Disposizioni
Dal 28 giugno 1998 è entrato in vigore il decreto legislativo 26
maggio 1997, n.155, in attuazione delle Direttive 43/93/CEE e 96/3/CEE riguardanti
ligiene dei prodotti alimentari; tale decreto stabilisce che tutte
le aziende operanti nel settore alimentare applichino un Sistema di autocontrollo
aziendale, basato sul cosiddetto metodo HACCP, al fine di garantire e mantenere
specifici standard di igiene e salubrità dei propri prodotti in tutte
le fasi in cui si articola lattività e successive alle fasi
produttive primarie (raccolta, mungitura, allevamento).
Pertanto, appare evidente come il decreto in questione vada a coinvolgere
ogni soggetto pubblico o privato, con o senza fini di lucro, che eserciti
una o più delle seguenti attività: fabbricazione, trasformazione,
preparazione, confezionamento, deposito, trasporto, distribuzione, somministrazione
o vendita di prodotti destinati allalimentazione umana.
Tuttavia, limplementazione del Sistema di autocontrollo in sostanza
non comporta nulla di nuovo sul piano dei doveri, relativamente ai requisiti
minimi di igiene della produzione: difatti, già la Legge 30/4/62,
n.283, successivamente modificata e integrata dalla Legge 26/2/63, n.441,
e il DPR 327/80 stabiliscono gli standard igienico-sanitari obbligatori
e costituiscono ancora oggi i principali riferimenti normativi in materia
di igiene per chiunque operi nel comparto alimentare.
Ora, la novità peculiare sta essenzialmente nellintroduzione
dellobbligo, da parte degli operatori, di garantire e assicurare in
ogni momento il rispetto di quanto già stabilito precedentemente
dalle leggi citate, potendolo altresì dimostrare attraverso la registrazione
e la documentazione scritta degli accorgimenti attuati per ladempimento
a quanto previsto.
In altri termini, con il recepimento delle Direttive CEE, alla normativa
già esistente è stato dato particolare rilievo sul piano sostanzialmente
qualitativo, introducendo di fatto il concetto di "prevenzione dai
rischi alimentari", in sostituzione delloramai superato concetto
di "controllo sul prodotto finito", ossia a valle della filiera,
e di "azione correttiva a ritroso", attuata cioè solo dopo
che il rischio si è concretizzato in evento dannoso.
In definitiva, lautocontrollo è un istituto giuridico adottato
dal legislatore comunitario per sensibilizzare le aziende alimentari sul
tema della cosiddetta "qualità alimentare" dei prodotti
e per responsabilizzarle maggiormente in merito soprattutto allaspetto
della "salubrità degli alimenti", privilegiando i controlli
sulla linea di lavorazione rispetto a quelli tradizionali, effettuati esclusivamente
sul prodotto finito. Un approccio di questo tipo origina sia dalla consapevolezza
che la procedura di controllo tradizionale poteva fornire solo informazioni
di tipo retrospettivo, finalizzate ad individuare un eventuale difetto dellalimento
già prodotto, piuttosto che prevenirne linsorgenza, sia dalla
convinzione che i controlli sul prodotto finito non possono essere eseguiti
in modo tale da garantire, dal punto di vista statistico, un reale controllo
della produzione sotto il profilo igienico.
Al contrario, il Sistema di autocontrollo, pianificato secondo i principi
della metodica HACCP, fornisce informazioni che possono essere elaborate
con tempestività e pertanto consente di intervenire in modo più
immediato ed efficace sul ciclo di lavorazione, mediante lapplicazione
di appropriate azioni preventive e correttive; questo, in definitiva, è
il carattere che più differenzia il Sistema di autocontrollo HACCP
dal sistema di controllo tradizionale dei prodotti alimentari.
Daltra parte, questa nuova impostazione per alcuni versi ricalca quella
che, attualmente, è la moderna concezione di "Qualità",
ossia non più qualità del prodotto finito garantita mediante
il solo controllo finale, ma, più in generale, qualità di
tutto il sistema produttivo aziendale; la finalità è quella
di ottenere un prodotto con caratteristiche e proprietà tali da soddisfare
i bisogni impliciti ed espliciti del cliente.
In questo senso, il decreto 155/97, ponendo laccento sulla "qualità
alimentare", e in particolare sugli aspetti "salubrità"
e "sicurezza" degli alimenti, va oltre il semplice concetto di
"soddisfazione del cliente" e aggiunge a tutto ciò quello
che, in definitiva, è lo scopo primario: la "tutela della salute
pubblica".
Ma cosa significa, nella pratica, implementare un Sistema di autocontrollo?
Il decreto innanzitutto individua nel titolare, o nella persona da esso
specificamente delegata, il responsabile dellautocontrollo aziendale
per la garanzia delligiene e salubrità dei prodotti alimentari
trattati; per assolvere tale compito, è necessario per prima cosa
analizzare lintero processo produttivo della propria azienda, per
individuare i pericoli (contaminazioni dellalimento) che, potenzialmente,
potrebbero verificarsi a carico del prodotto e che sono strettamente connessi
con il processo stesso.
