-sexies. Nella valutazione medesima devono essere incluse le attività, ivi compresa la manutenzione, per le quali è prevedibile la possibilità di notevole esposizione o che, per altri motivi, possono provocare effetti nocivi per la salute e la sicurezza, anche dopo che sono state adottate tutte le misure tecniche.
3. Nel caso di attività lavorative che comportano l'esposizione a più agenti chimici pericolosi, i rischi sono valutati in base al rischio che comporta la combinazione di tutti i suddetti agenti chimici.
4. Fermo restando quanto previsto dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 16 luglio 1998, n. 285, e successive modifiche, il fornitore o il produttore di agenti chimici pericolosi è tenuto a fornire al datore di lavoro acquirente tutte le ulteriori informazioni necessarie per la completa valutazione del rischio.
5. La valutazione del rischio può includere la giustificazione che la natura e l'entità dei rischi connessi con gli agenti chimici pericolosi rendono non necessaria un'ulteriore valutazione maggiormente dettagliata dei rischi.
6. Nel caso di un'attività nuova che comporti la presenza di agenti chimici pericolosi, la valutazione dei rischi che essa presenta e l'attuazione delle misure di prevenzione sono predisposte preventivamente. Tale attività comincia solo dopo che si sia proceduto alla valutazione dei rischi che essa presenta e all'attuazione delle misure di prevenzione.
7. Il datore di lavoro aggiorna periodicamente la valutazione e, comunque, in occasione di notevoli mutamenti che potrebbero averla resa superata ovvero quando i risultati della sorveglianza medica ne mostrino la necessità.
Articolo 72-quinquies
Misure e principi generali per la prevenzione dei rischi
- 1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 3, devono essere eliminati i rischi derivanti da agenti chimici pericolosi o ridotti al minimo mediante le seguenti misure:
a) progettazione e organizzazione dei sistemi di lavorazione sul luogo di lavoro;
b) fornitura di attrezzature idonee per il lavoro specifico e relative procedure di manutenzione adeguate;
c) riduzione al minimo del numero di lavoratori che sono o potrebbero essere esposti;
d) riduzione al minimo della durata e dell'intensità dell'esposizione;
e) misure igieniche adeguate;
f) riduzione al minimo della quantità di agenti presenti sul luogo di lavoro in funzione delle necessità della lavorazione;
g) metodi di lavoro appropriati comprese le disposizioni che garantiscono la sicurezza nella manipolazione, nell'immagazzinamento e nel trasporto sul luogo di lavoro di agenti chimici pericolosi nonchè dei rifiuti che contengono detti agenti chimici.
2. Se i risultati della valutazione dei rischi dimostrano che, in relazione al tipo e alle quantità di un agente chimico pericoloso e alle modalità e frequenza di esposizione a tale agente presente sul luogo di lavoro, vi è solo un rischio moderato per la sicurezza e la salute dei lavoratori e che le misure di cui al comma 1 sono sufficienti a ridurre il rischio, non si applicano le disposizioni degli articoli 72-sexies, 72-septies, 72-decies, 72-undecies.
Articolo 72-sexies
Misure specifiche di protezione e di prevenzione
- 1. Il datore di lavoro, sulla base dell'attività e della valutazione dei rischi di cui all'articolo 72-bis, provvede affinchè il rischio sia eliminato o ridotto mediante la sostituzione, qualora la natura dell'attività lo consenta, con altri agenti o processi che, nelle condizioni di uso, non sono o sono meno pericolosi per la salute dei lavoratori. Quando la natura dell'attività non consente di eliminare il rischio attraverso la sostituzione il datore di lavoro garantisce che il rischio sia ridotto mediante l'applicazione delle seguenti misure nell'indicato ordine di priorità:
a) progettazione di appropriati processi lavorativi e controlli tecnici, nonchè uso di attrezzature e materiali adeguati;
b) appropriate misure organizzative e di protezione collettive alla fonte del rischio;
c) misure di protezione individuali, compresi i dispositivi diprotezione individuali, qualora non si riesca a prevenire con altri mezzil'esposizione;
d) sorveglianza sanitaria dei lavoratori a norma degli articoli72-decies e 72-undecies.
2. Salvo che non possa dimostrare con altri mezzi il conseguimentodi un adeguato livello di prevenzione e di protezione, il datore di lavoro,periodicamente ed ogni qualvolta sono modificate le condizioni che possonoinfluire sull'esposizione, provvede ad effettuare la misurazione degli agentiche possono presentare un rischio per la salute, con metodiche standardizzatedi cui è riportato un elenco non esaustivo nell'allegato VIII-sexties o in loroassenza, con metodiche appropriate e con particolare riferimento ai valorilimite di esposizione professionale e per periodi rappresentatividell'esposizione in termini spazio temporali.
3. Se è stato superato un valore limite di esposizioneprofessionale stabilito dalla normativa vigente il datore di lavoro identificae rimuove le cause dell'evento, adottando immediatamente le misure appropriatedi prevenzione e protezione.
4. I risultati delle misurazioni di cui al comma 2 sono allegatiai documenti di valutazione dei rischi e resi noti ai rappresentanti per lasicurezza dei lavoratori. Il datore di lavoro tiene conto delle misurazioni effettuateai sensi del comma 2 per l'adempimento degli obblighi conseguenti allavalutazione dei rischi di cui all'articolo 72- quater. Sulla base dellavalutazione dei rischi e dei principi generali di prevenzione e protezione, ildatore di lavoro adotta le misure tecniche e organizzative adeguate alla naturadelle operazioni, compresi l'immagazzinamento, la manipolazione e l'isolamentodi agenti chimici incompatibili fra di loro; in particolare, il datore dilavoro previene sul luogo di lavoro la presenza di concentrazioni pericolose disostanze infiammabili o quantità pericolose di sostanze chimicamente instabili.
5. Laddove la natura dell'attività lavorativa non consenta diprevenire sul luogo di lavoro la presenza di concentrazioni pericolose disostanze infiammabili o quantità pericolose di sostanze chimicamente instabili,il datore di lavoro deve in particolare:
a) evitare la presenza di fonti di accensione che potrebbero darluogo a incendi ed esplosioni, o l'esistenza di condizioni avverse che potrebberoprovocare effetti fisici dannosi ad opera di sostanze o miscele di sostanzechimicamente instabili;
b) limitare, anche attraverso misure procedurali ed organizzativepreviste dalla normativa vigente, gli effetti pregiudizievoli sulla salute e lasicurezza dei lavoratori in caso di incendio o di esplosione dovutiall'accensione di sostanze infiammabili, o gli effetti dannosi derivanti dasostanze o miscele di sostanze chimicamente instabili;
6. Il datore di lavoro mette a disposizione attrezzature di lavoroed adotta sistemi di protezione collettiva ed individuale conformi alledisposizioni legislative e regolamentari pertinenti, in particolare per quantoriguarda l'uso dei suddetti mezzi in atmosfere potenzialmente esplosive.
7. Il datore di lavoro adotta misure per assicurare un sufficientecontrollo degli impianti, apparecchi e macchinari, anche mettendo adisposizione sistemi e dispositivi finalizzati alla limitazione del rischio diesplosione o dispositivi per limitare la pressione delle esplosioni.
