TITOLO I
capo I
Disposizioni generali
Articolo 1 (*)
Campo di applicazione
1. Il presente decreto legislativo prescrive misure per la tutela della
salute e per la sicurezza dei lavoratori durante il lavoro, in tutti i settori
di attività privati o pubblici.
2. Nei riguardi delle Forze armate e di Polizia, dei servizi di protezione
civile, nonché nell'ambito delle strutture giudiziarie, penitenziarie,
di quelle destinate per finalità istituzionali alle attività
degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica, delle
università, degli istituti di istruzione universitaria, degli istituti
di istruzione ed educazione di ogni ordine e grado, degli archivi, delle
biblioteche, dei musei e delle aree archeologiche dello stato, delle rappresentanze
diplomatiche e consolari e dei mezzi di trasporto aerei e marittimi, le
norme del presente decreto sono applicate tenendo conto delle particolari
esigenze connesse al servizio espletato, individuate con decreto del Ministro
competente di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale,
della sanità e della funzione pubblica.(**)
3. Nei riguardi dei lavoratori di cui alla legge 18 dicembre 1973 n. 877,
nonché dei lavoratori con rapporto contrattuale privato di portierato,
le norme del presente decreto si applicano nei casi espressamente previsti.
4. Le disposizioni di cui al presente decreto si applicano nelle regioni
a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e Bolzano compatibilmente
con i rispettivi statuti e relative norme di attuazione.
4-bis. Il datore di lavoro che esercita le attività di cui ai commi
1, 2, 3 e 4 e, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, i
dirigenti e i preposti che dirigono o sovraintendono le stesse attività,
sono tenuti all'osservanza delle disposizioni del presente decreto.
4-ter. Nell'ambito degli adempimenti previsti dal presente decreto, il datore
di lavoro non può delegare quelli previsti dall'articolo 4, commi
1, 2, 4, lettera a), e 11, primo periodo.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 19/11/1996
n. 154; Circolare 20/12/1996 n. 172; Circolare 5/3/1997 n. 28.
(**) Comma così modificato dal D.L. n 510 del 1.10.96 convertito
in Legge n. 608 del 28 novembre 1996.
Articolo 2 (*)
Definizioni
1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto si intendono
per:
a) lavoratore: persona che presta il proprio lavoro alle dipendenze di un
datore di lavoro, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari,
con rapporto di lavoro subordinato anche speciale. Sono equiparati i soci
lavoratori di cooperative o di società, anche di fatto, che prestino
la loro attività per conto delle società e degli enti stessi,
e gli utenti dei servizi di orientamento o di formazione scolastica, universitaria
e professionale avviati presso datori di lavoro per agevolare o per perfezionare
le loro scelte professionali. Sono altresì equiparati gli allievi
degli istituti di istruzione ed universitari e i partecipanti a corsi di
formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori, macchine,
apparecchi ed attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e
biologici. I soggetti di cui al precedente periodo non vengono computati
ai fini della determinazione del numero di lavoratori dal quale il presente
decreto fa discendere particolari obblighi;
b) datore di lavoro: il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il
lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l'organizzazione
dell'impresa, ha la responsabilità dell'impresa stessa ovvero dell'unità
produttiva, quale definita ai sensi della lettera i), in quanto titolare
dei poteri decisionali e di spesa. Nelle pubbliche amministrazioni di cui
all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29,
per datore di lavoro si intende il dirigente al quale spettano i poteri
di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei
soli casi in cui quest'ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia
gestionale;
c) servizio di prevenzione e protezione dai rischi: insieme delle persone,
sistemi e mezzi esterni o interni all'azienda finalizzati all'attività
di prevenzione e protezione dai rischi professionali nell'azienda, ovvero
unità produttiva;
d) medico competente: medico in possesso di uno dei seguenti titoli:
(1) 1) specializzazione in medicina del lavoro o in medicina preventiva
dei lavoratori e psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene
industriale o in fisiologia ed igiene del lavoro o in clinica del lavoro
o in igiene e medicina preventiva o in medicina legale e delle assicurazioni
ed altre specializzazioni individuate, ove necessario, con decreto del Ministro
della sanità di concerto con il Ministro dell'università e
della ricerca scientifica e tecnologica;
2) docenza o libera docenza in medicina del lavoro o in medicina preventiva
dei lavoratori e psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene
industriale o in fisiologia ed igiene del lavoro;
3) autorizzazione di cui all'articolo 55 del decreto legislativo 15 agosto
1991, n. 277;
e) responsabile del servizio di prevenzione e protezione: persona designata
dal datore di lavoro in possesso di attitudini e capacità adeguate;
f) rappresentante dei lavoratori per la sicurezza: persona, ovvero persone,
eletta o designata per rappresentare i lavoratori per quanto concerne gli
aspetti della salute e della sicurezza durante il lavoro, di seguito denominato
rappresentante per la sicurezza;
g) prevenzione: il complesso delle disposizioni o misure adottate o previste
in tutte le fasi dell'attività lavorativa per evitare o diminuire
i rischi professionali nel rispetto della salute della popolazione e dell'integrità
dell'ambiente esterno;
h) agente: l'agente chimico, fisico o biologico, presente durante il lavoro
e potenzialmente dannoso per la salute;
g) unità produttiva: stabilimento o struttura finalizzata alla produzione
di beni o servizi, dotata di autonomia finanziaria e tecnico-funzionale.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 7/8/1995
n. 102; Circolare 19/11/1996 n. 154; Circolare 17/12/1996 n. 3; Circolare
20/12/1996 n. 172.
Articolo 3
Misure generali di tutela
1. Le misure generali per la protezione della salute e per la sicurezza
dei lavoratori sono:
a) valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza;
b) eliminazione dei rischi in relazione alle conoscenze acquisite in base
al progresso tecnico e, ove ciò non è possibile, loro riduzione
al minimo;
c) riduzione dei rischi alla fonte;
d) programmazione della prevenzione mirando ad un complesso che integra
in modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche produttive e organizzative
dell'azienda nonché l'influenza dei fattori dell'ambiente di lavoro;
e) sostituzione di ciò che è pericoloso con ciò che
non lo è, o è meno pericoloso;
f) rispetto dei principi ergonomici nella concezione dei posti di lavoro,
nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro
e produzione, anche per attenuare il lavoro monotono e quello ripetitivo;
g) priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure
di protezione individuale;
h) limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono, o che possono
essere, esposti al rischio;
i) utilizzo limitato degli agenti chimici, fisici e biologici, sui luoghi
di lavoro;
l) controllo sanitario dei lavoratori in funzione dei rischi specifici;
m) allontanamento del lavoratore dall'esposizione a rischio, per motivi
sanitari inerenti la sua persona;
n) misure igieniche;
o) misure di protezione collettiva ed individuale;
p) misure di emergenza da attuare in caso di pronto soccorso, di lotta antincendio,
di evacuazione dei lavoratori e di pericolo grave ed immediato;
q) uso di segnali di avvertimento e di sicurezza;
r) regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, macchine ed impianti,
con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformità
alla indicazione dei fabbricanti;
s) informazione, formazione, consultazione e partecipazione dei lavoratori
ovvero dei loro rappresentanti, sulle questioni riguardanti la sicurezza
e la salute sul luogo di lavoro;
t) istruzioni adeguate ai lavoratori.
2. Le misure relative alla sicurezza, all'igiene e alla salute durante il
lavoro non devono in nessun caso comportare oneri finanziari per i lavoratori.
Articolo 4 (*)
Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto
(2) "1. Il datore di lavoro, in relazione alla natura dell'attività
dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, valuta tutti i rischi
per la sicurezza e per la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti
gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, anche nella scelta delle
attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati,
nonchè nella sistemazione dei luoghi di lavoro".
2. All'esito della valutazione di cui al comma 1, il datore di lavoro elabora
un documento contenente:
a) una relazione sulla valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute
durante il lavoro, nella quale sono specificati i criteri adottati per la
valutazione stessa;
b) l'individuazione delle misure di prevenzione e di protezione e dei dispositivi
di protezione individuale, conseguente alla valutazione di cui alla lettera
a);
c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento
nel tempo dei livelli di sicurezza.
3. Il documento è custodito presso l'azienda ovvero l'unità
produttiva.
4. Il datore di lavoro:
a) designa il responsabile del servizio di prevenzione e protezione interno
o esterno all'azienda secondo le regole di cui all'articolo 8;
b) designa gli addetti al servizio di prevenzione e protezione interno o
esterno all'azienda secondo le regole di cui all'articolo 8;
c) nomina, nei casi previsti dall'articolo 16, il medico competente.
5. Il datore di lavoro adotta le misure necessarie per la sicurezza e la
salute dei lavoratori, e in particolare:
a) designa preventivamente i lavoratori incaricati dell'attuazione delle
misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori
in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di pronto soccorso
e, comunque, di gestione dell'emergenza;
b) aggiorna le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi
e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e della sicurezza
del lavoro, ovvero in relazione al grado di evoluzione della tecnica della
prevenzione e della protezione;
c) nell'affidare i compiti ai lavoratori tiene conto delle capacità
e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza;
d) fornisce ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione
individuale, sentito il responsabile del servizio di prevenzione e protezione;
e) prende le misure appropriate affinché soltanto i lavoratori che
hanno ricevuto adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono ad
un rischio grave e specifico;
f) richiede l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti,
nonché delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di
igiene del lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi
di protezione individuale messi a loro disposizione;
g) richiede l'osservanza da parte del medico competente degli obblighi previsti
dal presente decreto, informandolo sui processi e sui rischi connessi all'attività
produttiva;
h) adotta le misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso
di emergenza e dà istruzioni affinché i lavoratori, in caso
di pericolo grave, immediato ed inevitabile, abbandonino il posto di lavoro
o la zona pericolosa;
i) informa il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio
di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni
prese o da prendere in materia di protezione;
l) si astiene, salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai lavoratori
di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui
persiste un pericolo grave e immediato;
m) permette ai lavoratori di verificare, mediante il rappresentante per
la sicurezza, l'applicazione delle misure di sicurezza e di protezione della
salute e consente al rappresentante per la sicurezza di accedere alle informazioni
ed alla documentazione aziendale di cui all'articolo 19, comma 1, lettera
e);
n) prende appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate
possano causare rischi per la salute della popolazione o deteriorare l'ambiente
esterno;
o) tiene un registro nel quale sono annotati cronologicamente gli infortuni
sul lavoro che comportano un'assenza dal lavoro di almeno un giorno. Nel
registro sono annotati il nome, il cognome, la qualifica professionale dell'infortunato,
le cause e le circostanze dell'infortunio, nonché la data di abbandono
e di ripresa del lavoro. Il registro è redatto conformemente al modello
approvato con decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale,
sentita la Commissione consultiva permanente, di cui all'articolo 393 del
decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, e successive
modifiche, ed è conservato sul luogo di lavoro a disposizione dell'organo
di vigilanza. Fino all'emanazione di tale decreto il registro è redatto
in conformità ai modelli già disciplinati dalle leggi vigenti;
p) consulta il rappresentante per la sicurezza nei casi previsti dall'articolo
19, comma 1, lettere b), c) e d);
q) adotta le misure necessarie ai fini della prevenzione incendi e dell'evacuazione
dei lavoratori, nonché per il caso di pericolo grave e immediato.
Tali misure devono essere adeguate alla natura dell'attività, alle
dimensioni dell'azienda, ovvero dell'unità produttiva, e al numero
delle persone presenti.
6. Il datore di lavoro effettua la valutazione di cui al comma 1 ed elabora
il documento di cui al comma 2 in collaborazione con il responsabile del
servizio di prevenzione e protezione e con il medico competente nei casi
in cui sia obbligatoria la sorveglianza sanitaria, previa consultazione
del rappresentante per la sicurezza.
7. La valutazione di cui al comma 1 e il documento di cui al comma 2 sono
rielaborati in occasione di modifiche del processo produttivo significative
ai fini della sicurezza e della salute dei lavoratori.
8. Il datore di lavoro custodisce, presso l'azienda ovvero l'unità
produttiva, la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore sottoposto
a sorveglianza sanitaria, con salvaguardia del segreto professionale, e
ne consegna copia al lavoratore stesso al momento della risoluzione del
rapporto di lavoro, ovvero quando lo stesso ne fa richiesta.
9. Per le piccole e medie aziende, con uno o più decreti da emanarsi
entro il 31 marzo 1996 da parte dei Ministri del lavoro e della previdenza
sociale, dell'industria del commercio e dell'artigianato e della sanità,
sentita la Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni
e per l'igiene del lavoro, in relazione alla natura dei rischi e alle dimensioni
dell'azienda, sono definite procedure standardizzate per gli adempimenti
documentali di cui al presente articolo. Tali disposizioni non si applicano
alle attività industriali di cui all'articolo 1 del decreto del Presidente
della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175, e successive modifiche, soggette
all'obbligo di dichiarazione o notifica ai sensi degli articoli 4 e 6 del
decreto stesso, alle centrali termoelettriche, agli impianti e laboratori
nucleari, alle aziende estrattive ed altre attività minerarie, alle
aziende per la fabbricazione e il deposito separato di esplosivi, polveri
e munizioni, e alle strutture di ricovero e cura sia pubbliche sia private.
10. Per le medesime aziende di cui al comma 9, primo periodo, con uno o
più decreti dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, dell'industria
del commercio e dell'artigianato e della sanità, sentita la Commissione
consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per l'igiene
del lavoro, possono essere altresì definiti:
a) i casi relativi a ipotesi di scarsa pericolosità, nei quali è
possibile lo svolgimento diretto dei compiti di prevenzione e protezione
in aziende ovvero unità produttive che impiegano un numero di addetti
superiore a quello indicato nell'Allegato I;
b) i casi in cui è possibile la riduzione a una sola volta all'anno
della visita di cui all'articolo 17, lettera h), degli ambienti di lavoro
da parte del medico competente, ferma restando l'obbligatorietà di
visite ulteriori, allorché si modificano le situazioni di rischio.
11. Fatta eccezione per le aziende indicate nella nota (1) dell'Allegato
I, il datore di lavoro delle aziende familiari nonché delle aziende
che occupano fino a dieci addetti non è soggetto agli obblighi di
cui ai commi 2 e 3, ma è tenuto comunque ad autocertificare per iscritto
l'avvenuta effettuazione della valutazione dei rischi e l'adempimento degli
obblighi ad essa collegati. L'autocertificazione deve essere inviata al
rappresentante per la sicurezza. Sono in ogni caso soggette agli obblighi
di cui ai commi 2 e 3 le aziende familiari nonché le aziende che
occupano fino a dieci addetti, soggette a particolari fattori di rischio,
individuate nell'ambito di specifici settori produttivi con uno o più
decreti del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto
con i Ministri della sanità, dell'industria del commercio e dell'artigianato,
delle risorse agricole alimentari e forestali e dell'interno, per quanto
di rispettiva competenza.
12. Gli obblighi relativi agli interventi strutturali e di manutenzione
necessari per assicurare, ai sensi del presente decreto, la sicurezza dei
locali e degli edifici assegnati in uso a pubbliche amministrazioni o a
pubblici uffici, ivi comprese le istituzioni scolastiche ed educative, restano
a carico dell'amministrazione tenuta, per effetto di norme o convenzioni,
alla loro fornitura e manutenzione. In tal caso gli obblighi previsti dal
presente decreto, relativamente ai predetti interventi, si intendono assolti,
da parte dei dirigenti o funzionari preposti agli uffici interessati, con
la richiesta del loro adempimento all'amministrazione competente o al soggetto
che ne ha l'obbligo giuridico.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 7/8/1995
n. 102; Circolare 27/6/1996 n. 89; Decreto 5/12/1996; Circolare 17/12/1996
n. 3; Circolare 20/12/ 1996 n. 172; Circolare 5/3/1997 n. 28.
Articolo 5
Obblighi dei lavoratori
1. Ciascun lavoratore deve prendersi cura della propria sicurezza e della
propria salute e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro
su cui possono ricadere gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente
alla sua formazione ed alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di
lavoro.
2. In particolare i lavoratori:
a) osservano le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro,
dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale;
b) utilizzano correttamente i macchinari, le apparecchiature, gli utensili,
le sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto e le altre attrezzature
di lavoro, nonché i dispositivi di sicurezza;
c) utilizzano in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro
disposizione;
d) segnalano immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto
le deficienze dei mezzi e dispositivi di cui alle lettere b) e c), nonché
le altre eventuali condizioni di pericolo di cui vengono a conoscenza, adoperandosi
direttamente, in caso di urgenza, nell'ambito delle loro competenze e possibilità,
per eliminare o ridurre tali deficienze o pericoli, dandone notizia al rappresentante
dei lavoratori per la sicurezza;
e) non rimuovono o modificano senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza
o di segnalazione o di controllo;
f) non compiono di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono
di loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria
o di altri lavoratori;
g) si sottopongono ai controlli sanitari previsti nei loro confronti;
h) contribuiscono, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti,
all'adempimento di tutti gli obblighi imposti dall'autorità competente
o comunque necessari per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori
durante il lavoro.
Articolo 6 (*)
Obblighi dei progettisti, dei fabbricanti, dei fornitori e degli installatori
1. I progettisti dei luoghi o posti di lavoro e degli impianti rispettano
i principi generali di prevenzione in materia di sicurezza e di salute al
momento delle scelte progettuali e tecniche e scelgono macchine nonché
dispositivi di protezione rispondenti ai requisiti essenziali di sicurezza
previsti nelle disposizioni legislative e regolamentari vigenti.
2. Sono vietati la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la concessione
in uso di macchine, di attrezzature di lavoro e di impianti non rispondenti
alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di sicurezza.
Chiunque concede in locazione finanziaria beni assoggettati a forme di certificazione
o di omologazione obbligatoria è tenuto a che gli stessi siano accompagnati
dalle previste certificazioni o dagli altri documenti previsti dalla legge.
3. Gli installatori e montatori di impianti, macchine o altri mezzi tecnici
devono attenersi alle norme di sicurezza e di igiene del lavoro, nonché
alle istruzioni fornite dai rispettivi fabbricanti dei macchinari e degli
altri mezzi tecnici per la parte di loro competenza.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 7/8/1995
n. 102.
Articolo 7 (*)
Contratto di appalto o contratto d'opera
1. Il datore di lavoro, in caso di affidamento dei lavori all'interno dell'azienda,
ovvero dell'unità produttiva, ad imprese appaltatrici o a lavoratori
autonomi:
a) verifica, anche attraverso l'iscrizione alla Camera di commercio, industria
e artigianato, l'idoneità tecnico-professionale delle imprese appaltatrici
o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori da affidare in appalto
o contratto d'opera;
b) fornisce agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici
esistenti nell'ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure
di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività.
2. Nell'ipotesi di cui al comma 1) i datori di lavoro:
a) cooperano all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai
rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto;
b) coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui
sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di
eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese
coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva.
3. Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione ed il coordinamento
di cui al comma 2. Tale obbligo non si estende ai rischi specifici propri
dell'attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori
autonomi.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 20/12/1996
n. 172; Circolare 5/3/1997 n. 28.
capo II
Servizio di prevenzione e protezione
Articolo 8 (*)
Servizio di prevenzione e protezione
1. Salvo quanto previsto dall'art. 10, il datore di lavoro organizza all'interno
dell'azienda, ovvero dell'unità produttiva, il servizio di prevenzione
e protezione, o incarica persone o servizi esterni all'azienda, secondo
le regole di cui al presente articolo.
2. Il datore di lavoro designa all'interno dell'azienda ovvero dell'unità
produttiva, una o più persone da lui dipendenti per l'espletamento
dei compiti di cui all'art. 9, tra cui il responsabile del servizio in possesso
di attitudini e capacità adeguate, previa consultazione del rappresentante
per la sicurezza.
3. I dipendenti di cui al comma 2 devono essere in numero sufficiente, possedere
le capacità necessarie e disporre di mezzi e di tempo adeguati per
lo svolgimento dei compiti loro assegnati. Essi non possono subire pregiudizio
a causa dell'attività svolta nell'espletamento del proprio incarico.
4. Salvo quanto previsto dal comma 2, il datore di lavoro può avvalersi
di persone esterne all'azienda in possesso delle conoscenze professionali
necessarie per integrare l'azione di prevenzione o protezione.
5. L'organizzazione del servizio di prevenzione e protezione all'interno
dell'azienda, ovvero dell'unità produttiva, è comunque obbligatoria
nei seguenti casi:
a) nelle aziende industriali di cui all'articolo 1 del decreto del Presidente
della Repubblica 17 maggio 1988, n.175 e successive modifiche, soggette
all'obbligo di dichiarazione o notifica, ai sensi degli articoli 4 e 6 del
decreto stesso;
b) nelle centrali termoelettriche;
c) negli impianti e laboratori nucleari;
d) nelle aziende per la fabbricazione e il deposito separato di esplosivi,
polveri e munizioni;
e) nelle aziende industriali con oltre duecento dipendenti;
f) nelle industrie estrattive con oltre cinquanta lavoratori dipendenti;
g) nelle strutture di ricovero e cura sia pubbliche sia private.
(3) 6. Salvo quanto previsto dal comma 5, se le capacità dei dipendenti
all'interno dell'azienda ovvero dell'unità produttiva sono insufficienti,
il datore di lavoro deve far ricorso a persone o servizi esterni all'azienda,
previa consultazione del rappresentante per la sicurezza.
7. Il servizio esterno deve essere adeguato alle caratteristiche dell'azienda,
ovvero unità produttiva, a favore della quale è chiamato a
prestare la propria opera, anche con riferimento al numero degli operatori.
8. Il responsabile del servizio esterno deve possedere attitudini e capacità
adeguate.
9. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con decreto di concerto
con i Ministri della sanità e dell'industria, del commercio e dell'artigianato,
sentita la commissione consultiva permanente, può individuare specifici
requisiti, modalità e procedure, per la certificazione dei servizi,
nonché il numero minimo degli operatori di cui ai commi 3 e 7.
10. Qualora il datore di lavoro ricorra a persone o servizi esterni egli
non è per questo liberato dalla propria responsabilità in
materia.
11. Il datore di lavoro comunica all'ispettorato del lavoro e alle unità
sanitarie locali territorialmente competenti il nominativo della persona
designata come responsabile del servizio di prevenzione e protezione interno
ovvero esterno all'azienda. Tale comunicazione è corredata da una
dichiarazione nella quale si attesti con riferimento alle persone designate:
a) i compiti svolti in materia di prevenzione e protezione;
b) il periodo nel quale tali compiti sono stati svolti;
c) il curriculum professionale.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 17/12/1996
n. 3; Circolare 20/12/1996 n. 172.
Articolo 9
Compiti del servizio di prevenzione e protezione
1. Il servizio di prevenzione e protezione dai rischi professionali provvede:
a) all'individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi
e all'individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità
degli ambienti di lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base
della specifica conoscenza dell'organizzazione aziendale;
b) ad elaborare, per quanto di competenza, le misure preventive e protettive
e i sistemi di cui all'art. 4, comma 2, lettera b) e i sistemi di controllo
di tali misure;
c) ad elaborare le procedure di sicurezza per le varie attività aziendali;
d) a proporre i programmi di informazione e formazione dei lavoratori;
e) a partecipare alle consultazioni in materia di tutela della salute e
di sicurezza di cui all'art. 11;
f) a fornire ai lavoratori le informazioni di cui all'art. 21.
2. Il datore di lavoro fornisce ai servizi di prevenzione e protezione informazioni
in merito a:
a) la natura dei rischi;
b) l'organizzazione del lavoro, la programmazione e l'attuazione delle misure
preventive e protettive;
c) la descrizione degli impianti e dei processi produttivi;
d) i dati del registro degli infortuni e delle malattie professionali;
e) le prescrizioni degli organi di vigilanza.
3. I componenti del servizio di prevenzione e protezione e i rappresentanti
dei lavoratori per la sicurezza sono tenuti al segreto in ordine ai processi
lavorativi di cui vengono a conoscenza nell'esercizio delle funzioni di
cui al presente decreto.
4. Il servizio di prevenzione e protezione è utilizzato dal datore
di lavoro.
Articolo 10 (*)
Svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti
di prevenzione e protezione dai rischi
1. Il datore di lavoro può svolgere direttamente i compiti propri
del servizio di prevenzione e protezione dai rischi nonché di prevenzione
incendi e di evacuazione, nei casi previsti nell'allegato I, dandone preventiva
informazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ed alle condizioni
di cui ai commi successivi. Esso può avvalersi della facoltà
di cui all'art. 8, comma 4.
