D.L.vo 5 febbraio 1997, n. 22
Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE
sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio
(1) (Suppl. ord. alla Gazzetta Ufficiale Serie gen. - n. 38 del 15 febbraio
1997).
TITOLO I
GESTIONE DEI RIFIUTI
CAPO I
PRINCIPI GENERALI
Art. 1 (Campo d'applicazione)
1. Il presente decreto disciplina la gestione dei rifiuti, dei rifiuti pericolosi,
degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggi, fatte salve disposizioni specifiche
particolari o complementari, conformi ai principi del presente decreto,
adottate in attuazione di direttive comunitarie che disciplinano la gestione
di determinate categorie di rifiuti.
2. Le regioni a statuto ordinario regolano la materia disciplinata dal presente
decreto nel rispetto delle disposizioni in esso contenute che costituiscono
principi fondamentali della legislazione statale ai sensi dellarticolo
117, comma 1, della Costituzione.
3. Le disposizioni di principio del presente decreto costituiscono norme
di riforma economico-sociale nei confronti delle regioni a statuto speciale
e delle province autonome aventi competenza esclusiva in materia, le quali
provvedono ad adeguare i rispettivi ordinamenti entro un anno dalla data
di entrata in vigore del presente decreto.
Art. 2 (Finalità)
1. La gestione dei rifiuti costituisce attività di pubblico interesse
ed è disciplinata dal presente decreto al fine di assicurare unelevata
protezione dellambiente e controlli efficaci, tenendo conto della
specificità dei rifiuti pericolosi.
2. I rifiuti devono essere recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute
delluomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare
pregiudizio allambiente e, in particolare:
a) senza determinare rischi per lacqua, laria, il suolo e per
la fauna e la flora;
b) senza causare inconvenienti da rumori o odori;
c) senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse, tutelati
in base alla normativa vigente.
3. La gestione dei rifiuti si conforma ai principi di responsabilizzazione
e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella
distribuzione, nellutilizzo e nel consumo di beni da cui originano
i rifiuti, nel rispetto dei principi dellordinamento nazionale e comuniario.
4. Per il conseguimento delle finalità del presente decreto lo Stato,
le regioni e gli enti locali, nellambito delle rispettive competenze
ed in conformità alle disposizioni che seguono, adottano ogni opportuna
azione avvalendosi, anche mediante accordi e contratti di programma, di
soggetti pubblici e privati qualificati.
(1) Il presente articolo definisce sostanzialmente il carattere ambientale
generale del decreto n. 22/97. La ratio legis infatti è chiaramente
identificata ed esternata in tutta la costruzione dellarticolo 2.
Le finalità sono precise ed appaiono evidentemente tese alla tutela
sostanziale dellambiente sotto ogni profilo. Con tale enunciazione
il decreto n. 22/97 si conferma come norma quadro di settore generale verso
la quale tutte le altre normative in materia di inquinamento si raccordano
come norme satelliti concentriche di settore parziale. Va infatti evidenziato
che, ad esempio, il decreto n. 152/99 (in materia di scarichi e tutela delle
acque) non è affatto una norma ambientale in senso stretto. Infatti
detto ultimo decreto non proibisce linquinamento ma lo regolamenta.
Non è inquinante per il decreto 152/99 ciò che è socialmente
e biologicamente inquinante, bensì soltanto quello scarico che non
rispetta il parametro formale tabellare previsto dalla norma. Linquinamento
è dunque un fatto formale, soggetto a variazione di tipo tecnico-politico
e non ha alcuna incidenza e rilevanza direttamente con leventuale
danno sostanziale su quello che la norma stessa definisce corpo ricettore.
Può dirsi dunque che trattasi di una norma regolamentativa e disciplinatoria
di ordine amministrativo generale ma non certamente di una norma ambientale
in senso stretto. Il decreto n. 22/97 invece, proprio con la previsione
dellarticolo 2, che va raccordata poi con tutti gli assi portanti
dello stesso decreto (tra cui larticolo 14 con il divieto assoluto
di gettare rifiuti in un ambiente urbano o naturale e con larticolo
17 sulle bonifiche in senso preventivo) si presenta invece in modo rinnovato
come normativa quadro di tipo finalizzato squisitamente alla tutela ambientale.
Si nota il rilevante passo avanti rispetto alla metodologia normativa stabilita
dal D.P.R. 915/82 che in se stesso rappresentava anchesso una norma
di tipo regolamentatorio e strumentale e non finalizzato alla tutela delle
risorse naturali. Come già si è avuto modo di accennare ed
esporre nellarticolo introduttivo al presente capitolo, il decreto
n. 22/97 rappresenta dunque oggi non certamente il testo unico in materia
di inquinamento (dato che non ne ha la veste e la possibilità)ma
certamente si presenta come normativa quadro generale di raccordo rispetto
al settore degli inquinamenti in ordine generale e il carattere ambientale
che lo contraddistingue sottolinea certamente tale aspetto di catalizzazione
verso le altre normative di settore che diventano secondarie rispetto a
tale impostazione generale. Anche il decreto n. 152/99 diventa dunque norma
satellite e secondaria sia a livello politico istituzionale sia a livello
di regolamentazione tecnica rispetto al cerchio portante del decreto n.
22/97.
Va altresì rilevato che la «gestione» dei rifiuti è
il vero cardine su cui si incentra la nuova normativa, in linea tra laltro
con la disciplina comunitaria, in alternativa al pregresso concetto basato
sulla nozione di rifiuto da un lato e la nozione di smaltimento dallaltra.
La gestione si articola nelle diverse fasi della raccolta, trasporto, smaltimento
e recupero.
Mentre prima rientrava tutto nello smaltimento, per cui la raccolta era
smaltimento, il trasporto era smaltimento, il recupero era smaltimento,
oggi invece la parola dordine è la gestione dei rifiuti, nellambito
della quale le attività di smaltimento si distinguono nettamente
da quelle di raccolta, trasporto, smaltimento e recupero.
Quindi ogni volta che nella legge si trova scritto «gestione»
(per esempio si trova scritto nella parte penale che chi non ottempera agli
obblighi riguardanti la gestione dei rifiuti è soggetto a sanzione)
il termine è da intendersi riferito agli obblighi riguardanti raccolta,
trasporto, smaltimento e recupero.
Non è certo un caso che anche il vecchio albo oggi cambia nome e
si chiama lalbo delle imprese che si occupano di gestione dei rifiuti.
La prima fase è la raccolta, che a differenza della precedente normativa
acquista una maggiore dignità. Viene infatti separata da quella del
trasporto e si articola in tre fasi distinte che sono: prelievo; cernita
e trattamento; raggruppamento.
Accanto alle fasi di trasporto, di smaltimento e di recupero, il decreto
legislativo «Ronchi» ricomprende nellambito della gestione
dei rifiuti anche il commercio e lintermediazione di rifiuti. Questultimo
è un fatto nuovo e di notevole importanza, perché chi ha esercitato
il controllo sul territorio sa che gran parte dei soggetti che comparivano
sulle varie bolle di trasporto erano soggetti che di fatto esistevano soltanto
come numero telefonico, e sulle bolle spesso era scritto «per conto,
per conto, per conto»; in pratica tutti questi soggetti, che erano
soltanto dei numeri di cellulare, adesso sono previsti dal decreto legislativo
e debbono avere uniscrizione allalbo, devono avere un registro
di carico e scarico, e devono fare un comunicazione annuale; in altre parole
devono risultare.
Nellambito della gestione rientra anche la bonifica dei siti inquinati
che, rispetto al passato, riceve una disciplina organica di particolare
interesse, soprattutto sotto il profilo delleffettività della
tutela degli interessi pubblici.
Art. 3 (Prevenzione della produzione di rifiuti)
1. Le autorità competenti adottano, ciascuna nellambito
delle proprie attribuzioni, iniziative dirette a favorire, in via prioritaria,
la prevenzione e la riduzione della produzione e della pericolosità
dei rifiuti mediante:
a) lo sviluppo di tecnologie pulite, in particolare quelle che consentono
un maggiore risparmio di risorse naturali;
b) la promozione di strumenti economici, eco-bilanci, sistemi di ecoaudit,
analisi del ciclo di vita dei prodotti, azioni di informazione e di sensibilizzazione
dei consumatori, nonché lo sviluppo del sistema di marchio ecologico
ai fini della corretta valutazione dellimpatto di uno specifico prodotto
sullambiente durante lintero ciclo di vita del prodotto medesimo;
c) la messa a punto tecnica e limmissione sul mercato di prodotti
concepiti in modo da non contribuire o da contribuire il meno possibile,
per la loro fabbricazione, il loro uso od il loro smaltimento, ad incrementare
la quantità, il volume e la pericolosità dei rifiuti ed i
rischi di inquinamento;
d) lo sviluppo di tecniche appropriate per leliminazione di sostanze
pericolose contenute nei rifiuti destinati ad essere recuperati o smaltiti;
e) la determinazione di condizioni di appalto che valorizzino le capacità
e le competenze tecniche in materia di prevenzione della produzione di rifiuti;
f) la promozione di accordi e contratti di programma finalizzati alla prevenzione
ed alla riduzione della quantità e della pericolosità dei
rifiuti.
Art. 4 (Recupero dei rifiuti)
(1). 1. Ai fini di una corretta gestione dei rifiuti le autorità
competenti favoriscono la riduzione dello smaltimento finale dei rifiuti
attraverso:
a) il reimpiego ed il riciclaggio;
b) le altre forme di recupero per ottenere materia prima dai rifiuti;
c) ladozione di misure economiche e le determinazioni di condizioni
di appalto che prevedano limpiego dei materiali recuperati dai rifiuti
al fine di favorire il mercato dei materiali medesimi;
d) lutilizzazione principale dei rifiuti come combustibile o come
altro mezzo per produrre energia.
2. Il riutilizzo, il riciclaggio e il recupero di materia prima debbono
essere considerati preferibili rispetto alle altre forme di recupero.
3. Al fine di favorire e incrementare le attività di riutilizzo,
di riciclaggio e di recupero le autorità competenti ed i produttori
promuovono analisi dei cicli di vita dei prodotti, ecobilanci, informazioni
e tutte le altre iniziative utili.
4. Le autorità competenti promuovono e stipulano accordi e contratti
di programma con i soggetti economici interessati al fine di favorire il
riutilizzo, il riciclaggio ed il recupero dei rifiuti, con particolare riferimento
al reimpiego di materie prime e di prodotti ottenuti dalla raccolta differenziata
con la possibilità di stabilire agevolazioni in materia di adempimenti
amministrativi nel rispetto delle norme comunitarie ed il ricorso a strumenti
economici.
(1) Il recupero dei rifiuti rappresenta uno dei punti cardine della rinnovata
formulazione giuridica del settore rifiuti da parte del decreto n. 22/97.
Non va infatti sottaciuto e dimenticato che larchitrave regolamentativo
dellabrogato D.P.R. n. 915/82 basava tutta la sua regolamentazione
sul concetto di smaltimento e la discarica rappresentava certamente lasse
portante in senso attivo o passivo dellimpianto normativo. Oggi la
norma politicamente tende a privilegiare il recupero e la prevenzione rispetto
allo smaltimento finale e dunque tutto ciò che riguarda il recupero
dei rifiuti rappresenta a livello politico-istituzionale, ma anche tecnico
giuridico sicuramente nota caratterizzante esaustiva di tutto limpianto
normativo in questione.
Dunque, il recupero dei rifiuti ed il loro riutilizzo (comunemente - seppur
impropriamente - inteso come attività relativa alle "materie
prime secondarie") rappresenta attività di "gestione"
formale di rifiuti ed é disciplinata dal decreto n. 22/97.
In precedenza, la decretazione di urgenza che, vigente il D.P.R. 915/82,
aveva creato il concetto di "residui" per sottrarre i rifiuti
"recuperabili" alla disciplina di settore, fu dichiarata illegittima
dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee su ricorso presentato
dalla Pretura di Terni (proc. pen. a carico di Tombesi - ricorrente giudice
Santoloci).
Infatti la Corte di Giustizia Europea con sentenza del 25 giugno 1997, offrì
già a suo tempo la soluzione definitiva del problema della "definizione
di rifiuto" nella legislazione italiana stabilendo che la nozione di
rifiuto, ai sensi delle direttive Cee "(...) non deve intendersi nel
senso che essa esclude le sostanze e gli oggetti suscettibili di riutilizzazione
economica. Una normativa nazionale che adotti una definizione della nozione
di rifiuti che esclude le sostanze e gli oggetti suscettibili di riutilizzazione
economica non è compatibile (...)" con le Direttive CEE.
Sono seguite poi altre sentenze conformi . . . Si veda Corte di Giustizia
Europea - Sentenza del 18 dicembre 1997, sez. VI - causa n. 129/96:
"(...) il mero fatto che una sostanza sia inserita, direttamente o
indirettamente, in un processo di produzione industriale non la esclude
dalla nozione di rifiuto ai sensi dellart. 1 lett. a) della direttiva
75/442 (...)".
Oggi la Corte di Giustizia Europea conferma sistematicamente il principio:
Corte di Giustizia Europea - V Sezione - 15 giugno 2000 (procedimenti riuniti
C-418/97 e C-419/97): "La nozione di rifiuto non presuppone che il
detentore che si disfa di una sostanza o di un oggetto abbia lintenzione
di escluderne ogni riutilizzazione economica da parte di altre persone".
Vediamo nel nostro ordinamento giuridico un esempio applicativo concreto:
"Costituisce attività di raccolta, smaltimento e recupero di
rifiuti, soggetta, come tale, ad autorizzazione amministrativa - la cui
mancanza dà luogo alla configurabilità del reato previsto
dallart. 51, comma 1, lett. a), del D.L.vo n. 22/97 - anche quella
che abbia ad oggetto pneumatici usurati destinati ad essere immessi, dopo
la raccolta, in cicli produttivi nei quali essi vengano utilizzati come
materia prima". (Cass. pen., sez. III, 18 febbraio 2000, n. 28, Pres.
Avitabile).
Consegue, pertanto, che il riutilizzo (o recupero) dei rifiuti è
sempre e comunque unattività di gestione di rifiuti ai sensi
dellallegato C del D.L.vo n. 22/97 anche se lazienda che li
riceve, a sua volta, li accoglie e li utilizza come «materia prima».
Art. 5 (Smaltimento dei rifiuti)
5. (Smaltimento dei rifiuti) (3). 1. Lo smaltimento dei rifiuti deve essere
effettuato in condizioni di sicurezza e costituisce la fase residuale della
gestione dei rifiuti.
2. I rifiuti da avviare allo smaltimento finale devono essere il più
possibile ridotti potenziando la prevenzione e le attività di riutilizzo,
di riciclaggio e di recupero.
3. Lo smaltimento dei rifiuti è attuato con il ricorso ad una rete
integrata ed adeguata di impianti di smaltimento, che tenga conto delle
tecnologie più perfezionate a disposizione che non comportino costi
eccessivi, al fine di:
a) realizzare lautosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani
non pericolosi in ambiti territoriali ottimali;
b) permettere lo smaltimento dei rifiuti in uno degli impianti appropriati
più vicini, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi, tenendo
conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati
per determinati tipi di rifiuti;
c) utilizzare i metodi e le tecnologie più idonei a garantire un
alto grado di protezione dellambiente e della salute pubblica.
4. A partire dal 1° gennaio 1999 la realizzazione e la gestione di nuovi
impianti di incenerimento possono essere autorizzate solo se il relativo
processo di combustione è accompagnato da recupero energetico con
una quota minima di trasformazione del potere calorifico dei rifiuti in
energia utile, calcolata su base annuale, stabilita con apposite norme tecniche.
5. Dal 1° gennaio 1999 è vietato smaltire i rifiuti urbani non
pericolosi in regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti, fatti
salvi gli accordi regionali o internazionali esistenti alla data di entrata
in vigore del presente decreto. Eventuali nuovi accordi regionali potranno
essere promossi nelle forme previste dalla legge 8 giugno 1990, n. 142 (2),
qualora gli aspetti territoriali e lopportunità tecnico-economica
di raggiungere livelli ottimali di utenza servita lo richiedano.
6. Dal 1° gennaio 2000 è consentito smaltire in discarica solo
i rifiuti inerti, i rifiuti individuati da specifiche norme tecniche ed
i rifiuti che residuano dalle operazioni di riciclaggio, di recupero e di
smaltimento di cui ai punti D2, D8, D9, D10 e D11 di cui allallegato
B. Per casi di comprovata necessità e per periodi di tempo determinati
il Presidente della Regione, dintesa con il Ministro dellambiente,
può autorizzare lo smaltimento in discarica nel rispetto di apposite
prescrizioni tecniche e delle norme vigenti in materia (1).
6 bis. Lautorizzazione di cui al comma 6 deve indicare i presupposti
della deroga e gli interventi previsti per superare la situazione di necessità,
con particolare riferimento ai fabbisogni, alla tipologia e alla natura
dei rifiuti da smaltire in discarica, alle iniziative ed ai tempi di attuazione
delle stesse, nonché alle eventuali integrazioni del piano regionale.
Ai fini dellacquisizione dellintesa il Ministro dellambiente
si pronuncia entro 90 giorni dal ricevimento del relativo provvedimento,
decorso inutilmente tale termine lintesa si intende acquisita.
(1) A norma dellart. 1, comma 1, del D.L. 16 luglio 2001, n. 286,
convertito nella L. 20 agosto 2001, n. 335 «Il termine di cui allarticolo
5, comma 6, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, come modificato
dallarticolo 1, comma 1, del decreto legge 30 dicembre 1999, n. 500,
convertito, con modificazioni, dalla legge 25 febbraio 2000, n. 33, è
differito fino alladozione delle norme tecniche previste dai medesimi
articoli e dallarticolo 18, comma 2, lettera a) e l), del decreto
legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, per lo smaltimento dei rifiuti in discarica,
e comunque non oltre un anno dalla data di entrata in vigore della legge
di conversione del presente decreto».
(2) Si veda, ora, il D.L.vo 18 agosto 2000, n. 267.
(3) Lo smaltimento dei rifiuti rappresenta una delle due finalità
principali del decreto n. 22/97 a fianco del recupero ma certamente dopo
il recupero in questione come collocazione politica ed istituzionale. Va
infatti ricordato, come già accennato nella nota allarticolo
4, che il D.P.R. n. 915/82 pregresso incentrava tutto il tessuto normativo
sullattività di smaltimento, mentre lattuale decreto
n. 22/97 privilegia il recupero delle sostanze. Dunque lo smaltimento rappresenta
pur sempre attività importate e rilevante nel contesto disciplinatorio
ma viaggia di pari passo e anzi a livello secondario rispetto allelemento
portante del recupero che rappresenta il vero obiettivo politico ed istituzionale
del decreto n. 22/97. Dunque recupero e smaltimento costituiscono le due
finalità portanti del decreto Ronchi attraverso il quale si sviluppa
tutta la parte finale del sistema di gestione. Importante sarà lesame
del sistema sanzionatorio in ordine ad ambedue i principi.
Sottolineiamo dunque che lo smaltimento dei rifiuti deve essere effettuato
in condizioni di sicurezza e, punto che va sottolineato, deve costituire
la fase residuale della gestione dei rifiuti. Trattasi di concetto importante
e coerente con la già accennata linea di fondo di questo decreto,
che tende a ridurre al minimo di rifiuti da avviare allo smaltimento finale
con connessa ed espressa tendenza a potenziare la prevenzione e le attività
di riutilizzo, di ririclaggio e di recupero (con ciò differenziandosi
nettamente dai concetti di base del D.P.R. 915/82). Si evidenzia su questi
temi un vero momento di novità politica amministrativa nel settore.
Art. 6 (Definizioni)
1. Ai fini del presente decreto si intende per:
a) rifiuto (4) (5): qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie
riportate nellallegato A e di cui il detentore si disfi o abbia deciso
o abbia lobbligo di disfarsi (1);
b) produttore: la persona la cui attività ha prodotto rifiuti e la
persona che ha effettuato operazioni di pretrattamento o di miscuglio o
altre operazioni che hanno mutato la natura o la composizione dei rifiuti;
c) detentore: il produttore dei rifiuti o la persona fisica o giuridica
che li detiene;
d) gestione (6): la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento
dei rifiuti, compreso il controllo di queste operazioni, nonché il
controllo delle discariche e degli impianti di smaltimento dopo la chiusura;
e) raccolta: loperazione di prelievo, di cernita e di raggruppamento
dei rifiuti per il loro trasporto;
f) raccolta differenziata: la raccolta idonea a raggruppare i rifiuti urbani
in frazioni merceologiche omogenee, [compresa la frazione organica umida,
destinate al riutilizzo, al riciclaggio ed al recupero di materia prima]
(2);
g) smaltimento: le operazioni previste nellallegato B;
h) recupero: le operazioni previste nellallegato C;
i) luogo di produzione dei rifiuti (7): uno o più edifici o stabilimenti
o siti infrastrutturali collegati tra loro allinterno di unarea
delimitata in cui si svolgono le attività di produzione dalle quali
originano i rifiuti;
l) stoccaggio: le attività di smaltimento consistenti nelle operazioni
di deposito preliminare di rifiuti di cui al punto D15 dellallegato
B, nonché le attività di recupero consistenti nelle operazioni
di messa in riserva di materiali di cui al punto R13 dellallegato
C;
m) deposito temporaneo (8): il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima
della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti alle seguenti condizioni:
1) i rifiuti depositati non devono contenere policlorodibenzodiossine, policlorodibenzofurani,
policlorodibenzofenoli in quantità superiore a 2,5 ppm né
policlorobifenile, policlorotrifenili in quantità superiore a 25
ppm;
2) i rifiuti pericolosi devono essere raccolti ed avviati alle operazioni
di recupero o di smaltimento con cadenza almeno bimestrale indipendentemente
dalle quantità in deposito, ovvero, in alternativa, quando il quantitativo
di rifiuti pericolosi in deposito raggiunge i 10 metri cubi; il termine
di durata del deposito temporaneo è di un anno se il quantitativo
di rifiuti in deposito non supera i 10 metri cubi nellanno o se, indipendentemente
dalle quantità, il deposito temporaneo è effettuato in stabilimenti
localizzati nelle isole minori;
3) i rifiuti non pericolosi devono essere raccolti ed avviati alle operazioni
di recupero o di smaltimento con cadenza almeno trimestrale indipendentemente
dalle quantità in deposito, ovvero, in alternativa, quando il quantitativo
di rifiuti non pericolosi in deposito raggiunge i 20 metri cubi; il termine
di durata del deposito temporaneo è di un anno se il quantitativo
di rifiuti in deposito non supera i 20 metri cubi nellanno o se, indipendentemente
dalle quantità, il deposito temporaneo è effettuato in stabilimenti
localizzati nelle isole minori;
4) il deposito temporaneo deve essere effettuato per tipi omogenei e nel
rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi,
nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose
in essi contenute;
5) devono essere rispettate le norme che disciplinano limballaggio
e letichettatura dei rifiuti pericolosi;
n) bonifica (9): ogni intervento di rimozione della fonte inquinante e di
quanto dalla stessa contaminato fino al raggiungimento dei valori limite
conformi allutilizzo previsto dellarea;
o) messa in sicurezza: ogni intervento per il contenimento o isolamento
definitivo della fonte inquinante rispetto alle matrici ambientali circostanti;
p) combustibile da rifiuti: il combustibile ricavato dai rifiuti urbani
mediante trattamento finalizzato alleliminazione delle sostanze pericolose
per la combustione ed a garantire un adeguato potere calorico, e che possieda
caratteristiche specificate con apposite norme tecniche;
q) compost da rifiuti: prodotto ottenuto dal compostaggio della frazione
organica dei rifiuti urbani nel rispetto di apposite norme tecniche finalizzate
a definirne contenuti e usi compatibili con la tutela ambientale e sanitaria,
e in particolare a definirne i gradi di qualità.