8. Il datore di lavoro informa i lavoratori del superamento deivalori limite di esposizione professionale, delle cause dell'evento e dellemisure di prevenzione e protezione adottate e ne dà comunicazione all'organo divigilanza.
Articolo 72-septies
Disposizioni in caso di incidenti o di emergenze
- 1. Ferme restando le disposizioni di cui agli articoli 12 e 13 eal decreto ministeriale 10 marzo 1998, il datore di lavoro, per proteggere lasalute e la sicurezza dei lavoratori dalle conseguenze di incidenti o diemergenze derivanti dalla presenza di agenti chimici pericolosi sul luogo dilavoro, predispone procedure di intervento adeguate da attuarsi al verificarsidi tali eventi. Tale misure comprendono esercitazioni di sicurezza daeffettuarsi a intervalli regolari e la messa a disposizione di appropriatimezzi di pronto soccorso.
2. Nel caso di incidenti o di emergenza, il datore di lavoroadotta immediate misure dirette ad attenuarne gli effetti ed in particolare, diassistenza, di evacuazione e di soccorso e ne informa i lavoratori. Il datoredi lavoro adotta inoltre misure adeguate per porre rimedio alla situazionequanto prima.
3. Ai lavoratori cui è consentito operare nell'area colpita o ailavoratori indispensabili all'effettuazione delle riparazioni e delle attivitànecessarie, sono forniti indumenti protettivi, dispositivi di protezioneindividuale ed idonee attrezzature di intervento che devono essere utilizzatesino a quando persiste la situazione anomala.
4. Il datore di lavoro adotta le misure necessarie per approntaresistemi d'allarme e altri sistemi di comunicazione necessari per segnalaretempestivamente l'incidente o l'emergenza.
5. Le misure di emergenza devono essere contenute nel piano di cuial decreto 10 marzo 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblicaitaliana n. 81 del 7 aprile 1998. In particolare nel piano vanno inserite:
a) informazioni preliminari sulle attività pericolose, sugliagenti chimici pericolosi, sulle misure per l'identificazione dei rischi, sulleprecauzioni e sulle procedure, in modo tale che servizi competenti per lesituazioni di emergenza possano mettere a punto le proprie procedure e misureprecauzionali;
b) qualunque altra informazione disponibile sui rischi specificiderivanti o che possano derivare dal verificarsi di incidenti o situazioni diemergenza, comprese le informazioni sulle procedure elaborate in base alpresente articolo.
6. Nel caso di incidenti o di emergenza i soggetti non protettidevono immediatamente abbandonare la zona interessata.
Articolo 72-octies
Informazione e formazione per i lavoratori
- 1. Fermo restando quanto previsto agli articoli 21 e 22, ildatore di lavoro garantisce che i lavoratori o i loro rappresentanti disponganodi:
a) dati ottenuti attraverso la valutazione del rischio e ulterioriinformazioni ogni qualvolta modifche importanti sul luogo di lavoro determininoun cambiamento di tali dati;
b) informazioni sugli agenti chimici pericolosi presenti sul luogodi lavoro, quali l'identità degli agenti, i rischi per la sicurezza e lasalute, i relativi valori limite di esposizione professionale e altredisposizioni normative relative agli agenti;
c) formazione ed informazioni su precauzioni ed azioni adeguate daintraprendere per proteggere loro stessi ed altri lavoratori sul luogo dilavoro;
d) accesso ad ogni scheda dei dati di sicurezza messa adisposizione dal fornitore ai sensi dei decreti legislativi 3 febbraio 1997, n.52 e 16 luglio 1998, n. 285, e successive modifiche.
2. Il datore di lavoro assicura che le informazioni siano:
a) fornite in modo adeguato al risultato della valutazione delrischio di cui all'articolo 72-quater. Tali informazioni possono esserecostituite da comunicazioni orali o dalla formazione e dall'addestramentoindividuali con il supporto di informazioni scritte, a seconda della natura edel grado di rischio rivelato dalla valutazione del rischio;
b) aggiornate per tener conto del cambiamento delle circostanze.
3. Laddove i contenitori e le condutture per gli agenti chimicipericolosi utilizzati durante il lavoro non siano contrassegnati da segnali disicurezza in base a quanto disposto dal decreto legislativo 14 agosto 1996, n.493, il datore di lavoro provvede affinché la natura del contenuto deicontenitori e delle condutture e gli eventuali rischi connessi sianochiaramente identificabili.
4. Il produttore e il fornitore devono trasmettere ai datori dilavoro tutte le informazioni concernenti gli agenti chimici pericolosi prodottio forniti secondo quanto stabilito dai decreti legislativi 3 febbraio 1997 n.52, e 16 luglio 1998, n. 285, e successive modifiche.
Articolo 72-novies
Divieti
- 1. Sono vietate la produzione, la lavorazione e l'impiego degliagenti chimici sul lavoro e le attività indicate all'allegato VIII-quinquies.
2. Il divieto non si applica se un agente è presente in unpreparato, o quale componente di rifiuti, purché la concentrazione individualesia inferiore al limite indicato nello stesso allegato.
3. In deroga al divieto di cui al comma 1, possono essereeffettuate, previa autorizzazione, le seguenti attività:
a) attività a fini esclusivi di ricerca e sperimentazionescientifica, ivi comprese le analisi;
b) attività volte ad eliminare gli agenti chimici che sonopresenti sotto forma di sottoprodotto o di rifiuti;
c) produzione degli agenti chimici destinati ad essere usati comeintermedi.
4. Ferme restando le disposizioni di cui al presente titolo, neicasi di cui al comma 3, lettera c), il datore di lavoro evita l'esposizione deilavoratori, stabilendo che la produzione e l'uso più rapido possibile degliagenti come prodotti intermedi avvenga in
un sistema chiuso dal quale gli stessi possono essere rimossisoltanto nella misura necessaria per il controllo del processo o per lamanutenzione del sistema.
5. Il datore di lavoro che intende effettuare le attività di cuial comma 3 deve inviare una richiesta di autorizzazione al Ministero del lavoroe delle politiche sociali che la rilascia sentito il Ministero della salute ela regione interessata. La richiesta di autorizzazione è corredata dalleseguenti informazioni:
a) i motivi della richiesta di deroga;
b) i quantitativi dell'agente da utilizzare annualmente;
c) il numero dei lavoratori addetti;
d) descrizione delle attività e delle reazioni o processi;
e) misure previste per la tutela della salute e sicurezza e perprevenire l'esposizione dei lavoratori.
Articolo 72-decies
Sorveglianza sanitaria
- 1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 72-quinquies, comma2, sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 16 ilavoratori esposti agli agenti chimici pericolosi per la salute che rispondonoai criteri per la classificazione come molto tossici, tossici, nocivi,sensibilizzanti, irritanti, tossici per il ciclo riproduttivo.