2. Il datore di lavoro che intende svolgere i compiti di cui al comma 1,
deve frequentare apposito corso di formazione in materia di sicurezza e
salute sul luogo di lavoro, promosso anche dalle associazioni dei datori
di lavoro e trasmettere all'organo di vigilanza competente per territorio:
a) una dichiarazione attestante la capacità di svolgimento dei compiti
di prevenzione e protezione dai rischi;
b) una dichiarazione attestante gli adempimenti di cui all'art. 4 commi
1, 2, 3 e 11;
c) una relazione sull'andamento degli infortuni e delle malattie professionali
della propria azienda elaborata in base ai dati degli ultimi tre anni del
registro infortuni o, in mancanza dello stesso, di analoga documentazione
prevista dalla legislazione vigente;
d) l'attestazione di frequenza del corso di formazione in materia di sicurezza
e salute sul luogo di lavoro.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 19/11/1996
n. 154; Decreto 5/12/1996.
Articolo 11
Riunione periodica di prevenzione e protezione dai rischi
1. Nelle aziende, ovvero unità produttive, che occupano più
di quindici dipendenti, il datore di lavoro, direttamente o tramite il servizio
di prevenzione e protezione dai rischi, indice almeno una volta all'anno
una riunione cui partecipano:
a) il datore di lavoro o un suo rappresentante;
b) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi;
c) il medico competente ove previsto;
d) il rappresentante per la sicurezza.
2. Nel corso della riunione il datore di lavoro sottopone all'esame dei
partecipanti:
a) il documento, di cui all'art. 4, commi 2 e 3;
b) l'idoneità dei mezzi di protezione individuale;
c) i programmi di informazione e formazione dei lavoratori ai fini della
sicurezza e della protezione della loro salute.
3. La riunione ha altresì luogo in occasione di eventuali significative
variazioni delle condizioni di esposizione al rischio, compresa la programmazione
e l'introduzione di nuove tecnologie che hanno riflessi sulla sicurezza
e salute dei lavoratori.
4. Nelle aziende, ovvero unità produttive, che occupano fino a quindici
dipendenti, nelle ipotesi di cui al comma 3, il rappresentante dei lavoratori
per la sicurezza può chiedere la convocazione di una apposita riunione.
5. Il datore di lavoro, anche tramite il servizio di prevenzione e protezione
dai rischi, provvede alla redazione del verbale della riunione che è
tenuto a disposizione dei partecipanti per la sua consultazione.
Capo III (*)
Prevenzione incendi, evacuazione dei lavoratori, pronto soccorso
(*) Per una migliore interpretazione del Capo III vedi: Circolare 7/8/1995
n. 102.
Articolo 12 (*)
Disposizioni generali
1. Ai fini degli adempimenti di cui all'art. 4, comma 5, lett. q) il datore
di lavoro:
a) organizza i necessari rapporti con i servizi pubblici competenti in materia
di pronto soccorso, salvataggio, lotta antincendio e gestione dell'emergenza;
b) designa preventivamente i lavoratori incaricati di attuare le misure
di cui all'art. 4, comma 5, lettera a);
c) informa tutti i lavoratori che possono essere esposti ad un pericolo
grave ed immediato circa le misure predisposte ed i comportamenti da adottare;
d) programma gli interventi, prende i provvedimenti e dà istruzioni
affinché i lavoratori possano, in caso di pericolo grave ed immediato
che non può essere evitato, cessare la loro attività, ovvero
mettersi al sicuro, abbandonando immediatamente il luogo di lavoro;
e) prende i provvedimenti necessari affinché qualsiasi lavoratore,
in caso di pericolo grave ed immediato per la propria sicurezza ovvero per
quella di altre persone e nell'impossibilità di contattare il competente
superiore gerarchico possa prendere le misure adeguate per evitare le conseguenze
di tale pericolo, tenendo conto delle sue conoscenze e dei mezzi tecnici
disponibili.
2. Ai fini delle designazioni di cui al comma 1, lettera b), il datore di
lavoro tiene conto delle dimensioni dell'azienda ovvero dei rischi specifici
dell'azienda ovvero dell'unità produttiva.
3. I lavoratori non possono, se non per giustificato motivo, rifiutare la
designazione. Essi devono essere formati, essere in numero sufficiente e
disporre di attrezzature adeguate, tenendo conto delle dimensioni ovvero
dei rischi specifici dell'azienda ovvero dell'unità produttiva.
4. Il datore di lavoro deve, salvo eccezioni debitamente motivate, astenersi
dal chiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una
situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 27/6/1996
n. 89.
Articolo 13 (*)
Prevenzione incendi
1. Fermo restando quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica
29 luglio 1982, n. 577, i Ministri dell'Interno, del lavoro e della previdenza
sociale, in relazione al tipo di attività, al numero dei lavoratori
occupati ed ai fattori di rischio, adottano uno o più decreti nei
quali sono definiti:
a) i criteri diretti ad individuare:
1) misure intese ad evitare l'insorgere di un incendio e a limitarne le
conseguenze qualora esso si verifichi;
2) misure precauzionali di esercizio;
3) metodi di controllo e manutenzione degli impianti e delle attrezzature
antincendio;
4) criteri per la gestione delle emergenze;
b) le caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e protezione
antincendio di cui all'art. 12, compresi i requisiti del personale addetto
e la sua formazione.
2. Per il settore minerario il decreto di cui al comma 1 è adottato
dai Ministri dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale e dell'industria,
del commercio e dell'artigianato.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 29/8/1995
prot. P 1564/4146.
Articolo 14
Diritti dei lavoratori in caso di pericolo grave ed immediato
1. Il lavoratore che, in caso di pericolo grave, immediato e che non può
essere evitato, si allontana dal posto di lavoro ovvero da una zona pericolosa,
non può subire pregiudizio alcuno e deve essere protetto da qualsiasi
conseguenza dannosa.
2. Il lavoratore che, in caso di pericolo grave e immediato e nell'impossibilità
di contattare il competente superiore gerarchico, prende misure per evitare
le conseguenze di tale pericolo, non può subire pregiudizio per tale
azione, a meno che non abbia commesso una grave negligenza.
Articolo 15 (*)
Pronto soccorso
1. Il datore di lavoro, tenendo conto della natura dell'attività
e delle dimensioni dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, sentito
il medico competente ove previsto, prende i provvedimenti necessari in materia
di pronto soccorso e di assistenza medica di emergenza, tenendo conto delle
altre eventuali persone presenti sui luoghi di lavoro e stabilendo i necessari
rapporti con i servizi esterni, anche per il trasporto dei lavoratori infortunati.
2. Il datore di lavoro, qualora non vi provveda direttamente, designa uno
o più lavoratori incaricati dell'attuazione dei provvedimenti di
cui al comma 1.
3. Le caratteristiche minime delle attrezzature di pronto soccorso, i requisiti
del personale addetto e la sua formazione sono individuati in relazione
alla natura dell'attività, al numero dei lavoratori occupati e ai
fattori di rischio, con decreto dei Ministri della sanità, del lavoro
e della previdenza sociale, della funzione pubblica e dell'industria, del
commercio e dell'artigianato, sentita la commissione consultiva permanente
e il Consiglio Superiore di Sanità.
4. Fino all'emanazione del decreto di cui al comma 3 si applicano le disposizioni
vigenti in materia.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 27/6/1996
n. 89.
Capo IV
Sorveglianza sanitaria
Articolo 16 (*)
Contenuto della sorveglianza sanitaria
1. La sorveglianza sanitaria è effettuata nei casi previsti dalla
normativa vigente.
2. La sorveglianza di cui al comma 1 è effettuata dal medico competente
e comprende:
a) accertamenti preventivi intesi a constatare l'assenza di controindicazioni
al lavoro cui i lavoratori sono destinati, ai fini della valutazione della
loro idoneità alla mansione specifica;
b) accertamenti periodici per controllare lo stato di salute dei lavoratori
ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica.
3. Gli accertamenti di cui al comma 2 comprendono esami clinici e biologici
e indagini diagnostiche mirati al rischio ritenuti necessari dal medico
competente.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 7/8/1995
n. 102 .
Articolo 17
Il medico competente
1. Il medico competente:
a) collabora con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e
protezione di cui all'art. 8, sulla base della specifica conoscenza dell'organizzazione
dell'azienda ovvero dell'unità produttiva e delle situazioni di rischio,
alla predisposizione dell'attuazione delle misure per la tutela della salute
e dell'integrità psico-fisica dei lavoratori;
b) effettua gli accertamenti sanitari di cui all'art. 16;
c) esprime i giudizi di idoneità alla mansione specifica al lavoro,
di cui all'art. 16;
d) istituisce ed aggiorna sotto la propria responsabilità, per ogni
lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria, una cartella sanitaria e
di rischio da custodire presso il datore di lavoro con salvaguardia del
segreto professionale;
e) fornisce informazioni ai lavoratori sul significato degli accertamenti
sanitari cui sono sottoposti e, nel caso di esposizione ad agenti con effetti
a lungo termine, sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti sanitari
anche dopo la cessazione dell'attività che comporta l'esposizione
a tali agenti. Fornisce altresì, a richiesta, informazioni analoghe
ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
f) informa ogni lavoratore interessato dei risultati degli accertamenti
sanitari di cui alla lettera b) e, a richiesta dello stesso, gli rilascia
copia della documentazione sanitaria;
g) comunica, in occasione delle riunioni di cui all'art. 11, ai rappresentanti
per la sicurezza, i risultati anonimi collettivi degli accertamenti clinici
e strumentali effettuati e fornisce indicazioni sul significato di detti
risultati;
h) congiuntamente al responsabile del servizio di prevenzione e protezione
dai rischi, visita gli ambienti di lavoro almeno due volte all'anno e partecipa
alla programmazione del controllo dell'esposizione dei lavoratori i cui
risultati gli sono forniti con tempestività ai fini delle valutazioni
e dei pareri di competenza (4) ;
i) fatti salvi i controlli sanitari di cui alla lettera b), effettua le
visite mediche richieste dal lavoratore qualora tale richiesta sia correlata
ai rischi professionali;
l) collabora con il datore di lavoro alla predisposizione del servizio di
pronto soccorso di cui all'art. 15;
m) collabora all'attività di formazione e informazione di cui al
capo VI.
2. Il medico competente può avvalersi, per motivate ragioni, della
collaborazione di medici specialisti scelti dal datore di lavoro che ne
sopporta gli oneri.
3. Qualora il medico competente, a seguito degli accertamenti di cui all'art.
16, comma 2, esprima un giudizio sull'inidoneità parziale o temporanea
o totale del lavoratore, ne informa per iscritto il datore di lavoro e il
lavoratore.
4. Avverso il giudizio di cui al comma 3 è ammesso ricorso, entro
30 giorni dalla data di comunicazione del giudizio medesimo, all'organo
di vigilanza territorialmente competente che dispone, dopo eventuali ulteriori
accertamenti, la conferma, la modifica o la revoca del giudizio stesso.
5. Il medico competente svolge la propria opera in qualità di:
a) dipendente da una struttura esterna pubblica o privata convenzionata
con l'imprenditore per lo svolgimento dei compiti di cui al presente capo;
b) libero professionista;
c) dipendente del datore di lavoro.
6. Qualora il medico competente sia dipendente del datore di lavoro, questi
gli fornisce i mezzi e gli assicura le condizioni necessarie per lo svolgimento
dei suoi compiti.
7. Il dipendente di una struttura pubblica non può svolgere l'attività
di medico competente, qualora esplichi attività di vigilanza.
Capo V
Consultazione e partecipazione dei lavoratori
Articolo 18
Rappresentante per la sicurezza
1. In tutte le aziende o unità produttive, è eletto o designato
il rappresentante per la sicurezza.
2. Nelle aziende, o unità produttive, che occupano sino a quindici
dipendenti il rappresentante per la sicurezza è eletto direttamente
dai lavoratori al loro interno. Nelle aziende che occupano fino a quindici
dipendenti il rappresentante per la sicurezza può essere individuato
per più aziende nell'ambito territoriale ovvero nel comparto produttivo.
Esso può essere designato o eletto dai lavoratori nell'ambito delle
rappresentanze sindacali, così come definite dalla contrattazione
collettiva di riferimento.
3. Nelle aziende, ovvero unità produttive, con più di quindici
dipendenti il rappresentante per la sicurezza è eletto o designato
dai lavoratori nell'ambito delle rappresentanze sindacali in azienda. In
assenza di tali rappresentanze, è eletto dai lavoratori dell'azienda
al loro interno.
4. Il numero, le modalità di designazione o di elezione del rappresentante
per la sicurezza, nonché il tempo di lavoro retribuito e gli strumenti
per l'espletamento delle funzioni, sono stabiliti in sede di contrattazione
collettiva.
5. In caso di mancato accordo nella contrattazione collettiva di cui al
comma 4, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentite le parti,
stabilisce con proprio decreto, da emanarsi entro tre mesi dalla comunicazione
del mancato accordo, gli standards relativi alle materie di cui al comma
4. Per le amministrazioni pubbliche provvede il Ministro per la Funzione
pubblica sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative
sul piano nazionale.
6. In ogni caso il numero minimo dei rappresentanti di cui al comma 1 è
il seguente:
a) un rappresentante nelle aziende ovvero unità produttive sino a
duecento dipendenti;
b) tre rappresentanti nelle aziende ovvero unità produttive da duecentouno
a mille dipendenti;
c) sei rappresentanti in tutte le altre aziende ovvero unità produttive.
7. Le modalità e i contenuti specifici della formazione del rappresentante
per la sicurezza sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva nazionale
di categoria con il rispetto dei contenuti minimi previsti dal decreto di
cui all'art. 22, comma 7.
Articolo 19
Attribuzioni del rappresentante per la sicurezza
1. Il rappresentante per la sicurezza:
a) accede ai luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni;
b) è consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla
valutazione dei rischi, alla individuazione, programmazione, realizzazione
e verifica della prevenzione nell'azienda ovvero unità produttiva;
c) è consultato sulla designazione degli addetti al servizio di prevenzione,
all'attività di prevenzione incendi, al pronto soccorso, alla evacuazione
dei lavoratori;
d) è consultato in merito all'organizzazione della formazione di
cui all'art. 22, comma 5;
e) riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente la valutazione
dei rischi e le misure di prevenzione relative, nonché quelle inerenti
le sostanze e i preparati pericolosi, le macchine, gli impianti, l'organizzazione
e gli ambienti di lavoro, gli infortuni e le malattie professionali;
f) riceve le informazioni provenienti dai servizi di vigilanza;
g) riceve una formazione adeguata, comunque non inferiore a quella prevista
dall'art. 22;
h) promuove l'elaborazione, l'individuazione e l'attuazione delle misure
di prevenzione idonee a tutelare la salute e l'integrità fisica dei
lavoratori;
i) formula osservazioni in occasione di visite e verifiche effettuate dalle
autorità competenti;
l) partecipa alla riunione periodica di cui all'art. 11;
m) fa proposte in merito all'attività di prevenzione;
n) avverte il responsabile dell'azienda dei rischi individuati nel corso
della sua attività;
o) può fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga
che le misure di prevenzione e protezione dai rischi adottate dal datore
di lavoro e i mezzi impiegati per attuarle non sono idonei a garantire la
sicurezza e la salute durante il lavoro.
2. Il rappresentante per la sicurezza deve disporre del tempo necessario
allo svolgimento dell'incarico senza perdita di retribuzione, nonché
dei mezzi necessari per l'esercizio delle funzioni e delle facoltà
riconosciutegli.
3. Le modalità per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 1 sono
stabilite in sede di contrattazione collettiva nazionale.
4. Il rappresentante per la sicurezza non può subire pregiudizio
alcuno a causa dello svolgimento della propria attività e nei suoi
confronti si applicano le stesse tutele previste dalla legge per le rappresentanze
sindacali.
5. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso per l'espletamento della
sua funzione al documento di cui all'art. 4, commi 2 e 3, nonché
al registro degli infortuni sul lavoro di cui all'art. 4, comma 5, lettera
o).
Articolo 20
Organismi paritetici
1. A livello territoriale sono costituiti organismi paritetici tra le organizzazioni
sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori, con funzioni di orientamento
e di promozione di iniziative formative nei confronti dei lavoratori. Tali
organismi sono inoltre prima istanza di riferimento in merito a controversie
sorte sull'applicazione dei diritti di rappresentanza, informazione e formazione,
previsti dalle norme vigenti.
2. Sono fatti salvi, ai fini del comma 1, gli organismi bilaterali o partecipativi
previsti da accordi interconfederali, di categoria, nazionali, territoriali
o aziendali.
3. Agli effetti dell'art. 10 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n.
29, gli organismi di cui al comma 1 sono parificati alla rappresentanza
indicata nel medesimo articolo.
capo VI
Informazione e formazione dei lavoratori
Articolo 21 (*)
Informazione dei lavoratori
1. Il datore di lavoro provvede affinché ciascun lavoratore riceva
un'adeguata informazione su:
a) i rischi per la sicurezza e la salute connessi all'attività dell'impresa
in generale;
b) le misure e le attività di protezione e prevenzione adottate;
c) i rischi specifici cui è esposto in relazione all'attività
svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in materia;
d) i pericoli connessi all'uso delle sostanze e dei preparati pericolosi
sulla base delle schede dei dati di sicurezza previste dalla normativa vigente
e dalle norme di buona tecnica;
e) le procedure che riguardano il pronto soccorso, la lotta antincendio
e l'evacuazione dei lavoratori;
f) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione ed il medico
competente;
g) i nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure di cui
agli articoli 12 e 15.
2. Il datore di lavoro fornisce le informazioni di cui al comma 1, lettere
a), b), c) anche ai lavoratori di cui all'art. 1, comma 3.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 7/8/1995
n. 102; Circolare 29/8/1995 prot. P 1564/4146.
Articolo 22 (*)
Formazione dei lavoratori
1. Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore, ivi compresi i lavoratori
di cui all'articolo 1 comma 3, riceva una formazione sufficiente ed adeguata
in materia di sicurezza e di salute, con particolare riferimento al proprio
posto di lavoro ed alle proprie mansioni.
2. La formazione deve avvenire in occasione:
a) dell'assunzione;
b) del trasferimento o cambiamento di mansioni;
c) dell'introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie,
di nuove sostanze e preparati pericolosi.
3. La formazione deve essere periodicamente ripetuta in relazione all'evoluzione
dei rischi, ovvero all'insorgenza di nuovi rischi.
4. Il rappresentante per la sicurezza ha diritto ad una formazione particolare
in materia di salute e sicurezza, concernente la normativa in materia di
sicurezza e salute e i rischi specifici esistenti nel proprio ambito di
rappresentanza, tale da assicurargli adeguate nozioni sulle principali tecniche
di controllo e prevenzione dei rischi stessi.
5. I lavoratori incaricati dell'attività di prevenzione incendi e
lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori in caso di pericolo grave
ed immediato, di salvataggio, di pronto soccorso e, comunque, di gestione
dell'emergenza devono essere adeguatamente formati.
6. La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti di cui
al comma 4 deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici
di cui all'art. 20, durante l'orario di lavoro, e non può comportare
oneri economici a carico dei lavoratori.
7. I Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità,
sentita la commissione consultiva permanente, possono stabilire i contenuti
minimi della formazione dei lavoratori, dei rappresentanti per la sicurezza
e dei datori di lavoro di cui all'art. 10, comma 3, tenendo anche conto
delle dimensioni e della tipologia delle imprese.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 7/8/1995
n. 102; Circolare 29/8/1995 prot. P 1564/4146; Decreto 16/1/1997.
capo VII
Disposizioni concernenti la pubblica amministrazione
Articolo 23 (*)
Vigilanza
1. La vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di sicurezza
e salute nei luoghi di lavoro è svolta dalla unità sanitaria
locale e, per quanto di specifica competenza, dal Corpo nazionale dei vigili
del fuoco, nonché per il settore minerario, dal Ministero dell'industria,
del commercio e dell'artigianato, e per le industrie estrattive di seconda
categoria e le acque minerali e termali dalle regioni e province autonome
di Trento e di Bolzano.
2. Ferme restando le competenze in materia di vigilanza attribuite dalla
legislazione vigente all'ispettorato del lavoro, per attività lavorative
comportanti rischi particolarmente elevati, da individuare con decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri del lavoro
e della previdenza sociale e della sanità, sentita la commissione
consultiva permanente, l'attività di vigilanza sull'applicazione
della legislazione in materia di sicurezza può essere esercitata
anche dall'ispettorato del lavoro che ne informa preventivamente il servizio
di prevenzione e sicurezza della unità sanitaria locale competente
per territorio.
3. Il decreto di cui al comma 2 è emanato entro dodici mesi dalla
data di entrata in vigore del presente decreto.
4. Restano ferme le competenze in materia di sicurezza e salute dei lavoratori
attribuite dalle disposizioni vigenti agli uffici di sanità aerea
e marittima ed alle autorità marittime, portuali ed aeroportuali,
per quanto riguarda la sicurezza dei lavoratori a bordo di navi e di aeromobili
ed in ambito portuale ed aeroportuale, ed ai servizi sanitari e tecnici
istituiti per le Forze armate e per le Forze di polizia; i predetti servizi
sono competenti altresì per le aree riservate o operative e per quelle
che presentano analoghe esigenze da individuarsi, anche per quel che riguarda
le modalità di attuazione, con decreto del Ministro competente di
concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità.
L'Amministrazione della giustizia può avvalersi dei servizi istituiti
per le Forze armate e di polizia, anche mediante convenzione con i rispettivi
ministeri, nonché dei servizi istituiti con riferimento alle strutture
penitenziarie.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 7/8/1995
n. 102 e D.P.C.M. 14/10/1997 n. 412
Articolo 24
Informazione, consulenza, assistenza
1. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, il ministero
dell'interno tramite le strutture del Corpo nazionale dei vigili del fuoco,
l'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro, anche mediante
i propri dipartimenti periferici, il Ministero del lavoro e della previdenza
sociale, per mezzo degli ispettorati del lavoro, il Ministero dell'industria,
del commercio e dell'artigianato, per il settore estrattivo, tramite gli
uffici della direzione generale delle miniere, l'Istituto italiano di medicina
sociale, l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul
lavoro e gli enti di patronato, svolgono attività di informazione,
consulenza e assistenza in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro,
in particolare nei confronti delle imprese artigiane e delle piccole e medie
imprese delle rispettive associazioni dei datori di lavoro.
2. L'attività di consulenza non può essere prestata dai soggetti
che svolgono attività di controllo e di vigilanza.
Articolo 25
Coordinamento
1. Con atto di indirizzo e coordinamento, da emanarsi, su proposta dei Ministri
del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, previa deliberazione
del Consiglio dei Ministri, entro un anno dalla data di entrata in vigore
del presente decreto, sono individuati criteri al fine di assicurare unità
ed omogeneità di comportamenti in tutto il territorio nazionale nell'applicazione
delle disposizioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori e di
radioprotezione.
Articolo 26
Commissione consultiva permanente per la prevenzione
degli infortuni e l'igiene del lavoro
1. L'art. 393 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955,
n. 547 è sostituito dal seguente:
Art. 393 (Costituzione della Commissione). - 1. Presso il Ministero
del lavoro e della previdenza sociale è istituita una commissione
consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per l'igiene
del lavoro. Essa è presieduta dal Ministro del lavoro e della previdenza
sociale o dal Direttore generale della Direzione generale dei rapporti di
lavoro da lui delegato, ed è composta da:
a) cinque funzionari esperti designati dal Ministro del lavoro e
della previdenza sociale, di cui tre ispettori del lavoro, laureati uno
in ingegneria, uno in medicina e chirurgia e uno in chimica o fisica;
b) il direttore e tre funzionari dell'Istituto superiore per la prevenzione
e sicurezza del lavoro;
c) un funzionario dell'Istituto superiore di sanità;
d) il Direttore generale competente del Ministero della sanità
ed un funzionario per ciascuno dei seguenti Ministeri: industria, commercio
ed artigianato; interno; difesa; trasporti; risorse agricole alimentari
e forestali; ambiente e della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento
della funzione pubblica e degli affari regionali;
e) sei rappresentanti delle regioni e province autonome designati
dalla Conferenza Stato-regioni;
f) un rappresentante dei seguenti organismi: Istituto nazionale assicurazioni
e infortuni sul lavoro; Corpo nazionale dei vigili del fuoco; Consiglio
nazionale ricerche; UNI, CEI, Agenzia nazionale protezione ambiente; Istituto
italiano di medicina sociale;
g) otto esperti nominati dal Ministro del lavoro e della previdenza
sociale su designazione delle organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente
rappresentative a livello nazionale;
h) otto esperti nominati dal Ministro del lavoro e della previdenza
sociale su designazione delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro,
anche dell'artigianato e della piccola e media impresa, maggiormente rappresentative
a livello nazionale;
i) un esperto nominato dal Ministro del lavoro e della previdenza
sociale su designazione delle organizzazioni sindacali dei dirigenti d'azienda
maggiormente rappresentative a livello nazionale.