(1) Per linterpretazione autentica della definizione di «rifiuto»
si veda lart. 14 del D.L. 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni,
nella L. 8 agosto 2002, n. 178.
(2) Le parole fra parentesi quadrate sono state soppresse dallart.
12, comma 1, della L. 23 marzo 2001, n. 93.
(3) Le definizioni preliminari nella moderna normativa ambientale e in particolare
sia nel D.L.vo n. 22/97 sia nel D.L.vo n. 152/99 rappresentano punti essenziali
e rilevanti per la lettura dei codici di accesso in ordine ad ambedue le
normative. Si tende infatti spesso a sottovalutare le definizioni preliminari
e a concentrare lesame immediatamente verso la normativa in modo sostanziale.
In realtà va specificato che in particolar modo nelle norme ambientali,
con particolare riferimento ai due decreti in questione, tutto ciò
che viene formalmente predeterminato e stabilito nelle definizioni preliminari
rappresenta la chiave di lettura per lapplicazione interpretativa
autorizzatoria, gestionale e sanzionatoria dei due decreti. In modo particolare
nel decreto n. 22/97 il sistema di definizione preliminare offre spunti
di chiarificazione valutativa ed interpretativa in ordine a concetti importantissimi
quali ad esempio (e questo è punto cardine per lapplicazione
di tutto il decreto) del concetto di rifiuto. Va infatti sottolineato che
nel contesto di queste normative si deve astrarre e separarsi dai concetti
ordinai di gergo comune in ordine alle concettualità di uso corrente
e soltanto quello che viene definito tra virgolette come parafrasi formale
nelle definizioni preliminari deve essere inteso come vigente nella normativa
in questione. Dunque, ad esempio, sarà «rifiuto» soltanto
quello che rientra nella definizione formale contenuta in questo articolo.
Tutte le altre cose che nel nostro gergo comune o in legislazioni parallele
o comunque secondo la logica ordinaria vengono definite come rifiuto non
sono «rifiuto» in senso tecnico-giuridico e dunque non possono
costituire nozione propedeutica per lapplicazione attiva o passiva
del decreto n. 22/97. Pertanto approfondire bene tutto larticolo 6
in ordine alle definizioni preliminari rappresenta attività particolarmente
importante come chiave di lettura per entrare poi in tutto lalveo
disciplinatorio e sanzionatorio del decreto in questione.
(4) La definizione di rifiuto appare concetto importissimo e preliminare
per entrare nel contesto genetico del decreto Ronchi. Va sottolineato che
in ordine a tale concettualità, naturalmente, si sono sviluppate
in questo periodo di prima applicazione le più diversificate interpretazioni.
Molte volte queste interpretazioni sono mirate a creare esclusivamente confusione
applicativa ed operativa con il fine a volte non totalmente mascherato di
inibire la pratica applicazione del decreto stesso. Non cè
dubbio, infatti, che minando alla radice la concettualità di rifiuto
si intacca la struttura genetica del decreto n. 22/97 e quindi in qualche
modo si va ad ostacolare la pratica applicazione di tutto il sistema non
solo autorizzatorio ma anche e soprattutto sanzionatorio. Noi non condividiamo
la confusione interpretativa che si è sviluppata in questi anni intorno
alla concettualità di rifiuto e riteniamo che tale concetto sia chiarissimo
a livello di espressione e di interpretazione già nella struttura
genetica della norma che va letta in modo parallelo rispetto alle chiarissime
prese di posizione della Corte europea di giustizia che già si è
pronunciata ripetutamente in ordine a tale elemento predominante. Va infatti
rilevato che sul punto specifico della nozione di rifiuto già prima
dellentrata in vigore del decreto n. 22/97, e cioè in occasione
della vigenza dei decreti durgenza varati dallallora Governo
che aveva ideato il concetto anomalo di «residuo», la Corte
Europea si pronunciò in ordine alla concettualità di rifiuto
stabilendo alcuni parametri di punti fermi interpretativi che sono rimasti
assolutamente inalterati anche dopo lemanazione in Italia del decreto
n. 22/97. Per un approfondimento della nozione di rifiuto, anche alla luce
della decisione della Corte Europea, rinviamo alla introduzione del presente
capitolo ove il tema è affrontato in modo articolato.
(5) Si veda quanto dispone lart. 14 del D.L. 8 luglio 2002, n. 138,
conv., nella L. 8 agosto 2002, n. 178.
(6) Il concetto di gestione rappresenta il cuore vitale dellasse costruttivo
del decreto n. 22/97. Infatti, la gestione è il punto centrale di
tutto quanto limpianto normativo previsto dal decreto Ronchi e delimitare
esattamente i parametri in ordine alle varie fasi di gestione significa
collocare esattamente poi tutto il sistema autorizzatorio e tutto il sistema
sanzionatorio. Non vi è dubbio che il decreto esprime il concetto
di gestione in modo estremamente preciso attraverso le quattro fasi essenziali.
Appare evidente, quindi, che il concetto di gestione è vastissimo
e ricomprende un arco estremamente più ampio rispetto al vecchio
e più limitato concetto di smaltimento espresso dal D.P.R. 915/82.
Lo smaltimento viene infatti definito dal decreto in vigore come unattività
inerente le operazioni previste nellallegato B allo stesso decreto;
rileviamo che tra le operazioni previste in detto allegato al punto D1 è
indicato il «deposito sul suolo (ad esempio discarica)».
Ecco dunque che, coerentemente con lo spirito di fondo di questa nuova norma
tendente a limitare la discarica a casi residuali (privilegiando invece
la prevenzione e il riutilizzo), il riversamento dei rifiuti discarica (che
per il D.P.R. 915/82 costituiva asse portante di tutto il sistema dello
smaltimento) assume oggi una figura se non residuale quanto meno secondaria.
Appare così soltanto una delle possbilità di smaltimento,
il quale a sua volta è una delle operazione ricomprese nella attività
di gestione la quale, abbiamo già notato, è sottodivisa nelle
quattro operazioni principali entro le quali il recupero assume valore paritario
rispetto allo smaltimento finale. Ancora. Lattività di recupero,
estremamente importante nel contesto della norma, è definita come
operazione di cui allallegato C dello stesso decreto; in questo allegato
sono previste tredici tipologie di attività di recupero.
Lo stoccaggio, in modo anomalo rispetto alle altre attività di smaltimento,
é definito sempre dallart. 6, primo comma, lettera l), autonomamente
rispetto alle altre attività di smaltimento, come operazioni di deposito
preliminare di rifiuti di cui al punto D15 dellallegato B, e rispetto
alle altre attività di recupero consistenti nelle operazioni di messa
in riserva di materiali di cui al punto R13 dellallegato C.
In sede di costruzione sistematica avremmo dunque che lo stoccaggio é
una delle attività di smaltimento (a sua volta compreso nella gestione)
preliminare alle altre operazioni di smaltimento indicate nellallegato
B e consiste nel deposito temporaneo effettuato non nel luogo di produzione.
Ancora come attività di stoccaggio il punto R13 dellallegato
C riguarda la messa in riserva di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni
indicate dai punti da R1 a R12 (escluso il deposito temporaneo prima raccolta
nel luogo in cui sono prodotti). Va operata su questo concetto analoga costruzione,
deducendo che la seconda attività di stoccaggio riguarda sostanzialmente
tutte le attività di deposito fuori del luogo di produzione preliminari
a quelle di recupero dellallegato C.
Va sottolineato che lo stoccaggio dei rifiuti è sempre unattività
transitoria e momentanea e non può diventare permanente e definitiva.
Si veda ad esempio: «Lo stoccaggio provvisorio dei rifiuti è
definito dalla Cassazione come "raccolta ed immagazzinamento dei rifiuti
in attesa della loro eliminazione definitiva" (Cass. pen., sez. III,
25 gennaio 1999, n. 902, ud. 11 dicembre 1998, Convertini). Dunque il termine
ed il concetto di «stoccaggio definitivo» rappresenta una evidente
contraddizione logica e formale e non può essere considerato lecito:
trattasi in tal caso di una discarica.
(7) Il concetto di «luogo di produzione dei rifiuti» appare
importissimo in relazione a diverse attività disciplinatorie nel
contesto del D.L.vo n. 22/97 e in particolare per il deposito temporaneo.
Infatti il deposito temporaneo potrà essere effettuato esclusivamente
nel luogo in cui sono prodotti i rifiuti e dunque nel contesto di tale concetto
si esaurisce completamente le ipotesi applicative del deposito temporaneo.
Pertanto la concettualità così delineata dalla norma appare
propedeutica per la vitalità della importissima prassi del deposito
temporaneo, il quale negli aspetti illegali rappresenta uno delle attività
principali per mascherare discariche abusive o stoccaggi impropri di rifiuti
spesso a livello extra aziendale.
Va sottolineato che il «deposito temporaneo» essendo limitato
al «luogo di produzione» (che è concetto più ristretto
rispetto all«azienda» ed alle sue eventuali sedi distaccate
o legali) non può varcare la soglia del cancello di tale specifico
luogo. Dunque, appena i rifiuti vengono trasferiti in qualunque modo al
di là del cancello del luogo di produzione in senso stretto varcando
i confini specifici dellarea medesima, e magari immettendosi sul circuito
stradale pubblico, si attua un «trasporto» e rientriamo ipso
iure nella «gestione». Cessa dunque ogni concettualità
relativa al deposito temporaneo, e questo anche se trattasi di brevi percorsi
realizzati, magari, per raggiungere siti aziendali sempre propri ed a modesta
distanza.
(8) Il deposito temporaneo si è confermato, come era stato puntualmente
previsto subito dopo lemanazione del decreto n. 22/97, come uno dei
punti centrali della costruzione normativa del decreto Ronchi. Il deposito
temporaneo rappresenta certamente una delle grandi novità della normativa
sui rifiuti e per certi versi è un utile punto di vantaggio per le
piccole aziende per evitare di dover ricorrere a situazioni di smaltimento
troppo oneroso in modo sproporzionato rispetto al regime produttivo. Ma
a fronte di tali indubbi vantaggi, il deposito temporaneo ha presentato
certamente (grazie anche alla seconda formulazione piuttosto forzata) unagile
e dinamico mezzo per mascherare attività fraudolente ed illecite
come discariche abusive palesi, stoccaggi irregolari e comunque ogni altra
sorta di attività irregolari, che mascherate sotto il comodo paravento
del deposito temporaneo sono state presentate a livello interpretativo ed
applicativo come sostanzialmente lecite. Il concetto di deposito temporaneo
va dunque chiarito nella sua esatta portata, e limportanza e in qualche
modo la pericolosità di tale istituto è stato anche recepito
dalla Corte Europea di giustizia la quale si è pronunciata espressamente
su tale concettualità ponendo dei punti fermi molto precisi per ribadire
che in fin dei conti il deposito temporaneo deve essere unattività
eccezionale e limitata nelluso e nella prassi e deve in qualche modo
attivare le procedure di rigida sorveglianza da parte delle amministrazioni
pubbliche. Questo naturalmente perché si è appurato sia in
sede nazionale che in sede internazionale le possibilità di contrabbando
di tale concetto con attività illegali anche a vastissimo respiro
e sfruttate fino a livello di criminalità organizzata nel traffico
nazionale dei rifiuti.
Lart. 28 (che disciplina lautorizzazione allesercizio
delle operazioni di smaltimento e recupero), dopo aver previsto il regime
della prassi amministrativa a carico degli interessati, stabilisce nel comma
5 che le disposizioni dello stesso articolo non si applicano al deposito
temporaneo (ecco dunque il carattere di eccezione del relativo concetto)
effettuato nel rispetto delle condizioni di cui allart. 6 comma 1
lettera m), che é soggetto unicamente agli adempimenti dettati con
riferimento al registro di carico e scarico di cui allart. 12 ed al
divieto di miscelazione di cui allart. 9.
Per la costruzione delle diverse ipotesi di realizzazione di deposito temporaneo
rinviamo alla introduzione del presente capitolo ove il tema è affrontato
approfonditamente.
In questa sede vogliamo invece tracciare una nota integrativa in ordine
al deposito temporaneo va tuttavia evidenziato un concetto di scarsa chiarezza
e di potenziale pericolosità in ordine alle possibili violazioni.
Il punto centrale della verifica è rappresentato dai registri di
carico e scarico dai quali si possono trarre tutte le informazioni quantitativo-temporali
del caso. Ma va rilevato che il sistema sanzionatorio connesso ai registri
è tuttavia depenalizzato. È dunque potenzialmente conveniente
per il responsabile (nei casi più gravi) affrontare la sanzione amministrativa
per omessa e/o carente tenuta dei registri impedendo così la verifica
del deposito temporaneo irregolare che, secondo i casi, potrebbe determinare
sanzioni penali anche pesanti (ad esempio per discarica abusiva, o quantomeno
stoccaggio abusivo e/o altro). Lorgano di vigilanza dovrà quindi
ricorrere a metodi di accertamento indiretti ed induttivi per supplire alla
carenza documentale in materia di registri di carico e scarico per ricostruire
tutte le necessarie informazioni quantitativo-temporali del caso. Si dovrà,
dunque, verificare il budget, i documenti contabili, fatture e bolle, cicli
produttivi, entrate ed uscite di prodotti e materie prime per raggiungere
induttivamente queste informazioni in via surrogatoria rispetto ai registri
di carico e scarico non tenuti o conservati in modo incompleto ed inesatto.
(9) La bonifica dei siti inquinati rappresenta uno dei punti cardine di
tutto limpianto normativo e strutturale previsto dal decreto n. 22/97.
Si tratta di una novità assoluta per la nostra legislazione ambientale.
Il tema è specificamente trattato e delineato nel successivo art.
17, con la sinergica e necessaria integrazione del decreto ministeriale
applicativo n. 471/99. Detto concetto di bonifica deve essere peraltro letto
e coordinato con il parallelo ma certe angolazioni diverso principio di
bonifica previsto nel contesto del decreto acque n. 152/99. Per un approfondimento
del tema della bonifica in linea generale e per un parallelo di confronto
tra le specifiche procedure di bonifica previste dai due decreti n. 22/97
e n. 152/99 rinviamo alla introduzione del presente capitolo sui rifiuti
ed alla introduzione sul capitolo delle acque, ove sono riportati ampi approfondimenti
relativi ai due concetti.
Art. 7 (Classificazione)
1. Ai fini dellattuazione del presente decreto i rifiuti sono classificati,
secondo lorigine, in rifiuti urbani e rifiuti speciali, e, secondo
le caratteristiche di pericolosità, in rifiuti pericolosi e rifiuti
non pericolosi.
2. Sono rifiuti urbani:
a) i rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi
adibiti ad uso di civile abitazione;
b) i rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi
diversi da quelli di cui alla lettera a), assimilati ai rifiuti urbani per
qualità e quantità, ai sensi dellarticolo 21, comma
2, lettera g);
c) i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade;
d) i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed
aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico
o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi dacqua;
e) i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi
e aree cimiteriali;
f) i rifiuti provenienti da esumazioni ed estumulazioni, nonché gli
altri rifiuti provenienti da attività cimiteriale diversi da quelli
di cui alle lettere b), c) ed e).
3. Sono rifiuti speciali:
a) i rifiuti da attività agricole e agro-industriali;
b) i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione,
nonché i rifiuti pericolosi che derivano dalle attività di
scavo (4) (5);
c) i rifiuti da lavorazioni industriali, fatto salvo quanto previsto dallarticolo
8, comma 1, lettera f quater) (1);
d) i rifiuti da lavorazioni artigianali;
e) i rifiuti da attività commerciali;
f) i rifiuti da attività di servizio;
g) i rifiuti derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di
rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti
delle acque e dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di
fumi;
h) i rifiuti derivanti da attività sanitarie;
i) i macchinari e le apparecchiature deteriorati ed obsoleti;
l) i veicoli a motore, rimorchi e simili fuori uso e loro parti;
l bis) il combustibile derivato da rifiuti [qualora non rivesta le caratteristiche
qualitative individuate da norme tecniche finalizzate a definirne contenuti
e usi compatibili con la tutela ambientale] (2) (3).
4. Sono pericolosi i rifiuti non domestici precisati nellelenco di
cui allallegato D sulla base degli allegati G, H ed I.
(1) Questa lettera è stata così sostituita dallart.
1 del D.L. 7 marzo 2002, n. 22, convertito, con modificazioni, nella L.
6 maggio 2002, n. 82.
(2) Questa lettera è stata aggiunta dallart. 7, comma 11, lett.
a), del D.L. 28 dicembre 2001, n. 452, convertito, con modificazioni, nella
L. 27 febbraio 2002, n. 16.
(3) Le parole poste fra parentesi quadrate sono state abrogate dallart.
23, comma 1, lett. a), della L. 31 luglio 2002, n. 179.
(4) A norma dellart. 1, comma 17, della L. 21 dicembre 2001, n. 443,
questa lettera si interpreta nel senso che le terre e rocce da scavo, anche
di gallerie, non costituiscono rifiuti e sono, perciò, escluse dallambito
di applicazione del medesimo decreto legislativo, anche quando contaminate,
durante il ciclo produttivo, da sostanze inquinanti derivanti dalle attività
di escavazione, perforazione e costruzione, sempreché la composizione
media dellintera massa non presenti una concentrazione di inquinanti
superiore ai limiti massimi previsti dalle norme vigenti.
(5) Si veda quanto prescrive lart. 1, comma 17, della L. 21 dicembre
2001, n. 443.
(6) Il presente articolo traccia il quadro preliminare e assolutamente rilevante
in ordine al rinnovato sistema di classificazione dei rifiuti. Va sottolineato
che rispetto alla previgente disciplina del D.P.R. n. 915/82 le modifiche
non sono soltanto nominative e di facciata ma profondamente sostanziali
(come del resto questi primi anni di applicazione pratica del nuovo decreto
hanno confermato anche a livello di dottrina e giurisprudenza). Dunque,
tenere presente in via propedeutica prima di ogni attività applicativa
dei principi generali del decreto la presente classificazione è certamente
importante per garantire ogni successiva attività sia a livello di
operatività amministrativa che gestionale al pari delle interpretazioni
conseguenti a livello sanzionatorio.
Alla pregressa classificazione dei rifiuti in urbani, speciali e tossico
nocivi, si sostituisce quella in urbani e speciali; che a loro volta si
differenziano in pericolosi e non pericolosi.
In altre parole possiamo avere le seguenti categorie di rifiuti:
-rifiuti urbani non pericolosi;
-rifiuti urbani pericolosi;
-rifiuti speciali non pericolosi;
-rifiuti speciali pericolosi.
Il campo di applicazione della norma è comunque più vasto
perché viene espressamente precisato che oltre che a dette categorie
di rifiuti si tende alla disciplina anche degli imballaggi e dei rifiuti
da imballaggi.
Qualche osservazione sul concetto di rifiuto in senso generale.
La definizione formale è fornita dallart. 6, primo comma, lett.
a) nel quale si stabilisce che per rifiuto deve intendersi «qualsiasi
sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nellallegato
A e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia lobbligo di
disfarsi».
Per un approfondimento del concetto di «rifiuto» (anche alla
luce dellintervento della Corte Europea) rinviamo allintroduzione
del presente capitolo. Vogliamo qui sottolineare che appare importante la
esatta percezione ed individuazione del preliminare e generale concetto
di «rifiuto» prima ancora di passare alle ipotesi di classificazione
che appaiono naturalmente successive allindividuazione del bene nella
categoria appunto gestita dal decreto n. 22/97. Quindi, lapprofondimento
del concetto di «rifiuto» apre automaticamente la strada poi
al rinnovato criterio classificatorio. Va ricordato che le denominazioni
comuni di rifiuto usate nel nostro comune modo di vedere non sempre corrispondono
alla definizione ufficiale e formale di «rifiuto» previsto dal
decreto in esame. E su tali passaggi verte il principale problema applicativo
della normativa di settore).
Art. 8 (Esclusioni)
8. (Esclusioni) (5). 1. Sono esclusi dal campo di applicazione del presente
decreto gli effluenti gassosi emessi nellatmosfera, nonché,
in quanto disciplinati da specifiche disposizioni di legge:
a) i rifiuti radioattivi;
b) i rifiuti risultanti dalla prospezione, dallestrazione, dal trattamento,
dallammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave;
c) le carogne ed i seguenti rifiuti agricoli: materie fecali ed altre sostanze
naturali non pericolose utilizzate nellattività agricola ed
in particolare i materiali litoidi o vegetali riutilizzati nelle normali
pratiche agricole e di conduzione dei fondi rustici e le terre da coltivazione
provenienti dalla pulizia dei prodotti vegetali eduli;
d) (Omissis);
e) le acque di scarico, esclusi i rifiuti allo stato liquido;
f) i materiali esplosivi in disuso;
f bis) le terre e le rocce da scavo destinate alleffettivo utilizzo
per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati, con esclusione di materiali
provenienti da siti inquinati e da bonifiche con concentrazione di inquinanti
superiore ai limiti di accettabilità stabiliti dalle norme vigenti
(2) (3) (5);
f ter) i materiali vegetali non contaminati da inquinanti in misura superiore
ai limiti stabiliti dal decreto del Ministro dellambiente 25 ottobre
1999, n. 471, provenienti da alvei di scolo ed irrigui, utilizzabili tal
quale come prodotto (2);
f quater) il coke da petrolio utilizzato come combustibile per uso produttivo
(4).
1 bis. Non sono in ogni caso assimilabili ai rifiuti urbani i rifiuti derivanti
dalle lavorazioni di minerali e di materiali da cava (1).
(1) Questo comma è stato aggiunto dallart. 4, comma 22, della
L. 9 dicembre 1998, n. 426.
(2) Questa lettera è stata aggiunta dallart. 10, comma 1, della
L. 23 marzo 2001, n. 93.
(3) Si veda quanto prescrive lart. 1, comma 17, della L. 21 dicembre
2001, n. 443.
(3) Questa lettera è stata aggiunta dallart. 1, comma 1, lett.
b), del D.L. 7 marzo 2002, n. 22, convertito, con modificazioni, nella L.
6 maggio 2002, n. 82.
(4) A norma dellart. 1, comma 17, della L. 21 dicembre 2001, n. 443,
questa lettera si interpreta nel senso che le terre e rocce da scavo, anche
di gallerie, non costituiscono rifiuti e sono, perciò, escluse dallambito
di applicazione del medesimo decreto legislativo, anche quando contaminate,
durante il ciclo produttivo, da sostanze inquinanti derivanti dalle attività
di escavazione, perforazione e costruzione, sempreché la composizione
media dellintera massa non presenti una concentrazione di inquinanti
superiore ai limiti massimi previsti dalle norme vigenti.
(5) Il regime delle esclusioni appare particolarmente importante perché
delinea il confine applicativo del decreto n. 22/97 e traccia la sinergia
di parallelo con altre normative satelliti. In modo particolare si rileva
che in questo articolo si ritrova la chiave di lettura per uscire dalla
normativa specifica del decreto n. 22/97 ed entrare automaticamente nellalveo
disciplinatorio del decreto acque n. 152/99 (decreto che a sua volta prevede
nellart. 36 la chiave di lettura opposta che prevede luscita
automatica dal decreto acque per tornare alla disciplina generale del decreto
n. 22/97 in occasione degli ex scarichi indiretti oggi classificati come
«rifiuti liquidi costituiti da acque reflue»).
Particolare sottolineatura va operata dunque in ordine al punto e) del primo
comma laddove esclude dallapplicazione della norma in esame le acque
di scarico esclusi i rifiuti allo stato liquido. Questa classificazione
appare estremamente chiarificatrice rispetto al rapporto tra il decreto
legislativo in questione e il decreto acque n. 152/99 e sembra questa volta
porre termini ad un dibattito dottrinario e giurisprudenziale che per anni
ha investito il rapporto tra la pregressa normativa del D.P.R. 915/82 e
la legge-Merli.