2. La sorveglianza sanitaria viene effettuata:
a) prima di adibire il lavoratore alla mansione che comportaesposizione;
b) periodicamente, di norma una volta l'anno o con periodicitàdiversa decisa dal medico competente con adeguata motivazione riportata neldocumento di valutazione dei rischi e resa nota ai rappresentanti per lasicurezza dei lavoratori, in funzione della valutazione del rischio e deirisultati della sorveglianza sanitaria;
c) all'atto della cessazione del rapporto di lavoro. In taleoccasione il medico competente deve fornire al lavoratore le eventualiindicazioni relative alle prescrizioni mediche da osservare.
3. Il monitoraggio biologico è obbligatorio per i lavoratoriesposti agli agenti per i quali è stato fissato un valore limite biologico. Deirisultati di tale monitoraggio viene informato il lavoratore interessato. Irisultati di tal monitoraggio, in forma anonima, vengono allegati al documentodi valutazione dei rischi e comunicati ai rappresentanti per la sicurezza deilavoratori.
4. Gli accertamenti sanitari devono essere a basso rischio per illavoratore.
5. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente,adotta misure preventive e protettive particolari per singoli lavoratori sullabase delle risultanze degli esami clinici e biologici effettuati. Le misurepossono comprendere l'allontanamento
del lavoratore secondo le procedure dell'articolo 8 del decretolegislativo 15 agosto 1991, n. 277.
6. Nel caso in cui all'atto della sorveglianza sanitaria sievidenzi, in un lavoratore o in un gruppo di lavoratori esposti in manieraanaloga ad uno stesso agente, l'esistenza di effetti pregiudizievoli per lasalute imputabili a tale esposizione o il superamento di un valore limitebiologico, il medico competente informa individualmente i lavoratori interessatied il datore di lavoro.
7. Nei casi di cui al comma 6, il datore di lavoro deve:
a) sottoporre a revisione la valutazione dei rischi effettuata anorma dell'articolo 72- quater;
b) sottoporre a revisione le misure predisposte per eliminare oridurre i rischi;
c) tenere conto del parere del medico competente nell'attuazionedelle misure necessarie per eliminare o ridurre il rischio;
d) prendere le misure affinché sia effettuata una visita medicastraordinaria per tutti gli altri lavoratori che hanno subito un'esposizionesimile.
8. L'organo di vigilanza, con provvedimento motivato, può disporrecontenuti e periodicità della sorveglianza sanitaria diversi rispetto a quellidefiniti dal medico competente.
Articolo 72-undecies
Cartelle sanitarie e di rischio
. - 1. Il medico competente, per ciascuno dei lavoratori di cuiall'articolo 72-decies istituisce ed aggiorna una cartella sanitaria e dirischio custodita presso l'azienda, o l'unità produttiva, secondo quantoprevisto dall'articolo 17, comma 1, lettera d), e fornisce al lavoratoreinteressato tutte le informazioni previste dalle lettere e) ed f) dello stessoarticolo. Nella cartella di rischio sono, tra l'altro, indicati i livelli diesposizione professionale individuali forniti dal Servizio di prevenzione eprotezione.
2. Su richiesta, è fornita agli organi di vigilanza copia deidocumenti di cui al comma 1.
3. In caso di cessazione del rapporto di lavoro, le cartellesanitarie e di rischio sono trasmesse all'ISPESL.
Articolo 72-duodecies
Consultazione e partecipazione dei lavoratori
- 1. La consultazione e partecipazione dei lavoratori o dei lororappresentanti sono attuate ai sensi delle disposizioni di cui al Titolo I,Capo V.
Articolo 72-ter decies
Adeguamenti normativi
- 1. Con decreto dei Ministri del lavoro e delle politiche socialie della salute, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra loStato, le regioni e le province autonome, è istituito senza oneri per lo Stato,un comitato consultivo per la determinazione e l'aggiornamento dei valorilimite di esposizione professionale e dei valori limite biologici relativi agliagenti chimici. Il Comitato è composto da nove membri esperti nazionali dichiara fama in materia tossicologica e sanitaria di cui tre in rappresentanzadel Ministero della salute su proposta dell'Istituto superiore di sanità,dell'ISPESL e della Commissione tossicologica nazionale, tre in rappresentanzadella Conferenza dei Presidenti delle regioni e tre in rappresentanza delMinistero del lavoro e delle politiche sociali, anche su proposta dell'Istitutoitaliano di medicina sociale. Il Comitato si avvale del supporto organizzativoe logistico della direzione generale della tutela delle condizioni di lavorodel Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
2. Con uno o più decreti dei Ministri del lavoro e delle politichesociali e della salute d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tralo Stato, le regioni e le province autonome, sentiti il Ministro per leattività produttive, il Comitato di cui al comma 1 e le parti sociali, sonorecepiti i valori di esposizione professionale e biologici obbligatoripredisposti dalla Commissione europea, sono altresì stabiliti i valori limitenazionali anche tenuto conto dei valori limite indicativi predisposti dalla Commissionemedesima e sono aggiornati gli allegati VIII-ter, quater, quinquies e sexies infunzione del progresso tecnico, dell'evoluzione di normative e specifichecomunitarie o internazionali e delle conoscenze nel settore degli agentichimici pericolosi.
3. Con i decreti di cui al comma 2 è inoltre determinato ilrischio moderato di cui all'articolo 72-quinquies, comma 2, in relazione altipo, alle quantità ed alla esposizione di agenti chimici, anche tenuto contodei valori limite indicativi fissati
dalla Unione europea e dei parametri di sicurezza.
4. Nelle more dell'emanazione dei decreti di cui al comma 2, conuno o più decreti dei Ministri del lavoro e delle politiche sociali e dellasalute, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, leregioni e le province autonome, possono essere stabiliti, entro quarantacinquegiorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, i parametri perl'individuazione del rischio moderato di cui all'articolo 72-quinquies, comma2, sulla base di proposte delle associazioni di categoria dei datori di lavorointeressate comparativamente rappresentative, sentite le associazioni deiprestatori di lavoro interessate comparativamente rappresentative. Scadutoinutilmente il termine di cui al precedente periodo, la valutazione del rischiomoderato è comunque effettuata dal datore di lavoro".
titolo VIII (*)Protezione da agenti biologici
(*) Per una migliore interpretazione del Titolo VIII vedi:Circolare 7/8/1995 n. 102
capo I
Articolo 73
Campo di applicazione
1. Le norme del presente titolo si applicano a tutte le attivitàlavorative nelle quali vi è rischio di esposizione ad agenti biologici.
2. Restano ferme le disposizioni particolari di recepimento dellenorme comunitarie sull'impiego confinato di microrganismi geneticamentemodificati e sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamentemodificati. Il comma 1 dell'art. 7 del decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 91,è soppresso.
Articolo 74
Definizioni
1. Ai sensi del presente titolo si intende per:
a) agente biologico: qualsiasi microorganismo anche segeneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbeprovocare infezioni, allergie o intossicazioni;
b) microorganismo: qualsiasi entità microbiologica, cellulare omeno, in grado di riprodursi o trasferire materiale genetico;
c) coltura cellulare: il risultato della crescita in vitro dicellule derivate da organismi pluricellulari.