Ai predetti componenti, per le riunioni o giornate di lavoro, non
spetta il gettone di presenza di cui al decreto del Presidente della Repubblica
11 gennaio 1956, n. 5, e successive modificazioni.
2. Per ogni rappresentante effettivo è designato un membro supplente.
3. All'inizio di ogni mandato la commissione può istituire Comitati
speciali permanenti dei quali determina la composizione e la funzione.
4. La commissione può chiamare a far parte dei Comitati di cui al
comma 3 persone particolarmente esperte, anche su designazione delle Associazioni
professionali dell'Università e degli Enti di ricerca, in relazione
alle materie trattate.
5. Le funzioni inerenti alla segreteria della commissione sono disimpegnate
da due funzionari del ministero del lavoro e della previdenza sociale.
6. I componenti della commissione consultiva permanente ed i segretari sono
nominati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale
su designazione degli organismi competenti e durano in carica tre anni.
2. L'art. 394 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955,
n. 547, è sostituito dal seguente:
Art. 394 (Compiti della Commissione). - 1. La commissione consultiva
permanente ha il compito di:
a) esaminare i problemi applicativi della normativa in materia di
sicurezza e salute su posto di lavoro e predisporre una relazione annuale
al riguardo;
b) formulare proposte per lo sviluppo e il perfezionamento della
legislazione vigente e per il suo coordinamento con altre disposizioni concernenti
la sicurezza e la protezione della salute dei lavoratori nonché per
il coordinamento degli organi preposti alla vigilanza;
c) esaminare le problematiche evidenziate dai Comitati regionali
sulle misure preventive e di controllo dei rischi adottate nei luoghi di
lavoro;
d) proporre linee guida applicative della normativa di sicurezza;
e) esprimere parere sugli adeguamenti di natura strettamente tecnica
relativi alla normativa Cee da attuare a livello nazionale;
f) esprimere parere sulle richieste di deroga previste dall'art.
48 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277;
g) esprimere parere sulle richieste di deroga previste dall'art.
8 del decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 77;
h) esprimere parere sul riconoscimento della conformità alle
vigenti norme per la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro
di mezzi e sistemi di sicurezza;
i) esprimere il parere sui ricorsi avverso le disposizioni impartite
dagli ispettori del lavoro nell'esercizio della vigilanza, sulle attività
comportanti rischi particolarmente elevati, individuate ai sensi dell'art.
43, comma 1, lettera g), n. 4 della legge 19 febbraio 1991, n. 142 secondo
le modalità di cui all'art. 402;
l) esprimere parere, su richiesta del Ministero del lavoro e della
previdenza sociale o del Ministero della sanità o delle regioni,
su qualsiasi questione relativa alla sicurezza del lavoro e alla protezione
della salute dei lavoratori.
2. La relazione di cui al comma precedente lettera a), è resa pubblica
ed è trasmessa alle commissioni parlamentari competenti e ai presidenti
delle regioni.
3. La commissione, per l'espletamento dei suoi compiti, può chiedere
dati o promuovere indagini e, su richiesta o autorizzazione del Ministero
del lavoro e della previdenza sociale, effettuare sopralluoghi.
3. L'art. 395 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955,
n. 547, è soppresso.
Articolo 27
Comitati regionali di coordinamento
1. Con atto di indirizzo e coordinamento, da emanarsi entro un anno dalla
data di entrata in vigore del presente decreto, sentita la Conferenza Stato-Regioni,
su proposta dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità,
previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sono individuati criteri
generali relativi all'individuazione di organi operanti nella materia della
sicurezza e della salute sul luogo di lavoro al fine di realizzare uniformità
di interventi e il necessario raccordo con la commissione consultiva permanente.
2. Alle riunioni della Conferenza Stato-Regioni, convocate per i pareri
di cui al comma 1, partecipano i rappresentanti dell'ANCI, dell'UPI e dell'UNICEM.
Articolo 28
Adeguamenti al progresso tecnico
1. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto
con i Ministri della sanità e dell'industria, del commercio e dell'artigianato,
sentita la commissione consultiva permanente:
a) è riconosciuta la conformità alle vigenti norme per la
sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro di mezzi e sistemi
di sicurezza;
b) si dà attuazione alle direttive in materia di sicurezza e salute
dei lavoratori sul luogo di lavoro della Comunità europea per le
parti in cui modificano modalità esecutive e caratteristiche di ordine
tecnico di altre direttive già recepite nell'ordinamento nazionale;
c) si provvede all'adeguamento della normativa di natura strettamente tecnica
e degli allegati al presente decreto in relazione al progresso tecnologico.
capo VIII
Statistiche degli infortuni
e delle malattie professionali
Articolo 29
Statistiche degli infortuni e delle malattie professionali
1. L'INAIL e l'ISPESL si forniscono reciprocamente i dati relativi agli
infortuni ed alle malattie professionali anche con strumenti telematici.
2. L'Ispesl e l'Inail indicono una conferenza permanente di servizio per
assicurare il necessario coordinamento in relazione a quanto previsto dall'art.
8, comma 3, del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, nonché
per verificare l'adeguatezza dei sistemi di prevenzione e assicurativi,
e per studiare e proporre soluzioni normative e tecniche atte a ridurre
il fenomeno degli infortuni e delle malattie professionali.
3. I criteri per la raccolta ed elaborazione delle informazioni relative
ai rischi e ai danni derivanti da infortunio durante l'attività lavorativa
sono individuati nelle norme UNI, riguardanti i parametri per la classificazione
dei casi di infortunio e i criteri per il calcolo degli indici di frequenza
e gravità e loro successivi aggiornamenti.
4. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e del
Ministro della sanità, sentita la commissione consultiva permanente,
possono essere individuati i criteri integrativi di quelli di cui al comma
3 in relazione a particolari rischi.
5. I criteri per la raccolta e l'elaborazione delle informazioni relative
ai rischi e ai danni derivanti dalle malattie professionali, nonché
ad altre malattie e forme patologiche eziologicamente collegate al lavoro,
sono individuati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza
sociale e del Ministro della sanità, sentita la commissione consultiva
permanente, sulla base delle norme di buona tecnica.
titolo II (*)
luoghi di lavoro
(*) Per una migliore interpretazione del Titolo II vedi: Circolare 7/8/1995
n. 102.
Articolo 30 (*)
Definizioni
1. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui al presente titolo
si intendono per luoghi di lavoro:
a) i luoghi destinati a contenere posti di lavoro, ubicati all'interno dell'azienda
ovvero dell'unità produttiva nonché ogni altro luogo nell'area
della medesima azienda ovvero unità produttiva comunque accessibile
per il lavoro.
2. Le disposizioni del presente titolo non si applicano:
a) ai mezzi di trasporto;
b) ai cantieri temporanei o mobili;
c) alle industrie estrattive;
d) ai pescherecci;
e) ai campi, boschi e altri terreni facenti parte di una impresa agricola
o forestale, ma situati fuori dall'area edificata dell'azienda.
3. Ferme restando le disposizioni di legge vigenti, le prescrizioni di sicurezza
e di salute per i luoghi di lavoro sono specificate nell'allegato II.
4. I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso,
di eventuali lavoratori portatori di handicap.
5. L'obbligo di cui al comma 4, vige, in particolare per le porte, le vie
di circolazione, le scale, le docce, i gabinetti e i posti di lavoro utilizzati
od occupati direttamente da lavoratori portatori di handicap.
6. La disposizione di cui al comma 4 non si applica ai luoghi di lavoro
già utilizzati prima del 1° gennaio 1993, ma debbono essere adottate
misure idonee a consentire la mobilità e l'utilizzazione dei servizi
sanitari e di igiene personale.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 7/8/1995
n. 102.
Articolo 31
Requisiti di sicurezza e di salute
1. Ferme restando le disposizioni legislative e regolamentari vigenti e
fatte salve le disposizioni di cui all'art. 8, comma 4 del decreto legislativo
30 dicembre 1992, n. 502 come modificato dal decreto legislativo 7 dicembre
1993, n. 517, i luoghi di lavoro costruiti o utilizzati anteriormente all'entrata
in vigore del presente decreto devono essere adeguati alle prescrizioni
di sicurezza e salute di cui al presente titolo entro il 1° gennaio
1997.
2. Se gli adeguamenti di cui al comma 1, richiedono un provvedimento concessorio
o autorizzatorio il datore di lavoro deve immediatamente iniziare il procedimento
diretto al rilascio dell'atto ed ottemperare agli obblighi entro sei mesi
dalla data del provvedimento stesso.
3. Sino a che i luoghi di lavoro non vengono adeguati, il datore di lavoro,
previa consultazione del rappresentante per la sicurezza, adotta misure
alternative che garantiscono un livello di sicurezza equivalente.
4. Ove vincoli urbanistici o architettonici ostino agli adeguamenti di cui
al comma 1, il datore di lavoro, previa consultazione del rappresentante
per la sicurezza, adotta le misure alternative di cui al comma 3. Le misure,
nel caso di cui al presente comma, sono autorizzate dall'organo di vigilanza
competente per territorio.
Articolo 32
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro provvede affinché:
a) le vie di circolazione interne o all'aperto che conducono ad uscite o
ad uscite di emergenza e le uscite di emergenza siano sgombre allo scopo
di consentirne l'utilizzazione in ogni evenienza;
b) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a
regolare manutenzione tecnica e vengano eliminati, quanto più rapidamente
possibile, i difetti rilevati che possano pregiudicare la sicurezza e la
salute dei lavoratori;
c) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a
regolare pulitura, onde assicurare condizioni igieniche adeguate;
d) gli impianti e i dispositivi di sicurezza destinati alla prevenzione
o all'eliminazione dei pericoli, vengano sottoposti a regolare manutenzione
e al controllo del loro funzionamento.
Articolo 33 (*)
Adeguamenti di norme
1. L'art. 13 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955,
n. 547 è sostituito dal seguente:
Art. 13 (Vie e uscite di emergenza). - 1. Ai fini del presente decreto
si intende per:
a) via di emergenza: percorso senza ostacoli al deflusso che consente alle
persone che occupano un edificio o un locale di raggiungere un luogo sicuro;
b) uscita di emergenza: passaggio che immette in un luogo sicuro;
c) luogo sicuro: luogo nel quale le persone sono da considerarsi al sicuro
dagli effetti determinati dall'incendio o altre situazioni di emergenza.
c-bis) larghezza di una porta o luce netta di una porta: larghezza di passaggio
al netto dell'ingombro dell'anta mobile in posizione di massima apertura
se scorrevole, in posizione di apertura a 90 gradi se incernierata (larghezza
utile di passaggio).
2. Le vie e le uscite di emergenza devono rimanere sgombre e consentire
di raggiungere il più rapidamente possibile un luogo sicuro.
3. In caso di pericolo tutti i posti di lavoro devono poter essere evacuati
rapidamente e in piena sicurezza da parte dei lavoratori.
4. Il numero, la distribuzione e le dimensioni delle vie e delle uscite
di emergenza devono essere adeguate alle dimensioni dei luoghi di lavoro,
alla loro ubicazione, alla loro destinazione d'uso, alle attrezzature in
essi installate, nonché al numero massimo di persone che possono
essere presenti in detti luoghi.
5. Le vie e le uscite di emergenza devono avere altezza minima di m. 2,0
e larghezza minima conforme alla normativa vigente in materia antincendio.
6. Qualora le uscite di emergenza siano dotate di porte, queste devono essere
apribili nel verso dell'esodo e, qualora siano chiuse, devono poter essere
aperte facilmente ed immediatamente da parte di qualsiasi persona che abbia
bisogno di utilizzarle in caso di emergenza. L'apertura delle porte delle
uscite di emergenza nel verso dell'esodo non è richiesta quando possa
determinare pericoli per passaggio di mezzi o per altre cause, fatta salva
l'adozione di altri accorgimenti adeguati specificamente autorizzati dal
Comando provinciale dei vigili del fuoco competente per territorio.
7. Le porte delle uscite di emergenza non devono essere chiuse a chiave,
se non in casi specificamente autorizzati dall'autorità competente.
8. Nei locali di lavoro e in quelli destinati a deposito è vietato
adibire, quali porte delle uscite di emergenza, le saracinesche a rullo,
le porte scorrevoli verticalmente e quelle girevoli su asse centrale.
9. Le vie e le uscite di emergenza, nonché le vie di circolazione
e le porte che vi danno accesso non devono essere ostruite da oggetti in
modo da poter essere utilizzate in ogni momento senza impedimenti.
10. Le vie e le uscite di emergenza devono essere evidenziate da apposita
segnaletica, conforme alle disposizioni vigenti, durevole e collocata in
luoghi appropriati.
11. Le vie e le uscite di emergenza che richiedono un'illuminazione devono
essere dotate di un'illuminazione di sicurezza di intensità sufficiente,
che entri in funzione in caso di guasto dell'impianto elettrico.
12. Gli edifici che sono costruiti o adattati interamente per le lavorazioni
che presentano pericoli di esplosioni o specifici rischi di incendio alle
quali sono adibiti più di cinque lavoratori devono avere almeno due
scale distinte di facile accesso o rispondere a quanto prescritto dalla
specifica normativa antincendio. Per gli edifici già costruiti si
dovrà provvedere in conformità, quando non ne esista la impossibilità
accertata dall'organo di vigilanza: in quest'ultimo caso sono disposte le
misure e cautele ritenute più efficienti. Le deroghe già concesse
mantengono la loro validità salvo diverso provvedimento dell'organo
di vigilanza.
13. Per i luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio
1993 non si applica la disposizione contenuta nel comma 4, ma gli stessi
debbono avere un numero sufficiente di vie ed uscite di emergenza.
2. L'art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica del 27 aprile 1955,
n. 547 è sostituito dal seguente:
Art. 14 (Porte e portoni). - 1. Le porte dei locali di lavoro devono,
per numero, dimensioni, posizione e materiali di realizzazione, consentire
una rapida uscita delle persone ed essere agevolmente apribili dall'interno
durante il lavoro.
2. Quando in un locale le lavorazioni e i materiali comportino pericoli
di esplosione o specifici rischi di incendio e siano adibiti alle attività
che si svolgono nel locale stesso più di cinque lavoratori, almeno
una porta ogni cinque lavoratori deve essere apribile nel verso dell'esodo
e avere larghezza minima di m. 1,20
3. Quando in un locale si svolgono lavorazioni diverse da quelle previste
al comma 2), la larghezza minima delle porte è la seguente:
a) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano
fino a venticinque, il locale deve essere dotato di una porta avente larghezza
minima di m 0,80;
b) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano
in numero compreso tra ventisei e cinquanta, il locale deve essere dotato
di una porta avente larghezza minima di m 1,20 che si apra nel verso dell'esodo;
c) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano
in numero compreso tra cinquantuno e cento, il locale deve essere dotato
di una porta avente larghezza minima di m 1,20 e di una porta avente larghezza
minima di m 0,80, che si aprano entrambe nel verso dell'esodo;
d) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano
in numero superiore a cento, in aggiunta alle porte previste alla lettera
c) il locale deve essere dotato di almeno una porta che si apra nel verso
dell'esodo avente larghezza minima di m 1,20 per ogni cinquanta lavoratori
normalmente ivi occupati o frazione compresa tra dieci e cinquanta calcolati
limitatamente all'eccedenza rispetto a cento.
4. Il numero complessivo delle porte di cui al comma 3 può anche
essere minore, purché la loro larghezza complessiva non risulti inferiore.
5. Alle porte per le quali è prevista una larghezza minima di m.
1,20 è applicabile una tolleranza in meno del 5% (cinque per cento).
Alle porte per le quali è prevista una larghezza minima di m. 0,80
è applicabile una tolleranza in meno del 2% (due per cento).
6. Quando in un locale di lavoro le uscite di emergenza di cui all'art.
13 comma 5 coincidono con le porte di cui al comma 1, si applicano le disposizioni
di cui all'art. 13 comma 5.
7. Nei locali di lavoro e in quelli adibiti a magazzino non sono ammesse
le porte scorrevoli, le saracinesche a rullo, le porte girevoli su asse
centrale, quando non esistano altre porte apribili verso l'esterno del locale.
8. Immediatamente accanto ai portoni destinati essenzialmente alla circolazione
dei veicoli devono esistere, a meno che il passaggio dei pedoni sia sicuro,
porte per la circolazione dei pedoni che devono essere segnalate in modo
visibile ed essere sgombre in permanenza.
9. Le porte e i portoni apribili nei due versi devono essere trasparenti
o essere muniti di pannelli trasparenti.
10. Sulle porte trasparenti deve essere apposto un segno indicativo all'altezza
degli occhi.
11. Se le superfici trasparenti o traslucide delle porte e dei portoni non
sono costituite da materiali di sicurezza e c'è il rischio che i
lavoratori possano rimanere feriti in caso di rottura di dette superfici,
queste devono essere protette contro lo sfondamento.
12. Le porte scorrevoli devono disporre di un sistema di sicurezza che impedisca
loro di uscire dalle guide o di cadere.
13. Le porte e i portoni che si aprono verso l'alto devono disporre di un
sistema di sicurezza che impedisca loro di ricadere.
14. Le porte e i portoni ad azionamento meccanico devono funzionare senza
rischi di infortuni per i lavoratori. Essi devono essere muniti di dispositivi
di arresto di emergenza facilmente identificabili ed accessibili e poter
essere aperti anche manualmente, salvo che la loro apertura possa avvenire
automaticamente in caso di mancanza di energia elettrica.
15. Le porte situate sul percorso delle vie di emergenza devono essere contrassegnate
in maniera appropriata con segnaletica durevole conformemente alla normativa
vigente. Esse devono poter essere aperte, in ogni momento, dall'interno
senza aiuto speciale.
16. Quando i luoghi di lavoro sono occupati le porte devono poter essere
aperte.
17. I luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993
devono essere provvisti di porte di uscita che, per numero ed ubicazione,
consentono la rapida uscita delle persone e che sono agevolmente apribili
dall'interno durante il lavoro. Comunque, detti luoghi devono essere adeguati
quanto meno alle disposizioni di cui ai precedenti commi 9 e 10. Per i luoghi
di lavoro costruiti o utilizzati prima del 27 novembre 1994 non si applicano
le disposizioni dei commi 2, 3, 4, 5, 6 concernenti la larghezza delle porte.
In ogni caso la larghezza delle porte di uscita di detti luoghi di lavoro
deve essere conforme a quanto previsto dalla concessione edilizia ovvero
dalla licenza di abitabilità.
3. L'art. 8 del decreto del Presidente della Repubblica del 27 aprile 1955,
n. 547 è sostituito dal seguente:
Art. 8 (Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi).
- 1. Le vie di circolazione, comprese scale, scale fisse e banchine e rampe
di carico, devono essere situate e calcolate in modo tale che i pedoni o
i veicoli possano utilizzarle facilmente in piena sicurezza e conformemente
alla loro destinazione e che i lavoratori operanti nelle vicinanze di queste
vie di circolazione non corrano alcun rischio.
2. Il calcolo delle dimensioni delle vie di circolazione per persone ovvero
merci dovrà basarsi sul numero potenziale degli utenti e sul tipo
di impresa.
3. Qualora sulle vie di circolazione siano utilizzati mezzi di trasporto,
dovrà essere prevista per i pedoni una distanza di sicurezza sufficiente.
4. Le vie di circolazione destinate ai veicoli devono passare a una distanza
sufficiente da porte, portoni, passaggi per pedoni, corridoi e scale.
5. Nella misura in cui l'uso e l'attrezzatura dei locali lo esigano per
garantire la protezione dei lavoratori, il tracciato delle vie di circolazione
deve essere evidenziato.
6. Se i luoghi di lavoro comportano zone di pericolo, in funzione della
natura del lavoro e presentano rischi di cadute dei lavoratori o rischi
di cadute d'oggetti, tali luoghi devono essere dotati di dispositivi per
impedire che i lavoratori non autorizzati possano accedere a dette zone.
7. Devono essere prese misure appropriate per proteggere i lavoratori autorizzati
ad accedere alle zone di pericolo.
8. Le zone di pericolo devono essere segnalate in modo chiaramente visibile.
9. I pavimenti degli ambienti di lavoro e dei luoghi destinati al passaggio
non devono presentare buche o sporgenze pericolose e devono essere in condizioni
tali da rendere sicuro il movimento e il transito delle persone e dei mezzi
di trasporto.
10. I pavimenti e i passaggi non devono essere ingombrati da materiali che
ostacolino la normale circolazione.
11. Quando per evidenti ragioni tecniche non si possono completamente eliminare
dalle zone di transito ostacoli fissi o mobili che costituiscono un pericolo
per i lavoratori o i veicoli che tali zone devono percorrere, gli ostacoli
devono essere adeguatamente segnalati.
4. L'intestazione del Titolo II del decreto del Presidente della Repubblica
19 marzo 1956 n. 303 è sostituita della seguente:
Titolo II - Disposizioni particolari.
5. L'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956,
n. 303, è sostituito dal seguente:
Art. 6 (Altezza, cubatura e superficie). - 1. I limiti minimi per
altezza, cubatura e superficie dei locali chiusi destinati o da destinarsi
al lavoro nelle aziende industriali che occupano più di 5 lavoratori,
ed in ogni caso in quelle che eseguono le lavorazioni indicate nell'articolo
33, sono i seguenti:
a) altezza netta non inferiore a m. 3;
b) cubatura non inferiore a mc. 10 per lavoratore;
c) ogni lavoratore occupato in ciascun ambiente deve disporre di una superficie
di almeno mq. 2.
2. I valori relativi alla cubatura e alla superficie si intendono lordi
cioè senza deduzione dei mobili, macchine ed impianti fissi.
3. L'altezza netta dei locali è misurata dal pavimento all'altezza
media della copertura dei soffitti o delle volte.
4. Quando necessità tecniche aziendali lo richiedono, l'organo di
vigilanza competente per territorio può consentire altezze minime
inferiori a quelle sopra indicate e prescrivere che siano adottati adeguati
mezzi di ventilazione dell'ambiente. L'osservanza dei limiti stabiliti dal
presente articolo circa l'altezza, la cubatura e la superficie dei locali
chiusi di lavoro è estesa anche alle aziende industriali che occupano
meno di cinque lavoratori quando le lavorazioni che in esse si svolgono
siano ritenute, a giudizio dell'organo di vigilanza, pregiudizievoli alla
salute dei lavoratori occupati.
5. Per i locali destinati o da destinarsi ad uffici, indipendentemente dal
tipo di azienda, e per quelli delle aziende commerciali, i limiti di altezza
sono quelli individuati dalla normativa urbanistica vigente.
6. L'art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica del 19 marzo 1956,
n. 303 è sostituito dal seguente:
Art. 9 (Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi). - 1. Nei luoghi di
lavoro chiusi, è necessario far sì che tenendo conto dei metodi
di lavoro e degli sforzi fisici ai quali sono sottoposti i lavoratori, essi
dispongano di aria salubre in quantità sufficiente anche ottenuta
con impianti di areazione.
2. Se viene utilizzato un impianto di aerazione, esso deve essere sempre
mantenuto funzionante. Ogni eventuale guasto deve essere segnalato da un
sistema di controllo, quando ciò è necessario per salvaguardare
la salute dei lavoratori.
3. Se sono utilizzati impianti di condizionamento dell'aria o di ventilazione
meccanica, essi devono funzionare in modo che i lavoratori non siano esposti
a correnti d'aria fastidiosa.
4. Qualsiasi sedimento o sporcizia che potrebbe comportare un pericolo immediato
per la salute dei lavoratori dovuto all'inquinamento dell'aria respirata
deve essere eliminato rapidamente.
7. L'art. 11 del Decreto del Presidente della Repubblica del 19 marzo 1956,
n. 303 è sostituito dal seguente:
Art. 11 (Temperatura dei locali). - 1. La temperatura nei locali di
lavoro deve essere adeguata all'organismo umano durante il tempo di lavoro,
tenuto conto dei metodi di lavoro applicati e degli sforzi fisici imposti
ai lavoratori.
2. Nel giudizio sulla temperatura adeguata per i lavoratori si deve tener
conto della influenza che possono esercitare sopra di essa il grado di umidità
ed il movimento dell'aria concomitanti.