Sulla base di questa prima analisi è possibile determinare, per ciascuna
fase del ciclo, il grado di "criticità" relativamente alla
sicurezza degli alimenti, ovvero quali fasi comprendono operazioni o procedure
tali da rappresentare effettivamente una potenziale fonte di origine o incremento
di un pericolo, e valutare il rischio (probabilità che il pericolo
si concretizzi) correlato a ciascuna fase od operazione.
Che cosa sono i: "Punti Critici dellAutocontrollo?"
Il passo successivo consiste nellindividuazione dei cosiddetti "Punti
Critici di Controllo" (CCP), in altre parole quelle fasi o passaggi
lungo la filiera su cui è possibile intervenire in modo continuativo,
con opportune misure atte a tenere sotto controllo i pericoli di carattere
igienico e limitare, o eliminare, il rischio associato a tali fasi.
Che cosa sono i: "Limiti critici?"
In questo momento dellanalisi è altrettanto importante definire
i limiti critici relativi a ciascun CCP, ossia quei parametri o valori di
riferimento che, se prefissati e rispettati, consentono di garantire la
sicurezza del prodotto finito. Un esempio classico è rappresentato
dalla temperatura minima e massima a cui devono essere conservati gli alimenti
deperibili, oppure dai tempi di lavorazione o, ancora, da parametri microbiologici
o chimici.
Mantenere questi valori entro i limiti di sicurezza significa attuare un
piano di sorveglianza, attraverso una serie di azioni preventive e misurazioni,
al fine di tenere sotto controllo, in ogni istante dellattività
produttiva, quei parametri o punti lungo la filiera definiti critici per
la sicurezza igienica dei prodotti trattati.
La sorveglianza comprende interventi e modalità che dipendono, in
linea di massima, dal tipo e dalla complessità della realtà
aziendale considerata; un piano minimo di controllo preventivo contempla
perlomeno le seguenti procedure:
* Controllo e qualifica dei fornitori di materie prime e prodotti alimentari
* Controllo delle condizioni di conservazione dei prodotti * Registrazione
delle temperature di conservazione * Controllo e predisposizione di procedure
di lavorazione definite nei tempi e nei modi * Pianificazione e controllo
delle condizioni igieniche (sanificazione, disinfestazione) * Controllo
e istruzione degli operatori alle norme igieniche
Linsieme delle attività di sorveglianza fornisce in questo
modo tutte le indicazioni necessarie per stabilire, in tempo utile, se si
ha effettivamente "padronanza" (autocontrollo) dellintero
processo in ogni istante e in ogni sua fase.
Nellimplementazione di un piano di autocontrollo, il passaggio successivo
è rappresentato dalla definizione e pianificazione delle azionicorrettive,
ossia si devono stabilire in anticipo le norme e gli interventi da applicare
nel caso in cui un dato parametro esca dai limiti critici stabiliti.
Per essere efficace, unazione correttiva deve avere, quale prerogativa
principale, quella della tempestività, pertanto deve consentire di
ritornare alle normali condizioni di sicurezza nel più breve tempo
possibile.
Resta da dire che non sempre è possibile attuare unazione correttiva,
o la stessa ha tempi di realizzazione troppo lunghi; lunico intervento
attuabile, in questa evenienza, è leliminazione del prodotto
sospetto di contaminazione.
Da cosa dipende il buon funzionamento del Sistema di autocontrollo?
Il buon funzionamento dellintero Sistema di autocontrollo dipende
innanzitutto dalla corretta e puntuale applicazione delle procedure prestabilite,
ma è anche possibile che alcuni aspetti vadano corretti o rivisti,
sulla base dellesperienza e dei risultati ottenuti nel tempo.
Una volta che il piano di autocontrollo è stato implementato ed applicato,
si rende quindi necessario avere la "prova" che ciò che
si è programmato ed attuato sia realmente efficace ed affidabile.
A questo riguardo, si deve allora predisporre una serie di interventi di
verifica (ispezioni, controlli, riscontri interni e/o esterni, analisi chimiche
e microbiologiche, per citarne alcuni) i cui risultati costituiscono i dati
e le informazioni di riferimento per potere fare il punto della situazione
(lo stato dellarte) e stabilire ladeguatezza o meno delle misure
adottate.
Come si diceva allinizio, lelemento forse più innovativo
introdotto dal D. Lgs. n.155 è rappresentato dallobbligo di
documentare per iscritto ciò che viene fatto allinterno dellazienda
per garantire ligiene e la salubrità dei prodotti alimentari;
sulla documentazione si baserà in buona parte il controllo ufficiale
da parte dei Servizi di Igiene, e pertanto appare evidente limportanza
di questo aspetto del nuovo ordinamento.
Oltre quindi ai requisiti igienico-sanitari già previsti dalle normative
preesistenti, lautocontrollo passa anche e, per alcuni versi, soprattutto
attraverso la documentazione e registrazione scritta di tutta loperatività
relativa ai controlli e alle verifiche effettuate.
Sanzioni
-
I
sette principi
documento
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