Articolo 75
Classificazione degli agenti biologici
1. Gli agenti biologici sono ripartiti nei seguenti quattro gruppia seconda del rischio di infezione:
a) agente biologico del gruppo 1: un agente che presenta pocheprobabilità di causare malattie in soggetti umani;
b) agente biologico del gruppo 2: un agente che può causare malattiein soggetti umani e costituire un rischio per i lavoratori; è poco probabileche si propaghi nella comunità; sono di norma disponibili efficaci misureprofilattiche o terapeutiche;
c) agente biologico del gruppo 3: un agente che può causaremalattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per ilavoratori; l'agente biologico può propagarsi nella comunità, ma di norma sonodisponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche;
d) agente biologico del gruppo 4: un agente biologico che puòprovocare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per ilavoratori e può presentare un elevato rischio di propagazione nella comunità;non sono disponibili, di norma, efficaci misure profilattiche o terapeutiche.
2. Nel caso in cui l'agente biologico oggetto di classificazionenon può essere attribuito in modo inequivocabile ad uno fra i due gruppisopraindicati, esso va classificato nel gruppo di rischio più elevato tra ledue possibilità.
3. L'allegato XI riporta l'elenco degli agenti biologiciclassificati nei gruppi 2, 3, 4.
Articolo 76 (*)
Comunicazione
1. Il datore di lavoro che intende esercitare attività checomportano uso di agenti biologici dei gruppi 2 o 3, comunica all'organo divigilanza territorialmente competente le seguenti informazioni, almeno trentagiorni prima dell'inizio dei lavori:
a) il nome e l'indirizzo dell'azienda e il suo titolare;
b) il documento di cui all'art. 78, comma 5.
2. Il datore di lavoro che è stato autorizzato all'esercizio diattività che comporta l'utilizzazione di un agente biologico del gruppo 4 ètenuto alla comunicazione di cui al comma 1.
3. Il datore di lavoro invia una nuova comunicazione ogniqualvolta si verificano nelle lavorazioni mutamenti che comportano unavariazione significativa del rischio per la salute sul posto di lavoro, o,comunque, ogni qualvolta si intende utilizzare un nuovo agente classificato daldatore di lavoro in via provvisoria.
4. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso alle informazionidi cui al comma 1.
5. Ove le attività di cui al comma 1 comportano la presenza dimicroorganismi geneticamente modificati appartenenti al gruppo II, comedefinito all'art. 4 del decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 91, il documentodi cui al comma 1, lettera b), è sostituito da copia della documentazioneprevista per i singoli casi di specie dal predetto decreto.
6. I laboratori che forniscono un servizio diagnostico sono tenutialla comunicazione di cui al comma 1 anche per quanto riguarda gli agentibiologici del gruppo 4.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare7/8/1995 n. 102.
Articolo 77 (*)
Autorizzazione
1. Il datore di lavoro che intende utilizzare, nell'eserciziodella propria attività, un agente biologico del gruppo 4 deve munirsi diautorizzazione del Ministero della sanità.
2. La richiesta di autorizzazione è corredata da:
a) le informazioni di cui all'art. 76, comma 1;
b) l'elenco degli agenti che si intende utilizzare.
3. L'autorizzazione è rilasciata dal Ministero della sanitàsentito il parere dell'Istituto superiore di sanità. Essa ha la durata di 5anni ed è rinnovabile. L'accertamento del venir meno di una delle condizionipreviste per l'autorizzazione ne comporta la revoca.
4. Il datore di lavoro in possesso dell'autorizzazione di cui alcomma 1 informa il Ministero della sanità di ogni nuovo agente biologico delgruppo 4 utilizzato, nonché di ogni avvenuta cessazione di impiego di un agentebiologico del gruppo 4.
5. I laboratori che forniscono un servizio diagnostico sonoesentati dagli adempimenti di cui al comma 4.
6. Il Ministero della sanità comunica all'organo di vigilanzacompetente per territorio le autorizzazioni concesse e le variazionisopravvenute nell'utilizzazione di agenti biologici del gruppo 4. Il Ministerodella sanità istituisce ed aggiorna un elenco di tutti gli agenti biologici delgruppo 4 dei quali è stata comunicata l'utilizzazione sulla base delleprevisioni di cui ai commi 1 e 4.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare7/8/1995 n. 102.
Capo IIObblighi del datore di lavoro
Articolo 78
Valutazione del rischio
1. Il datore di lavoro, nella valutazione del rischio di cuiall'art. 4, comma 1, tiene conto di tutte le informazioni disponibili relativealle caratteristiche dell'agente biologico e delle modalità lavorative, ed inparticolare:
a) della classificazione degli agenti biologici che presentano opossono presentare un pericolo per la salute umana quale risultantedall'allegato XI, o, in assenza, di quella effettuata dal datore di lavorostesso sulla base delle conoscenze disponibili e seguendo i criteri di cuiall'art. 75, commi 1 e 2;
b) dell'informazione sulle malattie che possono essere contratte;
c) dei potenziali effetti allergici e tossici;
d) della conoscenza di una patologia della quale è affetto unlavoratore, che è da porre in correlazione diretta all'attività lavorativasvolta;
e) delle eventuali ulteriori situazioni rese note dall'autoritàsanitaria competente che possono influire sul rischio;
f) del sinergismo dei diversi gruppi di agenti biologiciutilizzati.
2. Il datore di lavoro applica i principi di buona prassimicrobiologica, ed adotta, in relazione ai rischi accertati, le misureprotettive e preventive di cui al presente titolo, adattandole alleparticolarità delle situazioni lavorative.
3. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cuial comma 1 in occasione di modifiche dell'attività lavorativa significative aifini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi treanni dall'ultima valutazione effettuata.
4. Nelle attività, quali quelle riportate a titolo esemplificativonell'allegato IX, che, pur non comportando la deliberata intenzione di operarecon agenti biologici, possono implicare il rischio di esposizioni deilavoratori agli stessi, il datore di lavoro può prescindere dall'applicazionedelle disposizioni di cui agli articoli 80, 81, commi 1 e 2, 82, comma 3, e 86,qualora i risultati della valutazione dimostrano che l'attuazione di talimisure non è necessaria.
5. Il documento di cui all'art. 4, commi 2 e 3, è integrato daiseguenti dati:
a) le fasi del procedimento lavorativo che comportano il rischiodi esposizione ad agenti biologici;
b) il numero dei lavoratori addetti alle fasi di cui alla letteraa);
c) le generalità del responsabile del servizio di prevenzione eprotezione dai rischi;
d) i metodi e le procedure lavorative adottate, nonché le misurepreventive e protettive applicate;
e) il programma di emergenza per la protezione dei lavoratoricontro i rischi di esposizione ad un agente biologico del gruppo 3 o del gruppo4, nel caso di un difetto nel contenimento fisico.
6. Il rappresentante per la sicurezza è consultato primadell'effettuazione della valutazione di cui al comma 1 ed ha accesso anche aidati di cui al comma 5.
Articolo 79
Misure tecniche, organizzative, procedurali
1. In tutte le attività per le quali la valutazione di cuiall'art. 78 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori il datore di lavoroattua misure tecniche, organizzative e procedurali, per evitare ogniesposizione degli stessi ad agenti biologici.