3. La temperatura dei locali di riposo, dei locali per il personale di sorveglianza,
dei servizi igienici, delle mense e dei locali di pronto soccorso deve essere
conforme alla destinazione specifica di questi locali.
4. Le finestre, i lucernari e le pareti vetrate devono essere tali da evitare
un soleggiamento eccessivo dei luoghi di lavoro, tenendo conto del tipo
di attività e della natura del luogo di lavoro.
5. Quando non è conveniente modificare la temperatura di tutto l'ambiente,
si deve provvedere alla difesa dei lavoratori contro le temperature troppo
alte o troppo basse mediante misure tecniche localizzate o mezzi personali
di protezione.
8. L'art. 10 del Decreto del Presidente della Repubblica del 19 marzo 1956,
n. 303, è sostituito dal seguente:
Art. 10 (Illuminazione naturale ed artificiale dei luoghi di lavoro).
- 1. A meno che non sia richiesto diversamente dalle necessità delle
lavorazioni e salvo che non si tratti di locali sotterranei, i luoghi di
lavoro devono disporre di sufficiente luce naturale. In ogni caso, tutti
i predetti locali e luoghi di lavoro devono essere dotati di dispositivi
che consentono un'illuminazione artificiale adeguata per salvaguardare la
sicurezza, la salute e il benessere dei lavoratori.
2. Gli impianti di illuminazione dei locali di lavoro e delle vie di circolazione
devono essere installati in modo che il tipo d'illuminazione previsto non
rappresenta un rischio di infortunio per i lavoratori.
3. I luoghi di lavoro nei quali i lavoratori sono particolarmente esposti
a rischi in caso di guasto dell'illuminazione artificiale, devono disporre
di un'illuminazione di sicurezza di sufficiente intensità.
4. Le superfici vetrate illuminanti ed i mezzi di illuminazione artificiale
devono essere tenuti costantemente in buone condizioni di pulizia e di efficienza.
9. L'art. 7 del Decreto del Presidente della Repubblica del 19 marzo 1956,
n. 303, è sostituito dal seguente:
Art. 7 (Pavimenti, muri, soffitti, finestre e lucernari dei locali
scale e marciapiedi mobili, banchina e rampe di carico). - 1. A meno che
non sia richiesto diversamente dalle necessità della lavorazione,
è vietato adibire a lavori continuativi i locali chiusi che non rispondono
alle seguenti condizioni:
a) essere ben difesi contro gli agenti atmosferici, e provvisti di un isolamento
termico sufficiente, tenuto conto del tipo di impresa e dell'attività
fisica dei lavoratori;
b) avere aperture sufficienti per un rapido ricambio d'aria;
c) essere ben asciutti e ben difesi contro l'umidità;
d) avere le superfici dei pavimenti, delle pareti, dei soffitti tali da
poter essere pulite e deterse per ottenere condizioni adeguate di igiene.
2. I pavimenti dei locali devono essere esenti da protuberanze, cavità
o piani inclinati pericolosi, devono essere fissi, stabili ed antisdrucciolevoli.
3. Nelle parti dei locali dove abitualmente si versano sul pavimento sostanze
putrescibili o liquidi, il pavimento deve avere superficie unita ed impermeabile
e pendenza sufficiente per avviare rapidamente i liquidi verso i punti di
raccolta e scarico.
4. Quando il pavimento dei posti di lavoro e di quelli di passaggio si mantiene
bagnato, esso deve essere munito in permanenza di palchetti o di graticolato,
se i lavoratori non sono forniti di idonee calzature impermeabili.
5. Qualora non ostino particolari condizioni tecniche, le pareti dei locali
di lavoro devono essere a tinta chiara.
6. Le pareti trasparenti o traslucide, in particolare le pareti completamente
vetrate, nei locali o nelle vicinanze dei posti di lavoro e delle vie di
circolazione, devono essere chiaramente segnalate e costituite da materiali
di sicurezza fino all'altezza di 1 metro dal pavimento, ovvero essere separate
dai posti di lavoro e dalle vie di circolazione succitati in modo tale che
i lavoratori non possono entrare in contatto con le pareti né rimanere
feriti qualora esse vadano in frantumi. Nel caso in cui vengono utilizzati
materiali di sicurezza fino all'altezza di 1 metro dal pavimento, tale altezzaè
elevata quando ciò è necessario in relazione al rischio che
i lavoratori rimangono feriti qualora esse vadano in frantumi.
7. Le finestre, i lucernari e i dispositivi di ventilazione devono poter
essere aperti, chiusi, regolati e fissati dai lavoratori in tutta sicurezza.
Quando sono aperti essi devono essere posizionati in modo da non costituire
un pericolo per i lavoratori.
8. Le finestre e i lucernari devono essere concepiti congiuntamente con
l'attrezzatura o dotati di dispositivi che consentono la loro pulitura senza
rischi per i lavoratori che effettuano tale lavoro, nonché per i
lavoratori presenti nell'edificio ed intorno ad esso.
9. L'accesso ai tetti costituiti da materiali non sufficientemente resistenti
può essere autorizzato soltanto se sono fornite attrezzature che
permettano di eseguire il lavoro in tutta sicurezza.
10. Le scale ed i marciapiedi mobili devono funzionare in piena sicurezza,
devono essere muniti dei necessari dispositivi di sicurezza e devono possedere
dispositivi di arresto di emergenza facilmente identificabili ed accessibili.
11. Le banchine e rampe di carico devono essere adeguate alle dimensioni
dei carichi trasportati.
12. Le banchine di carico devono disporre di almeno un'uscita. Ove è
tecnicamente possibile, le banchine di carico che superano m. 25,0 di lunghezza
devono disporre di un'uscita a ciascuna estremità.
13. Le rampe di carico devono offrire una sicurezza tale da evitare che
i lavoratori possano cadere.
13-bis. Le disposizioni di cui ai commi 10, 11, 12 e 13 sono altresì
applicabili alle vie di circolazione principali sul terreno dell'impresa,
alle vie di circolazione che portano a posti di lavoro fissi, alle vie di
circolazione utilizzate per la regolare manutenzione e sorveglianza degli
impianti dell'impresa, nonché alle banchine di carico.
10. L'art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956,
n. 303 è sostituito dal seguente:
Art. 14 (Locali di riposo). - 1. Quando la sicurezza e la salute dei
lavoratori, segnatamente a causa del tipo di attività, lo richiedono,
i lavoratori devono poter disporre di un locale di riposo facilmente accessibile.
2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica quando il personale
lavora in uffici o in analoghi locali di lavoro che offrono equivalenti
possibilità di riposo durante la pausa.
3. I locali di riposo devono avere dimensioni sufficienti ed essere dotati
di un numero di tavoli e sedili con schienale in funzione del numero dei
lavoratori.
4. Nei locali di riposo si devono adottare misure adeguate per la protezione
dei non fumatori contro gli inconvenienti del fumo.
5. Quando il tempo di lavoro è interrotto regolarmente e frequentemente
e non esistono locali di riposo, devono essere messi a disposizione del
personale altri locali affinché questi possa soggiornarvi durante
l'interruzione del lavoro nel caso in cui la sicurezza o la salute dei lavoratori
lo esige. In detti locali è opportuno prevedere misure adeguate per
la protezione dei non fumatori contro gli inconvenienti del fumo.
6. L'organo di vigilanza può prescrivere che, anche nei lavori continuativi,
il datore di lavoro dia modo ai dipendenti di lavorare stando a sedere ogni
qualvolta ciò non pregiudica la normale esecuzione del lavoro.
7. Le donne incinte e le madri che allattano devono avere la possibilità
di riposarsi in posizione distesa e in condizioni appropriate.
11. L'art. 40 del Decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956,
n. 303 è sostituito dal seguente:
Art. 40 (Spogliatoi e armadi per il vestiario). - 1. Locali appositamente
destinati a spogliatoi devono essere messi a disposizione dei lavoratori
quando questi devono indossare indumenti di lavoro specifici e quando per
ragioni di salute o di decenza non si può loro chiedere di cambiarsi
in altri locali.
2. Gli spogliatoi devono essere distinti fra i due sessi e convenientemente
arredati. Nelle aziende che occupano fino a cinque dipendenti lo spogliatoio
può essere unico per entrambi i sessi; in tal caso i locali a ciò
adibiti sono utilizzati dal personale dei due sessi, secondo opportuni turni
prestabiliti e concordati nell'ambito dell'orario di lavoro.
3. I locali destinati a spogliatoio devono avere una capacità sufficiente,
essere possibilmente vicini ai locali di lavoro aerati, illuminati, ben
difesi dalle intemperie, riscaldati durante la stagione fredda e muniti
di sedili.
4. Gli spogliatoi devono essere dotati di attrezzature che consentano a
ciascun lavoratore di chiudere a chiave i propri indumenti durante il tempo
di lavoro.
5. Qualora i lavoratori svolgano attività insudicianti, polverose,
con sviluppo di fumi o vapori contenenti in sospensione sostanze untuose
o incrostanti, nonché in quelle dove si usano sostanze venefiche,
corrosive o infettanti o comunque pericolose, gli armadi per gli indumenti
da lavoro devono essere separati da quelli per gli indumenti privati.
6. Qualora non si applichi il comma 1 ciascun lavoratore deve poter disporre
delle attrezzature di cui al comma 4 per poter riporre i propri indumenti.
12. Gli articoli 37 e 39 del Decreto del Presidente della Repubblica 19
marzo 1956, n. 303 sono sostituiti dai seguenti:
Art. 37 (Docce). - 1. Docce sufficienti ed appropriate devono essere
messe a disposizione dei lavoratori quando il tipo di attività o
la salubrità lo esigono.
2. Devono essere previsti locali per docce separati per uomini e donne o
un'utilizzazione separata degli stessi. Le docce e gli spogliatoi devono
comunque facilmente comunicare tra loro.
3. I locali delle docce devono avere dimensioni sufficienti per permettere
a ciascun lavoratore di rivestirsi senza impacci e in condizioni appropriate
di igiene.
4. Le docce devono essere dotate di acqua corrente calda e fredda e di mezzi
detergenti e per asciugarsi.
"Art. 39 (Gabinetti e lavabi). - 1. I lavoratori devono disporre, in
prossimità dei loro posti di lavoro, dei locali di riposo, degli
spogliatoi e delle docce, di gabinetti e di lavabi con acqua corrente calda,
se necessario, e dotati di mezzi detergenti e per asciugarsi.
2. Per uomini e donne devono essere previsti gabinetti separati; quando
ciò sia impossibile a causa di vincoli urbanistici o architettonici
e nelle aziende che occupano lavoratori di sesso diverso in numero non superiore
a 10, è ammessa un'utilizzazione separata degli stessi.
13. L'art. 11 del Decreto del Presidente del Repubblica 27 aprile 1955,
n. 547 è sostituito dal seguente:
Art. 11 (Posti di lavoro e di passaggio e luoghi di lavoro esterni).
- 1. I posti di lavoro e di passaggio devono essere idoneamente difesi contro
la caduta o l'investimento di materiali in dipendenza dell'attività
lavorativa.
2. Ove non è possibile la difesa con mezzi tecnici, devono essere
adottate altre misure o cautele adeguate.
3. I posti di lavoro, le vie di circolazione e altri luoghi o impianti all'aperto
utilizzati o occupati dai lavoratori durante le loro attività devono
essere concepiti in modo tale che la circolazione dei pedoni e dei veicoli
può avvenire in modo sicuro.
4. Le disposizioni di cui all'articolo 8, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8,
sono altresì applicabili alle vie di circolazione principali sul
terreno dell'impresa, alle vie di circolazione che portano a posti di lavoro
fissi, alle vie di circolazione utilizzate per la regolare manutenzione
e sorveglianza degli impianti dell'impresa, nonché alle banchine
di carico.
5. Le disposizioni sulle vie di circolazione e zone di pericolo di cui all'articolo
8, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8, si applicano per analogia ai luoghi di
lavoro esterni.
6. I luoghi di lavoro all'aperto devono essere opportunamente illuminati
con luce artificiale quando la luce del giorno non è sufficiente.
7. Quando i lavoratori occupano posti di lavoro all'aperto, questi devono
essere strutturati, per quanto tecnicamente possibile, in modo tale che
i lavoratori:
a) sono protetti contro gli agenti atmosferici e, se necessario, contro
la caduta di oggetti;
b) non sono esposti a livelli sonori nocivi o ad agenti esterni nocivi,
quali gas, vapori, polveri;
c) possono abbandonare rapidamente il posto di lavoro in caso di pericolo
o possono esser soccorsi rapidamente;
d) non possono scivolare o cadere.
14. Le disposizioni di cui al presente articolo entrano in vigore tre mesi
dopo la pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 7/8/1995
n. 102.
titolo III (*)
Uso delle attrezzature di lavoro
(*) Per una migliore interpretazione del Titolo III vedi: Circolare 7/8/1995
n. 102 .
Articolo 34
Definizioni
1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente titolo si intendono
per:
a) attrezzatura di lavoro: qualsiasi macchina, apparecchio, utensile od
impianto destinato ad essere usato durante il lavoro;
b) uso di una attrezzatura di lavoro: qualsiasi operazione lavorativa connessa
ad una attrezzatura di lavoro, quale la messa in servizio o fuori servizio,
l'impiego, il trasporto, la riparazione, la trasformazione, la manutenzione,
la pulizia, lo smontaggio;
c) zona pericolosa: qualsiasi zona all'interno ovvero in prossimità
di una attrezzatura di lavoro nella quale la presenza di un lavoratore costituisce
un rischio per la salute o la sicurezza dello stesso.
Articolo 35
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori attrezzature
adeguate al lavoro da svolgere ovvero adattate a tali scopi ed idonee ai
fini della sicurezza e della salute.
2. Il datore di lavoro attua le misure tecniche ed organizzative adeguate
per ridurre al minimo i rischi connessi all'uso delle attrezzature di lavoro
da parte dei lavoratori e per impedire che dette attrezzature possano essere
utilizzate per operazioni e secondo condizioni per le quali non sono adatte.
"Inoltre, il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché
durante l'uso delle attrezzature di lavoro siano rispettate le disposizioni
di cui ai commi 4-bis e 4-ter." (5)
3. All'atto della scelta delle attrezzature di lavoro il datore di lavoro
prende in considerazione:
a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere;
b) i rischi presenti nell'ambiente di lavoro;
c) i rischi derivanti dall'impiego delle attrezzature stesse;
"c-bis) i sistemi di comando, che devono essere sicuri anche tenuto
conto dei guasti, dei disturbi e delle sollecitazioni prevedibili in relazione
all'uso progettato dell'attrezzatura."(6)
4. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché le attrezzature
di lavoro siano:
a) installate in conformità alle istruzioni del fabbricante;
b) utilizzate correttamente;
c) oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la rispondenza
ai requisiti di cui all'art. 36 e siano corredate, ove necessario, da apposite
istruzioni d'uso.
"c-bis) disposte in maniera tale da ridurre i rischi per gli utilizzatori
e per le altre persone, assicurando in particolare sufficiente spazio disponibile
tra gli elementi mobili e gli elementi fissi o mobili circostanti e che
tutte le energie e sostanze utilizzate o prodotte possano essere addotte
o estratte in modo sicuro.(7) "
(8) 4-bis. Il datore di lavoro provvede affinché nell'uso di attrezzature
di lavoro mobili, semoventi o non semoventi sia assicurato che:
a) vengano disposte e fatte rispettare regole di circolazione per attrezzature
di lavoro che manovrano in una zona di lavoro;
b) vengano adottate misure organizzative atte a evitare che i lavoratori
a piedi si trovino nella zona di attività di attrezzature di lavoro
semoventi e comunque misure appropriate per evitare che, qualora la presenza
di lavoratori a piedi sia necessaria per la buona esecuzione dei lavori,
essi subiscano danno da tali attrezzature;
c) il trasporto di lavoratori su attrezzature di lavoro mobili mosse meccanicamente
avvenga esclusivamente su posti sicuri, predisposti a tale fine, e che,
se si devono effettuare lavori durante lo spostamento, la velocità
dell'attrezzatura sia adeguata;
d) le attrezzature di lavoro mobili, dotate di motore a combustione, siano
utilizzate nelle zone di lavoro soltanto qualora sia assicurata una quantità
sufficiente di aria senza rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori.
(9) 4-ter. Il datore di lavoro provvede affinchè nell'uso di attrezzature
di lavoro destinate a sollevare carichi sia assicurato che:
a) gli accessori di sollevamento siano scelti in funzione dei carichi da
movimentare, dei punti di presa, del dispositivo di aggancio, delle condizioni
atmosferiche, nonché' tenendo conto del modo e della configurazione
dell'imbracatura; le combinazioni di più accessori di sollevamento
siano contrassegnate in modo chiaro per consentire all'utilizzatore di conoscerne
le caratteristiche qualora esse non siano scomposte dopo l'uso; gli accessori
di sollevamento siano depositati in modo tale da non essere danneggiati
o deteriorati;
b) allorchè due o più attrezzature di lavoro che servono al
sollevamento di carichi non guidati sono installate o montate in un luogo
di lavoro in modo che i loro raggi di azione si intersecano, siano prese
misure appropriate per evitare la collisione tra i carichi e gli elementi
delle attrezzature di lavoro stesse;
c) i lavori siano organizzati in modo tale che, quando un lavoratore aggancia
o sgancia manualmente un carico, tali operazioni possano svolgersi con la
massima sicurezza e, in particolare, in modo che il lavoratore ne conservi
il controllo diretto o indiretto;
d) tutte le operazioni di sollevamento siano correttamente progettate nonche'
adeguatamente controllate ed eseguite al fine di tutelare la sicurezza dei
lavoratori; in particolare, per un carico da sollevare simultaneamente da
due o più attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi
non guidati, sia stabilita e applicata una procedura d'uso per garantire
il buon coordinamento degli operatori;
e) qualora attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi
non guidati non possano trattenere i carichi in caso di interruzione parziale
o totale dell'alimentazione di energia, siano prese misure appropriate per
evitare di esporre i lavoratori ai rischi relativi; i carichi sospesi non
devono rimanere senza sorveglianza salvo il caso in cui l'accesso alla zona
di pericolo sia precluso e il carico sia stato agganciato e sistemato con
la massima sicurezza;
f) allorchè le condizioni meteorologiche si degradano ad un punto
tale da mettere in pericolo la sicurezza di funzionamento, esponendo così
i lavoratori a rischi, l'utilizzazione all'aria aperta di attrezzature di
lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati sia sospesa e
siano adottate adeguate misure di protezione per i lavoratori e, in particolare,
misure che impediscano il ribaltamento dell'attrezzatura di lavoro.
4-quater. Il datore di lavoro, sulla base della normativa vigente, provvede
affinche' le attrezzature di cui all'allegato XIV siano sottoposte a verifiche
di prima installazione o di successiva installazione e a verifiche periodiche
o eccezionali, di seguito denominate "verifiche", al fine di assicurarne
l'installazione corretta e il buon funzionamento.
(10) 4-quinquies. I risultati delle verifiche di cui al comma 4-quater sono
tenuti a disposizione dell'autorità di vigilanza competente per un
periodo di cinque anni dall'ultima registrazione o fino alla messa fuori
esercizio dell'attrezzatura, se avviene prima. Un documento attestante l'esecuzione
dell'ultima verifica deve accompagnare le attrezzature di lavoro ovunque
queste sono utilizzate.".
5. Qualora le attrezzature richiedano per il loro impiego conoscenze o responsabilità
particolari in relazione ai loro rischi specifici, il datore di lavoro si
assicura che:
a) l'uso dell'attrezzatura di lavoro è riservato a lavoratori all'uopo
incaricati;
b) in caso di riparazione, di trasformazione o manutenzione, il lavoratore
interessato è qualificato in maniera specifica per svolgere tali
compiti.
Articolo 36 (*)
Disposizioni concernenti le attrezzature di lavoro
1. Le attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori devono
soddisfare alle disposizioni legislative e regolamentari in materia di tutela
della sicurezza e salute dei lavoratori stessi ad esse applicabili.
(11) " 2. Le modalità e le procedure tecniche delle verifiche
seguono il regime giuridico corrispondente a quello in base al quale l'attrezzatura
è stata costruita e messa in servizio.".
3. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i
Ministri dell'industria del commercio e dell'artigianato e della sanità,
sentita la commissione consultiva permanente, (12) stabilisce modalità
e procedure per l'effettuazione delle verifiche di cui al comma 2.
4. Nell'art. 52 del Decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955,
n. 547, dopo il comma 2, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
Se ciò è appropriato e funzionale rispetto ai pericoli
dell'attrezzatura di lavoro e del tempo di arresto normale, un'attrezzatura
di lavoro deve essere munita di un dispositivo di arresto di emergenza.
5. Nell'art. 53 del Decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955,
n. 547, dopo il comma 3, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
Qualora i mezzi di cui al secondo comma svolgano anche la funzione
di allarme essi devono essere ben visibili ovvero comprensibili senza possibilità
di errore.
6. Nell'art. 374 del Decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955,
n. 547, dopo il comma 2 è aggiunto, in fine, il seguente comma:
Ove per le apparecchiature di cui al comma 2 è fornito il libretto
di manutenzione occorre prevedere l'aggiornamento di questo libretto.
7. Nell'art. 20 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956,
n. 303, dopo il comma 2 sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
soppresso.
Un'attrezzatura di lavoro che comporta pericoli dovuti ad emanazione di
gas, vapori o liquidi ovvero ad emissioni di polvere, deve essere munita
di appopriati dispositivi di ritenuta ovvero di estrazione vicino alla fonte
corrispondente a tali pericoli..
8. Le disposizioni del presente articolo entrano in vigore tre mesi dopo
la pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana.
(13) "8-bis. Il datore di lavoro adegua ai requisiti di cui all'allegato
XV, entro il 30 giugno 2001, le attrezzature di lavoro indicate nel predetto
allegato, già messe a disposizione dei lavoratori alla data del 5
dicembre 1998 (14) e non soggette a norme nazionali di attuazione
di direttive comunitarie concernenti disposizioni di carattere costruttivo,
allorchè esiste per l'attrezzatura di lavoro considerata un rischio
corrispondente.
8-ter. Fino a che le attrezzature di lavoro di cui al comma 8-bis non vengono
adeguate il datore di lavoro adotta misure alternative che garantiscano
un livello di sicurezza equivalente.
8-quater. Le modifiche apportate alle macchine definite all'articolo 1,
comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n.
459, a seguito dell'applicazione delle disposizioni del comma 8-bis, e quelle
effettuate per migliorare le condizioni di sicurezza sempre che non comportino
modifiche delle modalità di utilizzo e delle prestazioni previste
dal costruttore, non configurano immissione sul mercato ai sensi dell'articolo
1, comma 3, secondo periodo, del predetto decreto.".
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 7/8/1995
n. 102.
Articolo 37
Informazione
1. Il datore di lavoro provvede affinché per ogni attrezzatura di
lavoro a disposizione, i lavoratori incaricati dispongano di ogni informazione
e di ogni istruzione d'uso necessaria in rapporto alla sicurezza e relativa:
a) alle condizioni di impiego delle attrezzature anche sulla base delle
conclusioni eventualmente tratte dalle esperienze acquisite nella fase di
utilizzazione delle attrezzature di lavoro;
b) alle situazioni anormali prevedibili.
(15) "1-bis. Il datore di lavoro provvede altresì a informare
i lavoratori sui rischi cui sono esposti durante l'uso delle attrezzature
di lavoro, sulle attrezzature di lavoro presenti nell'ambiente immediatamente
circostante, anche se da essi non usate direttamente, nonché sui
cambiamenti di tali attrezzature.".
2. Le informazioni e le istruzioni d'uso devono risultare comprensibili
ai lavoratori interessati.
Articolo 38
Formazione ed addestramento
1. Il datore di lavoro si assicura che:
a) i lavoratori incaricati di usare le attrezzature di lavoro ricevono una
formazione adeguata sull'uso delle attrezzature di lavoro;
b) i lavoratori incaricati dell'uso delle attrezzature che richiedono conoscenze
e responsabilità particolari di cui all'art. 35, comma 5, ricevono
un addestramento adeguato e specifico che li metta in grado di usare tali
attrezzature in modo idoneo e sicuro anche in relazione ai rischi causati
ad altre persone.
Articolo 39
Obblighi dei lavoratori
1. I lavoratori si sottopongono ai programmi di formazione o di addestramento
eventualmente organizzati dal datore di lavoro.
2. I lavoratori utilizzano le attrezzature di lavoro messe a loro disposizione
conformemente all'informazione, alla formazione ed all'addestramento ricevuti.