Si rileva quindi che, conseguentemente alla dizione attualmente in vigore,
trova conferma la teoria (da noi da tempo sostenuta in precedenza anche
su queste pagine) in base alla quale la legge in materia di rifiuti (fino
a ieri il D.P.R. 915/82 ed oggi il decreto in esame) assume valore di legge
quadro in tutto il settore dei rifiuti, intendendo questi ultimi a livello
concettuale in senso lato ed omnicomprensivo. Le altre normative appaiono,
seppure la costruzione potrebbe apparire impropria in quanto norme pregresse,
come legislazioni satelliti disciplinanti - a livello di deroga ed eccezione
- alcuni settori particolari di rifiuti; tra queste, il nuovo decreto n.
152/99 assume carattere di primo rilievo.
Infatti, leccezione in questione conferma la costruzione in base alla
quale il decreto legislativo in esame rappresenta la legge-quando in materia
di rifiuti, mentre i rifiuti stessi, qualora siano costituiti da acque di
scarico «dirette» (sottinteso: da insediamenti industriali o
domestici o urbani) vengono disciplinati - in deroga come eccezione - dal
decreto n. 152/99. Ancora: se i rifiuti allo stato liquido non provengono
da detta specifica fonte (e cioè gli scarichi «diretti»)
ci troviamo di fronte allex «scarico indiretto» che non
è più tale ma viene classificato come «rifiuto liquido
costituito da acque reflue» ed in tale ultimo caso torniamo alla disciplina
generale per i rifiuti prevista dal decreto n. 22/97. Dobbiamo dunque sottolineare
che viene confermato il concetto in base al quale il decreto acque é
norma satellite di deroga rispetto alla disciplina generale sui rifiuti
(e tale concetto sarà basilare e di primaria importanza in ordine
ad alcune applicazioni concrete che riguardano - ad esempio - il trasporto
mediante autospurgo di reflui provenenti da insediamenti industriali e per
i quali appare indirettamente chiarata la disciplina). Per un ampio approfondimento
in ordine al confine tra decreto n. 22/97 sui rifiuti e decreto n. 152/99
sugli scarichi rinviamo alle introduzioni del presente capitolo e del capitolo
sulle acque, ove il tema è trattato in modo approfondito ed articolato.
Art. 9 (Divieto di miscelazione di rifiuti pericolosi)
1. È vietato miscelare categorie diverse di rifiuti pericolosi di
cui allallegato G ovvero rifiuti pericolosi con rifiuti non pericolosi.
2. In deroga al divieto di cui al comma 1, la miscelazione di rifiuti pericolosi
tra loro o con altri rifiuti, sostanze o materiali, può essere autorizzata
ai sensi dellarticolo 28 qualora siano rispettate le condizioni di
cui allarticolo 2, comma 2, ed al fine di rendere più sicuro
il recupero e lo smaltimento dei rifiuti.
3. Fatta salva lapplicazione delle sanzioni di cui allarticolo
51, comma 5, chiunque viola il divieto di cui al comma 1 è tenuto
a procedere a proprie spese alla separazione dei rifiuti miscelati qualora
sia tecnicamente ed economicamente possibile e per soddisfare le condizioni
di cui allarticolo 2, comma 2.
Art. 10 (Oneri dei produttori e dei detentori)
1. Gli oneri relativi alle attività di smaltimento sono a carico
del detentore che consegna i rifiuti ad un raccoglitore autorizzato o ad
un soggetto che effettua le operazioni individuate nellallegato B
al presente decreto, e dei precedenti detentori o del produttore dei rifiuti.
2. Il produttore dei rifiuti speciali assolve i propri obblighi con le seguenti
priorità:
a) autosmaltimento dei rifiuti;
b) conferimento dei rifiuti a terzi autorizzati ai sensi delle disposizioni
vigenti;
c) conferimento dei rifiuti ai soggetti che gestiscono il servizio pubblico
di raccolta dei rifiuti urbani, con i quali sia stata stipulata apposita
convenzione;
d) esportazione dei rifiuti con le modalità previste dallarticolo
16 del presente decreto.
3. La responsabilità del detentore per il corretto recupero o smaltimento
dei rifiuti è esclusa:
a) in caso di conferimento dei rifiuti al servizio pubblico di raccolta;
b) in caso di conferimento dei rifiuti a soggetti autorizzati alle attività
di recupero o di smaltimento, a condizione che il detentore abbia ricevuto
il formulario di cui allarticolo 15 controfirmato e datato in arrivo
dal destinatario entro tre mesi dalla data di conferimento dei rifiuti al
trasportatore, ovvero alla scadenza del predetto termine abbia provveduto
a dare comunicazione alla provincia della mancata ricezione del formulario.
Per le spedizioni transfrontaliere di rifiuti tale termine è elevato
a sei mesi e la comunicazione deve essere effettuata alla regione.
Art. 11 (Catasto dei rifiuti)
1. Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente
decreto, il Ministro dellambiente, sentita la Conferenza permanente
per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento
e Bolzano di cui allarticolo 12 della legge 23 agosto 1988, n. 400,
provvede con proprio decreto alla riorganizzazione del Catasto dei rifiuti
istituito ai sensi dellarticolo 3 del decreto legge 9 settembre 1988,
n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475,
e successive modificazioni, in modo da assicurare un quadro conoscitivo
completo e costantemente aggiornato, anche ai fini della pianificazione
delle connesse attività di gestione, sulla base del sistema di raccolta
dei dati relativi alla gestione dei rifiuti di cui alla legge 25 gennaio
1994, n. 70, utilizzando la nomenclatura prevista nel Catalogo europeo dei
rifiuti istituito con decisione della Commissione delle comunità
europee del 20 dicembre 1993, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale delle
Comunità Europee n. 5 del 7 gennaio 1994.
2. Il Catasto è articolato in una sezione nazionale, che ha sede
in Roma presso lAgenzia Nazionale per la Protezione dellAmbiente
(ANPA) e in sezioni regionali o delle province autonome presso le corrispondenti
Agenzie regionali e delle province autonome per la protezione dellambiente
(ARPA) e, ove tali Agenzie non siano ancora costituite, presso la Regione.
3. Chiunque effettua a titolo professionale attività di raccolta
e di trasporto di rifiuti, compresi i commercianti e gli intermediari di
rifiuti, ovvero svolge le operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti,
nonché le imprese e gli enti che producono rifiuti pericolosi e le
imprese e gli enti che producono rifiuti non pericolosi di cui allarticolo
7, comma 3, lettere c), d) e g), sono tenuti a comunicare annualmente con
le modalità previste dalla legge 25 gennaio 1994, n. 70, le quantità
e le caratteristiche qualitative dei rifiuti oggetto delle predette attività.
Sono esonerati da tale obbligo gli imprenditori agricoli di cui allarticolo
2135 del codice civile con un volume di affari annuo non superiore a lire
quindicimilioni e, limitatamente alla produzione di rifiuti non pericolosi,
i piccoli imprenditori artigiani di cui allarticolo 2083 del codice
civile che non hanno più di tre dipendenti. Nel caso in cui i produttori
di rifiuti conferiscano i medesimi al Servizio pubblico di raccolta, la
comunicazione è effettuata dal gestore del servizio limitatamente
alla quantità conferita (1).
4. I comuni, o loro consorzi o comunità montane ovvero aziende speciali
con finalità di smaltimento dei rifiuti urbani e assimilati comunicano
annualmente secondo le modalità previste dalla legge 25 gennaio 1994,
n. 70, le seguenti informazioni relative allanno precedente:
a) la quantità dei rifiuti urbani raccolti nel proprio territorio;
b) i soggetti che hanno provveduto alla gestione dei rifiuti, specificando
le operazioni svolte, le tipologie e la quantità dei rifiuti gestiti
da ciascuno;
c) i costi di gestione e di ammortamento tecnico e finanziario degli investimenti
per le attività di gestione dei rifiuti, nonché i proventi
della tariffa di cui allarticolo 49;
d) i dati relativi alla raccolta differenziata.
5. Le Sezioni regionali e provinciali e delle Province autonome del Catasto
provvedono allelaborazione dei dati ed alla successiva trasmissione
alla Sezione nazionale entro 30 giorni dal ricevimento, ai sensi dellarticolo
2, comma 2, della legge 25 gennaio 1994, n. 70, delle informazioni di cui
ai commi 3 e 4. LANPA elabora i dati, evidenziando le tipologie e
le quantità dei rifiuti prodotti, raccolti, trasportati, recuperati
e smaltiti, nonché gli impianti di smaltimento e di recupero in esercizio,
e ne assicura la pubblicità.
6. Fino allemanazione del decreto di cui al comma 1 continuano ad
applicarsi le disposizioni vigenti in materia.
7. La riorganizzazione del Catasto di cui ai commi 1 e 2 non deve comportare
oneri ulteriori ed aggiuntivi per il bilancio dello Stato.
(1) Si veda il D.M. 4 agosto 1998, n. 372.
(2) Comma così modificato dallart. 1, comma 16, della L. 9
dicembre 1998, n. 426.
Cè da segnalare una certa ambiguità di tale disposizione
normativa, in particolare con riferimento a quanto dispone lultimo
paragrafo. In specifico ci si può domandare se tale norma sia circoscritta
alla tenuta del solo MUD» (e non anche dei registri) e se tale disposizione
si riferisca a «tutti» i rifiuti.
Per quanto concerne il primo aspetto non si può fare a meno di notare
che cè chi (ad es. S. BELTRAME, I nuovi modelli per il formulario
di accompagnamento e per i registri di carico/scarico) circoscrive la portata
della norma «agli oneri della comunicazione annuale e non può
in alcun modo estendersi agli obblighi di cui allart. 12, atteso che
questultimo richiama esclusivamente i soggetti ivi individuati e non
le modalità di adempimento inerenti la comunicazione, a cui si riferisce
espressamente la citata proposizione».
In realtà la Circ. (Ind.) 5 marzo 1998, n. 3434/c ha espressamente
puntualizzato che «i soggetti tenuti alla presentazione del MUD sono
quelli indicati allart. 11, comma 3, del D.L.vo 22/97». Dunque,
in ordine ai soggetti obbligati, tendenzialmente «registri di carico
e scarico e MUD coincidono» (così, FICCO e GERARDINI, La gestione
dei rifiuti), in quanto tra i due obblighi esiste «un rapporto di
causa/effetto».
Peraltro la norma parla esplicitamente di comunicazione e non di altro,
con diretto riferimento alle «modalità previste dalla legge
25 gennaio 1994, n. 70». Quindi si riferisce solo ed esclusivamente
al MUD.
Ciò premesso, è doveroso a questo punto chiedersi il significato
della parola «rifiuti» nellambito della norma in questione.
Si concorda in proposito con chi (FICCO e GERARDINI, op. cit., pp. 123,124)
esclude dallobbligo di compilazione del MUD tutti i produttori di
rifiuti speciali (pericolosi o non pericolosi) che conferiscano i propri
rifiuti al servizio pubblico di raccolta. In questo caso «il MUD è
compilato dal gestore del servizio stesso... Ciò vale anche nel caso
in cui il servizio pubblico agisca sui rifiuti diversi da quelli assimilati,
quindi, in regime di convenzione ed al pari di un privato. Il che, però,
nulla toglie alla sua qualifica pubblica del servizio prestato. Poiché
lart. 11, comma 3, si esprime in termini lapidari, qualunque interpretazione
diversa (in difetto di precisazioni ufficiali) si ritiene sia assolutamente
infondata».
Tale norma - se interpretata estensivamente - costituisce un evidente, importante
contributo alla sburocratizzazione voluta dallo spirito del D.L.vo 22/97,
evitando duplicazioni inutili per ciò che concerne la comunicazione
relativa ai medesimi rifiuti, comunicazione che ha peraltro una valenza
prettamente statistica (v. art. 3 L. 70/94).
Alcuni commentatori in realtà si sono limitati a sottolineare come
lultima modifica apportata alla norma è stata approntata solo
per chiarire che non basta conferire i rifiuti al servizio pubblico per
essere esenti dal Mud in ordine a tutti i rifiuti prodotti. Ciò è
vero, ma è altrettanto vero che con riferimento a tutti i rifiuti
conferiti al servizio pubblico di raccolta (e non a un servizio pubblico)
le aziende sono esentate a presentare il Mud.
F.C. SPRIANO, La nuova normativa sui rifiuti, al proposito, ha scritto:
«La comunicazione annuale a carico dei produttori dovrà essere
fatta dal gestore del pubblico servizio, nel caso in cui i produttori conferiscano
i rifiuti al Servizio pubblico di raccolta; in tal modo si avrà un
sostituto nellobbligo ed il produttore non dovrà in tal caso
ottemperare allobbligo assunto in sua vece dal gestore pubblico».
Si potrebbe far notare che i limiti del «servizio pubblico»
sono definiti dal regolamento comunale che lo istituisce e che (art. 21,
comma 5 del «Ronchi») «i comuni possono istituire... servizi
integrativi per la gestione dei rifiuti speciali non assimilati ai rifiuti
urbani».
Può essere a questo punto interessante chiedersi cosa si intenda
per «servizi integrativi». Potrebbe essere di qualche aiuto
il comma 2 dellart. 39 della L. Comunitaria del 1994 (L. 146/94) il
quale specifica che «i comuni possono istituire servizi pubblici integrativi,
i cui costi sono a carico di ciascun detentore dei rifiuti sulla base di
apposite convenzioni.
Qualora il comune istituisca i servizi pubblici integrativi, i detentori
sono tenuti a conferire i rifiuti al soggetto che gestisce detti servizi,
salvi i casi di autosmaltimento e di conferimento a terzi autorizzati ai
sensi delle vigenti disposizioni».
Sono da effettuare al proposito alcune considerazioni:
a) tale norma non solo è precedente al «Ronchi» ma è
stata espressamente abrogata dalla L. 24 aprile 1998, n. 128 (art. 17, comma
3);
b) ammesso e non concesso che per «servizi integrativi» si possano
intendere quelli di cui allultimo paragrafo del comma 3 dellart.
11 del «Ronchi», se il comune non istituisce tale servizio («possono»),
e non si dà uninterpretazione estensiva (peraltro avvalorata
dalla più rilevante dottrina del settore) della norma in oggetto
cosa si potrebbe verificare, nella pratica? Il produttore di rifiuti (anche
dei più pericolosi) non avrebbe interesse alcuno a conferire i rifiuti
al soggetto gestore del servizio pubblico di raccolta (ovvero quello al
quale il Comune affida, per garanzie di qualità e di efficienza offerte,
il compito di effettuare un servizio particolarmente delicato e gravoso
dal punto di vista ambientale e di tutela della salute) se non avesse almeno
«in cambio» la possibilità di essere esentato dalla tenuta
di MUD, operazione che, comunque, per quei rifiuti conferiti, è già
svolta dal gestore del servizio pubblico. Non sarebbe forse tentato di conferire
i rifiuti al primo soggetto che gli offra semplicemente il servizio meno
oneroso economicamente?
E, dunque, se i produttori di rifiuti in ambito comunale si rivolgono al
soggetto gestore del servizio pubblico per effettuare lo smaltimento dei
propri rifiuti, non cè forse tutto linteresse pubblico
(e nellambito della ratio del «Ronchi») ad agevolare tale
procedura nel massimo dellefficienza e della sicurezza?
Infine, e per mantenersi nellambito letterale della norma, non si
capisce perché il legislatore parli di «rifiuti» senza
specificare nullaltro (urbani, assimilati, assimilabili....), né
perché parli tout court di «produttori di rifiuti», riconducibili
alla generica definizione di cui allart. 6, comma 1, lett. b), del
decreto Ronchi: se avesse voluto specificare in tal senso la norma avrebbe
avuto tutte le possibilità per farlo.
Art. 12 (Registri di carico e scarico)
1. I soggetti di cui allarticolo 11, comma 3, hanno lobbligo
di tenere un registro di carico e scarico, con fogli numerati e vidimati
dallUfficio del registro, su cui devono annotare, le informazioni
sulle caratteristiche qualitative e quantitative dei rifiuti, da utilizzare
ai fini della comunicazione annuale al Catasto. Le annotazioni devono essere
effettuate:
a) per i produttori almeno entro una settimana dalla produzione del rifiuto
e dallo scarico del medesimo;
b) per i soggetti che effettuano la raccolta e il trasporto almeno entro
una settimana dalla effettuazione del trasporto;
c) per i commercianti e gli intermediari almeno entro una settimana dalla
effettuazione della transazione relativa;
d) per i soggetti che effettuano le operazioni di recupero e di smaltimento
entro ventiquattro ore dalla presa in carico dei rifiuti.
2. Il registro tenuto dagli stabilimenti e dalle imprese che svolgono attività
di smaltimento e di recupero di rifiuti deve, inoltre, contenere:
a) lorigine, la quantità, le caratteristiche e la destinazione
specifica dei rifiuti;
b) la data del carico e dello scarico dei rifiuti ed il mezzo di trasporto
utilizzato;
c) il metodo di trattamento impiegato.
3. I registri sono tenuti presso ogni impianto di produzione, di stoccaggio,
di recupero e di smaltimento di rifiuti nonché presso la sede delle
imprese che effettuano attività di raccolta e trasporto, e presso
la sede dei commercianti e degli intermediari. I registri integrati con
i formulari relativi al trasporto dei rifiuti sono conservati per cinque
anni dalla data dellultima registrazione, ad eccezione dei registri
relativi alle operazioni di smaltimento dei rifiuti in discarica, che devono
essere conservati a tempo indeterminato ed al termine dellattività
devono essere consegnati allautorità che ha rilasciato lautorizzazione.
3 bis. I registri di carico e scarico relativi ai rifiuti prodotti dalle
attività di manutenzione delle reti e delle utenze diffuse svolte
dai soggetti pubblici e privati titolari di diritti speciali o esclusivi
ai sensi della direttiva 93/38/CE attuata con il decreto legislativo 17
marzo 1995, n. 158, che installano e gestiscono, direttamente o mediante
appaltatori, reti ed impianti per lerogazione di forniture e servizi
di interesse pubblico, possono essere tenuti, nellambito della provincia
dove lattività è svolta, presso le sedi di coordinamento
organizzativo o altro centro equivalente comunicato preventivamente alla
provincia medesima.
4. I soggetti la cui produzione annua di rifiuti non eccede le 5 tonnellate
di rifiuti non pericolosi ed una tonnellata di rifiuti pericolosi, possono
adempiere allobbligo della tenuta dei registri di carico e scarico
dei rifiuti anche tramite le organizzazioni di categoria interessate o loro
società di servizi che provvedono ad annotare i dati previsti con
cadenza mensile, mantenendo presso la sede dellimpresa copia dei dati
trasmessi.
5. Le informazioni contenute nel registro sono rese in qualunque momento
allautorità di controllo che ne fa richiesta.
6. In attesa dellindividuazione del modello uniforme di registro di
carico e scarico e degli eventuali documenti sostitutivi, nonché
delle modalità di tenuta degli stessi, continuano ad applicarsi le
disposizioni vigenti che disciplinano le predette modalità di tenuta
dei registri.
6 bis. Sono esonerati dallobbligo di cui al comma 1 i consorzi di
cui agli articoli 40, 41, 47 e 48 del presente decreto e i consorzi di cui
allarticolo 9 quinquies del decreto legge 9 settembre 1988, n. 397,
convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, e allarticolo
11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95 (1).
(1) Questo comma è stato aggiunto dallart. 23, comma 1, lett.
c), della L. 31 luglio 2002, n. 179.
(2) Si veda il D.M. 1 aprile 1998, n. 148.
(3) Larticolo 12 riguarda un punto cardine della normativa in questione:
i registri di carico e scarico.
Appare evidente limportanza di tale registro in quanto esso rappresenta
la fotografia immediata del flusso dei rifiuti gestititi dal titolare stesso
e costituisce specchio diretto di quanto accaduto utilizzabile in sede di
controllo e di verifiche.
Va purtroppo rilevato che, a fronte di tanta importanza rivestita dallesatto
e puntuale adempimento di tenuta di questi registri di carico e scarico,
oggi la norma prevede per le violazioni esclusivamente una sanzione amministrative
e questo anche se trattasi di rifiuti pericolosi (art. 52, secondo comma
con duplice ipotesi - per rifiuti non pericolosi e pericolosi - ma sempre
amministrativa).
In particolare va rilevato che detta violazione, ritenuta impropriamente
di carattere meramente formale, in realtà rappresenta molto spesso
chiave di lettura per illeciti di profondo ordine sostanziale. Si pensi
ad esempio al deposito temporaneo irregolare che in linea di massima può
mascherare efficacemente una grande discarica abusiva e in tale caso lunico
elemento diretto di riscontro a livello di vigilanza per verificare la differenza
formale tra i due concetti va individuata nei dati contenuti nei registri
di carico e scarico. Sarà infatti in tali registri che è possibile
decifrare i tempi e le quantità del cumulo dei rifiuti per verificarne
la rispondenza rispetto ai parametri formali previsti per la prassi del
deposito temporaneo. In assenza o in carenza parziale di tali verifiche
di dati lorgano di vigilanza è praticamente e sostanzialmente
inibito nellazione di controllo e non può far fronte efficacemente
(e spesso far fronte affatto) al principio dellonere della prova.
Così la violazione apparentemente formale e documentale sulla omessa
tenuta o parziale tenuta dei registri di carico e scarico (sanzionata amministrativamente)
consente di celare efficacemente il ben più grave reato di gestione
di discarica abusiva (soggetto a sanzione penale). In tal caso dunque il
comportamento omissivo non è valutabile soltanto in se stesso ma
dovrebbe essere letto e considerato anche in relazione alluso mediato
e strumentale ed alle conseguenze fraudolente ipotizzabili. Ma questo aspetto
specifico della materia è ancora oggetto di grande dibattito politico.
Art. 13 (Ordinanze contingibili e urgenti)
1. Fatto salvo quanto previsto dalle disposizioni vigenti in materia
tutela ambientale, sanitaria e di pubblica sicurezza, qualora si verifichino
situazioni di eccezionale ed urgente necessità di tutela della salute
pubblica e dellambiente, e non si possa altrimenti provvedere, il
Presidente della giunta regionale o il Presidente della provincia ovvero
il sindaco possono emettere, nellambito delle rispettive competenze,
ordinanze contingibili ed urgenti per consentire il ricorso temporaneo a
speciali forme di gestione dei rifiuti, anche in deroga alle disposizioni
vigenti, garantendo un elevato livello di tutela della salute e dellambiente.
Dette ordinanze sono comunicate al Ministro dellambiente, al Ministro
della sanità e al presidente della regione entro tre giorni dallemissione
ed hanno efficacia per un periodo non superiore a sei mesi.
2. Entro centoventi giorni dalladozione delle ordinanze di cui al
comma 1, il Presidente della Giunta regionale promuove ed adotta le iniziative
necessarie per garantire la raccolta differenziata, il riutilizzo, il riciclaggio
e lo smaltimento dei rifiuti. In caso di inutile decorso del termine e di
accertata inattività, il Ministro dellambiente diffida il Presidente
della Giunta regionale a provvedere entro un congruo termine, e in caso
di protrazione dellinerzia può adottare in via sostitutiva
tutte le iniziative necessarie ai predetti fini.
3. Le ordinanze di cui al comma 1 indicano le norme a cui si intende derogare
e sono adottate su parere degli organi tecnici o tecnico-sanitari locali,
che lo esprimono con specifico riferimento alle conseguenze ambientali.
4. Le ordinanze di cui al comma 1 non possono essere reiterate per più
di due volte. Qualora ricorrano comprovate necessità, il Presidente
della regione dintesa con il Ministro dellambiente può
adottare, sulla base di specifiche prescrizioni, le ordinanze di cui al
comma 1 anche oltre i predetti termini.
5. Le ordinanze di cui al comma 1 che consentono il ricorso temporaneo a
speciali forme di gestione dei rifiuti pericolosi sono comunicate dal Ministro
dellambiente alla Commissione dellUnione Europea.