2. In particolare, il datore di lavoro:
a) evita l'utilizzazione di agenti biologici nocivi, se il tipo diattività lavorativa lo consente;
b) limita al minimo i lavoratori esposti, o potenzialmenteesposti, al rischio di agenti biologici;
c) progetta adeguatamente i processi lavorativi;
d) adotta misure collettive di protezione ovvero misure diprotezione individuali qualora non sia possibile evitare altrimentil'esposizione;
e) adotta misure igieniche per prevenire e ridurre al minimo lapropagazione accidentale di un agente biologico fuori dal luogo di lavoro;
f) usa il segnale di rischio biologico, rappresentatonell'allegato X, e altri segnali di avvertimento appropriati;
g) elabora idonee procedure per prelevare, manipolare e trattarecampioni di origine umana ed animale;
h) definisce procedure di emergenza per affrontare incidenti;
i) verifica la presenza di agenti biologici sul luogo di lavoro aldi fuori del contenimento fisico primario, se necessario o tecnicamenterealizzabile;
l) predispone i mezzi necessari per la raccolta,l'immagazzinamento e lo smaltimento dei rifiuti in condizioni di sicurezza,mediante l'impiego di contenitori adeguati ed identificabili eventualmente dopoidoneo trattamento dei rifiuti stessi;
m) concorda procedure per la manipolazione ed il trasporto incondizioni di sicurezza di agenti biologici all'interno del luogo di lavoro.
Articolo 80
Misure igieniche
1. In tutte le attività nelle quali la valutazione di cui all'art.78 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro assicurache:
a) i lavoratori dispongano dei servizi sanitari adeguati provvistidi docce con acqua calda e fredda, nonché, se del caso, di lavaggi oculari eantisettici per la pelle;
b) i lavoratori abbiano in dotazione indumenti protettivi od altriindumenti idonei, da riporre in posti separati dagli abiti civili;
c) i dispositivi di protezione individuale siano controllati,disinfettati e puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo altresì a farriparare o sostituire quelli difettosi prima dell'utilizzazione successiva;
d) gli indumenti di lavoro e protettivi che possono esserecontaminati da agenti biologici vengano tolti quando il lavoratore lascia lazona di lavoro, conservati separatamente dagli altri indumenti, disinfettati,puliti e, se necessario, distrutti.
2. E' vietato assumere cibi o bevande e fumare nelle aree dilavoro in cui c'è il rischio di esposizione.
Articolo 81
Misure specifiche per le strutture sanitarie e veterinarie
1. Il datore di lavoro, nelle strutture sanitarie e veterinarie,in sede di valutazione dei rischi, presta particolare attenzione alla possibilepresenza di agenti biologici nell'organismo dei pazienti o degli animali e neirelativi campioni e residui e al rischio che tale presenza comporta inrelazione al tipo di attività svolta.
2. In relazione ai risultati della valutazione, il datore dilavoro definisce e provvede a che siano applicate procedure che consentano dimanipolare, decontaminare ed eliminare senza rischi per l'operatore e per lacomunità, i materiali ed i rifiuti contaminati.
3. Nei servizi di isolamento che ospitano pazienti od animali chesono, o potrebbero essere, contaminati da agenti biologici del gruppo 3 o delgruppo 4, le misure di contenimento da attuare per ridurre al minimo il rischiodi infezione sono indicate nell'allegato XII.
Articolo 82
Misure specifiche per i laboratori e gli stabulari
1. Fatto salvo quanto specificatamente previsto all'allegato XI,punto 6, nei laboratori comportanti l'uso di agenti biologici dei gruppi 2, 3 o4 a fini di ricerca, didattici o diagnostici, e nei locali destinati ad animalida laboratorio deliberatamente contaminati con tali agenti, il datore di lavoroadotta idonee misure di contenimento in conformità all'allegato XII.
2. Il datore di lavoro assicura che l'uso di agenti biologici siaeseguito:
a) in aree di lavoro corrispondenti almeno al secondo livello dicontenimento, se l'agente appartiene al gruppo 2;
b) in aree di lavoro corrispondenti almeno al terzo livello dicontenimento, se l'agente appartiene al gruppo 3;
c) in aree di lavoro corrispondenti almeno al quarto livello dicontenimento, se l'agente appartiene al gruppo 4.
3. Nei laboratori comportanti l'uso di materiali con possibilecontaminazione da agenti biologici patogeni per l'uomo e nei locali destinatiad animali da esperimento, possibili portatori di tali agenti, il datore dilavoro adotta misure corrispondenti almeno a quelle del secondo livello dicontenimento.
4. Nei luoghi di cui ai commi 1 e 3 in cui si fa uso di agentibiologici non ancora classificati, ma il cui uso può far sorgere un rischiograve per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro adotta misurecorrispondenti almeno a quelle del terzo livello di contenimento.
5. Per i luoghi di lavoro di cui ai commi 3 e 4, il Ministerodella sanità, sentito l'Istituto superiore di sanità, può individuare misure dicontenimento più elevate.
Articolo 83
Misure specifiche per i processi industriali
1. Fatto salvo quanto specificatamente previsto all'allegato XI,punto 6, nei processi industriali comportanti l'uso di agenti biologici deigruppi 2, 3 e 4, il datore di lavoro adotta misure opportunamente scelte traquelle elencate nell'allegato XIII, tenendo anche conto dei criteri di cuiall'art. 82, comma 2.
2. Nel caso di agenti biologici non ancora classificati, il cuiuso può far sorgere un rischio grave per la salute dei lavoratori, il datore dilavoro adotta misure corrispondenti almeno a quelle del terzo livello di contenimento.
Articolo 84
Misure di emergenza
1. Se si verificano incidenti che possono provocare la dispersionenell'ambiente di un agente biologico appartenente ai gruppi 2, 3 o 4, ilavoratori devono abbandonare immediatamente la zona interessata, cui possonoaccedere soltanto quelli addetti ai necessari interventi, con l'obbligo diusare gli idonei mezzi di protezione.
2. Il datore di lavoro informa al più presto l'organo di vigilanzaterritorialmente competente, nonché i lavoratori ed il rappresentante per lasicurezza, dell'evento, delle cause che lo hanno determinato e delle misure cheintende adottare, o che ha già adottato, per porre rimedio alla situazionecreatasi.
3. I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o aldirigente o al preposto, qualsiasi infortunio o incidente relativo all'uso diagenti biologici.
Articolo 85
Informazione e formazione
1. Nelle attività per le quali la valutazione di cui all'art. 78evidenzia rischi per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro fornisce ailavoratori, sulla base delle conoscenze disponibili, informazioni edistruzioni, in particolare per quanto riguarda:
a) i rischi per la salute dovuti agli agenti biologici utilizzati;
b) le precauzioni da prendere per evitare l'esposizione;
c) le misure igieniche da osservare;
d) la funzione degli indumenti di lavoro e protettivi e deidispositivi di protezione individuale ed il loro corretto impiego;
e) le procedure da seguire per la manipolazione di agentibiologici del gruppo 4;
f) il modo di prevenire il verificarsi di infortuni e le misure daadottare per ridurne al minimo le conseguenze.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazioneadeguata in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.