3. I lavoratori:
a) hanno cura delle attrezzature di lavoro messe a loro disposizione;
b) non vi apportano modifiche di propria iniziativa;
c) segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto
qualsiasi difetto od inconveniente da essi rilevato nelle attrezzature di
lavoro messe a loro disposizione.
titolo IV (*)
Uso dei dispositivi di protezione individuale
(*) Per una migliore interpretazione delTitolo IV vedi: Circolare 7/8/1995
n. 102 .
Articolo 40
Definizioni
1. Si intende per dispositivo di protezione individuale (DPI) qualsiasi
attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo
scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne
la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento
o accessorio destinato a tale scopo.
2. Non sono dispositivi di protezione individuale:
a) gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non specificamente destinati
a proteggere la sicurezza e la salute del lavoratore;
b) le attrezzature dei servizi di soccorso e di salvataggio;
c) le attrezzature di protezione individuale delle forze armate, delle forze
di polizia e del personale del servizio per il mantenimento dell'ordine
pubblico;
d) le attrezzature di protezione individuale proprie dei mezzi di trasporto
stradali;
e) i materiali sportivi;
f) i materiali per l'autodifesa o per la dissuasione;
g) gli apparecchi portatili per individuare e segnalare rischi e fattori
nocivi.
Articolo 41
Obbligo di uso
1. I DPI devono essere impiegati quando i rischi non possono essere evitati
o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di
protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione
del lavoro.
Articolo 42 (*)
Requisiti dei DPI
1. I DPI devono essere conformi alle norme di cui al decreto legislativo
4 dicembre 1992 n. 475.
2. I DPI di cui al comma 1 devono inoltre:
a) essere adeguati ai rischi da prevenire, senza comportare di per sé
un rischio maggiore;
b) essere adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro;
c) tenere conto delle esigenze ergonomiche o di salute del lavoratore;
d) poter essere adattati all'utilizzatore secondo le sue necessità.
3. In caso di rischi multipli che richiedono l'uso simultaneo di più
DPI, questi devono essere tra loro compatibili e tali da mantenere, anche
nell'uso simultaneo, la propria efficacia nei confronti del rischio e dei
rischi corrispondenti.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 7/8/1995
n. 102.
Articolo 43 (*)
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro ai fini della scelta dei DPI:
a) effettua l'analisi e la valutazione dei rischi che non possono essere
evitati con altri mezzi;
b) individua le caratteristiche dei DPI necessarie affinché questi
siano adeguati ai rischi di cui alla lettera a), tenendo conto delle eventuali
ulteriori fonti di rischio rappresentate dagli stessi DPI;
c) valuta, sulla base delle informazioni a corredo dei DPI fornite dal fabbricante
e delle norme d'uso di cui all'art. 45 le caratteristiche dei DPI disponibili
sul mercato e le raffronta con quelle individuate alla lettera b);
d) aggiorna la scelta ogni qualvolta intervenga una variazione significativa
negli elementi di valutazione.
2. Il datore di lavoro, anche sulla base delle norme d'uso di cui all'art.
45, individua le condizioni in cui un DPI deve essere usato, specie per
quanto riguarda la durata dell'uso, in funzione di:
a) entità del rischio;
b) frequenza dell'esposizione al rischio;
c) caratteristiche del posto di lavoro di ciascun lavoratore;
d) prestazioni del DPI.
3. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori i DPI conformi ai requisiti
previsti dall'art. 42 e dal decreto di cui all'art. 45 comma 2.
4. Il datore di lavoro:
a) mantiene in efficienza i DPI e ne assicura le condizioni d'igiene, mediante
la manutenzione, le riparazioni e le sostituzioni necessarie;
b) provvede a che i DPI siano utilizzati soltanto per gli usi previsti,
salvo casi specifici ed eccezionali, conformemente alle informazioni del
fabbricante;
c) fornisce istruzioni comprensibili per i lavoratori;
d) destina ogni DPI ad un uso personale e, qualora le circostanze richiedano
l'uso di uno stesso DPI da parte di più persone, prende misure adeguate
affinché tale uso non ponga alcun problema sanitario e igienico ai
vari utilizzatori;
e) informa preliminarmente il lavoratore dei rischi dai quali il Dpi lo
protegge;
f) rende disponibile nell'azienda ovvero unità produttiva informazioni
adeguate su ogni DPI;
g) assicura una formazione adeguata e organizza, se necessario, uno specifico
addestramento circa l'uso corretto e l'utilizzo pratico dei DPI.
5. In ogni caso l'addestramento è indispensabile:
a) per ogni DPI che, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n.
475, appartenga alla terza categoria;
b) per i dispositivi di protezione dell'udito.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 7/8/1995
n. 102.
Articolo 44
Obblighi dei lavoratori
1. I lavoratori si sottopongono al programma di formazione e addestramento
organizzato dal datore di lavoro nei casi ritenuti necessari ai sensi dell'art.
43, commi 4, lettera g), e 5.
2. I lavoratori utilizzano i DPI messi a loro disposizione conformemente
all'informazione e alla formazione ricevute e all'addestramento eventualmente
organizzato.
3. I lavoratori:
a) hanno cura dei DPI messi a loro disposizione;
b) non vi apportano modifiche di propria iniziativa.
4. Al termine dell'utilizzo i lavoratori seguono le procedure aziendali
in materia di riconsegna dei DPI.
5. I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente
o al preposto qualsiasi difetto o inconveniente da essi rilevato nei DPI
messi a loro disposizione.
Articolo 45
Criteri per l'individuazione e l'uso
1. Il contenuto degli allegati III, IV e V costituisce elemento di riferimento
per l'applicazione di quanto previsto all'art. 43 commi 1 e 4.
2. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale di concerto con il
Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la commissione
consultiva permanente, tenendo conto della natura, dell'attività
e dei fattori specifici di rischio, indica:
a) i criteri per l'individuazione e l'uso dei DPI;
b) le circostanze e le situazioni in cui, ferme restando le priorità
delle misure di protezione collettiva, si rende necessario l'impiego dei
DPI.
Articolo 46
Norma transitoria
1. Fino alla data del 31 dicembre 1998 e, nel caso di dispositivi di emergenza
destinati all'autosalvataggio in caso di evacuazione, fino al 31 dicembre
2004, possono essere impiegati:
a) i DPI commercializzati ai sensi dell'art. 15, comma 1, del decreto legislativo
4 dicembre 1992, n. 475;
b) i DPI già in uso alla data di entrata in vigore del presente decreto
prodotti conformemente alle normative vigenti nazionali o di altri Paesi
della Comunità europea.
titolo V (*)
Movimentazione manuale dei carichi
(*) Per una migliore interpretazione del Titolo V vedi: Circolare 7/8/1995
n. 102.
Articolo 47
Campo di applicazione
1. Le norme del presente titolo si applicano alle attività che comportano
la movimentazione manuale dei carichi con i rischi, tra l'altro, di lesioni
dorso-lombari per i lavoratori durante il lavoro.
2. Si intendono per:
a) movimentazione manuale dei carichi: le operazioni di trasporto o di sostegno
di un carico ad opera di uno o più lavoratori, comprese le azioni
del sollevare, deporre, spingere, tirare, portare o spostare un carico che,
per le loro caratteristiche o in conseguenza delle condizioni ergonomiche
sfavorevoli, comportano tra l'altro rischi di lesioni dorso-lombari;
b) lesioni dorso-lombari: lesioni a carico delle strutture osteomiotendinee
e nerveovascolari a livello dorso-lombare.
Articolo 48 (*)
Obblighi dei datori di lavoro
1. Il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie o ricorre
ai mezzi appropriati, in particolare attrezzature meccaniche, per evitare
la necessità di una movimentazione manuale dei carichi da parte dei
lavoratori.
2. Qualora non sia possibile evitare la movimentazione manuale dei carichi
ad opera dei lavoratori, il datore di lavoro adotta le misure organizzative
necessarie, ricorre ai mezzi appropriati o fornisce ai lavoratori stessi
i mezzi adeguati allo scopo di ridurre il rischio che comporta la movimentazione
manuale di detti carichi, in base all'allegato VI.
3. Nel caso in cui la necessità di una movimentazione manuale di
un carico ad opera del lavoratore non può essere evitata, il datore
di lavoro organizza i posti di lavoro in modo che detta movimentazione sia
quanto più possibile sicura e sana.
4. Nei casi di cui al comma 3 il datore di lavoro:
a) valuta, se possibile, preliminarmente, le condizioni di sicurezza e di
salute connesse al lavoro in questione e tiene conto in particolare delle
caratteristiche del carico, in base all'allegato VI;
b) adotta le misure atte ad evitare o ridurre tra l'altro i rischi di lesioni
dorso-lombari, tenendo conto in particolare dei fattori individuali di rischio,
delle caratteristiche dell'ambiente di lavoro e delle esigenze che tale
attività comporta, in base all'allegato VI;
c) sottopone alla sorveglianza sanitaria di cui all'art. 16 gli addetti
alle attività di cui al presente titolo.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 7/8/1995
n. 102.
Articolo 49
Informazione e formazione
1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare
per quanto riguarda:
a) il peso di un carico;
b) il centro di gravità o il lato più pesante nel caso in
cui il contenuto di un imballaggio abbia una collocazione eccentrica;
c) la movimentazione corretta dei carichi e i rischi che i lavoratori corrono
se queste attività non vengono eseguite in maniera corretta, tenuto
conto degli elementi di cui all'allegato VI.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata, in
particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.
titolo VI (*)
Uso delle attrezzature munite di videoterminali
(*) Per una migliore interpretazione del Titolo VI vedi: Circolare 7/8/1995
n. 102.
Articolo 50
Campo di applicazione
1. Le norme del presente titolo si applicano alle attività lavorative
che comportano l'uso di attrezzature munite di videoterminali.
2. Le norme del presente titolo non si applicano ai lavoratori addetti:
(*)
a) ai posti di guida di veicoli o macchine;
b) ai sistemi informatici montati a bordo di un mezzo di trasporto;
c) ai sistemi informatici destinati in modo prioritario all'utilizzazione
da parte del pubblico;
d) ai sistemi denominati portatili ove non siano oggetto di
utilizzazione prolungata in un posto di lavoro;
e) alle macchine calcolatrici, ai registratori di cassa e a tutte le attrezzature
munite di un piccolo dispositivo di visualizzazione dei dati o delle misure,
necessario all'uso diretto di tale attrezzatura;
f) alle macchine di videoscrittura senza schermo separato.
Il presente articolo è stato corretto al punto 2 in base all'errata
corrige pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 21/11/94 serie generale,
n. 272 (n.d.r.).
Articolo 51 (*)
Definizioni
1. Ai fini del presente titolo si intende per:
a) videoterminale: uno schermo alfanumerico o grafico a prescindere dal
tipo di procedimento di visualizzazione utilizzato;
b) posto di lavoro: l'insieme che comprende le attrezzature munite di videoterminale,
eventualmente con tastiera ovvero altro sistema di immissione dati, ovvero
software per l'interfaccia uomo-macchina, gli accessori opzionali, le apparecchiature
connesse, comprendenti l'unità a dischi, il telefono, il modem, la
stampante, il supporto per i documenti, la sedia, il piano di lavoro, nonché
l'ambiente di lavoro immediatamente circostante;
(16) c) lavoratore: il lavoratore che utilizza un'attrezzatura munita
di videoterminali, in modo sistematico o abituale, per venti ore settimanali,
dedotte le interruzioni di cui all'articolo 54;
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 7/8/1995
n. 102.
Articolo 52
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro, all'atto della valutazione del rischio di cui all'art.
4, comma 1, analizza i posti di lavoro con particolare riguardo:
a) ai rischi per la vista e per gli occhi;
b) ai problemi legati alla postura e all'affaticamento fisico o mentale;
c) alle condizioni ergonomiche e di igiene ambientale.
2. Il datore di lavoro adotta le misure appropriate per ovviare ai rischi
riscontrati in base alle valutazioni di cui al comma 1, tenendo conto della
somma ovvero della combinazione della incidenza dei rischi riscontrati.
Articolo 53
Organizzazione del lavoro
1. Il datore di lavoro assegna le mansioni e i compiti lavorativi comportanti
l'uso dei videoterminali anche secondo una distribuzione del lavoro che
consente di evitare il più possibile la ripetitività e la
monotonia delle operazioni.
Articolo 54 (*)
Svolgimento quotidiano del lavoro
1. Il lavoratore, qualora svolga la sua attività per almeno quattro
ore consecutive, ha diritto ad una interruzione della sua attività
mediante pause ovvero cambiamento di attività.
2. Le modalità di tali interruzioni sono stabilite dalla contrattazione
collettiva anche aziendale.
3. In assenza di una disposizione contrattuale riguardante l'interruzione
di cui al comma 1, il lavoratore comunque ha diritto ad una pausa di quindici
minuti ogni centoventi minuti di applicazione continuativa al videoterminale.
4. Le modalità e la durata delle interruzioni possono essere stabilite
temporaneamente a livello individuale ove il medico competente ne evidenzi
la necessità.
5. E' comunque esclusa la cumulabilità delle interruzioni all'inizio
e al termine dell'orario di lavoro.
6. Nel computo dei tempi di interruzione non sono compresi i tempi di attesa
della risposta da parte del sistema elettronico, che sono considerati, a
tutti gli effetti, tempo di lavoro, ove il lavoratore non possa abbandonare
il posto di lavoro.
7. La pausa è considerata a tutti gli effetti parte integrante dell'orario
di lavoro e, come tale, non è riassorbibile all'interno di accordi
che prevedono la riduzione dell'orario complessivo di lavoro.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 7/8/1995
n. 102.
Articolo 55 (*)
Sorveglianza sanitaria
1. I lavoratori, prima di essere addetti alle attività di cui al
presente titolo, sono sottoposti ad una visita medica per evidenziare eventuali
malformazioni strutturali e ad un esame degli occhi e della vista effettuati
dal medico competente. Qualora l'esito della visita medica ne evidenzi la
necessità, il lavoratore è sottoposto a esami specialistici.
2. In base alle risultanze degli accertamenti di cui al comma 1 i lavoratori
vengono classificati in:
a) idonei, con o senza prescrizioni;
b) non idonei.
(17) 3. I lavoratori sono sottoposti a sorveglianza sanitaria,
ai sensi dell'articolo 16.
3-bis. Le visite di controllo sono effettuate con le modalità di
cui ai commi 1 e 2.
3-ter. La periodicità delle visite di controllo, fatti salvi i casi
particolari che richiedono una frequenza diversa stabilita dal medico competente,
è biennale per i lavoratori classificati come idonei con prescrizioni
e per i lavoratori che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di età;
quinquennale negli altri casi.
4. Il lavoratore è sottoposto a controllo oftalmologico a sua richiesta,
ogniqualvolta sospetti una sopravvenuta alterazione della funzione visiva,
confermata dal medico competente, oppure ogniqualvolta l'esito della visita
di cui ai commi 1 e 3 ne evidenzi la necessità;
5. La spesa relativa alla dotazione di dispositivi speciali di correzione
in funzione dell'attività svolta è a carico del datore di
lavoro.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 7/8/1995
n. 102.
Articolo 56
Informazione e formazione
1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare
per quanto riguarda:
a) le misure applicabili al posto di lavoro, in base all'analisi dello stesso
di cui all'art. 52;
b) le modalità di svolgimento dell'attività;
c) la protezione degli occhi e della vista.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in
particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.
3. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il
Ministro della sanità stabilisce con decreto una guida d'uso dei
videoterminali.
Articolo 57
Consultazione e partecipazione
1. Il datore di lavoro informa preventivamente i lavoratori e il rappresentante
per la sicurezza dei cambiamenti tecnologici che comportano mutamenti nell'organizzazione
del lavoro, in riferimento alle attività di cui al presente titolo.
Articolo 58 (*) (18)
Adeguamento alle norme
1. I posti di lavoro dei lavoratori di cui all'articolo 51, comma 1, lettera
c), devono essere conformi alle prescrizioni minime di cui all'allegato
VII.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 7/8/1995
n. 102.
Articolo 59
Caratteristiche tecniche
1. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della
sanità e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita
la commissione consultiva permanente, sono disposti, anche in recepimento
di direttive comunitarie, gli adattamenti di carattere tecnico all'allegato
VII in funzione del progresso tecnico, della evoluzione delle normative
e specifiche internazionali oppure delle conoscenze nel settore delle attrezzature
dotate di videoterminali.
titolo VII (*)
Protezione da agenti cancerogeni MUTAGENI
(*) Per una migliore interpretazione del Titolo VII vedi: Circolare 7/8/1995
n. 102.
capo I
Disposizioni generali
Articolo 60
Campo di applicazione
1. Le norme del presente titolo si applicano a tutte le attività
nelle quali i lavoratori sono o possono essere esposti ad agenti cancerogeni
o mutageni a causa della loro attività lavorativa.
(19) "2. Le norme del presente titolo non si applicano alle attività
disciplinate dal decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277, capo III.".
3. Il presente titolo non si applica ai lavoratori esposti soltanto alle
radiazioni previste dal trattato che istituisce la Comunità europea
dell'energia atomica.
Articolo 61 (*) (20)
Definizioni
1. Agli effetti del presente decreto si intende per:
a) agente cancerogeno:
1) una sostanza che risponde ai criteri relativi alla classificazione quali
categorie cancerogene 1 o 2, stabiliti ai sensi del decreto legislativo
3 febbraio 1997, n. 52, e successive modificazioni;
2) un preparato contenente una o più sostanze di cui al punto 1),
quando la concentrazione di una o più delle singole sostanze risponde
ai requisiti relativi ai limiti di concentrazione per la classificazione
di un preparato nelle categorie cancerogene 1 o 2 in base ai criteri stabiliti
dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 16 luglio 1998, n. 285;
3) una sostanza, un preparato o un processo di cui all'allegato VIII, nonché
una sostanza od un preparato emessi durante un processo previsto dall'allegato
VIII;
b) agente mutageno:
1) una sostanza che risponde ai criteri relativi alla classificazione nelle
categorie mutagene 1 o 2, stabiliti dal decreto legislativo 3 febbraio 1997,
n. 52, e successive modificazioni;
2) un preparato contenente una o più sostanze di cui al punto 1),
quando la concentrazione di una o più delle singole sostanze risponde
ai requisiti relativi ai limiti di concentrazione per la classificazione
di un preparato nelle categorie mutagene 1 o 2 in base ai criteri stabiliti
dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 16 luglio 1998, n. 285;
c) valore limite: se non altrimenti specificato, il limite della concentrazione
media, ponderata in funzione del tempo, di un agente cancerogeno o mutageno
nell'aria, rilevabile entro la zona di respirazione di un lavoratore, in
relazione ad un periodo di riferimento determinato stabilito nell'allegato
VIII-bis.".
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 7/8/1995
n. 102.
capo II
Obblighi del datore di lavoro
Articolo 62 (*)
Sostituzione e riduzione
1. Il datore di lavoro evita o riduce l'utilizzazione di un agente cancerogeno
o mutageno sul luogo di lavoro in particolare sostituendolo, sempre che
ciò è tecnicamente possibile, con una sostanza o un preparato
o un procedimento che nelle condizioni in cui viene utilizzato non è
o è meno nocivo alla salute e eventualmente alla sicurezza dei lavoratori.
2. Se non è tecnicamente possibile sostituire l'agente cancerogeno
o mutageno il datore di lavoro provvede affinché la produzione o
l'utilizzazione dell'agente cancerogeno o mutageno avvenga in un sistema
chiuso sempre che ciò è tecnicamente possibile.
3. Se il ricorso ad un sistema chiuso non è tecnicamente possibile
il datore di lavoro provvede affinché il livello di esposizione dei
lavoratori sia ridotto al più basso valore tecnicamente possibile.
(21) "L'esposizione non deve comunque superare il valore limite dell'agente
stabilito nell'allegato VIII-bis".
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 7/8/1995
n. 102.
Articolo 63 (*)
Valutazione del rischio
1. Fatto salvo quanto previsto all'art. 62, il datore di lavoro effettua
una valutazione dell'esposizione a agenti cancerogeni o mutageni, i risultati
della quale sono riportati nel documento di cui all'art. 4, comma 2.
2. Detta valutazione tiene conto, in particolare, delle caratteristiche
delle lavorazioni, della loro durata e della loro frequenza, dei quantitativi
di agenti cancerogeni o mutageni prodotti ovvero utilizzati, della loro
concentrazione, della capacità degli stessi di penetrare nell'organismo
per le diverse vie di assorbimento, anche in relazione al loro stato di
aggregazione e, qualora allo stato solido, se in massa compatta o in scaglie
o in forma polverulenta e se o meno contenuti in una matrice solida che
ne riduce o ne impedisce la fuoriuscita.
(22) "La valutazione deve tener conto di tutti i possibili modi di
esposizione, compreso quello in cui vi e' assorbimento cutaneo.".
3. Il datore di lavoro, in relazione ai risultati della valutazione di cui
al comma 1, adotta le misure preventive e protettive del presente titolo,
adattandole alle particolarità delle situazioni lavorative.
4. Il documento di cui all'art. 4, commi 2 e 3, è integrato con i
seguenti dati:
a) le attività lavorative che comportano la presenza di sostanze
o preparati cancerogeni o mutageni o di processi industriali di cui all'allegato
VIII, con l'indicazione dei motivi per i quali sono impiegati agenti cancerogeni
o mutageni;
b) i quantitativi di sostanze ovvero preparati cancerogeni o mutageni prodotti
ovvero utilizzati, ovvero presenti come impurità o sottoprodotti;
c) il numero dei lavoratori esposti ovvero potenzialmente esposti ad agenti
cancerogeni o mutageni;
d) l'esposizione dei suddetti lavoratori, ove nota e il grado della stessa;
e) le misure preventive e protettive applicate ed il tipo dei dispositivi
di protezione individuale utilizzati;
f) le indagini svolte per la possibile sostituzione degli agenti cancerogeni
o mutageni e le sostanze e i preparati eventualmente utilizzati come sostituti.
5. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma
1 in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini
della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre
anni dall'ultima valutazione effettuata.
6. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso anche ai dati di cui al
comma 4, fermo restando l'obbligo di cui all'art. 9, comma 3.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 7/8/1995
n. 102.
Articolo 64
Misure tecniche, organizzative, procedurali
1. Il datore di lavoro:
a) assicura, applicando metodi e procedure di lavoro adeguati, che nelle
varie operazioni lavorative sono impiegati quantitativi di agenti cancerogeni
o mutageni non superiori alle necessità delle lavorazioni e che gli
agenti cancerogeni o mutageni in attesa di impiego, in forma fisica tale
da causare rischio di introduzione, non sono accumulati sul luogo di lavoro
in quantitativi superiori alle necessità predette;
b) limita al minimo possibile il numero dei lavoratori esposti o che possono
essere esposti ad agenti cancerogeni o mutageni, anche isolando le lavorazioni
in aree predeterminate provviste di adeguati segnali di avvertimento e di
sicurezza, compresi i segnali vietato fumare, ed accessibili
soltanto ai lavoratori che debbono recarvisi per motivi connessi con la
loro mansione o con la loro funzione. In dette aree è fatto divieto
di fumare;
c) progetta, programma e sorveglia le lavorazioni in modo che non vi è
emissione di agenti cancerogeni o mutageni nell'aria. Se ciò non
è tecnicamente possibile, l'eliminazione degli agenti cancerogeni
o mutageni deve avvenire il più vicino possibile al punto di emissione
mediante aspirazione localizzata, nel rispetto dell'art. 4, comma 5, lettera
n). L'ambiente di lavoro deve comunque essere dotato di un adeguato sistema
di ventilazione generale;
d) provvede alla misurazione di agenti cancerogeni o mutageni per verificare
l'efficacia delle misure di cui alla lettera c) e per individuare precocemente
le esposizioni anomale causate da un evento non prevedibile o da un incidente,
con metodi di campionatura e di misurazione conformi alle indicazioni dell'allegato
VIII del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277;
e) provvede alla regolare e sistematica pulitura dei locali, delle attrezzature
e degli impianti;
f) elabora procedure per i casi di emergenza che possono comportare esposizioni
elevate;
g) assicura che gli agenti cancerogeni o mutageni sono conservati, manipolati,
trasportati in condizioni di sicurezza;
h) assicura che la raccolta e l'immagazzinamento, ai fini dello smaltimento
degli scarti e dei residui delle lavorazioni contenenti agenti cancerogeni
o mutageni, avvengano in condizioni di sicurezza, in particolare utilizzando
contenitori ermetici etichettati in modo chiaro, netto, visibile;
i) dispone, su conforme parere del medico competente, misure protettive
particolari per quelle categorie di lavoratori per i quali l'esposizione
a taluni agenti cancerogeni o mutageni presenta rischi particolarmente elevati.