(1) La disciplina le ordinanze contingibili ed urgenti dei sindaci (per
la realizzazione di discariche in casi particolari e momentanei), che aveva
costituito tema oggetto di ampio dibattito vigente il D.P.R. 915/82, continua
a rappresentare tema di massima importanza anche in questi primi anni di
applicazione del decreto 22/97.
È noto che il ricorso alle ordinanze contingibili ed urgenti, vigente
la pregressa disciplina ha dato luogo a una serie di non pochi abusi o prassi
abnormi ed abituali, talché molti Sindaci usando ed abusando del
vecchio articolo 12, D.P.R. 915/82 in questione hanno di fatto realizzato
discariche permanenti del proprio territorio reiterando le proprie ordinanze
per anni ed anni di seguito senza alcuna soluzione di continuità.
Sulla materia si è espressa ripetutamente, ed in modo piuttosto preciso,
la giurisprudenza della Corte di cassazione per contrastare il ricorso a
detta prassi e negli ultimi mesi di vita (o agonia) del D.P.R. 915/82 abbiamo
assistito ad un fortissimo contrasto giurisprudenziale sempre in sede di
Corte di cassazione laddove la stessa Suprema Corte dopo avere per anni
stabilito un concetto assolutamente restrittivo di applicabilità
citato dallart. 12 a casi realmente caratterizzati da necessità
ed urgenza assoluta, alla fine con una pronuncia a sorpresa ha stabilito
un concetto del tutto opposto legittimando in modo indiretto il già
criticato operato di molti sindaci.
Lattuale articolo 13 riscrive ex novo tutta la materia e modella allo
stato genetico iniziale tutto il principio.
Viene stabilito questa volta che il verificarsi delle situazioni di eccezionale
e urgente necessità di tutela della salute pubblica e dellambiente
non legittima sic et simpliciter il provvedimento del sindaco (come di fatto
è accaduto in passato) ma devono sussistere altre condizioni preliminari.
Infatti è espressamente previsto che il ricorso a detta prassi sia
inevitabile perché non si può altrimenti provvedere, e che
il potere in questione ricade in capo al Presidente della Giunta Regionale
o al Presidente della Provincia ovvero al Sindaco con la espressa limitazione
di consentire il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti
anche in derogaalle dispozioni vigenti; viene tuttavia evidenziato che non
devono sussistere conseguenze di danno o di pericolo per la salute e per
lambiente (ed ancora una volta detta previsione è coerente
con le finalità politiche programmatiche espresse in apertura nellarticolo
2 come dichiarazioni di principio per la tutela dellambiente).
Dette ordinanze devono essere comunicate al Ministero dellambiente
e della sanità e hanno efficacia per un periodo non superiore a sei
mesi. Sono previsti poi adempimenti della pubblica amministrazione in seguito
ad emanazione di dette ordinanze.
Fin qui la norma apparirebbe corretta, ed in qualche modo il fare ricadere
in capo ad un organo sovraordinato superiore il potere in questione (tra
i quali il Presidente della Giunta Regionale) con i vincoli specificamente
indicati sembra voler esprimere la tendenza del legislatore a limitare luso
e labuso di detta prassi.
Ma ecco che inevitabilmente, la stratificazione dei diversi interventi di
questo testo fatto a strati emerge anche in questa sede in modo prepotente
giacché il concetto così espresso trova subito, poi, alla
fine incollata in calce una eccezione, sostanzialmente e di fatto demolitoria,
al quarto comma, laddove si prevede prima che queste ordinanze non possono
essere reiterate per più di due volte (e fin qui il limite sarebbe
oggettivo ed accettabile); ma poi, con la solita formula generica della
esistenza di «comprovate necessità» (concetto entro il
quale si può far rientrare tutto e il contrario di tutto) il Presidente
della Regione dintesa con il Ministero dellambiente può
adottare le stesse ordinanze anche oltre i predetti termini.
Ecco, dunque, che il sistema delle eccezioni che vanifica la norma base
appare in questo caso estremamente esemplificativo.
Di fatto questultima disposizione, per la quale va rilevato che non
sussiste un termine massimo prestabilito, significa che potrebbe reiterarsi
in futuro linfausta prassi già verificatasi sotto la vigenza
del D.P.R. 915/82 semplicemente con uno spostamento di competenze amministrative
ma sostanzialmente senza alcun vincolo pregiudiziale espresso e soprattutto,
senza alcuna termine finale affatto espresso e quindi in teoria anche ad
infinitum.
Sul tema va tuttavia registrata una importante sentenza della Cassazione:
«In materia di smaltimento di rifiuti, poiché lordinanza
contingibile ed urgente, disciplinata prima dallart. 12 del D.P.R.
n. 915/82 ed ora dallart. 13 del D.L.vo n. 22/97, può comportare
una lesione di diritti soggettivi, il giudice penale ha il potere-dovere
di applicare tale ordinanza solo in quanto sia conforme alle prescrizioni
delle leggi suddette, ai sensi dellart. 5 della L. n. 2248/1865, all.
E.» (Cass. pen., sez. III, 15 aprile 1998, n. 377, Pioletti).
Nella motivazione si legge: «(...) Va considerato che lordinanza
contingibile e urgente disciplinata prima dallarticolo 12 del D.P.R.
n. 915/82 e ora dallart. 13 del D.L.vo n. 22/97 ha natura e funzione
giuridica diversa dallautorizzazione prescritta prima dallart.
6, lett. e), D.P.R. n. 915/82 e ora dellart. 28 del D.L.vo 22/1997.
Questa autorizzazione tende a rimuovere un ostacolo al libero esercizio
del diritto di gestire professionalmente lattività di smaltimento
e recupero dei rifiuti, tanto che gestire lo smaltimento senza lautorizzazione
integra un reato (rispettivamente previsto dallart. 25 del D.P.R.
915/82 e dallart. 51 D.L.vo 22/97). Lordinanza contingibile
e urgente, invece, ha la funzione di consentire in situazioni eccezionali
il ricorso a forme straordinarie di gestione dei rifiuti anche in deroga
alla normativa vigente, e per conseguenza può configurarsi come causa
speciale di giustificazione per quelle attività di smaltimento che
integrerebbero reato ai sensi della normativa vigente, ma che vengono discriminate
solo per effetto dal ordinanza straordinaria. Da questa differenza ontologica
e funzionale dei due provvedimenti amministrativi - ad avviso del collegio
- derivano conseguenze importanti, in particolare riguardo al potere di
sindacato che compete al giudice penale relativamente agli stessi provvedimenti.
In ordine alla autorizzazione regionale per lo smaltimento dei rifiuti,
infatti, sono pacificamente applicabili, o almeno sono generalmente applicati,
i principi elaborati dalla nota sentenza Giordano delle sezioni unite, secondo
cui il giudice penale non ha, ai sensi degli artt. 4 e 5 della legge 20
marzo 1865, n. 2248, all. E, il potere di disapplicare gli atti amministrativi
illegittimi (...)». La Corte precisa dunque che l ordinanza
in questione che travalica i limiti di legge comporta «(...) una lesione
di diritti soggettivi (...)» e da qui «(...) deriva il potere-dovere
del giudice ordinario di applicare detta ordinanza solo in quanto sia conforme
alla legge, ai sensi dellart. 5 della legge 5 marzo 1865, n. 2248,
all. E. In particolare il giudice penale dovrà sindacare la legittimità
dellordinanza e potrà valutarla come discriminante speciale
solo in quanto conforme alla legge. In tal senso, con varie motivazioni,
è la giurisprudenza prevalente di questa Corte, laddove ha statuito
il potere-dovere del giudice penale di verificare i presupposti di legittimità
delle ordinanze contingibili e urgenti in materia di rifiuti (fra tutte
Cass., sez. III, 21 gennaio 1994, n. 2180 (c.c. 21 ottobre 1993), P.M. in
proc. Baffoni; Cass., sez. III, del 23 marzo 1994, n. 3511 (ud. 17 gennaio
1994) Cerchiara).
Siffatta conclusione risulta ancor più evidente dallesame delle
innovazioni che il D.L.vo n. 22/97 ha apportato allistituto delle
ordinanze contingibili e urgenti. Per quello che interessa ai nostri fini,
infatti, lart. 13 di questo decreto - come lomologo art. 12
del D.P.R. n. 915/82 - affida al presidente della giunta regionale il potere
di emanare ordinanze straordinarie per consentire il ricorso temporaneo
a speciali forme di gestione dei rifiuti, anche in deroga alle disposizioni
vigenti; ma - in aggiunta al predetto art. 12 - introduce ulteriori requisiti,
e precisamente:
-fa «salvo quanto previsto dalle disposizioni vigenti in materia di
tutela ambientale, sanitaria e di pubblica sicurezza»;
-richiede che «non si possa altrimenti provvedere»;
-richiede come presupposto una «situazione eccezionale e urgente necessità
di tutela della salute pubblica e dellambiente» (anziché
di tutela della salute pubblica o dellambiente, come richiedeva la
norma previgente);
-inserisce come condizione che lordinanza non produca «conseguenze
di danno o di pericolo per la salute e per lambiente» (secondo
il testo originario) ovvero che lordinanza garantisca «un elevato
livello di tutela della salute e dellambiente» (secondo il testo
modificato dal D.L.vo 8 novembre 1997, n. 389);
-prescrive che lordinanza indichi specificamente «le norme a
cui intende derogare»;
-dispone che lordinanza venga adottata su parere obbligatorio degli
organi tecnici o tecnici-sanitari, che lo esprimono con specifico riferimento
riferimento alle conseguenze ambientali;
-introduce come termine di efficacia dellordinanza quello massimo
di sei mesi;
-vieta la reiterazione delle ordinanze più di due volte, salvo potere
di deroga in casi di comprovata necessità, dintesa con il ministro
dellambiente;
-prescrive, infine, che entro centoventi giorni dalla ordinanza, il presidente
della giunta regionale adotti e promuova le iniziative necessarie per garantire
la raccolta differenziata, il riutilizzo, il riciclaggio e lo smaltimento
dei rifiuti.
Da queste innovazioni risulta evidente lintento del legislatore del
1997 di predisporre ulteriori limiti e vincoli al potere di emanare ordinanze
contingibili e urgenti, proprio a tutela dei diritti soggettivi individuati
e collettivi in tema di salute e di ambiente. Ne deriva per il giudice penale
un più penetrante dovere di controllo sul rispetto di quei limiti
e quei vincoli, cioè sulla legittimità dellordinanza,
al fine di garantire i diritti alla salute e allambiente, che costituiscono
i beni tutelati dalle norme penali in materia di rifiuti. (...)».
Nella fattispecie risultava che lordinanza contingibile emanata esplicitamente
sulla base dellart. 13 del D.L.vo 22/97, era stata preceduta da numerose
altre ordinanze contigibili, emanata dal 1991 al febbraio 1996, sulla base
dellart. 12 del D.P.R. 915/82 (...)» e dunque la Cassazione
censura tale prassi prospettando lipotesi di uno sviamento di potere,
e più esattamente una deviazione dellatto dalle sue finaltià
istituzionali, allo scopo di eludere fraudolentemente la disciplina di legge,
ledendo in tal modo i diritti tutelati dalla legge stessa.
Ed ancora: «Con riguardo al reato di gestione di discarica non autorizzata,
non è idonea a scriminare la condotta del sindaco ladozione
di ordinanza contingibile ed urgente ai sensi dellart. 12 del D.P.R.
n. 915/82 (ora prevista dallart. 13 del D.L.vo n. 22/97), con efficacia
protratta per oltre un quinquennio, essendo palese manistazione di uno sconfinamento
dal potere extra ordinem riconosciuto dallordinamento dellAutorità
comunale». (Cass., sez. III, 29 maggio 1998, n. 6292, Tridico).
Art. 14 (Divieto di abbandono)
1. Labbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel
suolo sono vietati.
2. È altresì vietata limmissione di rifiuti di qualsiasi
genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee.
3. Fatta salva lapplicazione delle sanzioni di cui agli articoli 50
e 51, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere
alla rimozione, allavvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti
ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e
con i titolari di diritti reali o personali di godimento sullarea,
ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa. Il sindaco
dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine
entro cui provvedere, decorso il quale procede allesecuzione in danno
dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate.
4. Qualora la responsabilità del fatto illecito di cui al comma 1
sia imputabile ad amministratori o rappresentanti di persona giuridica,
ai sensi e per gli effetti del comma 3 sono tenuti in solido la persona
giuridica ed i soggetti che subentrano nei diritti della persona stessa.
(1) Questo articolo prevede il principio-base (che caratterizza tutto limpianto
del D.L.vo n. 22/1997) del divieto di abbandono e di deposito incontrollato
di rifiuti sul suolo e nel suolo; analogamente lo stesso articolo vieta
la parallela immissione di rifiuti di qualsiasi genere allo stato solido
o liquido nelle acque superficiali e sotterranee.
Il sistema sanzionatorio conseguente è articolato negli artt. 50
e 51.
In primo luogo, si rileva che alla luce delle evoluzioni normative ed applicative
appare rafforzata la nostra interpretazione iniziale (esposta nelle precedenti
edizioni di questo codice) in base alla quale detto art. 50 riguarda la
fattispecie dellabbandono/deposito incontrollato di rifiuti operato
da privati cittadini, mentre se la stessa attività illecita è
commessa da un titolare di ente o impresa si applica la sanzione penale
di cui allart. 51, secondo comma.
Ed infatti la novella apportata dal «Ronchi-bis» al testo originario
del decreto inserisce preliminarmente allinizio del comma primo dellart.
50 linciso «fatto salvo quanto disposto dallart. 51 comma
secondo».
Il che significa, in modo dichiaratamente espresso, che la previsione dellart.
51, comma secondo è fattispecie totalmente e sostanzialmente diversificata
rispetto al corpo di previsione dallart. 50: poiché lart.
51, comma secondo prevede espressamente labbandono-deposito incontrollato
operato da titolari dimpresa e responsabili di enti (con comportamento
assolutamente identico e parallelo rispetto a quello previsto dallart.
50) , appare chiarissimo che lo stesso comportamento viene diversificato
a livello di responsabilità soggettiva.
Infatti a parità di abbandono o deposito incontrollato, se il soggetto
è un privato va incontro alla sanzione amministrativa di cui allart.
50, primo comma, mentre se è un responsabile di impresa o ente è
soggetto alla sanzione penale di cui allart. 51 secondo comma.
Evidentemente con ciò il legislatore ha ritenuto potenzialmente più
pericolosa lattività illecita da parte di questultima
categoria di persone rispetto a quella dei privati.
In calce al primo comma dellart. 50 (che, giova ripeterlo, vede il
divieto basilare di abbandono/deposito incontrollato da parte dei privati)
è stata inserita una ipotesi sanzionatoria minore nel caso in cui
il comportamento illecito riguardi un abbandono (e non anche un deposito
incontrollato) soltanto sul suolo (e non anche nelle acque) di rifiuti non
pericolosi e non ingombranti.
In tal caso il privato in luogo della sanzione amministrativa da euro 103
a euro 619 soggiace alla sanzione amministrativa ridotta da euro 25 a euro
154.
Si badi, e questo va sottolineato, che detta ipotesi sanzionatoria minore
non riguarda sic et simpliciter tutto limpianto di cui allart.
50, primo comma, ma soltanto una ipotesi specifica e selettiva.
Infatti la prima parte di detto comma riguarda unipotesi generale
di abbandono e/o deposito incontrollato di rifiuti naturalmente sul suolo
ed espressamente anche nelle acque superficiali o sotterranee (sia che si
tratti di rifiuti pericolosi che non pericolosi).
Vediamo, invece, che la nuova sanzione amministrativa ridotta inserita dalla
modifica normativa non riguarda tutte queste ipotesi ma prevede espressamente
labbandono di rifiuti sul suolo (quindi implicitamente escludendo
dalla sua previsione il deposito incontrollato sul suolo, nonché
limmissione nelle acque superficiali e sotterranee).
Si evidenzia lattenzione del legislatore nella consapevolezza del
maggior pericolo ambientale connesso allabbandono di qualsiasi tipo
di rifiuto nelle acque. Non è tanto per la rilevanza che nella fattispecie
minore presenta il rischio quanto nel principio che si vuole affermare.
Peraltro, a livello oggettivo i rifiuti devono avere la doppia (e non alternativa)
caratteristica di «rifiuti non pericolosi e non ingombranti».
Il che significa, a titolo esemplificativo, che il deposito incontrollato
o limmissione in acqua di rifiuti, seppure non pericolosi e non ingombranti
continua a essere disciplinato dalla prima parte dellart. 50 e dunque
il responsabile soggiace alla sanzione amministrativa di maggiore entità.
Si può facilmente intuire da detta rinnovata costruzione che la novella
normativa è stata redatta dal legislatore per fotografare la realtà
dei piccoli abbandoni quotidiani di rifiuti sul suolo (tipo il gettito in
terra di lattine di bevande, il sacchetto di piccoli rifiuti durante una
gita, la carta di involucro di confezioni alimentari da passeggio) i quali
sarebbero altrimenti andati incontro a una sanzione amministrativa effettivamente
sproporzionata.
Il legislatore ha disciplinato in modo differenziato labbandono e
il deposito incontrollato di rifiuti, prevedendo sanzioni diverse a seconda
che la fattispecie sia posta in essere dal privato cittadino o da titolari
di enti o imprese, non con riferimento al soggetto che materialmente compie
latto, ma in riferimento alla imputabilità dello stesso, indipendentemente
dal soggetto che materialmente lo compie.
Si vuole cioè dire che se il cittadino abbandona rifiuti prodotti
nellesercizio di impresa risponderà non con la sanzione prevista
per labbandono del privato ma in concorso con il responsabile dellimpresa
che quei rifiuti ha prodotto (sanzione penale).
Ulteriore principio importante è stabilito nel secondo comma dellart.
14, laddove, a parte lirrogazione delle sanzioni (amministrative o
penali secondo i casi), in ambedue i casi (violazione del divieto da parte
di privato o da parte di titolari di imprese/responsabili di enti) viene
stabilito lobbligo a carico del soggetto autore dei fatti di procedere
alla rimozione, allavvio al recupero o allo smaltimento dei rifiuti
e al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con
i titolari di diritti reali o personali di godimento sullarea, ai
quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa.
Al riguardo è espressamente previsto che il Sindaco dispone con ordinanza
le operazioni a tal fine necessarie e il termine entro cui provvedere, decorso
il quale procede allesecuzione in danno dei soggetti obbligati e al
recupero delle somme anticipate.
Il sindaco emette una ordinanza specifica diretta verso il responsabile
(in solido con i soggetti sopra menzionati obbligati alla rimozione e al
ripristino dello stato dei luoghi) e costoro debbono provvedere allattuazione.
In caso di omessa ottemperanza per lordinanza, e questo è altro
punto che va sottolineato, è prevista una sanzione penale dallart.
50, secondo comma (arresto fino ad un anno) per chi non esegue quanto stabilito
in detta ordinanza. Ma punto ancora più rilevante, è che con
la sentenza di condanna (sia ordinaria che di patteggiamento) il beneficio
della sospensione condizionale della pena può essere subordinato
alla esecuzione di quanto stabilito nellordinanza e/o contenuto sostanzialmente
nellobbligo stesso non attuato.
In ordine allinciso della responsabilità solidale tra soggetto
autore dellabbandono o deposito incontrollato e proprietario e titolare
di diritti reali o personali di godimento sullarea, ai quali tale
violazione sia imputabile a titolo di dolo o di colpa, va naturalmente sottolineato
che lonere della prova ricade sullorgano di vigilanza e non
potrà mai trattarsi in tali casi di responsabilità oggettiva
o formale.
In altre parole, non basta verificare a livello meramente catastale (o di
informazioni di altro tipo) che quellabbandono o quel deposito incontrollato
è stato effettuato sul terreno di proprietà di un soggetto
o che altro soggetto sia titolare di diritti reali o personali di godimento
su quellarea per farlo soggiacere automaticamente alla sanzione amministrativa
per il caso di abbandono o deposito operato da un privato o denunciarlo
penalmente nel caso di abbandono o deposito effettuato da titolare di impresa
o ente. Infatti, la specifica posizione del proprietario o titolare di diritti
sullarea va esaminata in modo più approfondito, giacché
la norma correttamente ed espressamente prevede che a suo carico lorgano
di vigilanza riscontri il dolo o la colpa. Dunque, la semplice titolarità
dellarea non equivale a responsabilità oggettiva, né
a livello amministrativo né, a maggior ragione, a livello penale.
Si dovrà infatti verificare caso per caso se quel proprietario o
titolare di diritti sullarea aveva in qualche modo espressamente e
volontariamente autorizzato labbandono e il deposito incontrollato
(dolo) oppure se, in ipotesi, a suo carico possa riscontrarsi una qualche
forma di imprudenza, imperizia, negligenza operativa attiva o passiva tale
da determinare una colpa in senso penale (naturalmente è rilevante
anche la colpa omissiva nella mancata vigilanza attiva o segnalazione tempestiva
alle autorità di un fatto nel quale egli non ha avuto un ruolo di
concorso, ma che ha passivamente e quindi colpevolmente tollerato per un
certo periodo di tempo).
Se non sussiste la dimostrazione del dolo o della colpa, secondo i principi
generali dellordinamento, il proprietario o il responsabile dellarea
non può essere chiamato a rispondere di tale sistema sanzionatorio.
Va ribadito e sottolineato che lonere della prova, in questo come
del resto in tutti gli altri casi, non può essere invertito e dunque
ricade sullorgano di vigilanza lincombenza di dimostrare questa
sussistenza di elemento soggettivo a carico di tali figure.
Va ancora rilevato, a livello squisitamente di prassi di principio, che
lorgano di vigilanza non deve naturalmente limitarsi ad attivare la
procedura per lirrogazione della sanzione amministrativa (caso di
soggetto privato) o ad inoltrare la comunicazione di notizia di reato al
Pubblico Ministero (caso di responsabile di ente o impresa) ma deve contestualmente,
con atto separato a parte, informare il sindaco del luogo ove è ubicato
il sito di quanto accaduto fornendo sia gli estremi del fatto che, soprattutto,
le generalità del soggetto individuato come responsabile.
Infatti il sindaco deve essere messo in condizione conoscitiva formale per
poter poi immediatamente redigere lordinanza prevista dalla legge.
Quindi linformativa che lorgano di vigilanza (anche se di polizia
giudiziaria, e non puramente di vigilanza amministrativa) dovrà inviare
al sindaco, assume primaria importanza in questo senso e non va sottovalutata,
giacché senza detta informativa il sindaco non ha conoscenza del
fatto e quindi non potrà emettere lordinanza.
Ma al di là dellordinanza sindacale, che riveste sicuramente
importantissimo rilievo di principio, non va dimenticato che lorgano
di vigilanza nel momento in cui coglie sul fatto un soggetto (privato o
titolare di impresa-ente) mentre abbandona o effettua deposito incontrollato
di rifiuti sul suolo (o comunque li riversa illecitamente nelle acque) ,
al di là della perseguibilità con il sistema sanzionatorio
sopra evidenziato, conserva pur sempre a nostro avviso un potere di ordine
immediato affinché le conseguenze antigiuridiche di quel comportamento
vengano spezzate e immediatamente rimosse. In altre parole riteniamo che,
nella immediatezza e flagranza del fatto, lorgano di vigilanza può
comunque intimare legittimamente al soggetto responsabile limmediata
rimozione ed asporto dei rifiuti che stava in quel momento abbandonando
o comunque depositando in modo incontrollato. Tale ordine deve essere considerato
legittimo nel contesto di motivi di igiene (e comunque anche di giustizia
in senso lato).
La mancata osservanza di detto ordine (legalmente dato per motivi urgenti
inerenti ligiene e la giustizia) integra a nostro avviso senza dubbio
la contravvenzione di cui allart. 650 c.p., essendo lorgano
di vigilanza in quel caso considerato autorità agli effetti dello
stesso art. 650 c.p.