3. L'informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sonofornite prima che i lavoratori siano adibiti alle attività in questione, eripetute, con frequenza almeno quinquennale, e comunque ogni qualvolta siverifichino nelle lavorazioni cambiamenti che influiscano sulla natura e sulgrado dei rischi.
4. Nel luogo di lavoro sono apposti in posizione ben visibilecartelli su cui sono riportate le procedure da seguire in caso di infortunio odincidente.
capo IIISorveglianza sanitaria
Articolo 86
Prevenzione e controllo
1. I lavoratori addetti alle attività per le quali la valutazionedei rischi ha evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti allasorveglianza sanitaria.
2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente,adotta misure protettive particolari per quei lavoratori per i quali, anche permotivi sanitari individuali si richiedono misure speciali di protezione, fra lequali:
a) la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratoriche non sono già immuni all'agente biologico presente nella lavorazione, dasomministrare a cura del medico competente;
b) l'allontanamento temporaneo del lavoratore secondo le proceduredell'art. 8 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277.
2-bis. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, neilavoratori esposti in modo analogo ad uno stesso agente, l'esistenza dianomalia imputabile a tale esposizione, il medico competente ne informa ildatore di lavoro.
2-ter. A seguito dell'informazione di cui al comma 3 il datore dilavoro effettua una nuova valutazione del rischio in conformità all'articolo78.
2-quater. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguateinformazioni sul controllo sanitario cui sono sottoposti e sulla necessità disottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attività che comportarischio di esposizione a particolari agenti biologici individuati nell'allegatoXI, nonché sui vantaggi ed inconvenienti della vaccinazione e della nonvaccinazione.
Articolo 87
Registri degli esposti e degli eventi accidentali
1. I lavoratori addetti ad attività comportanti uso di agenti delgruppo 3 ovvero 4 sono iscritti in un registro in cui sono riportati, perciascuno di essi, l'attività svolta, l'agente utilizzato e gli eventuali casidi esposizione individuale.
2. Il datore di lavoro istituisce ed aggiorna il registro di cuial comma 1 e ne cura la tenuta tramite il medico competente. Il responsabiledel servizio di prevenzione e protezione e il rappresentante per la sicurezzahanno accesso a detto registro.
3. Il datore di lavoro:
a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all'Istitutosuperiore di sanità, all'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sullavoro e all'organo di vigilanza competente per territorio, comunicando adessi, ogni tre anni e comunque ogni qualvolta questi ne fanno richiesta, levariazioni intervenute;
b) comunica all'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezzasul lavoro e all'organo di vigilanza competente per territorio la cessazionedel rapporto di lavoro dei lavoratori di cui al comma 1 fornendo al contempol'aggiornamento dei dati che li riguardano e consegna al medesimo Istituto lerelative cartelle sanitarie e di rischio;
c) in caso di cessazione di attività dell'azienda, consegnaall'Istituto superiore di sanità e all'organo di vigilanza competente perterritorio, copia del registro di cui al comma 1 ed all'Istituto superiore perla prevenzione e sicurezza sul lavoro copia del medesimo registro nonché lecartelle sanitarie e di rischio;
d) in caso di assunzione di lavoratori che hanno esercitatoattività che comportano rischio di esposizione allo stesso agente richiedeall'ISPESL copia delle annotazioni individuali contenute nel registro di cui alcomma 1, nonché copia della cartella sanitaria e di rischio;
e) tramite il medico competente comunica ai lavoratori interessatile relative annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 enella cartella sanitaria e di rischio e al rappresentante per la sicurezza idati collettivi anonimi contenuti nel registro di cui al comma 1.
4. Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui alcomma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio sono conservate dal datore dilavoro fino a risoluzione del rapporto di lavoro e dall'ISPESL fino a diecianni dalla cessazione di ogni attività che espone ad agenti biologici. Nel casodi agenti per i quali è noto che possono provocare infezioni consistenti olatenti o che danno luogo a malattie con recrudescenza periodica per lungotempo o che possono avere gravi sequele a lungo termine tale periodo è diquaranta anni.
5. La documentazione di cui ai precedenti commi è custodita etrasmessa con salvaguardia del segreto professionale.
6. I modelli e le modalità di tenuta del registro di cui al comma1 e delle cartelle sanitarie e di rischio sono determinati con decreto delMinistro della sanità e del lavoro e della previdenza sociale sentita lacommissione consultiva permanente.
7. L'ISPESL trasmette annualmente al Ministero della sanità datidi sintesi relativi alle risultanze del registro di cui al comma 1.
Articolo 88
Registro dei casi di malattia e di decesso
1. Presso l'ISPESL è tenuto un registro dei casi di malattiaovvero di decesso dovuti all'esposizione ad agenti biologici.
2. I medici, nonché le strutture sanitarie, pubbliche o private,che refertano i casi di malattia, ovvero il decesso di cui al comma 1,trasmettono all'ISPESL copia della relativa documentazione clinica.
3. Con decreto dei Ministri della sanità e del lavoro e dellaprevidenza sociale, sentita la commissione consultiva, sono determinati ilmodello e le modalità di tenuta del registro di cui al comma 1, nonché lemodalità di trasmissione della documentazione di cui al comma 2.
4. Il Ministero della sanità fornisce alla commissione CE, surichiesta, informazioni sull'utilizzazione dei dati del registro di cui alcomma 1.
titolo IXsanzioni
Articolo 89
Contravvenzioni commesse dai datori di lavoro e dai dirigenti
1. Il datore di lavoro è punito con l'arresto da tre a sei mesi ocon l'ammenda da lire tre milioni a otto milioni per la violazione degliarticoli 4, commi 2, 4, lettera a), 6, 7 e 11, primo periodo; 63, commi 1, 4 e5; 69, comma 5, lettera a); 78, commi 3 e 5; 86, comma 2-ter.
2. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti:
(27) (28) a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da liretre milioni a lire otto milioni per la violazione degli articoli 4, comma 5,lettere b), d), e), h), l), n) e q); 7, comma 2; 12, commi 1, lettere d) ed e)e 4; 15, comma 1; 22, commi da 1 a 5; 30, commi 3, 4, 5 e 6; 31, commi 3 e 4;32; 35, commi 1, 2, 4, 4-bis, 4-ter, 4-quater e 5; 36, comma 8-ter; 38; 41; 43,commi 3, 4, lettere a), b), d) e g) e 5; 48; 49, comma 2; 52, comma 2; 54; 55,commi 1, 3 e 4; 56, comma 2; 58; 72-quater, commi da 1 a 3, 6 e 7; 72-sexies;72-septies; 72-novies, commi 1, 3, 4 e 5; 72- decies,comma 7; 62; 63, comma 3; 64; 65, comma 1; 66, comma 2; 67, commi 1 e 2; 68;69, commi 1, 2 e 5 lettera b); 77, comma 1; 78, comma 2; 79; 80, comma 1; 81,commi 2 e 3; 82; 83; 85, comma 2; 86, commi 1 e 2;
b) (29) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da lireun milione a lire cinque milioni per la violazione degli articoli 4, commi 4,lettere b) e c), 5, lettere c), f), g), i), m) e p); 7, commi 1 e 3; 9, comma2; 10; 12, comma 1, lettere a), b) e c); 21; 37; 43, comma 4, lettere c), e) edf); 49, comma 1; 56, comma 1; 57; 72- octies, commi 1, 2 e 3, 72-decies,commi 1, 2, 3, e 5; 66, commi 1 e 4; 67, comma 3; 70, comma 1; 76, commi 1, 2 e3; 77, comma 4; 84, comma 2; 85, commi 1 e 4; 87, commi 1 e 2.
3. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti con la sanzioneamministrativa pecuniaria da lire un milione a lire sei milioni per laviolazione degli articoli 4, commi 5, lettera o), e 8; 8, comma 11; 11; 70,commi 3, 4, 5, 6 e 8; 87, commi 3 e 4.
Articolo 90
Contravvenzioni commesse dai preposti
1. I preposti sono puniti:
(30) (31) a) con l'arresto sino a due mesi o con l'ammenda da lirecinquecentomila a lire due milioni per la violazione degli articoli 4, comma 5,lettere b), d), e), h), l), n) e q); 7, comma 2; 12, commi 1, lettere d) ed e),e 4; 15, comma 1; 30, commi 3, 4, 5 e 6; 31, commi 3 e 4; 32; 35, commi 1, 2,4, 4-bis, 4-ter, 4-quater e 5; 36, comma 8-ter; 38; 41; 43, commi 3, 4, letterea), b) e d); 48; 52, comma 2; 54; 55, commi 1, 3 e 4; 58; 72-quater,commi da 1 a 3, 6 e 7; 72-sexies; 72-septies; 72- novies,commi 1, 3, 4 e 5; 72-decies, comma 7; 62; 63, comma 3; 64; 65, comma 1;67, commi 1 e 2; 68; 69, commi 1 e 2; 78, comma 2; 79; 80, comma 1; 81, commi 2e 3; 82; 83; 86, commi 1 e 2;
(32) b) con l'arresto sino a un mese o con l'ammenda da liretrecentomila a lire un milione per la violazione degli articoli 4, comma 5,lettere c), f), g), i) e m); 7, commi 1, lettera b) e 3; 9, comma 2; 12, comma1, lettere a) e c); 21; 37; 43, comma 4, lettere c), e) ed f); 49, comma 1; 56,comma 1; 57; 72-sexies, comma 8; 72-decies, commi 1, 2, 3, e 5;66, commi 1 e 4; 85, commi 1 e 4.
Articolo 91
Contravvenzioni commesse dai progettisti, dai fabbricanti e dagliinstallatori
1. La violazione dell'art. 6, comma 2, è punita con l'arresto finoa sei mesi o con l'ammenda da lire quindici milioni a lire sessanta milioni.
2. La violazione dell'art. 6, commi 1 e 3, è punita con l'arrestofino ad un mese o con l'ammenda da lire seicentomila a lire due milioni.
Articolo 92
Contravvenzioni commesse dal medico competente
1. Il medico competente è punito:
(33) a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da lire unmilione a lire sei milioni per la violazione degli articoli 17, comma 1,lettere b), d), h) e l); 72- decies, comma3, primo periodo e comma 6; 72-undecies; 69, comma 4; 86, comma 2-bis;
b) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da lirecinquecentomila a lire tre milioni per la violazione degli articoli 17, comma1, lettere e), f), g) ed i) nonché del comma 3 e (34) 70, comma 2.
Articolo 93
Contravvenzioni commesse dai lavoratori
1. I lavoratori sono puniti:
a) con l'arresto fino ad un mese o con l'ammenda da lirequattrocentomila a lire un milione e duecentomila per la violazione degliarticoli: 5, comma 2; 12, comma 3, primo periodo; 39; 44; 84, comma 3.
b) con l'arresto fino a quindici giorni o con l'ammenda da lireduecentomila a lire seicentomila per la violazione degli articoli 67, comma 2;84, comma 1.
Articolo 94
Violazioni amministrative
1. Chiunque viola le disposizioni di cui agli articoli 65, comma2, e 80, comma 2, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lirecentomila a lire trecentomila.
titolo XDisposizioni transitorie e finali (35)
Articolo 95 (*)
Norma transitoria
1. In sede di prima applicazione del presente decreto e comunquenon oltre il 31 dicembre 1996 il datore di lavoro che intende svolgeredirettamente i compiti di prevenzione e protezione dai rischi è esonerato dallafrequenza del corso di formazione di cui al comma 2 dell'art. 10, fermarestando l'osservanza degli adempimenti previsti dal predetto art. 10, comma 2,lettere a), b) e c).
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare19/11/1996 n. 154.
Articolo 96
Decorrenza degli obblighi di cui all'articolo 4
1. E' fatto obbligo di adottare le misure di cui all'art. 4 neltermine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
Articolo 96 bis
Attuazione degli obblighi
1. Il datore di lavoro che intraprende un'attività lavorativa dicui all'art. 1 è tenuto a elaborare il documento di cui all'art. 4 comma 2 delpresente decreto entro tre mesi dall'effettivo inizio dell'attività.
Articolo 97
Obblighi d'informazione
1. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale trasmettealla commissione:
a) il testo delle disposizioni di diritto interno adottate nelsettore della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro;
b) ogni cinque anni, una relazione sull'attuazione pratica delledisposizioni dei titoli I, II, III e IV;
c) ogni quattro anni, una relazione sull'attuazione pratica delledisposizioni dei titoli V e VI.
2. Le relazioni di cui al comma 1 sono trasmesse anche allecommissioni parlamentari.
Articolo 98
Norma finale
1. Restano in vigore, in quanto non specificatamente modificatedal presente decreto, le disposizioni vigenti in materia di prevenzione degliinfortuni ed igiene del lavoro.
(Disposizioni transitorie e finali)
1. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore delpresente decreto gli organi di direzione politica o, comunque, di vertice delleamministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 3febbraio 1993, n. 29, procedono all'individuazione dei soggetti di cui all'art.2, comma 1, lettera b), secondo periodo, del presente decreto, tenendo contodell'ubicazione e dell'ambito funzionale degli uffici nei quali viene svoltal'attività.
2. I decreti di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativon. 626/1994, come modificato dall'art. 1 del presente decreto, sono emanatientro sei mesi dalla data di pubblicazione del presente decreto.
3. Le disposizioni di cui all'art. 4, commi 1, 2, 4 e 11 deldecreto legislativo n. 626/ 1994, come modificato dall'art. 3 del presentedecreto, devono essere osservate:
a) entro il 1° luglio 1996 dalle imprese di cui all'art. 8, comma5, lettere a), b), c), d), e) ed f);
b) entro il 1° gennaio 1997 negli altri settori di attività.