Articolo 65
Misure igieniche
1. Il datore di lavoro:
a) assicura che i lavoratori dispongano di servizi igienici appropriati
ed adeguati;
b) dispone che i lavoratori abbiano in dotazione idonei indumenti protettivi
da riporre in posti separati dagli abiti civili;
c) provvede affinché i dispositivi di protezione individuale siano
custoditi in luoghi determinati, controllati e puliti dopo ogni utilizzazione,
provvedendo altresì a far riparare o sostituire quelli difettosi,
prima di ogni nuova utilizzazione.
2. E' vietato assumere cibi e bevande o fumare nelle zone di lavoro di cui
all'art. 64, lettera b).
Articolo 66
Informazione e formazione
1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle conoscenze
disponibili, informazioni ed istruzioni, in particolare per quanto riguarda:
a) gli agenti cancerogeni o mutageni presenti nei cicli lavorativi, la loro
dislocazione, i rischi per la salute connessi al loro impiego, ivi compresi
i rischi supplementari dovuti al fumare;
b) le precauzioni da prendere per evitare l'esposizione;
c) le misure igieniche da osservare;
d) la necessità di indossare e impiegare indumenti di lavoro e protettivi
e dispositivi individuali di protezione ed il loro corretto impiego;
e) il modo di prevenire il verificarsi di incidenti e le misure da adottare
per ridurre al minimo le conseguenze.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in
particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.
3. L'informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono fornite prima
che i lavoratori siano adibiti alle attività in questione e vengono
ripetute, con frequenza almeno quinquennale, e comunque ogni qualvolta si
verificano nelle lavorazioni cambiamenti che influiscono sulla natura e
sul grado dei rischi.
4. Il datore di lavoro provvede inoltre affinché gli impianti, i
contenitori, gli imballaggi contenenti agenti cancerogeni o mutageni siano
etichettati in maniera chiaramente leggibile e comprensibile. I contrassegni
utilizzati e le altre indicazioni devono essere conformi al disposto della
legge 29 maggio 1974, n. 256 e successive modifiche ed integrazioni.
Articolo 67 (*)
Esposizione non prevedibile
1. Se si verificano eventi non prevedibili o incidenti che possono comportare
un'esposizione anomala dei lavoratori, il datore di lavoro adotta quanto
prima misure appropriate per identificare e rimuovere la causa dell'evento
e ne informa i lavoratori e il rappresentante per la sicurezza.
2. I lavoratori devono abbandonare immediatamente l'area interessata, cui
possono accedere soltanto gli addetti agli interventi di riparazione e ad
altre operazioni necessarie, indossando idonei indumenti protettivi e dispositivi
di protezione delle vie respiratorie, messi a loro disposizione dal datore
di lavoro. In ogni caso l'uso dei dispositivi di protezione non può
essere permanente e la sua durata, per ogni lavoratore, è limitata
al minimo strettamente necessario.
3. Il datore di lavoro comunica al più presto all'organo di vigilanza
il verificarsi degli eventi di cui al comma 1 e riferisce sulle misure adottate
per ridurre al minimo le conseguenze.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 7/8/1995
n. 102.
Articolo 68 (*)
Operazioni lavorative particolari
1. Nel caso di determinate operazioni lavorative, come quella di manutenzione,
per le quali, nonostante l'adozione di tutte le misure di prevenzione tecnicamente
applicabili, è prevedibile un'esposizione rilevante dei lavoratori
addetti, il datore di lavoro previa consultazione del rappresentante per
la sicurezza:
a) dispone che soltanto tali lavoratori hanno accesso alle suddette aree
anche provvedendo, ove tecnicamente possibile, all'isolamento delle stesse
ed alla loro identificazione mediante appositi contrassegni;
b) fornisce ai lavoratori speciali indumenti e dispositivi di protezione
individuale che devono essere indossati dai lavoratori adibiti alle suddette
operazioni.
2. La presenza nelle aree di cui al comma 1 dei lavoratori addetti è
in ogni caso ridotta al minimo compatibilmente con le necessità delle
lavorazioni.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare 7/8/1995
n. 102.
capo III
Sorveglianza sanitaria
Articolo 69
Accertamenti sanitari e norme preventive e protettive specifiche
1. I lavoratori per i quali la valutazione di cui all'art. 63 ha evidenziato
un rischio per la salute sono sottoposti a sorveglianza sanitaria.
2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta
misure preventive e protettive per singoli lavoratori sulla base delle risultanze
degli esami clinici e biologici effettuati.
3. Le misure di cui al comma 2 possono comprendere l'allontanamento del
lavoratore secondo le procedure dell'art. 8 del decreto legislativo 15 agosto
1991, n. 277.
4. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori esposti
in modo analogo ad uno stesso agente, l'esistenza di una anomalia imputabile
a tale esposizione, il medico competente ne informa il datore di lavoro.
5. A seguito dell'informazione di cui al comma 4 il datore di lavoro effettua:
a) una nuova valutazione del rischio in conformità all'art. 63;
b) ove sia tecnicamente possibile, una misurazione della concentrazione
dell'agente in aria per verificare l'efficacia delle misure adottate.
6. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sulla
sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti, con particolare riguardo all'opportunità
di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attività
lavorativa.
Articolo 70
Registro di esposizione e cartelle sanitarie
(23) 1. I lavoratori di cui all'articolo 69 sono iscritti in un registro
nel quale è riportata, per ciascuno di essi, l'attività svolta,
l'agente cangerogeno o mutageno utilizzato e, ove noto, il valore dell'esposizione
a tale agente. Detto registro e' istituito ed aggiornato dal datore di lavoro
che ne cura la tenuta per il tramite del medico competente. Il responsabile
del servizio di prevenzione ed i rappresentanti per la sicurezza hanno accesso
a detto registro.
2. Il medico competente, per ciascuno dei lavoratori di cui all'articolo
69, provvede ad istituire e aggiornare una cartella sanitaria e di rischio,
custodita presso l'azienda o l'unità produttiva sotto la responsabilità
del datore di lavoro.
3. Il datore di lavoro comunica ai lavoratori interessati, su richiesta,
le relative annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma
1 e, tramite il medico competente, i dati della cartella sanitaria e di
rischio.
4. In caso di cessazione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro invia
all'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro - ISPESL
la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore interessato unitamente
alle annotazioni individuali contenute nel registro e ne consegna copia
al lavoratore stesso.
5. In caso di cessazione di attività dell'azienda, il datore di lavoro
consegna il registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio
all'ISPESL.
6. Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e
le cartelle sanitarie e di rischio sono conservate dal datore di lavoro
almeno fino a risoluzione del rapporto di lavoro e dall'ISPESL fino a quarant'anni
dalla cessazione di ogni attività che espone ad agenti cangerogeni
o mutageni.
7. I registri di esposizione, le annotazioni individuali e le cartelle sanitarie
e di rischio sono custoditi e trasmessi con salvaguardia del segreto professionale
e del trattamento dei dati personali.
8. Il datore di lavoro, in caso di esposizione del lavoratore ad agenti
cancerogeni, oltre a quanto previsto ai commi da 1 a 7:
a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all'ISPESL ed all'organo
di vigilanza competente per territorio, e comunica loro ogni tre anni, e
comunque ogni qualvolta i medesimi ne facciano richiesta, le variazioni
intervenute;
b) consegna, a richiesta, all'Istituto superiore di sanità copia
del registro di cui al comma 1;
c) in caso di cessazione di attività dell'azienda, consegna copia
del registro di cui al comma 1 all'organo di vigilanza competente per territorio;
d) in caso di assunzione di lavoratori che hanno in precedenza esercitato
attività con esposizione ad agenti cancerogeni, il datore di lavoro
chiede all'ISPESL copia delle annotazioni individuali contenute nel registro
di cui al comma 1, nonche' copia della cartella sanitaria e di rischio,
qualora il lavoratore non ne sia in possesso ai sensi del comma 4.
9. I modelli e le modalità di tenuta del registro e delle cartelle
sanitarie e di rischio sono determinati con decreto del Ministro della sanità,
di concerto con i Ministri per la funzione pubblica e del lavoro e della
previdenza sociale, sentita la commissione consultiva permanente.
10. L'ISPESL trasmette annualmente al Ministero della sanità dati
di sintesi relativi al contenuto dei registri di cui al comma 1 ed a richiesta
li rende disponibili alle regioni.
Articolo 71
Registrazione dei tumori
1. I medici, le strutture sanitarie pubbliche e private, nonché gli
istituti previdenziali assicurativi pubblici o privati, che refertano casi
di neoplasie da loro ritenute causate da esposizione lavorativa ad agenti
cancerogeni o mutageni, trasmettono all'ISPESL copia della relativa documentazione
clinica ovvero anatomopatologica e quella inerente l'anamnesi lavorativa.
(24) 2. L'ISPESL realizza, nei limiti delle ordinarie risorse di bilancio,
sistemi di monitoraggio dei rischi cancerogeni di origine professionale
utilizzando i flussi informativi di cui al comma 1, le informazioni raccolte
dai sistemi di registrazione delle patologie attivi sul territorio regionale,
nonché i dati di carattere occupazionale, anche a livello nominativo,
rilevati nell'ambito delle rispettive attività istituzionali dall'Istituto
nazionale della previdenza sociale - INPS, dall'Istituto nazionale di statistica
- ISTAT, dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni
sul lavoro - INAIL e da altre istituzioni pubbliche.
L'ISPESL rende disponibile al Ministero della sanità ed alle regioni
i risultati del monitoraggio con periodicità annuale.".
3. Con decreto dei Ministri della sanità e del lavoro e della previdenza
sociale, sentita la commissione consultiva permanente, sono determinate
le caratteristiche dei sistemi informativi che, in funzione del tipo di
neoplasia accertata, ne stabiliscono la raccolta, l'acquisizione, l'elaborazione
e l'archiviazione, nonché le modalità di registrazione di
cui al comma 2, e le modalità di trasmissione di cui al comma 1.
4. Il Ministero della sanità fornisce, su richiesta, alla Commissione
CE, informazioni sulle utilizzazioni dei dati del registro di cui al comma
1.
Articolo 72 (25)
Adeguamenti normativi
"1. La Commissione consultiva tossicologica nazionale individua periodicamente
le sostanze cancerogene, mutagene e tossiche per la riproduzione che, pur
non essendo classificate ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997,
n. 52, rispondono ai criteri di classificazione ivi stabiliti e fornisce
consulenza ai Ministeri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità,
su richiesta, in tema di classificazione di agenti chimici pericolosi.
2. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della
sanità, sentita la commissione consultiva permanente e la Commissione
consultiva tossicologica nazionale:
a) sono aggiornati gli allegati VIII e VIII-bis in funzione del progresso
tecnico, dell'evoluzione di normative e specifiche comunitarie o internazionali
e delle conoscenze nel settore degli agenti cancerogeni o mutageni;
b) è pubblicato l'elenco delle sostanze in funzione dell'individuazione
effettuata ai sensi del comma 1.".
TITOLO VII-bis
PROTEZIONE DA AGENTI CHIMICI (26)
Articolo 72-bis
Campo di applicazione
- 1. Il presente titolo determina i requisiti minimi per la protezione dei
lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza che derivano, o
possono derivare, dagli effetti di agenti chimici presenti sul luogo di
lavoro o come risultato di ogni attività lavorativa che comporti
la presenza di agenti chimici.
2. I requisiti individuati dal presente titolo si applicano a tutti gli
agenti chimici pericolosi che sono presenti sul luogo di lavoro, fatte salve
le disposizioni relative agli agenti chimici per i quali valgono provvedimenti
di protezione radiologica regolamentati dal decreto legislativo n. 230 del
1995, e successive modifiche.
3. Per gli agenti cancerogeni sul lavoro, si applicano le disposizioni del
presente titolo, fatte salve le disposizioni specifiche contenute nel titolo
VII del decreto legislativo n. 626/94, come modificato dal decreto legislativo
25 febbraio 2000, n. 66.
4. Le disposizioni del presente titolo si applicano altresì al trasporto
di agenti chimici pericolosi, fatte salve le disposizioni specifiche contenute
nei decreti ministeriali 4 settembre 1996, 15 maggio 1997, 28 settembre
1999 e decreto legislativo 13 gennaio 1999, n. 41, di attuazione della direttiva
94/55/CE, nelle disposizioni del codice IMDG del codice IBC e nel codice
IGC, quali definite dall'articolo 2 della direttiva 93/75/CEE, nelle disposizioni
dell'accordo europeo relativo al trasporto internazionale di merci pericolose
per vie navigabili interne (ADN) e del regolamento per il trasporto delle
sostanze pericolose sul Reno (ADNR), quali incorporate nella normativa comunitaria
e nelle istruzioni tecniche per il trasporto sicuro di merci pericolose
emanate alla data del 25 maggio 1998.
5. Le disposizioni del presente titolo non si applicano alle attività
comportanti esposizione ad amianto che restano disciplinate dalla normativa
specifica.
Articolo 72-ter
Definizioni
- 1. Ai fini del presente titolo si intende per:
a) agenti chimici: tutti gli elementi o composti chimici, sia da soli sia
nei loro miscugli, allo stato naturale o ottenuti, utilizzati o smaltiti,
compreso lo smaltimento come rifiuti, mediante qualsiasi attività
lavorativa, siano essi prodotti intenzionalmente o no e siano immessi o
no sul mercato;
b) agenti chimici pericolosi:
1) agenti chimici classificati come sostanze pericolose ai sensi del decreto
legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive modifiche, nonché
gli agenti che corrispondono ai criteri di classificazione come sostanze
pericolose di cui al predetto decreto.
Sono escluse le sostanze pericolose solo per l'ambiente;
2) agenti chimici classificati come preparati pericolosi ai sensi del decreto
legislativo 16 luglio 1998, n. 285, e successive modifiche, nonché
gli agenti che rispondono ai criteri di classificazione come preparati pericolosi
di cui al predetto decreto.
Sono esclusi i preparati pericolosi solo per l'ambiente;
3) agenti chimici che, pur non essendo classificabili come pericolosi, in
base ai punti 1) e 2), possono comportare un rischio per la sicurezza e
la salute dei lavoratori a causa di loro proprietà chimico-fisiche
chimiche o tossicologiche e del modo in cui sono utilizzati o presenti sul
luogo di lavoro, compresi gli agenti chimici cui è stato assegnato
un valore limite di esposizione professionale;
c) attività che comporta la presenza di agenti chimici: ogni attività
lavorativa in cui sono utilizzati agenti chimici, o se ne prevede l'utilizzo,
in ogni tipo di procedimento, compresi la produzione, la manipolazione,
l'immagazzinamento, il trasporto o l'eliminazione e il trattamento dei rifiuti,
o che risultino da tale attività lavorativa;
d) valore limite di esposizione professionale: se non diversamente specificato,
il limite della concentrazione media ponderata nel tempo di un agente chimico
nell'aria all'interno della zona di respirazione di un lavoratore in relazione
ad un determinato periodo di riferimento; un primo elenco di tali valori
è riportato nell'allegato VIII-ter;
e) valore limite biologico: il limite della concentrazione del relativo
agente, di un suo metabolita, o di un indicatore di effetto, nell'appropriato
mezzo biologico; un primo elenco di tali valori è riportato nell'allegato
VIII-quater;
f) sorveglianza sanitaria: la valutazione dello stato di salute del singolo
lavoratore in funzione dell'esposizione ad agenti chimici sul luogo di lavoro;
g) pericolo: la proprietà intrinseca di un agente chimico di poter
produrre effetti nocivi;
h) rischio: la probabilità che si raggiunga il potenziale nocivo
nelle condizioni di utilizzazione o esposizione.
Articolo 72-quater
Valutazione dei rischi
- 1. Nella valutazione di cui all'art. 4, il datore di lavoro determina,
preliminarmente l'eventuale presenza di agenti chimici pericolosi sul luogo
di lavoro e valuta anche i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori
derivanti dalla presenza di tali agenti, prendendo in considerazione in
particolare:
a) le loro proprietà pericolose;
b) le informazioni sulla salute e sicurezza comunicate dal produttore o
dal fornitore tramite la relativa scheda di sicurezza predisposta ai sensi
dei decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52 e 16 luglio 1998, n. 285
e successive modifiche;
c) il livello, il tipo e la durata dell'esposizione;
d) le circostanze in cui viene svolto il lavoro in presenza di tali agenti,
compresa la quantità degli stessi;
e) i valori limite di esposizione professionale o i valori limite biologici;
di cui un primo elenco è riportato negli allegati VIII-ter ed VIII-quater;
f) gli effetti delle misure preventive e protettive adottate o da adottare;
g) se disponibili, le conclusioni tratte da eventuali azioni di sorveglianza
sanitaria già intraprese.
2. Nella valutazione dei rischi il datore di lavoro indica quali misure
sono state adottate ai sensi dell'articolo 60-quinquies e, ove applicabile,
dell'articolo 60-sexies. Nella valutazione medesima devono essere incluse
le attività, ivi compresa la manutenzione, per le quali è
prevedibile la possibilità di notevole esposizione o che, per altri
motivi, possono provocare effetti nocivi per la salute e la sicurezza, anche
dopo che sono state adottate tutte le misure tecniche.
3. Nel caso di attività lavorative che comportano l'esposizione a
più agenti chimici pericolosi, i rischi sono valutati in base al
rischio che comporta la combinazione di tutti i suddetti agenti chimici.
4. Fermo restando quanto previsto dai decreti legislativi 3 febbraio 1997,
n. 52, e 16 luglio 1998, n. 285, e successive modifiche, il fornitore o
il produttore di agenti chimici pericolosi è tenuto a fornire al
datore di lavoro acquirente tutte le ulteriori informazioni necessarie per
la completa valutazione del rischio.
5. La valutazione del rischio può includere la giustificazione che
la natura e l'entità dei rischi connessi con gli agenti chimici pericolosi
rendono non necessaria un'ulteriore valutazione maggiormente dettagliata
dei rischi.
6. Nel caso di un'attività nuova che comporti la presenza di agenti
chimici pericolosi, la valutazione dei rischi che essa presenta e l'attuazione
delle misure di prevenzione sono predisposte preventivamente. Tale attività
comincia solo dopo che si sia proceduto alla valutazione dei rischi che
essa presenta e all'attuazione delle misure di prevenzione.
7. Il datore di lavoro aggiorna periodicamente la valutazione e, comunque,
in occasione di notevoli mutamenti che potrebbero averla resa superata ovvero
quando i risultati della sorveglianza medica ne mostrino la necessità.
Articolo 72-quinquies
Misure e principi generali per la prevenzione dei rischi
- 1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 3, devono essere eliminati
i rischi derivanti da agenti chimici pericolosi o ridotti al minimo mediante
le seguenti misure:
a) progettazione e organizzazione dei sistemi di lavorazione sul luogo di
lavoro;
b) fornitura di attrezzature idonee per il lavoro specifico e relative procedure
di manutenzione adeguate;
c) riduzione al minimo del numero di lavoratori che sono o potrebbero essere
esposti;
d) riduzione al minimo della durata e dell'intensità dell'esposizione;
e) misure igieniche adeguate;
f) riduzione al minimo della quantità di agenti presenti sul luogo
di lavoro in funzione delle necessità della lavorazione;
g) metodi di lavoro appropriati comprese le disposizioni che garantiscono
la sicurezza nella manipolazione, nell'immagazzinamento e nel trasporto
sul luogo di lavoro di agenti chimici pericolosi nonchè dei rifiuti
che contengono detti agenti chimici.
2. Se i risultati della valutazione dei rischi dimostrano che, in relazione
al tipo e alle quantità di un agente chimico pericoloso e alle modalità
e frequenza di esposizione a tale agente presente sul luogo di lavoro, vi
è solo un rischio moderato per la sicurezza e la salute dei lavoratori
e che le misure di cui al comma 1 sono sufficienti a ridurre il rischio,
non si applicano le disposizioni degli articoli 72-sexies, 72-septies, 72-decies,
72-undecies.
Articolo 72-sexies
Misure specifiche di protezione e di prevenzione
- 1. Il datore di lavoro, sulla base dell'attività e della valutazione
dei rischi di cui all'articolo 72-bis, provvede affinchè il rischio
sia eliminato o ridotto mediante la sostituzione, qualora la natura dell'attività
lo consenta, con altri agenti o processi che, nelle condizioni di uso, non
sono o sono meno pericolosi per la salute dei lavoratori. Quando la natura
dell'attività non consente di eliminare il rischio attraverso la
sostituzione il datore di lavoro garantisce che il rischio sia ridotto mediante
l'applicazione delle seguenti misure nell'indicato ordine di priorità:
a) progettazione di appropriati processi lavorativi e controlli tecnici,
nonchè uso di attrezzature e materiali adeguati;
b) appropriate misure organizzative e di protezione collettive alla fonte
del rischio;
c) misure di protezione individuali, compresi i dispositivi diprotezione
individuali, qualora non si riesca a prevenire con altri mezzil'esposizione;
d) sorveglianza sanitaria dei lavoratori a norma degli articoli72-decies
e 72-undecies.
2. Salvo che non possa dimostrare con altri mezzi il conseguimentodi un
adeguato livello di prevenzione e di protezione, il datore di lavoro,periodicamente
ed ogni qualvolta sono modificate le condizioni che possonoinfluire sull'esposizione,
provvede ad effettuare la misurazione degli agentiche possono presentare
un rischio per la salute, con metodiche standardizzatedi cui è riportato
un elenco non esaustivo nell'allegato VIII-sexties o in loroassenza, con
metodiche appropriate e con particolare riferimento ai valorilimite di esposizione
professionale e per periodi rappresentatividell'esposizione in termini spazio
temporali.
3. Se è stato superato un valore limite di esposizioneprofessionale
stabilito dalla normativa vigente il datore di lavoro identificae rimuove
le cause dell'evento, adottando immediatamente le misure appropriatedi prevenzione
e protezione.
4. I risultati delle misurazioni di cui al comma 2 sono allegatiai documenti
di valutazione dei rischi e resi noti ai rappresentanti per lasicurezza
dei lavoratori. Il datore di lavoro tiene conto delle misurazioni effettuateai
sensi del comma 2 per l'adempimento degli obblighi conseguenti allavalutazione
dei rischi di cui all'articolo 72- quater. Sulla base dellavalutazione dei
rischi e dei principi generali di prevenzione e protezione, ildatore di
lavoro adotta le misure tecniche e organizzative adeguate alla naturadelle
operazioni, compresi l'immagazzinamento, la manipolazione e l'isolamentodi
agenti chimici incompatibili fra di loro; in particolare, il datore dilavoro
previene sul luogo di lavoro la presenza di concentrazioni pericolose disostanze
infiammabili o quantità pericolose di sostanze chimicamente instabili.
5. Laddove la natura dell'attività lavorativa non consenta diprevenire
sul luogo di lavoro la presenza di concentrazioni pericolose disostanze
infiammabili o quantità pericolose di sostanze chimicamente instabili,il
datore di lavoro deve in particolare:
a) evitare la presenza di fonti di accensione che potrebbero darluogo a
incendi ed esplosioni, o l'esistenza di condizioni avverse che potrebberoprovocare
effetti fisici dannosi ad opera di sostanze o miscele di sostanzechimicamente
instabili;
b) limitare, anche attraverso misure procedurali ed organizzativepreviste
dalla normativa vigente, gli effetti pregiudizievoli sulla salute e lasicurezza
dei lavoratori in caso di incendio o di esplosione dovutiall'accensione
di sostanze infiammabili, o gli effetti dannosi derivanti dasostanze o miscele
di sostanze chimicamente instabili;
6. Il datore di lavoro mette a disposizione attrezzature di lavoroed adotta
sistemi di protezione collettiva ed individuale conformi alledisposizioni
legislative e regolamentari pertinenti, in particolare per quantoriguarda
l'uso dei suddetti mezzi in atmosfere potenzialmente esplosive.
7. Il datore di lavoro adotta misure per assicurare un sufficientecontrollo
degli impianti, apparecchi e macchinari, anche mettendo adisposizione sistemi
e dispositivi finalizzati alla limitazione del rischio diesplosione o dispositivi
per limitare la pressione delle esplosioni.
8. Il datore di lavoro informa i lavoratori del superamento deivalori limite
di esposizione professionale, delle cause dell'evento e dellemisure di prevenzione
e protezione adottate e ne dà comunicazione all'organo divigilanza.