Questo, indipendentemente e preventivamente rispetto comunque alla segnalazione
che lorgano stesso invierà al sindaco per la successiva ordinanza
formale che resta sempre prassi stabilita dalla legge e quindi da osservare.
Va ancora svolta qualche osservazione sul concetto di deposito incontrollato.
Se il concetto di abbandono è chiaro e lineare, il concetto di deposito
incontrollato può dar luogo a qualche perplessità giacché
la legge non lo stabilisce in modo espresso.
Del resto crediamo che la dizione debba essere interpretata a livello letterale,
e cioè deposito incontrollato non può essere che quello di
un cumulo di rifiuti sistemato in qualche sito che appaia con caratteristiche
pericolose per lambiente e la salute pubblica appunto perché
attuato attraverso sistemi privi di un controllo logico-operativo e quindi
si trovi allopposto dei concetti espressamente codificati del deposito
temporaneo (controllato) e dello stoccaggio in linea generale.
Quindi il deposito incontrollato è letteralmente un deposito che
venga eseguito in un sito presumibilmente che determini un pericolo di conseguenze
negative per lambiente e la pubblica incolumità e che quindi
esuli dai concetti rigidamente schematici previsti dalla legge in ordine,
ad esempio, al deposito temporaneo (sottinteso: controllato) di rifiuti,
lo stoccaggio e le altre attività di gestione dei rifiuti stessi.
Il presente articolo stabilisce dunque con il divieto di abbandono un concetto
cardine per una normativa di settore. In realtà il concetto espresso
in detto articolo è strettamente sinergico con il carattere ambientalista
della norma in questione come sopra espresso ed evidenziato e con quanto
espressamente esposto nellarticolo 2 in ordine alla necessità
di tutela dellambiente naturale.
Va sottolineato infatti il principio di sbarramento generale laddove proibisce
in senso assoluto labbandono e il deposito incontrollato di rifiuti
sul suolo e nel suolo e limmissione di rifiuti di qualsiasi genere
allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterraneo.
È questo un principio importantissimo, che conforta e legittima il
carattere di disciplina ambientale-quadro delle previsioni del decreto in
esame in quanto, giova ribadirlo in altre discipline di settore (in primo
luogo il D.L.vo n. 152/99) analoghi divieti di sbarramento di fondo non
sono affatto previsti.
Del resto tutta la costruzione in ordine alla gestione dei rifiuti è
conseguente a questo divieto primario, ed anzi potremmo dire il divieto
stabilito dallarticolo 14 è la base iniziale sulla quale poi
va costruito tutta limpianto giuridico del decreto legislativo in
esame giacché, premesso che è proibito abbandonare i rifiuti
solidi e liquidi sul suolo nel sottosuolo e nelle acque superficiali e sotterranee,
si devono stabilire attraverso quale prassi i rifiuti, che oggettivamente
esistono e sempre esisteranno, devono essere gestiti e in qualche modo smaltiti
o riutilizzati.
Larticolo 14 rappresenta, dunque, a nostro avviso un momento fondamentale
in ordine allimpianto di tutto il decreto in esame.
Art. 15 (Trasporto dei rifiuti)
1. Durante il trasporto effettuato da enti o imprese i rifiuti sono accompagnati
da un formulario di identificazione dal quale devono risultare, in particolare,
i seguenti dati:
a) nome ed indirizzo del produttore e del detentore;
b) origine, tipologia e quantità del rifiuto (3) (4);
c) impianto di destinazione;
d) data e percorso dellistradamento;
e) nome ed indirizzo del destinatario.
2. Il formulario di identificazione di cui al comma 1 deve essere redatto
in quattro esemplari, compilato, datato e firmato dal detentore dei rifiuti,
e controfirmato dal trasportatore. Una copia del formulario deve rimanere
presso il detentore, e le altre tre, controfirmate e datate in arrivo dal
destinatario, sono acquisite una dal destinatario e due dal trasportatore,
che provvede a trasmetterne una al detentore. Le copie del formulario devono
essere conservate per cinque anni.
3. Durante la raccolta ed il trasporto i rifiuti pericolosi devono essere
imballati ed etichettati in conformità alle norme vigenti in materia.
4. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano al trasporto di rifiuti
urbani effettuato dal soggetto che gestisce il servizio pubblico né
ai trasporti di rifiuti che non eccedano la quantità di trenta chilogrammi
al giorno o di trenta litri al giorno effettuati dal produttore dei rifiuti
stessi (1).
5. Il modello uniforme di formulario di identificazione di cui al comma
1 è adottato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore
del presente decreto (5).
5 bis. I formulari di identificazione di cui al comma 1 devono essere numerati
e vidimati dallufficio del registro o dalle camere di commercio, industria,
artigianato e agricoltura, e devono essere annotati sul registro IVA-acquisti.
La vidimazione dei predetti formulari di identificazione è gratuita
e non è soggetta ad alcun diritto o imposizione tributaria.
(1) Le parole da: «... né ai trasporti ...» fino al punto
sono state aggiunte dallart. 4, comma 23, della L. 9 dicembre 1998,
n. 426.
(2) Il trasporto dei rifiuti oggi, dopo lentrata in vigore del D.L.vo
n. 152/99 sugli scarichi, non riguarda più soltanto i rifiuti in
senso stretto ma anche quella vastissima categoria di ex «scarichi
indiretto» che oggi assumono la veste giuridica nuova di «rifiuti
liquidi costituiti da acque reflue» e sfuggono quindi alla disciplina
del decreto-acque per essere assorbiti nelle regole del decreto 22/97. È
questa una realtà nuova che interesse un numero elevatissimo di aziende
ed anche la pubblica ammpinistrazione. Il tema è approfonditamente
trattato nella introduzione delo capitolo acque in riferilmento al confinre
tra i due decreti circa lo scarico ed il rifiuto liquido.
In linea generale, va osservato che il trasporto è stato da sempre,
e lo sarà per il futuro, uno dei punti vitali dal sistema di gestione
di rifiuti ed uno dei punti di maggiore interesse e pericolosità
entro tale sistema, in quanto è noto che lecomafia concentra
proprio sul traffico dei rifiuti i propri affari. Appare infatti inevitabile
che i rifiuti pericolosi smaltiti in modo illecito devono partire dal sito
aziendale per raggiungere le discariche abusive della criminalità
organizzata, e ciò avviene attraverso un viaggio. Concetto elementare,
ma apparentemente spesso sottovalutato.
Peraltro non si deve considerare soltanto il trasporto dei rifiuti al quale
è interessata la criminalità organizzata di grande livello,
ma vi è a livello regionale o anche provinciale una microrealtà
di piccole attività di smaltimento abusivo di rifiuti mediante trasporti
attraverso aziende di comodo o piccoli privati giuridicamente inesistenti,
le quali seppur non raggiungono i livelli di intensità sistematica
dellecomafia, comunque rappresentano una insidiosa realtà di
gravissimo danno ambientale perché tutti insieme hanno intessuto
una diffusa ragnatela di microilleicità le quali, sommate tutte insieme,
danno luogo ad un vero e proprio stile di vita diffuso improntato a violazione
sistematica delle norme.
È dato di fatto ormai noto, e soltanto chi è in malafede può
sostenere il contrario, che la maggiore pericolosità in materia di
smaltimento illecito di rifiuti viaggia su ruote ed in altre parole, dato
lelevatissimo flusso di trasporto di rifiuti pericolosi a livello
interregionale a favore dellecomafia e a livello regionale o provinciale
a favore delle microviolazioni diffuse, è proprio sulle strade che
unintesa e intelligente (oltre che professionalmente competente) attività
di vigilanza e controllo può trovare agevolmente le prove dei traffici
illeciti di rifiuti.
Larticolo 15 del decreto legislativo disciplina, dunque, proprio questa
delicatissima e pericolosissima realtà del trasporto dei rifiuti.
Ma a nostro avviso, lo fa in modo del tutto insoddisfacente.
In pratica, il viaggio di colui che trasporta i rifiuti deve essere accompagnato
da un formulario di identificazione dal quale devono risultare il nome e
lindirizzo del produttore e del detentore, loriginale, la tipologia
e la quantità del rifiuto, limpianto di destinazione, la data
e il percorso dellistradamento, il nome e lindirizzo del destinatario.
Detto formulario deve essere redatto in quattro esemplari, compilato e firmato
dal detentore dei rifiuti e controfirmato dal trasportatore, cosìcche
una copia rimane presso il detentore e le altre tre, controfirmate e datate
in arrivo dal destinatario, sono acquisite una dal destinatario stesso e
due dal trasportatore che provvede a trasmetterne una al detentore. La responsabilità
solidale del detentore iniziale cessa soltanto a questo punto o se, non
ricevendo entro tre mesi la quarta copia controfirmata, denuncia il fatto
alla Provincia.
Il sistema si presenta potenzialmente efficace nel senso che finalmente,
al contrario di quanto accadeva nel contesto stratificato dal D.P.R. 915/82,
è finalmente stabilito in modo chiaro e schematico quale deve essere
il documento che deve accompagnare il viaggio dei rifiuti e dunque per loperatore
di vigilanza su strada sembrano aprirsi spazi di chiarezza in ordine al
controllo perché, in fin dei conti e a ben guardare, si deve verificare
passo per passo a livello documentale sullo stesso atto partenza, viaggio,
destinazione e natura dei rifiuti.
Il sistema sanzionatorio, punto vitale per lapplcazione del principio
teorico, é così impostato in modo piuttosto articolato. Per
un approfondimento di tutto il tema del trasporto dei rifiuti (anche in
relazione al sistema sanzionatorio) rinviamo alle introduzioni del presente
capitolo e del capitolo sulle acque ove largomento è trattato
in modo completo (anche in relazione alla figura dellintermediario
che opera il trasporto).
(3) Si veda il D.M. 1 giugno 1998, n. 145.
(4) Va evidenziato che nel caso in cui il formulario dei rifiuti non venga
compilato nella parte relativa alla quantità, ma venga però
indicato il numero dei colli trasportati, si evidenzia una incompletezza
del formulario stesso.
La struttura formale del decreto n. 22/97 presuppone e prevede che nel formulario
di identificazione debba essere indicata la quantità dei rifiuti
trasportati. Questo è certamente un campo del formulario estremamente
importante e rilevante, in quanto la quantità è elemento essenziale
per la corretta qualificazione e verifica del viaggio. Perché un
viaggio senza quantità indicata è un viaggio che può
essere spacciato in modo fraudolento in una maniera ripetitiva, senza alcun
tipo di controllo. Quindi lelemento quantità è per forza
di cose essenziale nella struttura del formulario.
Deve essere un elemento veritiero e non meramente formale e virtuale, ma
deve riportare effettivamente la reale portata quantitativa dei rifiuti
trasportati. Quindi evidentemente il sistema sanzionatorio, laddove va a
colpire pesantemente la mancata indicazione dei punti essenziali del formulario
anche in ordine soprattutto alla quantità sottintende che la sanzione
è prevista per quellattività fraudolenta che tende ad
inibire il controllo su strada non mettendo in condizione loperatore
di verifica di appurare quanto rifiuto viene trasportato.
Di conseguenza, potremmo argomentare che in linea generale viene violato
sostanzialmente (e non soltanto in modo meramente formale) questo campo
del formulario laddove la percezione immediata in loco durante un controllo
su strada dellelemento quantitativo del rifiuto trasportato sia inibita
allorgano di controllo. Questo accade naturalmente laddove la quantità
non sia affatto indicata o addirittura in quei casi ibridi (da taluno maldestramente
avallati) in base al quale la quantità viene indicata «a destino».
Durante il percorso il campo viene lasciato in bianco e soltanto una volta
arrivato a destinazione il rifiuto viene pesato e viene riempito il formulario.
Un escamotage a disposizione di tutti coloro che vogliono viaggiare con
un formulario in bianco senza riportare lindicazione sulla quantità
del rifiuto, sfuggendo così ad ogni controllo.
Le omissioni totali, grossolane o in modo più sofisticato mascherate
sotto il profilo della indicazione «a destino» rientrano certamente
nel sistema sanzionatorio previsto dal decreto n. 22/97.
Nel caso in cui un trasportatore effettui durante il percorso più
viaggi per diversi mittenti verso un unico destinatario, caricando sul proprio
mezzo più colli degli stessi rifiuti, deve raccogliere i rifiuti
ben confezionati nelle forme rituali e identificabili già allorigine
(e quindi in itinere verso il destino) per quantità e qualità.
In altre parole su ogni collo (leggi in pratica contenitore sigillato e
repertato) deve essere indicata non soltanto la qualità del rifiuto
ma anche la quantità contenuta. In tal caso non vi è dubbio
che, leggendo la norma in modo sostanziale e non meramente formale, il quantitativo
dei rifiuti è frazionato per ogni contenitori e dunque la somma dei
contenitori ci dà, mittente per mittente, viaggio per viaggio, la
somma complessiva della quantità sostanziale dei rifiuti trasportati.
Quindi una modesta deroga sostanziale alla compilazione del formulario potrebbe
ragionevolmente consentire di accettare come conforme alla norma questa
ipotesi. Anche perché in tal caso non vi sarebbe attività
fraudolenta in quanto linibizione verso lorgano di controllo
è praticamente inesistente e leventuale frode sarebbe comunque
immediatamente percepibile semplicemente pesando uno o più dei contenitori
trasportati.
Se invece si pretende di trasportare contenitori pre-sigillati che indicano
soltanto la qualità del rifiuto, ma non anche la quantità
specifica per ogni scatolone, appellandosi alla citata concettualità
(del tutto infondata) della verifica «a destino» torniamo al
caso di illegalità sopra precisato. Infatti non vi è alcuna
differenza tra lipotesi di colui che carica rifiuti allo stato libero
e non preconfezionati su un camion e pretende di viaggiare fino allimpianto
di destinazione finale senza indicare minimamente nessuna quantità
salvo riempire al momento del riversamento nellimpianto finale il
formulario, e coloro che caricano una serie di pacchi preconfezionati i
quali riportano soltanto la qualità del rifiuto ma non anche la quantità,
assumendo la stessa pretesa di peso finale «a destino». In tal
caso la norma viene violata in modo palese e il sistema sanzionatorio del
decreto n. 22/97 naturalmente è applicabile.
(5) È corretto trasportare rifiuti senza indicare in partenza il
peso (magari per difficoltà tecniche di pesatura nellazienda
committente) e trascrivere solo il peso «a destino» e cioè
al momento dellarrivo presso il sito finale? Lallegato B del
D.M. 1 aprile 1998, n. 145, riporta il modello di formulario di accompagnamento
dei rifiuti. Al punto (6), relativo alle quantità da dichiarare,
vi sono due opzioni: «(-) kg o litri» oppure« (-) Peso
da verificarsi a destino». È dunque possibile indicare solo
la seconda, specialmente in caso di difficoltà di valutazione precisa
del peso dei rifiuti trasportati?
No, ciò costituisce palese violazione del regime del formulario (come
abbiamo già in precedenza evidenziato). Infatti il D.M. 1° aprile
1998, n. 145 recante il formulario di accompagnamento dei rifiuti ex art.
15, D.L.vo 22/1997: allegato B, casella 6, «Quantità».
Sul punto lallegato C al medesimo D.M. 145/1998 chiarisce che in tale
casella (6) «dovranno» essere riportati le «quantità
di rifiuti trasportati espressa in kg o in litri (in partenza o da verificare
a destino)».
In ordine a tale ultimo punto (in partenza o da verificare a destino) con
la Circolare 4 agosto 1998, i Ministeri dellambiente e dellindustria
hanno chiarito che «alla voce "quantità" della casella
6, terza sezione, dellallegato B, al decreto ministeriale n. 145/1998,
deve sempre essere indicata la quantità di rifiuti trasporti. Inoltre
dovrà essere contrassegnata la casella (...) relativa alla voce "peso
da verificarsi a destino" nel caso in cui per la natura del rifiuto
o per lindisponibilità di un sistema di pesatura si possano,
rispettivamente, verificare variazioni di peso durante il trasporto o una
non precisa corrispondenza tra la quantità di rifiuti in partenza
e quella a destinazione».
Ciò significa che le due opzioni non sono alternative.
In altri termini è sempre necessario indicare la quantità
di rifiuti in kg o in litri, ed è proprio solo nei casi in cui vi
sia la concreta impossibilità a misurare con una certa precisione
il peso del carico è possibile barrare anche la seconda opzione che,
sostanzialmente, funge da «liberatoria» in caso di divergenze
anche notevoli tra il peso dichiarato e quello reale, anche e specialmente
per evitare possibili episodi di frode.
Art. 16 (Spedizioni transfrontaliere)
1. Le spedizioni transfrontaliere dei rifiuti sono disciplinate dal
regolamento CEE n. 259/93 del Consiglio dell1 febbraio 1993, e successive
modifiche ed integrazioni.
2. Sono fatti salvi ai sensi dellarticolo 19 del regolamento CEE n.
259/93, gli accordi in vigore tra lo Stato della Città del Vaticano,
la Repubblica di San Marino e la Repubblica italiana. Alle importazioni
di rifiuti solidi urbani e assimilati provenienti dallo Stato della Città
del Vaticano e dalla Repubblica di San Marino non si applicano le disposizioni
di cui allarticolo 20 del regolamento CEE n. 259/93.
3. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto
il Ministro dellambiente, di concerto con i Ministri dellindustria,
del commercio e dellartigianato, della sanità, del tesoro e
dei trasporti e della navigazione, nel rispetto delle norme del regolamento
CEE n. 259/93 disciplina:
a) i criteri per il calcolo degli importi minimi delle garanzie finanziarie
da prestare per le spedizioni dei rifiuti, di cui allarticolo 27 del
regolamento;
b) le spese amministrative poste a carico dei notificatori ai sensi dellarticolo
33, paragrafo 1, del regolamento;
c) le specifiche modalità per il trasporto dei rifiuti prodotti negli
Stati di cui al comma 2.
4. Ai sensi e per gli effetti del regolamento:
a) le autorità competenti di spedizione e di destinazione sono le
regioni e le province autonome;
b) lautorità di transito è il Ministero dellambiente;
c) corrispondente è il Ministero dellambiente.
5. Le regioni e le province autonome comunicano le informazioni di cui allarticolo
38 del regolamento CEE n. 259/93 al Ministero dellambiente, per il
successivo inoltro alla Commissione dellUnione Europea.
Art. 17 (Bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati)
1. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto il
Ministro dellambiente, avvalendosi dellAgenzia nazionale per
la protezione dellambiente (ANPA) (1), di concerto con i Ministri
dellindustria, del commercio e dellartigianato e della sanità,
sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni
e le Province autonome di Trento e Bolzano, definisce:
a) i limiti di accettabilità della contaminazione dei suoli, delle
acque superficiali e delle acque sotterranee in relazione alla specifica
destinazione duso dei siti;
b) le procedure di riferimento per il prelievo e lanalisi dei campioni;
c) i criteri generali per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino
ambientale dei siti inquinati, nonché per la redazione dei progetti
di bonifica;
c bis) tutte le operazioni di bonifica di suoli e falde acquifere che facciano
ricorso a batteri, a ceppi batterici mutanti, a stimolanti di batteri naturalmente
presenti nel suolo al fine di evitare i rischi di contaminazione del suolo
e delle falde acquifere.
1 bis. I censimenti di cui al decreto del Ministro dellambiente 16
maggio 1989, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 121 del 26 maggio 1989,
sono estesi alle aree interne ai luoghi di produzione, raccolta, smaltimento
e recupero dei rifiuti, in particolare agli impianti a rischio di incidente
rilevante di cui al decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988,
n. 175, e successive modificazioni. Il Ministro dellambiente dispone,
eventualmente attraverso accordi di programma con gli enti provvisti delle
tecnologie di rilevazione più avanzate, la mappatura nazionale dei
siti oggetto dei censimenti e la loro verifica con le regioni.
2. Chiunque cagiona, anche in maniera accidentale, il superamento dei limiti
di cui al comma 1, lettera a), ovvero determina un pericolo concreto ed
attuale di superamento dei limiti medesimi, è tenuto a procedere
a proprie spese agli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di
ripristino ambientale delle aree inquinate e degli impianti dai quali deriva
il pericolo di inquinamento. A tal fine:
a) deve essere data, entro 48 ore, notifica al Comune, alla Provincia ed
alla Regione territorialmente competenti, nonché agli organi di controllo
sanitario e ambientale, della situazione di inquinamento ovvero del pericolo
concreto ed attuale di inquinamento del sito;
b) entro le quarantotto ore successive alla notifica di cui alla lettera
a), deve essere data comunicazione al Comune ed alla Provincia ed alla Regione
territorialmente competenti degli interventi di messa in sicurezza adottati
per non aggravare la situazione di inquinamento o di pericolo di inquinamento,
contenere gli effetti e ridurre il rischio sanitario ed ambientale;
c) entro trenta giorni dallevento che ha determinato linquinamento
ovvero dalla individuazione della situazione di pericolo, deve essere presentato
al Comune ed alla Regione il progetto di bonifica delle aree inquinate.
3. I soggetti e gli organi pubblici che nellesercizio delle proprie
funzioni istituzionali individuano siti nei quali i livelli di inquinamento
sono superiori ai limiti previsti, ne danno comunicazione al Comune, che
diffida il responsabile dellinquinamento a provvedere ai sensi del
comma 2, nonché alla Provincia ed alla Regione.
4. Il Comune approva il progetto ed autorizza la realizzazione degli interventi
previsti entro novanta giorni dalla data di presentazione del progetto medesimo
e ne dà comunicazione alla Regione. Lautorizzazione indica
le eventuali modifiche ed integrazioni del progetto presentato, ne fissa
i tempi, anche intermedi, di esecuzione, e stabilisce le garanzie finanziarie
che devono essere prestate a favore della Regione per la realizzazione e
lesercizio degli impianti previsti dal progetto di bonifica medesimo.
Se lintervento di bonifica e di messa in sicurezza riguarda unarea
compresa nel territorio di più comuni il progetto e gli interventi
sono approvati ed autorizzati dalla regione.
5. Entro sessanta giorni dalla data di presentazione del progetto di bonifica
la Regione può richiedere al Comune che siano apportate modifiche
ed integrazioni ovvero stabilite specifiche prescrizioni al progetto di
bonifica.
6. Qualora la destinazione duso prevista dagli strumenti urbanistici
in vigore imponga il rispetto di limiti di accettabilità di contaminazione
che non possono essere raggiunti neppure con lapplicazione delle migliori
tecnologie disponibili a costi sopportabili, lautorizzazione di cui
al comma 4 può prescrivere ladozione di misure di sicurezza
volte ad impedire danni derivanti dallinquinamento residuo, da attuarsi
in via prioritaria con limpiego di tecniche e di ingegneria ambientale,
nonché limitazioni temporanee o permanenti allutilizzo dellarea
bonificata rispetto alle previsioni degli strumenti urbanistici vigenti,
ovvero particolari modalità per lutilizzo dellarea medesima.
Tali prescrizioni comportano, ove occorra, variazione degli strumenti urbanistici
e dei piani territoriali.
6 bis. Gli interventi di bonifica dei siti inquinati possono essere assistiti,
sulla base di apposita disposizione legislativa di finanziamento, da contributo
pubblico entro il limite massimo del 50 per cento delle relative spese qualora
sussistano preminenti interessi pubblici connessi ad esigenze di tutela
igienico-sanitaria e ambientale o occupazionali. Ai predetti contributi
pubblici non si applicano le disposizioni di cui ai commi 10 e 11.
7. Lautorizzazione di cui al comma 4 costituisce variante urbanistica,
comporta dichiarazione di pubblica utilità, di urgenza e di indifferibilità
dei lavori, e sostituisce a tutti gli effetti le autorizzazioni, le concessioni,
i concerti, le intese, i nulla osta, i pareri e gli assensi previsti dalla
legislazione vigente per la realizzazione e lesercizio degli impianti
e delle attrezzature necessarie allattuazione del progetto di bonifica.