4. Sino al 31 dicembre 1997, per le contravvenzioni di cui altitolo IX del decreto legislativo n. 626/1994, come modificate dagli articoli22, 23 e 24, relativamente alla violazione degli obblighi non ancora vigentialla data di entrata in vigore del presente decreto, i termini previstidall'art. 20, comma 1, del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758 sonoraddoppiati e la somma di cui all'art. 21, comma 2, dello stesso decreto èridotta della metà.
Allegato I (*)
Casi in cui è consentito lo svolgimento diretto da parte deldatore di lavoro 0dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi (art. 10).
1. Aziende artigiane e industriali (36) fino a 30 addetti
2. Aziende agricole e zootecniche fino a 10 addetti (37)
3. Aziende della pesca fino a 20 addetti
4. Altre aziende fino a 200 addetti
(*) Per una migliore interpretazione dell'allegato I vedi:Circolare 19/11/1996 n. 154; Decreto 16/1/1997.
Allegato II
Prescrizioni di sicurezza e di salute per i luoghi di lavoro
1. Rilevazione e lotta antincendio
A seconda delle dimensioni e dell'uso degli edifici, delleattrezzature presenti, delle caratteristiche fisiche e chimiche delle sostanzepresenti, nonché del numero massimo di persone che possono essere presenti, iluoghi di lavoro devono essere dotati di dispositivi adeguati per combatterel'incendio, e se del caso, di rilevatori di incendio e di sistemi di allarme.
I dispositivi non automatici di lotta antincendio devono esserefacilmente accessibili e utilizzabili.
Essi devono essere oggetto di una segnaletica conforme allanormativa vigente.
Questa segnaletica deve essere apposta nei luoghi appropriati edessere durevole.
2. Locali adibiti al pronto soccorso
Qualora l'importanza dei locali, il tipo di attività in essisvolta e la frequenza degli infortuni lo richiedano, occorre prevedere uno opiù locali adibiti al pronto soccorso.
I locali adibiti al pronto soccorso devono essere dotati diapparecchi e di materiale di pronto soccorso indispensabile ed esserefacilmente accessibili con barelle.
Essi devono essere oggetto di una segnaletica conforme allanormativa vigente.
Il materiale di pronto soccorso deve inoltre essere disponibile intutti i luoghi in cui le condizioni di lavoro lo richiedano.
Esso deve essere oggetto di una segnaletica appropriata e deveessere facilmente accessibile.
Allegato III
Schema indicativo per l'inventario dei rischi ai finidell'impiego di attrezzature di protezione individuale
Vedere schema alla pagina successiva
Allegato IV
Elenco indicativo e non esaurientedelle attrezzature di protezione individuale
Dispositivi di protezione della testa
- 1 Caschi di protezione perl'industria (caschi per miniere, cantieri di lavori pubblici, industrie varie);
- 2 Copricapo leggero perproteggere il cuoio capelluto (berretti, cuffie, retine con o senza visiera);
- 3 Copricapo di protezione(cuffie, berretti, cappelli di tela cerata ecc., in tessuto, in tessutorivestito, ecc.).
Dispositivi di protezione dell'udito
- 1 Palline e tappi per leorecchie;
- 2 Caschi (comprendentil'apparato auricolare);
- 3 Cuscinetti adattabili aicaschi di protezione per l'industria;
- 4 Cuffie con attacco perricezione a bassa frequenza;
- 5 Dispositivi diprotezione contro il rumore con apparecchiature di intercomunicazione.
Dispositivi di protezione degli occhi e del viso
- 1 Occhiali a stanghette;
- 2 Occhiali a maschera;
- 3 Occhiali di protezionecontro i raggi x, i raggi laser, le radiazioni ultraviolette, infrarosse,visibili;
- 4 Schermi facciali;
- 5 Maschere e caschi per lasaldatura ad arco (maschere a mano, a cuffia o adattabili a caschi protettivi).
Dispositivi di protezione delle vie respiratorie
- 1 Apparecchi antipolvere,antigas e contro le polveri radioattive;
- 2 Apparecchi isolanti apresa d'aria;
- 3 Apparecchi respiratoricon maschera per saldatura amovibile;
- 4 Apparecchi edattrezzature per sommozzatori;
- 5 Scafandri persommozzatori.
Dispositivi di protezione delle mani e delle braccia
- 1 Guanti: contro le aggressioni meccaniche (perforazioni, tagli, vibrazioni, ecc.);contro le aggressioni chimiche;per elettricisti e antitermici.
- 2 Guanti a sacco;
- 3 Ditali;
- 4 Manicotti;
- 5 Fasce di protezione deipolsi;
- 6 Guanti a mezze dita;
- 7 Manopole.
Dispositivi di protezione dei piedi e delle gambe
- 1 Scarpe basse, scarponi,tronchetti, stivali di sicurezza;
- 2 Scarpe a slacciamento osganciamento rapido;
- 3 Scarpe con protezionesupplementare della punta del piede;
- 4 Scarpe e soprascarpe consuola anticalore;
- 5 Scarpe, stivali e soprastivalidi protezione contro il calore;
- 6 Scarpe, stivali esoprastivali di protezione contro il freddo;
- 7 Scarpe, stivali esoprastivali di protezione contro le vibrazioni;
- 8 Scarpe, stivali esoprastivali di protezione antistatici;
- 9 Scarpe, stivali esoprastivali di protezione isolanti;
- 10 Stivali di protezionecontro le catene delle trance meccaniche;
- 11 Zoccoli;
- 12 Ginocchiere;
- 13 Dispositivi diprotezione amovibili del collo del piede;
- 14 Ghette;
- 15 Suole amovibili(anticalore, antiperforazione o antitraspirazione);
- 16 Ramponi amovibili perghiaccio, neve, terreno sdrucciolevole.
Dispositivi di protezione della pelle
- 1 Creme protettive/pomate.
Dispositivi di protezione del tronco e dell'addome
- 1 Giubbotti, giacche egrembiuli di protezione contro le aggressioni meccaniche (perforazioni, tagli,spruzzi di metallo fuso, ecc.);
- 2 Giubbotti, giacche egrembiuli di protezione contro le aggressioni chimiche;
- 3 Giubbotti termici;
- 4 Giubbotti disalvataggio;
- 5 Grembiuli di protezionecontro i raggi x;
- 6 Cintura di sicurezza deltronco.
Dispositivi dell'intero corpo
- 1 Attrezzature diprotezione contro le cadute;
- 2 Attrezzature cosiddetteanticaduta (attrezzature complete comprendenti tutti gli accessori necessari alfunzionamento);
- 3 Attrezzature con frenoad assorbimento di energia cinetica (attrezzature complete comprendenti tuttigli accessori necessari al funzionamento);
- 4 Dispositivo di sostegnodel corpo (imbracatura di sicurezza).
Indumenti di protezione
- 1 Indumenti di lavorocosiddetti di sicurezza" (due pezzi e tute);
- 2 Indumenti di protezionecontro le aggressioni meccaniche (perforazioni, tagli, ecc.);
- 3 Indumenti di protezionecontro le aggressioni chimiche;
- 4 Indumenti di protezionecontro gli spruzzi di metallo fuso e di raggi infrarossi;
- 5 Indumenti di protezionecontro il calore;