Articolo 72-septies
Disposizioni in caso di incidenti o di emergenze
- 1. Ferme restando le disposizioni di cui agli articoli 12 e 13 eal decreto
ministeriale 10 marzo 1998, il datore di lavoro, per proteggere lasalute
e la sicurezza dei lavoratori dalle conseguenze di incidenti o diemergenze
derivanti dalla presenza di agenti chimici pericolosi sul luogo dilavoro,
predispone procedure di intervento adeguate da attuarsi al verificarsidi
tali eventi. Tale misure comprendono esercitazioni di sicurezza daeffettuarsi
a intervalli regolari e la messa a disposizione di appropriatimezzi di pronto
soccorso.
2. Nel caso di incidenti o di emergenza, il datore di lavoroadotta immediate
misure dirette ad attenuarne gli effetti ed in particolare, diassistenza,
di evacuazione e di soccorso e ne informa i lavoratori. Il datoredi lavoro
adotta inoltre misure adeguate per porre rimedio alla situazionequanto prima.
3. Ai lavoratori cui è consentito operare nell'area colpita o ailavoratori
indispensabili all'effettuazione delle riparazioni e delle attivitànecessarie,
sono forniti indumenti protettivi, dispositivi di protezioneindividuale
ed idonee attrezzature di intervento che devono essere utilizzatesino a
quando persiste la situazione anomala.
4. Il datore di lavoro adotta le misure necessarie per approntaresistemi
d'allarme e altri sistemi di comunicazione necessari per segnalaretempestivamente
l'incidente o l'emergenza.
5. Le misure di emergenza devono essere contenute nel piano di cuial decreto
10 marzo 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblicaitaliana
n. 81 del 7 aprile 1998. In particolare nel piano vanno inserite:
a) informazioni preliminari sulle attività pericolose, sugliagenti
chimici pericolosi, sulle misure per l'identificazione dei rischi, sulleprecauzioni
e sulle procedure, in modo tale che servizi competenti per lesituazioni
di emergenza possano mettere a punto le proprie procedure e misureprecauzionali;
b) qualunque altra informazione disponibile sui rischi specificiderivanti
o che possano derivare dal verificarsi di incidenti o situazioni diemergenza,
comprese le informazioni sulle procedure elaborate in base alpresente articolo.
6. Nel caso di incidenti o di emergenza i soggetti non protettidevono immediatamente
abbandonare la zona interessata.
Articolo 72-octies
Informazione e formazione per i lavoratori
- 1. Fermo restando quanto previsto agli articoli 21 e 22, ildatore di lavoro
garantisce che i lavoratori o i loro rappresentanti disponganodi:
a) dati ottenuti attraverso la valutazione del rischio e ulterioriinformazioni
ogni qualvolta modifche importanti sul luogo di lavoro determininoun cambiamento
di tali dati;
b) informazioni sugli agenti chimici pericolosi presenti sul luogodi lavoro,
quali l'identità degli agenti, i rischi per la sicurezza e lasalute,
i relativi valori limite di esposizione professionale e altredisposizioni
normative relative agli agenti;
c) formazione ed informazioni su precauzioni ed azioni adeguate daintraprendere
per proteggere loro stessi ed altri lavoratori sul luogo dilavoro;
d) accesso ad ogni scheda dei dati di sicurezza messa adisposizione dal
fornitore ai sensi dei decreti legislativi 3 febbraio 1997, n.52 e 16 luglio
1998, n. 285, e successive modifiche.
2. Il datore di lavoro assicura che le informazioni siano:
a) fornite in modo adeguato al risultato della valutazione delrischio di
cui all'articolo 72-quater. Tali informazioni possono esserecostituite da
comunicazioni orali o dalla formazione e dall'addestramentoindividuali con
il supporto di informazioni scritte, a seconda della natura edel grado di
rischio rivelato dalla valutazione del rischio;
b) aggiornate per tener conto del cambiamento delle circostanze.
3. Laddove i contenitori e le condutture per gli agenti chimicipericolosi
utilizzati durante il lavoro non siano contrassegnati da segnali disicurezza
in base a quanto disposto dal decreto legislativo 14 agosto 1996, n.493,
il datore di lavoro provvede affinché la natura del contenuto deicontenitori
e delle condutture e gli eventuali rischi connessi sianochiaramente identificabili.
4. Il produttore e il fornitore devono trasmettere ai datori dilavoro tutte
le informazioni concernenti gli agenti chimici pericolosi prodottio forniti
secondo quanto stabilito dai decreti legislativi 3 febbraio 1997 n.52, e
16 luglio 1998, n. 285, e successive modifiche.
Articolo 72-novies
Divieti
- 1. Sono vietate la produzione, la lavorazione e l'impiego degliagenti
chimici sul lavoro e le attività indicate all'allegato VIII-quinquies.
2. Il divieto non si applica se un agente è presente in unpreparato,
o quale componente di rifiuti, purché la concentrazione individualesia
inferiore al limite indicato nello stesso allegato.
3. In deroga al divieto di cui al comma 1, possono essereeffettuate, previa
autorizzazione, le seguenti attività:
a) attività a fini esclusivi di ricerca e sperimentazionescientifica,
ivi comprese le analisi;
b) attività volte ad eliminare gli agenti chimici che sonopresenti
sotto forma di sottoprodotto o di rifiuti;
c) produzione degli agenti chimici destinati ad essere usati comeintermedi.
4. Ferme restando le disposizioni di cui al presente titolo, neicasi di
cui al comma 3, lettera c), il datore di lavoro evita l'esposizione deilavoratori,
stabilendo che la produzione e l'uso più rapido possibile degliagenti
come prodotti intermedi avvenga in
un sistema chiuso dal quale gli stessi possono essere rimossisoltanto nella
misura necessaria per il controllo del processo o per lamanutenzione del
sistema.
5. Il datore di lavoro che intende effettuare le attività di cuial
comma 3 deve inviare una richiesta di autorizzazione al Ministero del lavoroe
delle politiche sociali che la rilascia sentito il Ministero della salute
ela regione interessata. La richiesta di autorizzazione è corredata
dalleseguenti informazioni:
a) i motivi della richiesta di deroga;
b) i quantitativi dell'agente da utilizzare annualmente;
c) il numero dei lavoratori addetti;
d) descrizione delle attività e delle reazioni o processi;
e) misure previste per la tutela della salute e sicurezza e perprevenire
l'esposizione dei lavoratori.
Articolo 72-decies
Sorveglianza sanitaria
- 1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 72-quinquies, comma2, sono
sottoposti alla sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 16 ilavoratori
esposti agli agenti chimici pericolosi per la salute che rispondonoai criteri
per la classificazione come molto tossici, tossici, nocivi,sensibilizzanti,
irritanti, tossici per il ciclo riproduttivo.
2. La sorveglianza sanitaria viene effettuata:
a) prima di adibire il lavoratore alla mansione che comportaesposizione;
b) periodicamente, di norma una volta l'anno o con periodicitàdiversa
decisa dal medico competente con adeguata motivazione riportata neldocumento
di valutazione dei rischi e resa nota ai rappresentanti per lasicurezza
dei lavoratori, in funzione della valutazione del rischio e deirisultati
della sorveglianza sanitaria;
c) all'atto della cessazione del rapporto di lavoro. In taleoccasione il
medico competente deve fornire al lavoratore le eventualiindicazioni relative
alle prescrizioni mediche da osservare.
3. Il monitoraggio biologico è obbligatorio per i lavoratoriesposti
agli agenti per i quali è stato fissato un valore limite biologico.
Deirisultati di tale monitoraggio viene informato il lavoratore interessato.
Irisultati di tal monitoraggio, in forma anonima, vengono allegati al documentodi
valutazione dei rischi e comunicati ai rappresentanti per la sicurezza deilavoratori.
4. Gli accertamenti sanitari devono essere a basso rischio per illavoratore.
5. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente,adotta
misure preventive e protettive particolari per singoli lavoratori sullabase
delle risultanze degli esami clinici e biologici effettuati. Le misurepossono
comprendere l'allontanamento
del lavoratore secondo le procedure dell'articolo 8 del decretolegislativo
15 agosto 1991, n. 277.
6. Nel caso in cui all'atto della sorveglianza sanitaria sievidenzi, in
un lavoratore o in un gruppo di lavoratori esposti in manieraanaloga ad
uno stesso agente, l'esistenza di effetti pregiudizievoli per lasalute imputabili
a tale esposizione o il superamento di un valore limitebiologico, il medico
competente informa individualmente i lavoratori interessatied il datore
di lavoro.
7. Nei casi di cui al comma 6, il datore di lavoro deve:
a) sottoporre a revisione la valutazione dei rischi effettuata anorma dell'articolo
72- quater;
b) sottoporre a revisione le misure predisposte per eliminare oridurre i
rischi;
c) tenere conto del parere del medico competente nell'attuazionedelle misure
necessarie per eliminare o ridurre il rischio;
d) prendere le misure affinché sia effettuata una visita medicastraordinaria
per tutti gli altri lavoratori che hanno subito un'esposizionesimile.
8. L'organo di vigilanza, con provvedimento motivato, può disporrecontenuti
e periodicità della sorveglianza sanitaria diversi rispetto a quellidefiniti
dal medico competente.
Articolo 72-undecies
Cartelle sanitarie e di rischio
. - 1. Il medico competente, per ciascuno dei lavoratori di cuiall'articolo
72-decies istituisce ed aggiorna una cartella sanitaria e dirischio custodita
presso l'azienda, o l'unità produttiva, secondo quantoprevisto dall'articolo
17, comma 1, lettera d), e fornisce al lavoratoreinteressato tutte le informazioni
previste dalle lettere e) ed f) dello stessoarticolo. Nella cartella di
rischio sono, tra l'altro, indicati i livelli diesposizione professionale
individuali forniti dal Servizio di prevenzione eprotezione.
2. Su richiesta, è fornita agli organi di vigilanza copia deidocumenti
di cui al comma 1.
3. In caso di cessazione del rapporto di lavoro, le cartellesanitarie e
di rischio sono trasmesse all'ISPESL.
Articolo 72-duodecies
Consultazione e partecipazione dei lavoratori
- 1. La consultazione e partecipazione dei lavoratori o dei lororappresentanti
sono attuate ai sensi delle disposizioni di cui al Titolo I,Capo V.
Articolo 72-ter decies
Adeguamenti normativi
- 1. Con decreto dei Ministri del lavoro e delle politiche socialie della
salute, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra loStato,
le regioni e le province autonome, è istituito senza oneri per lo
Stato,un comitato consultivo per la determinazione e l'aggiornamento dei
valorilimite di esposizione professionale e dei valori limite biologici
relativi agliagenti chimici. Il Comitato è composto da nove membri
esperti nazionali dichiara fama in materia tossicologica e sanitaria di
cui tre in rappresentanzadel Ministero della salute su proposta dell'Istituto
superiore di sanità,dell'ISPESL e della Commissione tossicologica
nazionale, tre in rappresentanzadella Conferenza dei Presidenti delle regioni
e tre in rappresentanza delMinistero del lavoro e delle politiche sociali,
anche su proposta dell'Istitutoitaliano di medicina sociale. Il Comitato
si avvale del supporto organizzativoe logistico della direzione generale
della tutela delle condizioni di lavorodel Ministero del lavoro e delle
politiche sociali.
2. Con uno o più decreti dei Ministri del lavoro e delle politichesociali
e della salute d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tralo
Stato, le regioni e le province autonome, sentiti il Ministro per leattività
produttive, il Comitato di cui al comma 1 e le parti sociali, sonorecepiti
i valori di esposizione professionale e biologici obbligatoripredisposti
dalla Commissione europea, sono altresì stabiliti i valori limitenazionali
anche tenuto conto dei valori limite indicativi predisposti dalla Commissionemedesima
e sono aggiornati gli allegati VIII-ter, quater, quinquies e sexies infunzione
del progresso tecnico, dell'evoluzione di normative e specifichecomunitarie
o internazionali e delle conoscenze nel settore degli agentichimici pericolosi.
3. Con i decreti di cui al comma 2 è inoltre determinato ilrischio
moderato di cui all'articolo 72-quinquies, comma 2, in relazione altipo,
alle quantità ed alla esposizione di agenti chimici, anche tenuto
contodei valori limite indicativi fissati
dalla Unione europea e dei parametri di sicurezza.
4. Nelle more dell'emanazione dei decreti di cui al comma 2, conuno o più
decreti dei Ministri del lavoro e delle politiche sociali e dellasalute,
d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, leregioni
e le province autonome, possono essere stabiliti, entro quarantacinquegiorni
dalla data di entrata in vigore del presente decreto, i parametri perl'individuazione
del rischio moderato di cui all'articolo 72-quinquies, comma2, sulla base
di proposte delle associazioni di categoria dei datori di lavorointeressate
comparativamente rappresentative, sentite le associazioni deiprestatori
di lavoro interessate comparativamente rappresentative. Scadutoinutilmente
il termine di cui al precedente periodo, la valutazione del rischiomoderato
è comunque effettuata dal datore di lavoro".
titolo VIII (*)Protezione da agenti biologici
(*) Per una migliore interpretazione del Titolo VIII vedi:Circolare 7/8/1995
n. 102
capo I
Articolo 73
Campo di applicazione
1. Le norme del presente titolo si applicano a tutte le attivitàlavorative
nelle quali vi è rischio di esposizione ad agenti biologici.
2. Restano ferme le disposizioni particolari di recepimento dellenorme comunitarie
sull'impiego confinato di microrganismi geneticamentemodificati e sull'emissione
deliberata nell'ambiente di organismi geneticamentemodificati. Il comma
1 dell'art. 7 del decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 91,è soppresso.
Articolo 74
Definizioni
1. Ai sensi del presente titolo si intende per:
a) agente biologico: qualsiasi microorganismo anche segeneticamente modificato,
coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbeprovocare infezioni,
allergie o intossicazioni;
b) microorganismo: qualsiasi entità microbiologica, cellulare omeno,
in grado di riprodursi o trasferire materiale genetico;
c) coltura cellulare: il risultato della crescita in vitro dicellule derivate
da organismi pluricellulari.
Articolo 75
Classificazione degli agenti biologici
1. Gli agenti biologici sono ripartiti nei seguenti quattro gruppia seconda
del rischio di infezione:
a) agente biologico del gruppo 1: un agente che presenta pocheprobabilità
di causare malattie in soggetti umani;
b) agente biologico del gruppo 2: un agente che può causare malattiein
soggetti umani e costituire un rischio per i lavoratori; è poco probabileche
si propaghi nella comunità; sono di norma disponibili efficaci misureprofilattiche
o terapeutiche;
c) agente biologico del gruppo 3: un agente che può causaremalattie
gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per ilavoratori;
l'agente biologico può propagarsi nella comunità, ma di norma
sonodisponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche;
d) agente biologico del gruppo 4: un agente biologico che puòprovocare
malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per ilavoratori
e può presentare un elevato rischio di propagazione nella comunità;non
sono disponibili, di norma, efficaci misure profilattiche o terapeutiche.
2. Nel caso in cui l'agente biologico oggetto di classificazionenon può
essere attribuito in modo inequivocabile ad uno fra i due gruppisopraindicati,
esso va classificato nel gruppo di rischio più elevato tra ledue
possibilità.
3. L'allegato XI riporta l'elenco degli agenti biologiciclassificati nei
gruppi 2, 3, 4.
Articolo 76 (*)
Comunicazione
1. Il datore di lavoro che intende esercitare attività checomportano
uso di agenti biologici dei gruppi 2 o 3, comunica all'organo divigilanza
territorialmente competente le seguenti informazioni, almeno trentagiorni
prima dell'inizio dei lavori:
a) il nome e l'indirizzo dell'azienda e il suo titolare;
b) il documento di cui all'art. 78, comma 5.
2. Il datore di lavoro che è stato autorizzato all'esercizio diattività
che comporta l'utilizzazione di un agente biologico del gruppo 4 ètenuto
alla comunicazione di cui al comma 1.
3. Il datore di lavoro invia una nuova comunicazione ogniqualvolta si verificano
nelle lavorazioni mutamenti che comportano unavariazione significativa del
rischio per la salute sul posto di lavoro, o,comunque, ogni qualvolta si
intende utilizzare un nuovo agente classificato daldatore di lavoro in via
provvisoria.
4. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso alle informazionidi cui
al comma 1.
5. Ove le attività di cui al comma 1 comportano la presenza dimicroorganismi
geneticamente modificati appartenenti al gruppo II, comedefinito all'art.
4 del decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 91, il documentodi cui al comma
1, lettera b), è sostituito da copia della documentazioneprevista
per i singoli casi di specie dal predetto decreto.
6. I laboratori che forniscono un servizio diagnostico sono tenutialla comunicazione
di cui al comma 1 anche per quanto riguarda gli agentibiologici del gruppo
4.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare7/8/1995
n. 102.
Articolo 77 (*)
Autorizzazione
1. Il datore di lavoro che intende utilizzare, nell'eserciziodella propria
attività, un agente biologico del gruppo 4 deve munirsi diautorizzazione
del Ministero della sanità.
2. La richiesta di autorizzazione è corredata da:
a) le informazioni di cui all'art. 76, comma 1;
b) l'elenco degli agenti che si intende utilizzare.
3. L'autorizzazione è rilasciata dal Ministero della sanitàsentito
il parere dell'Istituto superiore di sanità. Essa ha la durata di
5anni ed è rinnovabile. L'accertamento del venir meno di una delle
condizionipreviste per l'autorizzazione ne comporta la revoca.
4. Il datore di lavoro in possesso dell'autorizzazione di cui alcomma 1
informa il Ministero della sanità di ogni nuovo agente biologico
delgruppo 4 utilizzato, nonché di ogni avvenuta cessazione di impiego
di un agentebiologico del gruppo 4.
5. I laboratori che forniscono un servizio diagnostico sonoesentati dagli
adempimenti di cui al comma 4.
6. Il Ministero della sanità comunica all'organo di vigilanzacompetente
per territorio le autorizzazioni concesse e le variazionisopravvenute nell'utilizzazione
di agenti biologici del gruppo 4. Il Ministerodella sanità istituisce
ed aggiorna un elenco di tutti gli agenti biologici delgruppo 4 dei quali
è stata comunicata l'utilizzazione sulla base delleprevisioni di
cui ai commi 1 e 4.
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare7/8/1995
n. 102.
Capo IIObblighi del datore di lavoro
Articolo 78
Valutazione del rischio
1. Il datore di lavoro, nella valutazione del rischio di cuiall'art. 4,
comma 1, tiene conto di tutte le informazioni disponibili relativealle caratteristiche
dell'agente biologico e delle modalità lavorative, ed inparticolare:
a) della classificazione degli agenti biologici che presentano opossono
presentare un pericolo per la salute umana quale risultantedall'allegato
XI, o, in assenza, di quella effettuata dal datore di lavorostesso sulla
base delle conoscenze disponibili e seguendo i criteri di cuiall'art. 75,
commi 1 e 2;
b) dell'informazione sulle malattie che possono essere contratte;
c) dei potenziali effetti allergici e tossici;
d) della conoscenza di una patologia della quale è affetto unlavoratore,
che è da porre in correlazione diretta all'attività lavorativasvolta;
e) delle eventuali ulteriori situazioni rese note dall'autoritàsanitaria
competente che possono influire sul rischio;
f) del sinergismo dei diversi gruppi di agenti biologiciutilizzati.
2. Il datore di lavoro applica i principi di buona prassimicrobiologica,
ed adotta, in relazione ai rischi accertati, le misureprotettive e preventive
di cui al presente titolo, adattandole alleparticolarità delle situazioni
lavorative.
3. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cuial comma
1 in occasione di modifiche dell'attività lavorativa significative
aifini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi
treanni dall'ultima valutazione effettuata.
4. Nelle attività, quali quelle riportate a titolo esemplificativonell'allegato
IX, che, pur non comportando la deliberata intenzione di operarecon agenti
biologici, possono implicare il rischio di esposizioni deilavoratori agli
stessi, il datore di lavoro può prescindere dall'applicazionedelle
disposizioni di cui agli articoli 80, 81, commi 1 e 2, 82, comma 3, e 86,qualora
i risultati della valutazione dimostrano che l'attuazione di talimisure
non è necessaria.
5. Il documento di cui all'art. 4, commi 2 e 3, è integrato daiseguenti
dati:
a) le fasi del procedimento lavorativo che comportano il rischiodi esposizione
ad agenti biologici;
b) il numero dei lavoratori addetti alle fasi di cui alla letteraa);
c) le generalità del responsabile del servizio di prevenzione eprotezione
dai rischi;
d) i metodi e le procedure lavorative adottate, nonché le misurepreventive
e protettive applicate;
e) il programma di emergenza per la protezione dei lavoratoricontro i rischi
di esposizione ad un agente biologico del gruppo 3 o del gruppo4, nel caso
di un difetto nel contenimento fisico.
6. Il rappresentante per la sicurezza è consultato primadell'effettuazione
della valutazione di cui al comma 1 ed ha accesso anche aidati di cui al
comma 5.
Articolo 79
Misure tecniche, organizzative, procedurali
1. In tutte le attività per le quali la valutazione di cuiall'art.
78 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori il datore di lavoroattua
misure tecniche, organizzative e procedurali, per evitare ogniesposizione
degli stessi ad agenti biologici.
2. In particolare, il datore di lavoro:
a) evita l'utilizzazione di agenti biologici nocivi, se il tipo diattività
lavorativa lo consente;
b) limita al minimo i lavoratori esposti, o potenzialmenteesposti, al rischio
di agenti biologici;
c) progetta adeguatamente i processi lavorativi;
d) adotta misure collettive di protezione ovvero misure diprotezione individuali
qualora non sia possibile evitare altrimentil'esposizione;
e) adotta misure igieniche per prevenire e ridurre al minimo lapropagazione
accidentale di un agente biologico fuori dal luogo di lavoro;
f) usa il segnale di rischio biologico, rappresentatonell'allegato X, e
altri segnali di avvertimento appropriati;
g) elabora idonee procedure per prelevare, manipolare e trattarecampioni
di origine umana ed animale;
h) definisce procedure di emergenza per affrontare incidenti;
i) verifica la presenza di agenti biologici sul luogo di lavoro aldi fuori
del contenimento fisico primario, se necessario o tecnicamenterealizzabile;
l) predispone i mezzi necessari per la raccolta,l'immagazzinamento e lo
smaltimento dei rifiuti in condizioni di sicurezza,mediante l'impiego di
contenitori adeguati ed identificabili eventualmente dopoidoneo trattamento
dei rifiuti stessi;
m) concorda procedure per la manipolazione ed il trasporto incondizioni
di sicurezza di agenti biologici all'interno del luogo di lavoro.
Articolo 80
Misure igieniche
1. In tutte le attività nelle quali la valutazione di cui all'art.78
evidenzia rischi per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro assicurache:
a) i lavoratori dispongano dei servizi sanitari adeguati provvistidi docce
con acqua calda e fredda, nonché, se del caso, di lavaggi oculari
eantisettici per la pelle;
b) i lavoratori abbiano in dotazione indumenti protettivi od altriindumenti
idonei, da riporre in posti separati dagli abiti civili;
c) i dispositivi di protezione individuale siano controllati,disinfettati
e puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo altresì a farriparare
o sostituire quelli difettosi prima dell'utilizzazione successiva;
d) gli indumenti di lavoro e protettivi che possono esserecontaminati da
agenti biologici vengano tolti quando il lavoratore lascia lazona di lavoro,
conservati separatamente dagli altri indumenti, disinfettati,puliti e, se
necessario, distrutti.
2. E' vietato assumere cibi o bevande e fumare nelle aree dilavoro in cui
c'è il rischio di esposizione.
Articolo 81
Misure specifiche per le strutture sanitarie e veterinarie
1. Il datore di lavoro, nelle strutture sanitarie e veterinarie,in sede
di valutazione dei rischi, presta particolare attenzione alla possibilepresenza
di agenti biologici nell'organismo dei pazienti o degli animali e neirelativi
campioni e residui e al rischio che tale presenza comporta inrelazione al
tipo di attività svolta.
2. In relazione ai risultati della valutazione, il datore dilavoro definisce
e provvede a che siano applicate procedure che consentano dimanipolare,
decontaminare ed eliminare senza rischi per l'operatore e per lacomunità,
i materiali ed i rifiuti contaminati.
3. Nei servizi di isolamento che ospitano pazienti od animali chesono, o
potrebbero essere, contaminati da agenti biologici del gruppo 3 o delgruppo
4, le misure di contenimento da attuare per ridurre al minimo il rischiodi
infezione sono indicate nell'allegato XII.
Articolo 82
Misure specifiche per i laboratori e gli stabulari
1. Fatto salvo quanto specificatamente previsto all'allegato XI,punto 6,
nei laboratori comportanti l'uso di agenti biologici dei gruppi 2, 3 o4
a fini di ricerca, didattici o diagnostici, e nei locali destinati ad animalida
laboratorio deliberatamente contaminati con tali agenti, il datore di lavoroadotta
idonee misure di contenimento in conformità all'allegato XII.