8. Il completamento degli interventi previsti dai progetti di cui al comma
2, lettera c), è attestato da apposita certificazione rilasciata
dalla Provincia competente per territorio.
9. Qualora i responsabili non provvedano ovvero non siano individuabili,
gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale
sono realizzati dufficio dal Comune territorialmente competente e
ove questo non provveda dalla Regione, che si avvale anche di altri enti
pubblici. Al fine di anticipare le somme per i predetti interventi le Regioni
possono istituire appositi fondi nellambito delle proprie disponibilità
di bilancio.
10. Gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale
nonché la realizzazione delle eventuali misure di sicurezza (5) costituiscono
onere reale sulle aree inquinate di cui ai commi 2 e 3. Lonere reale
deve essere indicato nel certificato di destinazione urbanistica ai sensi
e per gli effetti dellarticolo 18, comma 2, della legge 28 febbraio
1985, n. 47 (9).
11. Le spese sostenute per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino
ambientale delle aree inquinate nonché per la realizzazione delle
eventuali misure di sicurezza, ai sensi dei commi 2 e 3, (6) sono assistite
da privilegio speciale immobiliare sulle aree medesime, ai sensi e per gli
effetti dellarticolo 2748, secondo comma, del codice civile. Detto
privilegio si può esercitare anche in pregiudizio dei diritti acquistati
dai terzi sullimmobile. Le predette spese sono altresì assistite
da privilegio generale mobiliare (2).
11 bis. Nel caso in cui il sito inquinato sia soggetto a sequestro, lautorità
giudiziaria che lo ha disposto autorizza laccesso al sito per lesecuzione
degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale
delle aree, anche al fine di impedire lulteriore propagazione degli
inquinanti ed il conseguente peggioramento della situazione ambientale (7).
12. Le Regioni predispongono sulla base delle notifiche dei soggetti interessati
ovvero degli accertamenti degli organi di controllo unanagrafe dei
siti da bonificare che individui:
a) gli ambiti interessati, la caratterizzazione ed il livello degli inquinanti
presenti;
b) i soggetti cui compete lintervento di bonifica;
c) gli enti di cui la Regione intende avvalersi per lesecuzione dufficio
in caso di inadempienza dei soggetti obbligati;
d) la stima degli oneri finanziari.
13. Nel caso in cui il mutamento di destinazione duso di unarea
comporti lapplicazione dei limiti di accettabilità di contaminazione
più restrittivi, linteressato deve procedere a proprie spese
ai necessari interventi di bonifica sulla base di un apposito progetto che
è approvato dal Comune ai sensi di cui ai commi 4 e 6. Laccertamento
dellavvenuta bonifica è effettuato dalla Provincia ai sensi
del comma 8.
13 bis. Le procedure per gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica
e di ripristino ambientale disciplinate dal presente articolo possono essere
comunque utilizzate ad iniziativa degli interessati.
13 ter. Gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino
ambientale previsti dal presente articolo vengono effettuati indipendentemente
dalla tipologia, dalle dimensioni e dalle caratteristiche dei siti inquinati
nonché dalla natura degli inquinamenti (8).
14. I progetti relativi ad interventi di bonifica di interesse nazionale
sono presentati al Ministero dellambiente ed approvati, ai sensi e
per gli effetti delle disposizioni che precedono, con decreto del Ministro
dellambiente, di concerto con i Ministri dellindustria, del
commercio e dellartigianato e della sanità, dintesa con
la Regione territorialmente competente. Lapprovazione produce gli
effetti di cui al comma 7 e, con lesclusione degli impianti di incenerimento
e di recupero energetico, sostituisce, ove prevista per legge. la pronuncia
di valutazione di impatto ambientale degli impianti da realizzare nel sito
inquinato per gli interventi di bonifica (1).
15. I limiti, le procedure, i criteri generali di cui al comma 1 ed i progetti
di cui al comma 14 relativi ad aree destinate alla produzione agricola e
allallevamento sono definiti ed approvati di concerto con il Ministero
delle risorse agricole, alimentari e forestali.
15 bis. Il Ministro dellambiente, di concerto con il Ministro delluniversità
e della ricerca scientifica e tecnologica e con il Ministro dellindustria,
del commercio e dellartigianato, emana un decreto recante indicazioni
ed informazioni per le imprese industriali, consorzi di imprese, cooperative,
consorzi tra imprese industriali ed artigiane che intendano accedere a incentivi
e finanziamenti per la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie di bonifica
previsti dalla vigente legislazione (3).
15 ter. Il Ministero dellambiente e le regioni rendono pubblica, rispettivamente,
la lista di priorità nazionale e regionale dei siti contaminati da
bonificare (3).
(1) Le parole: «, avvalendosi dellAgenzia nazionale per la protezione
dellambiente (ANPA)», sono state inserite dallart. 1,
comma 8, della L. 9 dicembre 1998, n. 426.
(2) Il periodo: «Le predette spese sono altresì assistite da
privilegio generale mobiliare», è stato aggiunto dallart.
1, comma 11, della L. 9 dicembre 1998, n. 426.
(3) Questo comma è stato aggiunto dallart. 1, comma 9, della
L. 9 dicembre 1998, n. 426.
(4) Si veda il D.M. 25 ottobre 1999, n. 471.
(5) Le parole: «nonché la realizzazione delle eventuali misure
di sicurezza» sono state inserite dallart. 9, comma 1, della
L. 23 marzo 2001, n. 93.
(6) Le parole: «di cui ai commi 2 e 3» sono state così
sostituite dalle attuali: «nonché per la realizzazione delle
eventuali misure di sicurezza, ai sensi dei commi 2 e 3» dallart.
9, comma 2, della L. 23 marzo 2001, n. 93.
(7) Questo comma è stato inserito dallart. 9, comma 3, della
L. 23 marzo 2001, n. 93.
(8) Questo comma è stato inserito dallart. 9, comma 4, della
L. 23 marzo 2001, n. 93.
(9) Si veda lart. 30 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
(10) La bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati rappresenta
uno degli elementi cardine e portanti di tutto limpianto del D.L.vo
n. 22/97 sui rifiuti. Trattasi di una rilevantissima novità giuridica
e procedurale per il nostro ordinamento giuridico in linea con le nuove
tendenze dintervento europeo sulle questioni ambientali. Detta procedura,
fino ad oggi sottovalutata, investe e riguarda in prima e diretta persona
sia le aziende, sia la pubblica amministrazione (comuni, province e regioni),
sia gli organi di vigilanza in senso generale. In realtà tutta la
prassi in questione vede le procedure formalmente e sostanzialmente nella
fase di avvio ed applicazione concreta dopo lemanazione da parte del
Ministero dellambiente del relativo regolamento esecutivo. Detto provvedimento
è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 15 dicembre 1999,
n. 293 (supplemento numero 218/L) rendendo così esecutivo il principio.
Il decreto detta i criteri applicativi e procedurali per la pratica attuazione
della procedura di bonifica prevista dallarticolo 17 in esame. La
pubblicazione di tale decreto ministeriale è fondamentale e vitalizzante
ai fini della attuazione della prassi di bonifica perché tutto limpianto
previsto dallarticolo 17 del decreto sui rifiuti non era operativo
a livello pratico e concreto senza le formulazioni regolamentative che erano
rimandate alla stesura del decreto ministeriale in questione. Oggi dunque
la sinergia tra le norme e i regolamenti è conclusa e la procedura
di bonifica di cui larticolo 17 del decreto Ronchi sui rifiuti ed
indirettamente anche la procedura connessa (con i limiti e le tarature conseguenti)
dellarticolo 58 del decreto acque numero 152/99 sono perfezionate
e dunque le due bonifiche sono oggi perfettamente e totalmente operative.
Va sottolineata la differenza tra la bonifica dei siti prevista dal decreto
n. 22/97 e dal decreto n. 152/99, nonchè tra le bonifiche e lordinanza
sindacale per la rimozione dei rifiuti e ripristino dello stato dei luoghi.
Si è infatti spesso creata una pericolosa situazione di equivoco
interpretativo tra le tre procedure sopra citate ritenendo erroneamente
che sotto il concetto generale di «bonifiche» vada ricompreso
tutto il pacchetto procedurale così espresso. In realtà si
tratta di tre principi (e connesse procedure applicative) del tutto differenti
che non vanno assolutamente confuse nonostante alcune pericolose omonimie
tra i termini tecnici previsti dalla norma. In primo luogo va chiarita ed
approfondita la differenza tra le procedura di «bonifica» in
senso stretto previste dai due decreti rifiuti-acque e lordinanza
sindacale per la rimozione dei rifiuti e la remissione in pristino dello
stato dei luoghi. Trattasi infatti in questo caso preliminare di due concettualità
totalmente ed assolutamente dissimili.
Per un ampio approfondimento sullargomento delle bonifiche e dei rapporti
con le altre procedure rinviamo alle introduzioni del presente capitolo
e del capitolo sulle acque, ove il tema è trattato in modo approfondito
ed articolato.
Vogliamo qui solo ricordare che le violazioni connesse allobbligo
della bonifica dei siti inquinati in relazione alle procedure di cui allart.
17 del decreto legislativo in esame sono disciplinate dallart. 51
bis del decreto 22/97.
Detto articolo recita testualmente: «Chiunque cagiona linquinamento
o un pericolo concreto e attuale di inquinamento previsti dallart.
17, comma 2, è punito con la pena dellarresto da sei mesi a
un anno e con lammenda da euro 2.582 a euro 25.822 se non provvede
alla bonifica secondo il procedimento di cui allart. 17. Si applica
la pena dellarresto da un anno a due anni e la pena dellammenda
da euro 5.164 a euro 51.645 se linquinamento è provocato da
rifiuti pericolosi».
Si deve rilevare che la sanzione (sia per i rifiuti non pericolosi che per
i rifiuti pericolosi) riguarda in modo trasversale e generale la violazione
dellobbligo di bonifica «secondo il procedimento di cui allart.
17». Il che significa, si ritiene, che tutto il sistema di procedura
previsto dal citato art. 17 rientra sotto la comminatoria della sanzione
penale prevista dallart. 51 bis e non soltanto una parte di tale procedura,
giacché nel concetto di procedimento generale certamente rientra
ogni fase compresa quella iniziale.
Va ricordato che vigente il D.P.R. 915/82 gli aspetti propositivi di recupero
delle zone offese dal riversamento minimo, ma anche macroscopico, delle
masse di rifiuti, era stato sempre un punto dolente ed affatto affrontato
in modo razionale, talché ampio è stato sempre il dibattito
su chi era competente per provvedere in tal senso, e soprattutto con quali
strumenti e sulla base di quali parametri.
Qualche sforzo giurisprudenziale tendente a subordinare le rimessione in
ripristino dello stato dei luoghi alla mancata esecuzione pratica della
pena hanno sortito effetti limitati, in parallelo con alcuni tentativi giurisprudenziali
di subordinare, in modo dichiarato ma spesso sottinteso, il dissequestro
delle aree inquinate a una ripulitura sommaria delle stesse. Tutti tentativi
finalizzati, evidentemente, alla necessità di non relegare lapplicazione
della norma al mero carattere repressivo (in se stesso scarsamente utile
per la corretta gestione di conservazione dellambiente naturale) ma
per adeguare ed equilibrare invece gli aspetti repressivi con quelli pratico
conseguenziali in ordine al recupero delle aree soggette alla brutalizzazione
degli inquinamenti.
La previsione dellattuale articolo 17, invece, pone già a livello
amministrativo, e quindi prima ancora e indipendentemente dalla fase penale,
una risoluzione (potenzialmente valida in teoria) per questo storico problema.
Certo, si tratta di una previsione come tante altre pur valide in passato,
ma poi rimaste lettera morta. Cè quindi da augurarsi che, almeno
in questo caso, alla teoria seguirà poi la pratica, perché
questo punto rappresenta una delle chiavi di volta per la risoluzione del
destino delle aree soggette a gravi episodi di inquinamento da rifiuti.
CAPO II
COMPETENZE
Art. 18 (Competenze dello Stato)
1. Spettano allo Stato:
a) le funzioni di indirizzo e coordinamento necessarie allattuazione
del presente decreto da adottare ai sensi dellarticolo 8 della legge
15 marzo 1997, n. 59;
b) la definizione dei criteri generali e delle metodologie per la gestione
integrata dei rifiuti, nonché lindividuazione dei fabbisogni
per lo smaltimento dei rifiuti sanitari, anche al fine di ridurne la movimentazione;
c) lindividuazione delle iniziative e delle misure per prevenire e
limitare, anche mediante il ricorso a forme di deposito cauzionale sui beni
immessi al consumo, la produzione dei rifiuti, nonché per ridurre
la pericolosità degli stessi;
d) lindividuazione dei flussi omogenei di produzione dei rifiuti con
più elevato impatto ambientale, che presentano le maggiori difficoltà
di smaltimento e particolari possibilità di recupero sia per le sostanze
impiegate nei prodotti base sia per la quantità complessiva dei rifiuti
medesimi;
e) la definizione dei piani di settore per la riduzione, il riciclaggio,
il recupero e lottimizzazione dei flussi di rifiuti;
f) lindicazione delle misure atte ad incoraggiare la razionalizzazione
della raccolta, della cernita e del riciclaggio dei rifiuti;
g) lindividuazione delle iniziative e delle azioni, anche economiche,
per favorire il riciclaggio ed il recupero di materia prima dai rifiuti,
nonché per promuovere il mercato dei materiali recuperati dai rifiuti
ed il loro impiego da parte della pubblica amministrazione e dei soggetti
economici;
h) lindividuazione degli obiettivi di qualità dei servizi di
gestione dei rifiuti;
i) la determinazione dei criteri generali per lelaborazione dei piani
regionali di cui allarticolo 22, ed il coordinamento dei piani stessi;
l) lindicazione dei criteri generali relativi alle caratteristiche
delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento
dei rifiuti;
m) lindicazione dei criteri generali per lorganizzazione e lattuazione
della raccolta differenziata dei rifiuti urbani;
n) la determinazione dintesa con la Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano dei
criteri generali e degli standard di bonifica dei siti inquinati, nonché
la determinazione dei criteri per individuare gli interventi di bonifica
che, in relazione al rilievo dellimpatto sullambiente connesso
allestensione dellarea interessata, alla quantità e pericolosità
degli inquinanti presenti, rivestono interesse nazionale.
2. Sono inoltre di competenza dello Stato:
a) ladozione delle norme tecniche per la gestione dei rifiuti, dei
rifiuti pericolosi e di specifiche tipologie di rifiuti, nonché delle
norme e delle condizioni per lapplicazione delle procedure semplificate
di cui agli articoli 31, 32 e 33;
b) la determinazione e la disciplina delle attività di recupero dei
prodotti di amianto e dei beni e dei prodotti contenenti amianto;
c) la determinazione dei limiti di accettabilità e delle caratteristiche
chimiche, fisiche e biologiche di talune sostanze contenute nei rifiuti
in relazione a specifiche utilizzazioni degli stessi;
d) la determinazione dei criteri qualitativi e quantitativi per lassimilazione,
ai fini della raccolta e dello smaltimento, dei rifiuti speciali ai rifiuti
urbani;
e) la definizione del modello e dei contenuti del formulario di identificazione
di cui allarticolo 15, commi 1 e 5 (1);
f) la definizione dei metodi, delle procedure e degli standard per il campionamento
e lanalisi dei rifiuti;
g) la determinazione dei requisiti soggettivi e delle capacità tecniche
e finanziarie per lesercizio delle attività di gestione dei
rifiuti;
h) la riorganizzazione e la tenuta del Catasto Nazionale dei rifiuti;
i) la regolamentazione del trasporto dei rifiuti e la definizione del formulario
di cui allarticolo 15;
l) lindividuazione delle tipologie di rifiuti che per comprovate ragioni
tecniche, ambientali ed economiche possono essere smaltiti direttamente
in discarica;
m) ladozione del modello uniforme del registro di cui allarticolo
12 e la definizione delle modalità di tenuta dello stesso, nonché
lindividuazione degli eventuali documenti sostitutivi del registro
stesso (2);
n) lindividuazione dei beni durevoli di cui allarticolo 44;
o) laggiornamento degli allegati al presente decreto;
p) ladozione delle norme tecniche, delle modalità e delle condizioni
di utilizzo del prodotto ottenuto mediante compostaggio, con particolare
riferimento allutilizzo agronomico come fertilizzante, ai sensi della
legge del 19 ottobre 1984, n. 748, e successive modifiche e integrazioni,
del prodotto di qualità ottenuto mediante compostaggio da rifiuti
organici selezionati alla fonte con raccolta differenziata;
p bis) lautorizzazione allo smaltimento di rifiuti nelle acque marine
in conformità alle disposizioni stabilite dalle norme comunitarie
e dalle convenzioni internazionali vigenti in materia; tale autorizzazione
è rilasciata dal Ministro dellambiente, sentito il Ministro
delle politiche agricole, su proposta dellautorità marittima
nella cui zona di competenza si trova il porto più vicino al luogo
dove deve essere effettuato lo smaltimento ovvero si trova il porto da cui
parte la nave con il carico di rifiuti da smaltire.
3. Salvo che non sia diversamente disposto dal presente decreto, le funzioni
di cui al comma 1 sono esercitate ai sensi della legge 23 agosto 1988, n.
400, su proposta del Ministro dellambiente, di concerto con i Ministri
dellindustria, del commercio e dellartigianato e della sanità,
sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni
e le Province autonome di Trento e Bolzano.
4. Salvo che non sia diversamente disposto dal presente decreto, le norme
regolamentari e tecniche di cui al comma 2 sono adottate, ai sensi dellarticolo
17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreti del Ministro
dellambiente, di concerto con i Ministri dellindustria, del
commercio e dellartigianato e della sanità, nonché,
quando le predette norme riguardano i rifiuti agricoli ed il trasporto dei
rifiuti, di concerto, rispettivamente, con i Ministri delle risorse agricole,
alimentari e forestali e dei trasporti e della navigazione (1) (2).
(1) Si veda il D.M. 1 aprile 1998, n. 145.
(2) Si veda il D.M. 1 aprile 1998, n. 148.
Art. 19 (Competenze delle Regioni)
1. Sono di competenza delle Regioni, nel rispetto dei principi previsti
dalla normativa vigente e dal presente decreto:
a) la predisposizione, ladozione e laggiornamento, sentiti le
province ed i comuni, dei piani regionali di gestione dei rifiuti di cui
allarticolo 22;
b) la regolamentazione delle attività di gestione dei rifiuti, ivi
compresa la raccolta differenziata dei rifiuti urbani, anche pericolosi,
con lobiettivo prioritario della separazione dei rifiuti di provenienza
alimentare, degli scarti di prodotti vegetali e animali, o comunque ad alto
tasso di umidità, dai restanti rifiuti;
c) lelaborazione, lapprovazione e laggiornamento dei piani
per la bonifica di aree inquinate;
d) lapprovazione dei progetti di nuovi impianti per la gestione dei
rifiuti, anche pericolosi, e lautorizzazione alle modifiche degli
impianti esistenti;
e) lautorizzazione allesercizio delle operazioni di smaltimento
e di recupero dei rifiuti, anche pericolosi;
f) le attività in materia di spedizioni transfrontaliere dei rifiuti
che il regolamento CEE n. 259/93 attribuisce alle autorità competenti
di spedizione e di destinazione;
g) la delimitazione, in deroga allambito provinciale, degli ambiti
ottimali per la gestione dei rifiuti urbani e assimilati;
h) le linee guida ed i criteri per la predisposizione e lapprovazione
dei progetti di bonifica e di messa in sicurezza, nonché lindividuazione
delle tipologie di progetti non soggetti ad autorizzazione;
i) la promozione della gestione integrata dei rifiuti, intesa come il complesso
delle attività volte ad ottimizzare il riutilizzo, il riciclaggio,
il recupero e lo smaltimento dei rifiuti;
l) lincentivazione alla riduzione della produzione dei rifiuti ed
al recupero degli stessi;
m) la definizione dei contenuti della relazione da allegare alla comunicazione
di cui agli articoli 31, 32 e 33;
n) la definizione dei criteri per lindividuazione, da parte delle
Province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento
e di recupero dei rifiuti;
n bis) la definizione dei criteri per lindividuazione dei luoghi o
impianti adatti allo smaltimento e la determinazione, nel rispetto delle
norme tecniche di cui allarticolo 18, comma 2, lettera a), di disposizioni
speciali per rifiuti di tipo particolare.
2. Per lesercizio delle funzioni di cui al comma 1 le regioni si avvalgono
anche degli organismi individuati ai sensi del decreto legge 4 dicembre
1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994,
n. 61.
3. Le regioni privilegiano la realizzazione di impianti di smaltimento e
recupero dei rifiuti in aree industriali, compatibilmente con le caratteristiche
delle aree medesime, incentivando le iniziative di autosmaltimento. Tale
disposizione non si applica alle discariche.
4. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del suddetto decreto
(2) le regioni, sulla base delle metodologie di calcolo e della definizione
di materiale riciclato stabilite da apposito decreto del Ministero dellambiente
e della tutela del territorio, di concerto con i Ministeri delle attività
produttive e della salute, sentito il Ministro per gli affari regionali,
adottano le disposizioni occorrenti affinché gli uffici e gli enti
pubblici, e le società di prevalente capitale pubblico, anche di
gestione dei servizi, coprano il fabbisogno annuale dei manufatti e beni,
indicati nel medesimo decreto, con una quota di prodotti ottenuti da materiale
riciclato non inferiore al 30 per cento del fabbisogno medesimo (1).
4 bis. Nelle aree portuali la gestione dei rifiuti prodotti dalle navi è
organizzata dalle autorità portuali, ove istituite, o dalle autorità
marittime, che provvedono anche agli adempimenti di cui agli articoli 11
e 12.
(1) Questo comma è stato così sostituito dallart. 52,
comma 56, lettera a), della L. 28 dicembre 2001, n. 448.
(2) Le originali parole: «Entro il 31 marzo 2002» sono state
così sostituite dallart. 23, comma 1, lett. d), della L. 31
luglio 2002, n. 179.
Art. 20 (Competenze delle province)
1. In attuazione dellarticolo 14 della legge 8 giugno 1990,
n. 142 (2), alle province competono, in particolare:
a) le funzioni amministrative concernenti la programmazione e lorganizzazione
dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale;
b) il controllo e la verifica degli interventi di bonifica e del monitoraggio
ad essi conseguenti;
c) il controllo periodico su tutte le attività di gestione, di intermediazione
e di commercio dei rifiuti, ivi compreso laccertamento delle violazioni
del presente decreto;
d) la verifica ed il controllo dei requisiti previsti per lapplicazione
delle procedure semplificate di cui agli articoli 31, 32 e 33;
e) lindividuazione, sulla base delle previsioni del piano territoriale
di coordinamento di cui allarticolo 15, comma 2, della legge 8 giugno
1990, n. 142 (2), ove già adottato, e delle previsioni di cui allarticolo
22, comma 3, lettere c) ed e), sentiti i comuni, delle zone idonee alla
localizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti urbani,
con indicazioni plurime per ogni tipo di impianto, nonché delle zone
non idonee alla localizzazione di impianti di smaltimento e recupero dei
rifiuti;
f) liscrizione delle imprese e degli enti sottoposti alle procedure
semplificate di cui agli articoli 31, 32 e 33 ed i relativi controlli;
g) lorganizzazione delle attività di raccolta differenziata
dei rifiuti urbani e assimilati sulla base di ambiti territoriali ottimali
delimitati ai sensi dellarticolo 23.
2. Per lesercizio delle attività di controllo sulla gestione
dei rifiuti le province possono avvalersi anche delle strutture di cui allarticolo
7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come sostituito dallarticolo
8 del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, con le modalità
di cui al comma 3, nonché degli organismi individuati ai sensi del
decreto legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla
legge 21 gennaio 1994, n. 61.