2. Il datore di lavoro assicura che l'uso di agenti biologici siaeseguito:
a) in aree di lavoro corrispondenti almeno al secondo livello dicontenimento,
se l'agente appartiene al gruppo 2;
b) in aree di lavoro corrispondenti almeno al terzo livello dicontenimento,
se l'agente appartiene al gruppo 3;
c) in aree di lavoro corrispondenti almeno al quarto livello dicontenimento,
se l'agente appartiene al gruppo 4.
3. Nei laboratori comportanti l'uso di materiali con possibilecontaminazione
da agenti biologici patogeni per l'uomo e nei locali destinatiad animali
da esperimento, possibili portatori di tali agenti, il datore dilavoro adotta
misure corrispondenti almeno a quelle del secondo livello dicontenimento.
4. Nei luoghi di cui ai commi 1 e 3 in cui si fa uso di agentibiologici
non ancora classificati, ma il cui uso può far sorgere un rischiograve
per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro adotta misurecorrispondenti
almeno a quelle del terzo livello di contenimento.
5. Per i luoghi di lavoro di cui ai commi 3 e 4, il Ministerodella sanità,
sentito l'Istituto superiore di sanità, può individuare misure
dicontenimento più elevate.
Articolo 83
Misure specifiche per i processi industriali
1. Fatto salvo quanto specificatamente previsto all'allegato XI,punto 6,
nei processi industriali comportanti l'uso di agenti biologici deigruppi
2, 3 e 4, il datore di lavoro adotta misure opportunamente scelte traquelle
elencate nell'allegato XIII, tenendo anche conto dei criteri di cuiall'art.
82, comma 2.
2. Nel caso di agenti biologici non ancora classificati, il cuiuso può
far sorgere un rischio grave per la salute dei lavoratori, il datore dilavoro
adotta misure corrispondenti almeno a quelle del terzo livello di contenimento.
Articolo 84
Misure di emergenza
1. Se si verificano incidenti che possono provocare la dispersionenell'ambiente
di un agente biologico appartenente ai gruppi 2, 3 o 4, ilavoratori devono
abbandonare immediatamente la zona interessata, cui possonoaccedere soltanto
quelli addetti ai necessari interventi, con l'obbligo diusare gli idonei
mezzi di protezione.
2. Il datore di lavoro informa al più presto l'organo di vigilanzaterritorialmente
competente, nonché i lavoratori ed il rappresentante per lasicurezza,
dell'evento, delle cause che lo hanno determinato e delle misure cheintende
adottare, o che ha già adottato, per porre rimedio alla situazionecreatasi.
3. I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o aldirigente
o al preposto, qualsiasi infortunio o incidente relativo all'uso diagenti
biologici.
Articolo 85
Informazione e formazione
1. Nelle attività per le quali la valutazione di cui all'art. 78evidenzia
rischi per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro fornisce ailavoratori,
sulla base delle conoscenze disponibili, informazioni edistruzioni, in particolare
per quanto riguarda:
a) i rischi per la salute dovuti agli agenti biologici utilizzati;
b) le precauzioni da prendere per evitare l'esposizione;
c) le misure igieniche da osservare;
d) la funzione degli indumenti di lavoro e protettivi e deidispositivi di
protezione individuale ed il loro corretto impiego;
e) le procedure da seguire per la manipolazione di agentibiologici del gruppo
4;
f) il modo di prevenire il verificarsi di infortuni e le misure daadottare
per ridurne al minimo le conseguenze.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazioneadeguata in
particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.
3. L'informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sonofornite prima
che i lavoratori siano adibiti alle attività in questione, eripetute,
con frequenza almeno quinquennale, e comunque ogni qualvolta siverifichino
nelle lavorazioni cambiamenti che influiscano sulla natura e sulgrado dei
rischi.
4. Nel luogo di lavoro sono apposti in posizione ben visibilecartelli su
cui sono riportate le procedure da seguire in caso di infortunio odincidente.
capo IIISorveglianza sanitaria
Articolo 86
Prevenzione e controllo
1. I lavoratori addetti alle attività per le quali la valutazionedei
rischi ha evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti allasorveglianza
sanitaria.
2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente,adotta
misure protettive particolari per quei lavoratori per i quali, anche permotivi
sanitari individuali si richiedono misure speciali di protezione, fra lequali:
a) la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratoriche non
sono già immuni all'agente biologico presente nella lavorazione,
dasomministrare a cura del medico competente;
b) l'allontanamento temporaneo del lavoratore secondo le proceduredell'art.
8 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277.
2-bis. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, neilavoratori
esposti in modo analogo ad uno stesso agente, l'esistenza dianomalia imputabile
a tale esposizione, il medico competente ne informa ildatore di lavoro.
2-ter. A seguito dell'informazione di cui al comma 3 il datore dilavoro
effettua una nuova valutazione del rischio in conformità all'articolo78.
2-quater. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguateinformazioni
sul controllo sanitario cui sono sottoposti e sulla necessità disottoporsi
ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attività che
comportarischio di esposizione a particolari agenti biologici individuati
nell'allegatoXI, nonché sui vantaggi ed inconvenienti della vaccinazione
e della nonvaccinazione.
Articolo 87
Registri degli esposti e degli eventi accidentali
1. I lavoratori addetti ad attività comportanti uso di agenti delgruppo
3 ovvero 4 sono iscritti in un registro in cui sono riportati, perciascuno
di essi, l'attività svolta, l'agente utilizzato e gli eventuali casidi
esposizione individuale.
2. Il datore di lavoro istituisce ed aggiorna il registro di cuial comma
1 e ne cura la tenuta tramite il medico competente. Il responsabiledel servizio
di prevenzione e protezione e il rappresentante per la sicurezzahanno accesso
a detto registro.
3. Il datore di lavoro:
a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all'Istitutosuperiore di
sanità, all'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sullavoro
e all'organo di vigilanza competente per territorio, comunicando adessi,
ogni tre anni e comunque ogni qualvolta questi ne fanno richiesta, levariazioni
intervenute;
b) comunica all'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezzasul lavoro
e all'organo di vigilanza competente per territorio la cessazionedel rapporto
di lavoro dei lavoratori di cui al comma 1 fornendo al contempol'aggiornamento
dei dati che li riguardano e consegna al medesimo Istituto lerelative cartelle
sanitarie e di rischio;
c) in caso di cessazione di attività dell'azienda, consegnaall'Istituto
superiore di sanità e all'organo di vigilanza competente perterritorio,
copia del registro di cui al comma 1 ed all'Istituto superiore perla prevenzione
e sicurezza sul lavoro copia del medesimo registro nonché lecartelle
sanitarie e di rischio;
d) in caso di assunzione di lavoratori che hanno esercitatoattività
che comportano rischio di esposizione allo stesso agente richiedeall'ISPESL
copia delle annotazioni individuali contenute nel registro di cui alcomma
1, nonché copia della cartella sanitaria e di rischio;
e) tramite il medico competente comunica ai lavoratori interessatile relative
annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 enella
cartella sanitaria e di rischio e al rappresentante per la sicurezza idati
collettivi anonimi contenuti nel registro di cui al comma 1.
4. Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui alcomma 1 e
le cartelle sanitarie e di rischio sono conservate dal datore dilavoro fino
a risoluzione del rapporto di lavoro e dall'ISPESL fino a diecianni dalla
cessazione di ogni attività che espone ad agenti biologici. Nel casodi
agenti per i quali è noto che possono provocare infezioni consistenti
olatenti o che danno luogo a malattie con recrudescenza periodica per lungotempo
o che possono avere gravi sequele a lungo termine tale periodo è
diquaranta anni.
5. La documentazione di cui ai precedenti commi è custodita etrasmessa
con salvaguardia del segreto professionale.
6. I modelli e le modalità di tenuta del registro di cui al comma1
e delle cartelle sanitarie e di rischio sono determinati con decreto delMinistro
della sanità e del lavoro e della previdenza sociale sentita lacommissione
consultiva permanente.
7. L'ISPESL trasmette annualmente al Ministero della sanità datidi
sintesi relativi alle risultanze del registro di cui al comma 1.
Articolo 88
Registro dei casi di malattia e di decesso
1. Presso l'ISPESL è tenuto un registro dei casi di malattiaovvero
di decesso dovuti all'esposizione ad agenti biologici.
2. I medici, nonché le strutture sanitarie, pubbliche o private,che
refertano i casi di malattia, ovvero il decesso di cui al comma 1,trasmettono
all'ISPESL copia della relativa documentazione clinica.
3. Con decreto dei Ministri della sanità e del lavoro e dellaprevidenza
sociale, sentita la commissione consultiva, sono determinati ilmodello e
le modalità di tenuta del registro di cui al comma 1, nonché
lemodalità di trasmissione della documentazione di cui al comma 2.
4. Il Ministero della sanità fornisce alla commissione CE, surichiesta,
informazioni sull'utilizzazione dei dati del registro di cui alcomma 1.
titolo IXsanzioni
Articolo 89
Contravvenzioni commesse dai datori di lavoro e dai dirigenti
1. Il datore di lavoro è punito con l'arresto da tre a sei mesi ocon
l'ammenda da lire tre milioni a otto milioni per la violazione degliarticoli
4, commi 2, 4, lettera a), 6, 7 e 11, primo periodo; 63, commi 1, 4 e5;
69, comma 5, lettera a); 78, commi 3 e 5; 86, comma 2-ter.
2. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti:
(27) (28) a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da liretre
milioni a lire otto milioni per la violazione degli articoli 4, comma 5,lettere
b), d), e), h), l), n) e q); 7, comma 2; 12, commi 1, lettere d) ed e)e
4; 15, comma 1; 22, commi da 1 a 5; 30, commi 3, 4, 5 e 6; 31, commi 3 e
4;32; 35, commi 1, 2, 4, 4-bis, 4-ter, 4-quater e 5; 36, comma 8-ter; 38;
41; 43,commi 3, 4, lettere a), b), d) e g) e 5; 48; 49, comma 2; 52, comma
2; 54; 55,commi 1, 3 e 4; 56, comma 2; 58; 72-quater, commi da 1 a 3, 6
e 7; 72-sexies;72-septies; 72-novies, commi 1, 3, 4 e 5; 72- decies,comma
7; 62; 63, comma 3; 64; 65, comma 1; 66, comma 2; 67, commi 1 e 2; 68;69,
commi 1, 2 e 5 lettera b); 77, comma 1; 78, comma 2; 79; 80, comma 1; 81,commi
2 e 3; 82; 83; 85, comma 2; 86, commi 1 e 2;
b) (29) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da lireun milione
a lire cinque milioni per la violazione degli articoli 4, commi 4,lettere
b) e c), 5, lettere c), f), g), i), m) e p); 7, commi 1 e 3; 9, comma2;
10; 12, comma 1, lettere a), b) e c); 21; 37; 43, comma 4, lettere c), e)
edf); 49, comma 1; 56, comma 1; 57; 72- octies, commi 1, 2 e 3, 72-decies,commi
1, 2, 3, e 5; 66, commi 1 e 4; 67, comma 3; 70, comma 1; 76, commi 1, 2
e3; 77, comma 4; 84, comma 2; 85, commi 1 e 4; 87, commi 1 e 2.
3. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti con la sanzioneamministrativa
pecuniaria da lire un milione a lire sei milioni per laviolazione degli
articoli 4, commi 5, lettera o), e 8; 8, comma 11; 11; 70,commi 3, 4, 5,
6 e 8; 87, commi 3 e 4.
Articolo 90
Contravvenzioni commesse dai preposti
1. I preposti sono puniti:
(30) (31) a) con l'arresto sino a due mesi o con l'ammenda da lirecinquecentomila
a lire due milioni per la violazione degli articoli 4, comma 5,lettere b),
d), e), h), l), n) e q); 7, comma 2; 12, commi 1, lettere d) ed e),e 4;
15, comma 1; 30, commi 3, 4, 5 e 6; 31, commi 3 e 4; 32; 35, commi 1, 2,4,
4-bis, 4-ter, 4-quater e 5; 36, comma 8-ter; 38; 41; 43, commi 3, 4, letterea),
b) e d); 48; 52, comma 2; 54; 55, commi 1, 3 e 4; 58; 72-quater,commi da
1 a 3, 6 e 7; 72-sexies; 72-septies; 72- novies,commi 1, 3, 4 e 5; 72-decies,
comma 7; 62; 63, comma 3; 64; 65, comma 1;67, commi 1 e 2; 68; 69, commi
1 e 2; 78, comma 2; 79; 80, comma 1; 81, commi 2e 3; 82; 83; 86, commi 1
e 2;
(32) b) con l'arresto sino a un mese o con l'ammenda da liretrecentomila
a lire un milione per la violazione degli articoli 4, comma 5,lettere c),
f), g), i) e m); 7, commi 1, lettera b) e 3; 9, comma 2; 12, comma1, lettere
a) e c); 21; 37; 43, comma 4, lettere c), e) ed f); 49, comma 1; 56,comma
1; 57; 72-sexies, comma 8; 72-decies, commi 1, 2, 3, e 5;66, commi 1 e 4;
85, commi 1 e 4.
Articolo 91
Contravvenzioni commesse dai progettisti, dai fabbricanti e dagliinstallatori
1. La violazione dell'art. 6, comma 2, è punita con l'arresto finoa
sei mesi o con l'ammenda da lire quindici milioni a lire sessanta milioni.
2. La violazione dell'art. 6, commi 1 e 3, è punita con l'arrestofino
ad un mese o con l'ammenda da lire seicentomila a lire due milioni.
Articolo 92
Contravvenzioni commesse dal medico competente
1. Il medico competente è punito:
(33) a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da lire unmilione
a lire sei milioni per la violazione degli articoli 17, comma 1,lettere
b), d), h) e l); 72- decies, comma3, primo periodo e comma 6; 72-undecies;
69, comma 4; 86, comma 2-bis;
b) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da lirecinquecentomila a
lire tre milioni per la violazione degli articoli 17, comma1, lettere e),
f), g) ed i) nonché del comma 3 e (34) 70, comma 2.
Articolo 93
Contravvenzioni commesse dai lavoratori
1. I lavoratori sono puniti:
a) con l'arresto fino ad un mese o con l'ammenda da lirequattrocentomila
a lire un milione e duecentomila per la violazione degliarticoli: 5, comma
2; 12, comma 3, primo periodo; 39; 44; 84, comma 3.
b) con l'arresto fino a quindici giorni o con l'ammenda da lireduecentomila
a lire seicentomila per la violazione degli articoli 67, comma 2;84, comma
1.
Articolo 94
Violazioni amministrative
1. Chiunque viola le disposizioni di cui agli articoli 65, comma2, e 80,
comma 2, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lirecentomila
a lire trecentomila.
titolo XDisposizioni transitorie e finali (35)
Articolo 95 (*)
Norma transitoria
1. In sede di prima applicazione del presente decreto e comunquenon oltre
il 31 dicembre 1996 il datore di lavoro che intende svolgeredirettamente
i compiti di prevenzione e protezione dai rischi è esonerato dallafrequenza
del corso di formazione di cui al comma 2 dell'art. 10, fermarestando l'osservanza
degli adempimenti previsti dal predetto art. 10, comma 2,lettere a), b)
e c).
(*) Per una migliore interpretazione dell'articolo vedi: Circolare19/11/1996
n. 154.
Articolo 96
Decorrenza degli obblighi di cui all'articolo 4
1. E' fatto obbligo di adottare le misure di cui all'art. 4 neltermine di
dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
Articolo 96 bis
Attuazione degli obblighi
1. Il datore di lavoro che intraprende un'attività lavorativa dicui
all'art. 1 è tenuto a elaborare il documento di cui all'art. 4 comma
2 delpresente decreto entro tre mesi dall'effettivo inizio dell'attività.
Articolo 97
Obblighi d'informazione
1. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale trasmettealla commissione:
a) il testo delle disposizioni di diritto interno adottate nelsettore della
sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro;
b) ogni cinque anni, una relazione sull'attuazione pratica delledisposizioni
dei titoli I, II, III e IV;
c) ogni quattro anni, una relazione sull'attuazione pratica delledisposizioni
dei titoli V e VI.
2. Le relazioni di cui al comma 1 sono trasmesse anche allecommissioni parlamentari.
Articolo 98
Norma finale
1. Restano in vigore, in quanto non specificatamente modificatedal presente
decreto, le disposizioni vigenti in materia di prevenzione degliinfortuni
ed igiene del lavoro.
(Disposizioni transitorie e finali)
1. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore delpresente decreto
gli organi di direzione politica o, comunque, di vertice delleamministrazioni
pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 3febbraio
1993, n. 29, procedono all'individuazione dei soggetti di cui all'art.2,
comma 1, lettera b), secondo periodo, del presente decreto, tenendo contodell'ubicazione
e dell'ambito funzionale degli uffici nei quali viene svoltal'attività.
2. I decreti di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativon. 626/1994,
come modificato dall'art. 1 del presente decreto, sono emanatientro sei
mesi dalla data di pubblicazione del presente decreto.
3. Le disposizioni di cui all'art. 4, commi 1, 2, 4 e 11 deldecreto legislativo
n. 626/ 1994, come modificato dall'art. 3 del presentedecreto, devono essere
osservate:
a) entro il 1° luglio 1996 dalle imprese di cui all'art. 8, comma5,
lettere a), b), c), d), e) ed f);
b) entro il 1° gennaio 1997 negli altri settori di attività.
4. Sino al 31 dicembre 1997, per le contravvenzioni di cui altitolo IX del
decreto legislativo n. 626/1994, come modificate dagli articoli22, 23 e
24, relativamente alla violazione degli obblighi non ancora vigentialla
data di entrata in vigore del presente decreto, i termini previstidall'art.
20, comma 1, del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758 sonoraddoppiati
e la somma di cui all'art. 21, comma 2, dello stesso decreto èridotta
della metà.
Allegato I (*)
Casi in cui è consentito lo svolgimento diretto da parte deldatore
di lavoro 0dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi (art. 10).
1. Aziende artigiane e industriali (36) fino a 30
addetti
2. Aziende agricole e zootecniche fino a 10 addetti (37)
3. Aziende della pesca fino a 20 addetti
4. Altre aziende fino a 200 addetti
(*) Per una migliore interpretazione dell'allegato I vedi:Circolare 19/11/1996
n. 154; Decreto 16/1/1997.
Allegato II
Prescrizioni di sicurezza e di salute per i luoghi di lavoro
1. Rilevazione e lotta antincendio
A seconda delle dimensioni e dell'uso degli edifici, delleattrezzature presenti,
delle caratteristiche fisiche e chimiche delle sostanzepresenti, nonché
del numero massimo di persone che possono essere presenti, iluoghi di lavoro
devono essere dotati di dispositivi adeguati per combatterel'incendio, e
se del caso, di rilevatori di incendio e di sistemi di allarme.
I dispositivi non automatici di lotta antincendio devono esserefacilmente
accessibili e utilizzabili.
Essi devono essere oggetto di una segnaletica conforme allanormativa vigente.
Questa segnaletica deve essere apposta nei luoghi appropriati edessere durevole.
2. Locali adibiti al pronto soccorso
Qualora l'importanza dei locali, il tipo di attività in essisvolta
e la frequenza degli infortuni lo richiedano, occorre prevedere uno opiù
locali adibiti al pronto soccorso.
I locali adibiti al pronto soccorso devono essere dotati diapparecchi e
di materiale di pronto soccorso indispensabile ed esserefacilmente accessibili
con barelle.
Essi devono essere oggetto di una segnaletica conforme allanormativa vigente.
Il materiale di pronto soccorso deve inoltre essere disponibile intutti
i luoghi in cui le condizioni di lavoro lo richiedano.
Esso deve essere oggetto di una segnaletica appropriata e deveessere facilmente
accessibile.
Allegato III
Schema indicativo per l'inventario dei rischi ai finidell'impiego di attrezzature
di protezione individuale
Vedere schema alla pagina successiva
Allegato IV
Elenco indicativo e non esaurientedelle attrezzature di protezione individuale
Dispositivi di protezione della testa
- 1 Caschi di protezione perl'industria (caschi
per miniere, cantieri di lavori pubblici, industrie varie);
- 2 Copricapo leggero perproteggere il cuoio
capelluto (berretti, cuffie, retine con o senza visiera);
- 3 Copricapo di protezione(cuffie, berretti,
cappelli di tela cerata ecc., in tessuto, in tessutorivestito, ecc.).
Dispositivi di protezione dell'udito
- 1 Palline e tappi per leorecchie;
- 2 Caschi (comprendentil'apparato auricolare);
- 3 Cuscinetti adattabili aicaschi di protezione
per l'industria;
- 4 Cuffie con attacco perricezione a bassa
frequenza;
- 5 Dispositivi diprotezione contro il rumore
con apparecchiature di intercomunicazione.
Dispositivi di protezione degli occhi e del viso
- 1 Occhiali a stanghette;
- 2 Occhiali a maschera;
- 3 Occhiali di protezionecontro i raggi x,
i raggi laser, le radiazioni ultraviolette, infrarosse,visibili;
- 4 Schermi facciali;
- 5 Maschere e caschi per lasaldatura ad arco
(maschere a mano, a cuffia o adattabili a caschi protettivi).
Dispositivi di protezione delle vie respiratorie
- 1 Apparecchi antipolvere,antigas e contro
le polveri radioattive;
- 2 Apparecchi isolanti apresa d'aria;
- 3 Apparecchi respiratoricon maschera per
saldatura amovibile;
- 4 Apparecchi edattrezzature per sommozzatori;
- 5 Scafandri persommozzatori.
Dispositivi di protezione delle mani e delle braccia
- 1 Guanti: contro le aggressioni meccaniche
(perforazioni, tagli, vibrazioni, ecc.);contro le aggressioni chimiche;per
elettricisti e antitermici.
- 2 Guanti a sacco;
- 3 Ditali;
- 4 Manicotti;
- 5 Fasce di protezione deipolsi;
- 6 Guanti a mezze dita;
- 7 Manopole.
Dispositivi di protezione dei piedi e delle gambe
- 1 Scarpe basse, scarponi,tronchetti, stivali
di sicurezza;
- 2 Scarpe a slacciamento osganciamento rapido;
- 3 Scarpe con protezionesupplementare della
punta del piede;
- 4 Scarpe e soprascarpe consuola anticalore;
- 5 Scarpe, stivali e soprastivalidi protezione
contro il calore;
- 6 Scarpe, stivali esoprastivali di protezione
contro il freddo;
- 7 Scarpe, stivali esoprastivali di protezione
contro le vibrazioni;
- 8 Scarpe, stivali esoprastivali di protezione
antistatici;
- 9 Scarpe, stivali esoprastivali di protezione
isolanti;
- 10 Stivali di protezionecontro le catene delle trance meccaniche;
- 11 Zoccoli;
- 12 Ginocchiere;
- 13 Dispositivi diprotezione amovibili del collo del piede;
- 14 Ghette;
- 15 Suole amovibili(anticalore, antiperforazione o antitraspirazione);
- 16 Ramponi amovibili perghiaccio, neve, terreno sdrucciolevole.
Dispositivi di protezione della pelle
- 1 Creme protettive/pomate.
Dispositivi di protezione del tronco e dell'addome
- 1 Giubbotti, giacche egrembiuli di protezione
contro le aggressioni meccaniche (perforazioni, tagli,spruzzi di metallo
fuso, ecc.);
- 2 Giubbotti, giacche egrembiuli di protezione
contro le aggressioni chimiche;
- 3 Giubbotti termici;
- 4 Giubbotti disalvataggio;
- 5 Grembiuli di protezionecontro i raggi
x;
- 6 Cintura di sicurezza deltronco.
Dispositivi dell'intero corpo
- 1 Attrezzature diprotezione contro le cadute;
- 2 Attrezzature cosiddetteanticaduta (attrezzature
complete comprendenti tutti gli accessori necessari alfunzionamento);
- 3 Attrezzature con frenoad assorbimento
di energia cinetica (attrezzature complete comprendenti tuttigli accessori
necessari al funzionamento);
- 4 Dispositivo di sostegnodel corpo (imbracatura
di sicurezza).
Indumenti di protezione
- 1 Indumenti di lavorocosiddetti di
sicurezza" (due pezzi e tute);
- 2 Indumenti di protezionecontro le aggressioni
meccaniche (perforazioni, tagli, ecc.);
- 3 Indumenti di protezionecontro le aggressioni
chimiche;
- 4 Indumenti di protezionecontro gli spruzzi
di metallo fuso e di raggi infrarossi;
- 5 Indumenti di protezionecontro il calore;
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