3. Ai fini dellesercizio delle proprie funzioni le province possono
altresì avvalersi di organismi pubblici con specifiche esperienze
e competenze tecniche in materia, con i quali stipulano apposite convenzioni.
4. Gli addetti al controllo sono autorizzati ad effettuare ispezioni, verifiche
e prelievi di campioni allinterno di stabilimenti, impianti o imprese
che producono o che svolgono attività di gestione dei rifiuti. Il
segreto industriale non può essere opposto agli addetti al controllo,
che sono tenuti allobbligo della riservatezza ai sensi della normativa
vigente.
5. Il personale appartenente al Nucleo Operativo Ecologico dellArma
dei Carabinieri è autorizzato ad effettuare le ispezioni e le verifiche
necessarie ai fini dellespletamento delle funzioni di cui allarticolo
8 della legge 8 luglio 1986, n. 349. Restano ferme le altre disposizioni
vigenti in materia di vigilanza e controllo.
6. Nellambito delle competenze di cui al comma 1, le Province sottopongono
ad adeguati controlli periodici gli stabilimenti e le imprese che smaltiscono
o recuperano rifiuti, curando, in particolare, leffettuazione di adeguati
controlli periodici sulle attività sottoposte alle procedure semplificate
di cui agli articoli 31, 32 e 33, e che i controlli concernenti la raccolta
ed il trasporto di rifiuti pericolosi riguardino, in primo luogo, lorigine
e la destinazione dei rifiuti.
(1) Il ruolo primario della Provincia emerge chiarissimo dalla previsione
del presente articolo. In via sinergica anche il decreto-acque ed il nuovo
T.U. sui vincoli ambientali ricollegano alla Provincia una posizione prioritaria
nellattuale fase politica-amministrativa della gestione ambientale.
Tuttavia in ordine allo specifico aspetto dei controlli e della vigilanza
va tracciato un chiarimento. Da parte di alcuni si è ipotizzato che
stante la dizione complessiva del presente articolo le funzioni di controllo
preventivo-repressivo in ordine agli illeciti previsti dal decreto sui rifiuti
sarebbero di competenza esclusiva ed assorbente degli organi (anche di polizia)
della Provincia. Il concetto è assolutamente inesatto.
In ordine a quanto previsto dalla norma, trattasi esclusivamente di una
vigilanza intesa in senso amministrativo preventivo in ordine alla corretta
applicazione e gestione puramente e semplicemente amministrativa e burocratica
del regime di legge. Non deve assolutamente equivocarsi e tradursi questo
termine di vigilanza con la vigilanza repressiva di ordine di polizia giudiziaria
ambientale sulle violazioni soprattutto penali in ordine alla normativa
in senso generale. Nessuno quindi deve oggi iniziare di nuovo a trarre,
come aveva fatto in modo maldestro in passato, lidea che gli organi
di polizia statale e/o locali non siano competenti per andare a verificare
gli illeciti (soprattutto penali) in ordine alla violazione del decreto
sui rifiuti (o sulle acque). Si sottolinea e ribadisce che come vigilanza
si intende esclusivamente una attività di monitoraggio preventivo
in ordine alle prassi amministrative, mentre la vigilanza resta puramente
e semplicemente di competenza di tutta la polizia giudiziaria relativamente
al sistema sanzionatorio. La individuazione della competenza per laccertamento
e la repressione dei reati ambientali continua a rappresentare infatti ancora
oggi un punto nevralgico preliminare per la corretta ed efficace applicazione
dei principi delineati dalla normativa di settore e previsioni come quella
citata possono generare qualche equivoco in sede di interpretazione ed applicazione.
Si deve dunque anche in questa sede riaffermare il principio in base al
quale nel nostro ordinamento giuridico la competenza per i reati ambientali,
per tutti indistintamente i reati ambientali, appartiene come diritto-dovere
a tutti gli organi di polizia giudiziaria statali e locali. Non esiste a
livello di principio un organo di polizia giudiziaria ambientale unico ed
esclusivo e dunque la competenza è ripartita a livello generale e
diffusa secondo i principi generali del codice di rito al pari, e certamente
non di meno, degli altri reati che magari investono la tutela del patrimonio
privato.
Il concetto potrebbe apparire logico e banale. Ma, evidentemente, così
non è stato nella realtà delle cose concrete se la Corte di
cassazione è dovuta intervenire ripetutamente con diverse sentenze
per affermare e ribadire questi principi.
Si veda, ad esempio, che la Suprema Corte già con la sentenza Cass.
pen., sez. III, 27 settembre 1991, n. 1872, Pres. Gambino, Est. Postiglione
sancisce dunque da tempo remoto espressamente che «i reati in materia
ambientale sono di competenza di tutta la polizia Giudiziaria, senza distinzione
di competenze selettive o esclusive per settori, anche se di fatto esistono
delle specializzazioni». La Suprema Corte, per ovviare a realistiche
problematiche derivanti da una mancata qualificazione professionale su specifici
e particolari punti tecnici da parte della P.G. in generale, aggiunge che
«naturalmente la P.G. potrà avvalersi di "persone idonee"
nella qualità di "ausiliari" e laccertamento tecnico
che ne consegue deve considerarsi atto della stessa P.G.».
Va evidenziato che hanno contribuito ad alimentare confusioni interpretative
in questo settore le citazioni espresse di alcuni organi che a volte in
testi normativi ambientali (come nel caso di specie) vengono indicati come
«affidatari» principali della vigilanza in relazione agli illeciti
della stessa norma.
Trattasi, in realtà, di meri di rafforzamenti a livello politico-istituzionale
del ruolo di organi ora amministrativi (come nel caso di specie) ora di
polizia specifici su certi temi e settori che tendono a proporre il ruolo
preminente e per certi versi significativamente visibile degli stessi organi
in quel determinato settore anche come punto di riferimento primario per
le altre istituzioni ed i cittadini. Ma nulla di più.
Dette citazioni, dunque, devono essere considerate espressioni di principi
politici generali perché non esonerano, e non potrebbero esonerare,
altre forze di polizia ad operare in quel settore (specialmente in seguito
alla realizzazione di un reato) e non costituiscono deroga al principio-base
in base al quale tutta la P.G. é sempre e comunque competente per
tutti i reati ambientali, ovunque commessi.
(2) Si veda, ora, il D.L.vo 18 agosto 2000, n. 267.
Art. 21 (Competenze dei comuni)
1. I comuni effettuano la gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati
avviati allo smaltimento in regime di privativa nelle forme di cui alla
L. 8 giugno 1990, n. 142 (2), e dellart. 23.
2. I comuni disciplinano la gestione dei rifiuti urbani con appositi regolamenti
che, nel rispetto dei principi di efficienza, efficacia ed economicità,
stabiliscono in particolare:
a) le disposizioni per assicurare la tutela igienico-sanitaria in tutte
le fasi della gestione dei rifiuti urbani;
b) le modalità del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani;
c) le modalità del conferimento, della raccolta differenziata e del
trasporto dei rifiuti urbani al fine di garantire una distinta gestione
delle diverse frazioni di rifiuti e promuovere il recupero degli stessi;
d) le norme atte a garantire una distinta ed adeguata gestione dei rifiuti
urbani pericolosi, e dei rifiuti da esumazione ed estumulazione di cui allarticolo
7, comma 2, lettera f);
e) le disposizioni necessarie a ottimizzare le forme di conferimento, raccolta
e trasporto dei rifiuti primari di imballaggio in sinergia con altre frazioni
merceologiche, fissando standard minimi da rispettare;
f) le modalità di esecuzione della pesata dei rifiuti urbani prima
di inviarli al recupero e allo smaltimento;
g) lassimilazione per qualità e quantità dei rifiuti
speciali non pericolosi ai rifiuti urbani ai fini della raccolta e dello
smaltimento sulla base dei criteri fissati ai sensi dellarticolo 18,
comma 2, lettera d). Sono comunque considerati rifiuti urbani, ai fini della
raccolta, del trasporto e dello stoccaggio, tutti i rifiuti provenienti
dallo spazzamento delle strade ovvero, di qualunque natura e provenienza,
giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque
soggette ad uso pubblico o sulle strade marittime e lacuali e sulle rive
dei corsi dacqua.
3. È, inoltre, di competenza dei comuni lapprovazione dei progetti
di bonifica dei siti inquinati ai sensi dellarticolo 17.
4. Nellattività di gestione dei rifiuti urbani, i comuni si
possono avvalere della collaborazione delle associazioni di volontariato
e della partecipazione dei cittadini e delle loro associazioni.
5. I comuni possono istituire, nelle forme previste dalla L. 8 giugno 1990,
n. 142 (2), e successive modificazioni, servizi integrativi per la gestione
dei rifiuti speciali non assimilati ai rifiuti urbani.
6. I comuni sono tenuti a fornire alla regione ed alla provincia tutte le
informazioni sulla gestione dei rifiuti urbani dalle stesse richieste.
7. La privativa di cui al comma 1 non si applica alle attività di
recupero dei rifiuti urbani e assimilati, a far data dal 1° gennaio
2003 (3).
8. Sono fatte salve le disposizioni di cui allarticolo 6, comma 1,
della L. 28 gennaio 1994, n. 84 (1), e relativi decreti attuativi.
(1) Riordino della legislazione in materia portuale.
(2) Si veda, ora, il D.L.vo 18 agosto 2000, n. 267.
(3) Questo comma è stato così sostituito dallart. 23,
comma 1, lett. e), della L. 31 luglio 2002, n. 179.
CAPO III
PIANI DI GESTIONE DEI RIFIUTI
Art. 22 (Piani regionali)
1. Le regioni, sentite le province ed i comuni, nel rispetto dei principi
e delle finalità di cui agli articoli 1, 2, 3, 4 e 5, ed in conformità
ai criteri stabiliti dal presente articolo, predispongono piani regionali
di gestione dei rifiuti assicurando adeguata pubblicità e la massima
partecipazione dei cittadini, ai sensi dellarticolo 25 della L. 7
agosto 1990, n. 241.
2. I piani regionali di gestione dei rifiuti promuovono la riduzione delle
quantità, dei volumi e della pericolosità dei rifiuti.
3. Il piano regionale di gestione dei rifiuti prevede inoltre:
a) le condizioni ed i criteri tecnici in base ai quali, nel rispetto delle
disposizioni vigenti in materia, gli impianti per la gestione dei rifiuti,
ad eccezione delle discariche, possono essere localizzati nelle aree destinate
ad insediamenti produttivi;
b) la tipologia ed il complesso degli impianti di smaltimento e di recupero
dei rifiuti urbani da realizzare nella regione, tenendo conto dellobiettivo
di assicurare la gestione dei rifiuti urbani non pericolosi allinterno
degli ambiti territoriali ottimali di cui allart. 23, nonché
dellofferta di smaltimento e di recupero da parte del sistema industriale;
c) il complesso delle attività e dei fabbisogni degli impianti necessari
a garantire la gestione dei rifiuti urbani secondo criteri di efficienza
e di economicità, e lautosufficienza della gestione dei rifiuti
urbani non pericolosi allinterno di ciascuno degli ambiti territoriali
ottimali di cui allarticolo 23, nonché ad assicurare lo smaltimento
dei rifiuti speciali in luoghi prossimi a quelli di produzione al fine di
favorire la riduzione della movimentazione di rifiuti;
d) la stima dei costi delle operazioni di recupero e di smaltimento;
e) i criteri per lindividuazione, da parte delle Province, delle aree
non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e recupero
dei rifiuti, nonché per lindividuazione dei luoghi o impianti
adatti allo smaltimento dei rifiuti;
f) le iniziative dirette a limitare la produzione dei rifiuti ed a favorire
il riutilizzo, il riciclaggio ed il recupero dei rifiuti;
g) le iniziative dirette a favorire il recupero dai rifiuti di materiali
e di energia;
h) le misure atte a promuovere la regionalizzazione della raccolta, della
cernita e dello smaltimento dei rifiuti urbani;
h bis) i tipi, le quantità e lorigine dei rifiuti da recuperare
o da smaltire;
h ter) la determinazione, nel rispetto delle norme tecniche di cui allarticolo
18, comma 2, lettera a), di disposizioni speciali per rifiuti di tipo particolare.
4. Il piano regionale di gestione dei rifiuti è coordinato con gli
altri piani di competenza regionale previsti dalla normativa vigente ove
adottati.
5. Costituiscono parte integrante del piano regionale i piani per la bonifica
delle aree inquinate che devono prevedere:
a) lordine di priorità degli interventi, basato su un criterio
di valutazione del rischio elaborato dallANPA (1);
b) lindividuazione dei siti da bonificare e delle caratteristiche
generali degli inquinamenti presenti;
c) le modalità degli interventi di bonifica e risanamento ambientale,
che privilegino prioritariamente limpiego di materiali provenienti
da attività di recupero di rifiuti urbani;
d) la stima degli oneri finanziari;
e) le modalità di smaltimento dei materiali da asportare.
6. Lapprovazione del piano regionale o il suo adeguamento è
condizione necessaria per accedere ai finanziamenti nazionali.
7. La regione approva o adegua il piano entro due anni dalla data di entrata
in vigore del presente decreto; in attesa restano in vigore i piani regionali
vigenti (2).
8. In caso di inutile decorso del termine di cui al comma 7 e di accertata
inattività, il Ministro dellambiente diffida gli organi regionali
competenti ad adempiere entro un congruo termine e, in caso di protrazione
dellinerzia, adotta, in via sostitutiva, i provvedimenti necessari
alla elaborazione del piano regionale.
9. Qualora le autorità competenti non realizzino gli interventi previsti
dal piano regionale nei termini e con le modalità stabiliti e tali
omissioni possono arrecare un grave pregiudizio allattuazione del
piano medesimo, il Ministro dellambiente diffida le autorità
inadempienti a provvedere entro un termine non inferiore a 180 giorni. Decorso
inutilmente detto termine, il Ministro dellambiente può adottare,
in via sostitutiva, tutti i provvedimenti necessari ed idonei per lattuazione
degli interventi contenuti nel piano. A tal fine può avvalersi anche
di commissari delegati.
10. I provvedimenti di cui al comma 9 possono riguardare interventi finalizzati
a:
a) attuare la raccolta differenziata dei rifiuti;
b) provvedere al reimpiego, al recupero e al riciclaggio degli imballaggi
conferiti al servizio pubblico;
c) introdurre sistemi di deposito cauzionale obbligatorio sui contenitori;
d) favorire operazioni di trattamento dei rifiuti urbani ai fini del riciclaggio
e recupero degli stessi;
e) favorire la realizzazione e lutilizzo di impianti per il recupero
dei rifiuti solidi urbani.
11. Sulla base di appositi accordi di programma stipulati con il Ministro
dellambiente, di concerto con il Ministro dellindustria, del
commercio e dellartigianato, dintesa con la regione, possono
essere autorizzati, ai sensi degli articoli 31 e 33, la costruzione e lesercizio
o il solo esercizio allinterno di insediamenti industriali esistenti
di impianti per il recupero di rifiuti urbani non previsti dal piano regionale
qualora ricorrano le seguenti condizioni:
a) siano riciclati e recuperati come materia prima rifiuti provenienti da
raccolta differenziata, sia prodotto composto da rifiuti oppure sia utilizzato
combustibile da rifiuti;
b) siano rispettate le norme tecniche di cui agli artt. 31 e 33;
c) siano utilizzate le migliori tecnologie di tutela dellambiente;
d) sia garantita una diminuzione delle emissioni inquinanti.
(1) Lettera così modificata dallart. 1, comma 12, della L.
9 dicembre 1998, n. 426.
(2) Comma così modificato dallart. 1, comma 13, della L. 9
dicembre 1998, n. 426.
Art. 23 (Gestione dei rifiuti urbani in ambiti territoriali ottimali)
1. Salvo diversa disposizione stabilita con legge regionale, gli ambiti
territoriali ottimali per la gestione dei rifiuti urbani sono le Province.
In tali ambiti territoriali ottimali le Province assicurano una gestione
unitaria dei rifiuti urbani e predispongono piani di gestione dei rifiuti,
sentiti i Comuni, in applicazione degli indirizzi e delle prescrizioni del
presente decreto.
2. Per esigenze tecniche o di efficienza nella gestione dei rifiuti urbani,
le Province possono autorizzare gestioni anche a livello sub-provinciale
purché, anche in tali ambiti territoriali sia superata la frammentazione
della gestione.
3. I comuni di ciascun ambito territoriale ottimale di cui al comma 1, entro
il termine perentorio di sei mesi dalla delimitazione dellambito medesimo,
organizzano la gestione dei rifiuti urbani secondo criteri di efficienza,
di efficacia e di economicità.
4. I comuni provvedono alla gestione dei rifiuti urbani mediante le forme,
anche obbligatorie, previste dalla L. 8 giugno 1990, n. 142 (1), come integrata
dallarticolo 12 della legge 23 dicembre 1992, n. 498.
5. Per le finalità di cui ai commi 1, 2 e 3 le province, entro il
termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto,
coordinano, sulla base della legge regionale adottata, ai sensi della legge
8 giugno 1990, n. 142 (1), e successive modificazioni, le forme ed i modi
della cooperazione tra gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale.
Nei casi in cui la forma di cooperazione sia attuata per gli effetti dellarticolo
24 della L. 8 giugno 1990, n. 142 (1), le province individuano gli enti
locali partecipanti, lente locale responsabile del coordinamento,
gli adempimenti ed i termini previsti per lassicurazione delle convenzioni
di cui allarticolo 24, comma 1, della legge 8 giugno 1990, n. 142
(1). Dette convenzioni determinano in particolare le procedure che dovranno
essere adottate per lassegnazione del servizio di gestione dei rifiuti,
le forme di vigilanza e di controllo, nonché gli altri elementi indicati
allarticolo 24, comma 2, della legge 8 giugno 1990, n. 142 (1). Decorso
inutilmente il predetto termine le regioni e le province autonome provvedono
in sostituzione degli enti inadempienti.
(1) Si veda, ora, il D.L.vo 18 agosto 2000, n. 267.
Art. 24 (Contributo per lo smaltimento di rifiuti in discarica)
1. In ogni ambito territoriale ottimale deve essere assicurata una
raccolta differenziata dei rifiuti urbani pari alle seguenti percentuali
minime di rifiuti prodotti:
a) 15% entro due anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto;
b) 25% entro quattro anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto;
c) 35% a partire dal sesto anno successivo alla data di entrata in vigore
del presente decreto.
2. Il coefficiente di correzione di cui allarticolo 3, comma 29, della
legge 28 dicembre 1995, n. 549 (1), è determinato anche in relazione
al conseguimento degli obiettivi di cui al comma 1.
2 bis. Con decreto del Ministro dellambiente, di concerto con il Ministro
dellindustria, del commercio e dellartigianato, dintesa
con la Conferenza dei Presidenti delle regioni e delle province autonome,
vengono stabiliti la metodologia e i criteri di calcolo delle percentuali
di cui al comma 1 (2).
(1) Misure di razionalizzazione della finanza pubblica.
(2) Questo comma è stato aggiunto dallart. 12, comma 2, della
L. 23 marzo 2001, n. 93.
Art. 25 (Accordi e contratti di programma, incentivi)
1. Ai fini dellattuazione dei principi e degli obiettivi stabiliti
dal presente decreto, il Ministro dellambiente, di concerto con il
Ministro dellindustria, del commercio e dellartigianato, può
stabilire appositi accordi e contratti di programma con enti pubblici o
con le imprese maggiormente presenti sul mercato o con le associazioni di
categoria. Gli accordi ed i contratti di programma hanno ad oggetto, in
particolare:
a) lattuazione di specifici piani di settore di riduzione, recupero
e ottimizzazione dei flussi di rifiuti;
b) la sperimentazione, la promozione, lattuazione e lo sviluppo di
processi produttivi e di tecnologie pulite idonei a prevenire o ridurre
la produzione dei rifiuti e la loro pericolosità, e ad ottimizzare
il recupero dei rifiuti stessi;
c) lo sviluppo di innovazioni nei sistemi produttivi per favorire metodi
di produzione di beni con impiego di materiali meno inquinanti e comunque
riciclabili;
d) le modifiche del ciclo produttivo e la riprogettazione di componenti,
macchine e strumenti di controllo;
e) la sperimentazione, la promozione e la produzione di beni progettati,
confezionati e messi in commercio in modo da ridurre la quantità
e la pericolosità dei rifiuti e i rischi di inquinamento;
f) la sperimentazione, la promozione e lattuazione di attività
di riutilizzo, riciclaggio e recupero di rifiuti;
g) ladozione di tecniche per il reimpiego ed il riciclaggio dei rifiuti
nellimpianto di produzione;
h) lo sviluppo di tecniche appropriate e di sistemi di controllo per leliminazione
dei rifiuti e delle sostanze pericolose contenute nei rifiuti;
i) limpiego da parte dei soggetti economici e dei soggetti pubblici
dei materiali recuperati dalla raccolta differenziata dei rifiuti urbani;
l) limpiego di sistemi di controllo del recupero e della riduzione
di rifiuti.
2. Il Ministro dellambiente, di concerto con il Ministro dellindustria,
del commercio e dellartigianato, può altresì stipulare
appositi accordi e contratti di programma con le imprese maggiormente presenti
sul mercato nazionale e con le associazioni di categoria per:
a) promuovere e favorire lutilizzo di sistemi di ecolabel e di eco-audit;
b) attuare programmi di ritiro dei beni di consumo al termine del loro ciclo
di utilità ai fini del riutilizzo, del riciclaggio e del recupero
di materia prima, anche mediante procedure semplificate per la raccolta
ed il trasporto dei rifiuti, le quali devono comunque garantire un elevato
livello di protezione dellambiente.
3. I predetti accordi sono stipulati di concerto con il Ministro delle risorse
agricole, alimentari e forestali qualora riguardino attività collegate
alla produzione agricola.
4. Il programma triennale di tutela dellambiente di cui alla L. 28
agosto 1989, n. 305, individua le risorse finanziarie da destinarsi, sulla
base di apposite disposizioni legislative di finanziamento, agli accordi
ed ai contratti di programma di cui ai commi 1 e 2, e fissa le modalità
di stipula dei medesimi.
Art. 26 (Osservatorio nazionale sui rifiuti)
1. Al fine di garantire lattuazione delle norme di cui al presente
decreto legislativo, con particolare riferimento alla prevenzione della
produzione della quantità e della pericolosità dei rifiuti
ed allefficacia, allefficienza ed alleconomicità
della gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio,
nonché alla tutela della salute pubblica e dellambiente, è
istituito, presso il Ministero dellambiente, lOsservatorio nazionale
sui rifiuti, in appresso denominato Osservatorio. LOsservatorio svolge,
in particolare, le seguenti funzioni:
a) vigila sulla gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di
imballaggio;
b) provvede allelaborazione ed allaggiornamento permanente di
criteri e specifici obiettivi dazione, nonché alla definizione
ed allaggiornamento permanente di un quadro di riferimento sulla prevenzione
e sulla gestione dei rifiuti;
c) esprime il proprio parere sul Programma generale di prevenzione di cui
allarticolo 42 e lo trasmette per ladozione definitiva al Ministro
dellambiente ed al Ministro dellindustria, del commercio e dellartigianato
ed alla Conferenza Stato-regioni;
d) predispone il Programma generale di prevenzione di cui allarticolo
42 qualora il Consorzio Nazionale Imballaggi non provveda nei termini previsti;
e) verifica lattuazione del Programma Generale di cui allarticolo
42 ed il raggiungimento degli obiettivi di recupero e di riciclaggio;
f) verifica i costi di recupero e smaltimento;
g) elabora il metodo normalizzato di cui allarticolo 49, comma 5,
e lo trasmette per lapprovazione al Ministro dellambiente ed
al Ministro dellindustria, del commercio e dellartigianato;
h) verifica livelli di qualità dei servizi erogati;
i) predispone un rapporto annuale sulla gestione dei rifiuti, degli imballaggi
e dei rifiuti di imballaggio e ne cura la trasmissione ai Ministri dellambiente,
dellindustria, del commercio e dellartigianato e della sanità.
2. LOsservatorio è costituito con decreto del Ministro dellambiente,
di concerto con il Ministro dellindustria, del commercio e dellartigianato,
ed è composto da nove membri, scelti tra persone esperte in materia,
di cui:
a) tre designati dal Ministro dellambiente, di cui uno con funzioni
di Presidente;
b) due designati dal Ministro dellindustria, di cui uno con funzioni
di vice-presidente;
c) uno designato dal Ministro della sanità;
d) uno designato dal Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali.
d bis) uno designato dal Ministro del tesoro;
d ter) uno designato dalla Conferenza Stato-regioni.
3. I membri durano in carica cinque anni. Il trattamento economico spettante
ai membri dellOsservatorio e della segreteria tecnica è determinato
con decreto del Ministro del tesoro, di concerto con il Ministro dellambiente
ed il Ministro dellindustria, del commercio e dellartigianato.
4. Con decreto del Ministro dellambiente, di concerto con i Ministri
dellindustria, del commercio e dellartigianato e della sanità
e del tesoro, da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore
del presente decreto, sono definite le modalità organizzative e di
funzionamento dellOsservatorio e della Segreteria tecnica.
5. Allonere derivante dalla costituzione e dal funzionamento dellOsservatorio
e della Segreteria tecnica pari a euro 1.032.913,80, aggiornate annualmente
in relazione al tasso di inflazione, provvede il Consorzio Nazionale Imballaggi
di cui allarticolo 41 con un contributo di pari importo a carico dei
consorziati. Dette somme sono versate dal Comitato Nazionale Imballaggi
allentrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate con decreto
del Ministro del tesoro ad apposito capitolo dello stato di previsione del
Ministero dellambiente. Le spese per il funzionamento del predetto
Osservatorio sono subordinate alle entrate.
5. bis. Al fine di consentire lavviamento ed il funzionamento dellattività
dellOsservatorio nazionale sui rifiuti, in attesa dellattuazione
di quanto disposto al comma 5, è autorizzata la spesa di lire 1.000
milioni per lanno 1998 da iscrivere in apposita unità previsionale
di base dello stato di previsione del Ministero dellambiente (1).
(1) Comma aggiunto dallart. 1, comma 17, della L. 9 dicembre 1998,
n. 426.
CAPO IV
AUTORIZZAZIONI E ISCRIZIONI
Art. 27 (Approvazione del progetto e autorizzazione alla realizzazione degli
impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti)
1. I soggetti che intendono realizzare nuovi impianti di smaltimento
o di recupero di rifiuti, anche pericolosi, devono presentare apposita domanda
alla regione competente per territorio, allegando il progetto definitivo
dellimpianto e la documentazione tecnica prevista per la realizzazione
del progetto stesso dalle disposizioni vigenti in materia urbanistica, di
tutela ambientale, di salute e di sicurezza sul lavoro, e di igiene pubblica.
Ove limpianto debba essere sottoposto alla procedura di valutazione
di impatto ambientale statale ai sensi della normativa vigente, alla domanda
è altresì allegata la comunicazione del progetto allautorità
competente ai predetti fini ed il termine di cui al comma 3 resta sospeso
fino allacquisizione della pronuncia sulla compatibilità ambientale
ai sensi dellarticolo 6, comma 4, della L. 8 luglio 1986, n. 349,
e successive modifiche ed integrazioni.
2. Entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di cui al comma 1,
la regione nomina un responsabile del procedimento e convoca unapposita
conferenza cui partecipano i responsabili degli uffici regionali competenti,
e i rappresentanti degli enti locali interessati. Alla conferenza è
invitato a partecipare anche il richiedente lautorizzazione o un suo
rappresentante al fine di acquisire informazioni e chiarimenti.
3. Entro novanta giorni dalla sua convocazione, la conferenza:
a) procede alla valutazione dei progetti;
b) acquisisce e valuta tutti gli elementi relativi alla compatibilità
del progetto con le esigenze ambientali e territoriali;
c) acquisisce, ove previsto dalla normativa vigente, la valutazione di compatibilità
ambientale;
d) trasmette le proprie conclusioni con i relativi atti alla giunta regionale.
4. Per listruttoria tecnica della domanda la regione può avvalersi
degli organismi individuati ai sensi del decreto legge 4 dicembre 1993,
n. 496, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 gennaio 1994, n. 61.
5. Entro trenta giorni dal ricevimento delle conclusioni della conferenza,
e sulla base delle risultanze della stessa, la Giunta regionale approva
il progetto e autorizza la realizzazione dellimpianto. Lapprovazione
sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni
di organi regionali, provinciali e comunali. Lapprovazione stessa
costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico comunale,
e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità
dei lavori.
6. Nel caso in cui il progetto approvato riguardi aree vincolate ai sensi
della legge 29 giugno 1939, n. 1497, e del decreto legge 27 giugno 1985,
n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431,
si applicano le disposizioni di cui al comma 9 dellart. 82 del decreto
del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, come modificato
dal decreto legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni,
dalla L. 8 agosto 1985, n. 431.
7. Le regioni emanano le norme necessarie per disciplinare lintervento
sostitutivo in caso di mancato rispetto del termine complessivo di cui ai
commi 2, 3 e 5.
8. Le procedure di cui al presente articolo si applicano anche per la realizzazione
di varianti sostanziali in corso di esercizio, che comportano modifiche
a seguito delle quali gli impianti non sono più conformi allautorizzazione
rilasciata.
9. Contestualmente alla domanda di cui al comma 1 può essere presentata
domanda di autorizzazione allesercizio delle operazioni di smaltimento
e di recupero di cui allarticolo 28. In tal caso la regione autorizza
le operazioni di smaltimento e di recupero contestualmente alladozione
del provvedimento che autorizza la realizzazione dellimpianto.
Art. 28 (Autorizzazione all'esercizio delle operazioni di smaltimento e
recupero)
1. Lesercizio delle operazioni di smaltimento e di recupero
dei rifiuti è autorizzato dalla regione competente per territorio
entro novanta giorni dalla presentazione della relativa istanza da parte
dellinteressato. Lautorizzazione individua le condizioni e le
prescrizioni necessarie per garantire lattuazione dei principi di
cui allarticolo 2, ed in particolare:
a) i tipi ed i quantitativi di rifiuti da smaltire o da recuperare;
b) i requisiti tecnici, con particolare riferimento alla compatibilità
del sito, alle attrezzature utilizzate, ai tipi ed ai quantitativi massimi
di rifiuti, ed alla conformità dellimpianto al progetto approvato;
c) le precauzioni da prendere in materia di sicurezza ed igiene ambientale;
d) il luogo di smaltimento;
e) il metodo di trattamento e di recupero;
f) i limiti di emissione in atmosfera, che per i processi di trattamento
termico dei rifiuti, anche accompagnati da recupero energetico, non possono
essere meno restrittivi di quelli fissati per gli impianti di incenerimento
dalle direttive comunitarie 89/369/CEE del Consiglio dell8 giugno
1989; 89/429/CEE del Consiglio del 21 giugno 1989; 94/67/CE del Consiglio
del 16 dicembre 1994, e successive modifiche ed integrazioni;
g) le prescrizioni per le operazioni di messa in sicurezza, chiusura dellimpianto
e ripristino del sito;
h) le garanzie finanziarie;
i) lidoneità del soggetto richiedente.
2. I rifiuti pericolosi possono essere smaltiti in discarica solo se preventivamente
catalogati ed identificati secondo le modalità fissate dal Ministro
dellambiente, di concerto con il Ministro della sanità, entro
trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
3. Lautorizzazione di cui al comma 1 è concessa per un periodo
di cinque anni ed è rinnovabile. A tale fine, entro centottanta giorni
dalla scadenza dellautorizzazione, deve essere presentata apposita
domanda alla regione che decide prima della scadenza dellautorizzazione
stessa.
4. Quando a seguito di controlli successivi allavviamento degli impianti
questi non risultino conformi allautorizzazione di cui allarticolo
27, ovvero non siano soddisfatte le condizioni e le prescrizioni contenute
nellatto di autorizzazione dellesercizio delle operazioni di
cui al comma 1, questultima è sospesa, previa diffida, per
un periodo massimo di dodici mesi. Decorso tale termine senza che il titolare
abbia provveduto a rendere questultimo conforme allautorizzazione,
lautorizzazione stessa è revocata.
5. Fatti salvi lobbligo della tenuta dei registri di carico e scarico
da parte dei soggetti di cui allarticolo 12, ed il divieto di miscelazione,
le disposizioni del presente articolo non si applicano al deposito temporaneo
effettuato nel rispetto delle condizioni stabilite dallarticolo 6,
comma 1, lettera m).
6. Il controllo e lautorizzazione delle operazioni di carico, scarico,
trasbordo, deposito e maneggio di rifiuti in aree portuali sono disciplinati
dalle specifiche disposizioni di cui alla L. 28 gennaio 1994, n. 84. Lautorizzazione
delle operazioni di imbarco e di sbarco non può essere rilasciata
se il richiedente non dimostra di avere ottemperato agli adempimenti di
cui allarticolo 16, nel caso di trasporto transfrontaliero di rifiuti.
7. Gli impianti mobili di smaltimento o di recupero, ad esclusione della
sola riduzione volumetrica, sono autorizzati in via definitiva dalla regione
ove linteressato ha la sede legale o la società straniera proprietaria
dellimpianto ha la sede di rappresentanza. Per lo svolgimento delle
singole campagne di attività sul territorio nazionale linteressato,
almeno sessanta giorni prima dellinstallazione dellimpianto,
deve comunicare alla regione nel cui territorio si trova il sito prescelto,
le specifiche dettagliate relative alla campagna di attività, allegando
lautorizzazione di cui al comma 1 e liscrizione allAlbo
nazionale delle imprese di gestione dei rifiuti, nonché lulteriore
documentazione richiesta. La regione può adottare prescrizioni integrative
oppure può vietare lattività con provvedimento motivato
qualora lo svolgimento della stessa nello specifico sito non sia compatibile
con la tutela dellambiente o della salute pubblica.
Art. 29 (Autorizzazione di impianti di ricerca e di sperimentazione)
1. I termini di cui agli articoli 27 e 28 sono ridotti alla metà
per lautorizzazione alla realizzazione ed allesercizio di impianti
di ricerca e di sperimentazione qualora siano rispettate le seguenti condizioni:
a) le attività di gestione degli impianti non comportino utile economico;
b) gli impianti abbiano una potenzialità non superiore a 5 tonnellate
al giorno, salvo deroghe giustificate dallesigenza di effettuare prove
di impianti caratterizzati da innovazioni, che devono però essere
limitate alla durata di tali prove.
2. La durata dellautorizzazione di cui al comma 1 è di un anno,
salvo proroga che può essere concessa previa verifica annuale dei
risultati raggiunti e non può comunque superare i due anni.
3. Qualora il progetto o la realizzazione dellimpianto non siano stati
approvati e autorizzati entro il termine di cui al comma 1, linteressato
può presentare istanza al Ministro dellambiente, che si esprime
nei successivi sessanta giorni, di concerto con i Ministri dellindustria,
del commercio e dellartigianato e della ricerca scientifica. La garanzia
finanziaria in tal caso è prestata a favore dello Stato.
4. In caso di rischio di agenti patogeni o di sostanze sconosciute e pericolose
dal punto di vista sanitario lautorizzazione di cui al comma 1 è
rilasciata dal Ministro dellambiente, di concerto con i Ministri dellindustria,
del commercio e dellartigianato, della sanità e della ricerca
scientifica.
Art. 30 (Imprese sottoposte ad iscrizione)
1. LAlbo nazionale delle imprese esercenti servizi di smaltimento
dei rifiuti istituito ai sensi dellarticolo 10 del decreto legge 31
agosto 1987, n. 361, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre
1987, n. 441, assume la denominazione di Albo nazionale delle imprese che
effettuano la gestione dei rifiuti di seguito denominato Albo, ed è
articolato in un comitato nazionale, con sede presso il Ministero dellambiente,
ed in Sezioni regionali, istituite presso le Camere di commercio, industria,
artigianato e agricoltura dei capoluoghi di regione. I componenti del Comitato
nazionale e delle Sezioni regionali durano in carica cinque anni.
2. Il Comitato nazionale dellAlbo ha potere deliberante ed è
composto da 15 membri esperti nella materia nominati con decreto del Ministro
dellambiente, di concerto con il Ministro dellindustria, del
commercio e dellartigianato, e designati rispettivamente:
a) due dal Ministro dellambiente, di cui uno con funzioni di Presidente;
b) uno dal Ministro dellindustria, del commercio e dellartigianato,
con funzioni di vicepresidente;
c) uno dal Ministro della sanità;
d) uno dal Ministro dei trasporti e della navigazione;
e) tre dalle Regioni;
f) uno dallUnione italiana delle Camere di Commercio;
g) sei dalle categorie economiche, di cui due delle categorie degli autotrasportatori.
3. Le Sezioni regionali dellAlbo sono istituite con decreto del Ministro
dellambiente da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata
in vigore del presente decreto e sono composte:
a) dal Presidente della Camera di commercio o da un membro del Consiglio
camerale alluopo designato, con funzioni di presidente;
b) da un funzionario o dirigente esperto in rappresentanza della giunta
regionale con funzioni di vicepresidente;
c) da un funzionario o dirigente esperto in rappresentanza delle province
designato dallUnione Regionale delle Province;
d) da un esperto designato dal Ministro dellambiente.
4. Le imprese che svolgono attività di raccolta e trasporto di rifiuti
non pericolosi prodotti da terzi e le imprese che raccolgono e trasportano
rifiuti pericolosi, esclusi i trasporti di rifiuti pericolosi che non eccedano
la quantità di trenta chilogrammi al giorno o di trenta litri al
giorno effettuati dal produttore degli stessi rifiuti (2), nonché
le imprese che intendono effettuare attività di bonifica dei siti,
di bonifica dei beni contenenti amianto, di commercio ed intermediazione
dei rifiuti, di gestione di impianti di smaltimento e di recupero di titolarità
di terzi, e di gestione di impianti mobili di smaltimento e di recupero
di rifiuti, devono essere iscritte allAlbo. Liscrizione deve
essere rinnovata ogni cinque anni e sostituisce lautorizzazione allesercizio
delle attività di raccolta, di trasporto, di commercio e di intermediazione
dei rifiuti; per le altre attività liscrizione abilita alla
gestione degli impianti il cui esercizio sia stato autorizzato ai sensi
del presente decreto.
5. Liscrizione di cui al comma 4 ed i provvedimenti di sospensione,
di revoca, di decadenza e di annullamento delliscrizione, nonché,
dal 1° gennaio 1998, laccettazione delle garanzie finanziarie,
sono deliberati dalla sezione regionale dellAlbo della regione ove
ha sede legale linteressato, in conformità alla normativa vigente
ed alle direttive emesse dal Comitato nazionale.
6. Con decreti del Ministro dellambiente, di concerto con i Ministri
dellindustria, del commercio e dellartigianato, dei trasporti
e della navigazione e del Tesoro, da adottarsi entro novanta giorni dalla
data di entrata in vigore del presente decreto, sono definite le attribuzioni
e le modalità organizzative dellAlbo, nonché i requisiti,
i termini, le modalità ed i diritti discrizione, le modalità
e gli importi delle garanzie finanziarie che devono essere prestate a favore
dello Stato dalle imprese di cui al comma 4, in conformità ai seguenti
principi:
a) individuazione di requisiti univoci per liscrizione, al fine di
semplificare le procedure;
b) coordinamento con la vigente normativa sullautotrasporto, in coerenza
con la finalità di cui alla lettera a);
c) trattamento uniforme dei componenti delle Sezioni regionali, per garantire
lefficienza operativa;
d) effettiva copertura delle spese attraverso i diritti di segreteria e
i diritti annuali discrizione.
7. In attesa dellemanazione dei decreti, di cui ai commi 2 e 3 continuano
ad operare, rispettivamente, il Comitato nazionale e le Sezioni regionali
dellAlbo nazionale delle imprese esercenti servizi di smaltimento
dei rifiuti di cui allarticolo 1 del decreto legge 31 agosto 1987,
n. 361, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1987, n. 441.
Liscrizione allAlbo è deliberata ai sensi della legge
11 novembre 1996, n. 575.
8. Fino allemanazione dei decreti di cui al comma 6 continuano ad
applicarsi le disposizioni vigenti. Le imprese che intendono effettuare
attività di bonifica dei siti, di bonifica dei beni contenenti amianto,
di commercio ed intermediazione dei rifiuti devono iscriversi allalbo
entro sessanta giorni dallentrata in vigore delle relative norme tecniche.
9. Restano valide ed efficaci le iscrizioni effettuate e le domande discrizione
presentate allAlbo nazionale delle imprese esercenti servizi di smaltimento
dei rifiuti di cui allarticolo 10 del decreto legge 31 agosto 1987,
n. 361, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1987, n. 441,
e successive modificazioni ed integrazioni e delle relative disposizioni
di attuazione, alla data di entrata in vigore del presente decreto.
10. Il possesso dei requisiti di idoneità tecnica e di capacità
finanziaria per liscrizione allAlbo delle aziende speciali,
dei consorzi e delle società di cui allarticolo 22 della legge
8 giugno 1990, n. 142 (3), che esercitano i servizi di gestione dei rifiuti,
è garantito dal comune o dal consorzio di comuni. Liscrizione
allAlbo è effettuata sulla base di apposita comunicazione di
inizio di attività del comune o del consorzio di comuni alla sezione
regionale dellAlbo territorialmente competente ed è efficace
solo per le attività svolte nellinteresse del comune medesimo
o dei consorzi ai quali il Comune stesso partecipa.
11. Avverso i provvedimenti delle sezioni regionali dellAlbo gli interessati
possono promuovere, entro trenta giorni dalla notifica dei provvedimenti
stessi, ricorso al Comitato nazionale dellAlbo.
12. Alla segreteria dellAlbo è destinato personale comandato
da amministrazioni dello Stato ed enti pubblici, secondo criteri stabiliti
con decreto del Ministro dellambiente, di concerto con il Ministro
del Tesoro.
13. Agli oneri per il funzionamento del Comitato nazionale e delle Sezioni
regionali si provvede con le entrate derivanti dai diritti di segreteria
e dai diritti annuali discrizione, secondo le modalità previste
dal decreto del Ministro dellambiente 20 dicembre 1993 e successive
modifiche.
14. Il decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 407, non
si applica alle domande di iscrizione e agli atti di competenza dellAlbo.
15. Per le attività di cui al comma 4, le autorizzazioni rilasciate
ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982,
n. 915, in scadenza, sono prorogate, a cura delle amministrazioni che le
hanno rilasciate, fino alla data di efficacia delliscrizione allAlbo
o a quelle della decisione definitiva sul provvedimento di diniego di iscrizione.
Le stesse amministrazioni adottano i provvedimenti di diffida, di variazione,
di sospensione o di revoca delle predette autorizzazioni.
16. Le imprese che effettuano attività di raccolta e trasporto dei
rifiuti sottoposti a procedure semplificate ai sensi dellarticolo
33, ed effettivamente avviati al riciclaggio ed al recupero, non sono sottoposte
alle garanzie finanziarie di cui al comma 6 e sono iscritte allAlbo
previa comunicazione di inizio di attività alla sezione regionale
territorialmente competente. Detta comunicazione deve essere rinnovata ogni
due anni e deve essere corredata da idonea documentazione predisposta ai
sensi del decreto ministeriale 21 giugno 1991, n. 324, e successive modifiche
ed integrazioni, nonché delle deliberazioni del Comitato nazionale
dalla quale risultino i seguenti elementi:
a) la quantità, la natura, lorigine e la destinazione dei rifiuti;
b) la frequenza media della raccolta;
c) la rispondenza delle caratteristiche tecniche e della tipologia del mezzo
utilizzato ai requisiti stabiliti dallAlbo in relazione ai tipi di
rifiuti da trasportare;
d) il rispetto delle condizioni ed il possesso dei requisiti soggettivi,
di idoneità tecnica e di capacità finanziaria.
16 bis. Entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione di inizio
di attività le sezioni regionali e provinciali iscrivono le imprese
di cui al comma 1 in appositi elenchi dandone comunicazione al Comitato
nazionale, alla provincia territorialmente competente ed allinteressato.
Le imprese che svolgono attività di raccolta e trasporto di rifiuti
sottoposti a procedure semplificate ai sensi dellarticolo 33 devono
conformarsi alle disposizioni di cui al comma 16 entro il 15 gennaio 1998.
17. Alla comunicazione di cui al comma 16 si applicano le disposizioni di
cui allarticolo 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241.
17 bis. Sono esonerati dallobbligo di cui al comma 4 i consorzi di
cui agli articoli 40, 41, 47 e 48 del presente decreto e i consorzi di cui
allarticolo 9 quinquies del decreto legge 9 settembre 1988, n. 397,
convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, e allarticolo
11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95 (4).
(1) Si veda il D.M. 28 aprile 1998, n. 406.
(2) Questo comma è stato così modificato dallart. 1,
comma 19, della L. 9 dicembre 1998, n. 426.
(3) Si veda, ora, il D.L.vo 18 agosto 2000, n. 267.
(4) Questo comma è stato aggiunto dallart. 23, comma 1, lett.
f), della L. 31 luglio 2002, n. 179.
CAPO V
PROCEDURE SEMPLIFICATE
Art. 31 (Determinazione delle attività e delle caratteristiche dei
rifiuti per l'ammissione alle procedure semplificate)
31. (3) (Determinazione delle attività e delle caratteristiche dei
rifiuti per lammissione alle procedure semplificate). 1. Le procedure
semplificate devono comunque garantire un elevato livello di protezione
ambientale e controlli efficaci.
2. Con decreti del Ministro dellambiente, di concerto con i Ministri
dellindustria, del commercio e dellartigianato e della sanità,
e, per i rifiuti agricoli e le attività che danno vita ai fertilizzanti,
di concerto con il Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali,
sono adottate per ciascun tipo di attività le norme, che fissano
i tipi e le quantità di rifiuti, e le condizioni in base alle quali
le attività di smaltimento di rifiuti non pericolosi effettuate dai
produttori nei luoghi di produzione degli stessi e le attività di
recupero di cui allallegato C sono sottoposte alle procedure semplificate
di cui agli articoli 32 e 33. Con la medesima procedura si provvede allaggiornamento
delle predette norme tecniche e condizioni (1).
3. Le norme e le condizioni di cui al comma 2 sono individuate entro centottanta
giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto e devono garantire
che i tipi o le quantità di rifiuti ed i procedimenti e metodi di
smaltimento o di recupero siano tali da non costituire un pericolo per la
salute delluomo e da non recare pregiudizio allambiente. In
particolare per accedere alle procedure semplificate le attività
di trattamento termico e di recupero energetico devono, inoltre, rispettare
le seguenti condizioni:
a) siano utilizzati combustibili da rifiuti urbani oppure rifiuti speciali
individuati per frazioni omogenee;
b) i limiti di emissione non siano meno restrittivi di quelli stabiliti
per gli impianti di incenerimento dei rifiuti dalle direttive comunitarie
89/369/CEE del Consiglio dell8 giugno 1989, 89/429/CEE del Consiglio
del 21 giugno 1989, 94/67/CE del Consiglio del 16 dicembre 1994, e successive
modifiche ed integrazioni, e dal decreto del Ministro dellambiente
16 gennaio 1995, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale
30 gennaio 1995, n. 24. Le prescrizioni tecniche riportate allarticolo
6, comma 2, della direttiva 94/67/CE del Consiglio del 16 dicembre 1994
si applicano anche agli impianti termici produttivi che utilizzano per la
combustione comunque rifiuti pericolosi (2);
c) sia garantita la produzione di una quota minima di trasformazione del
potere calorifico dei rifiuti in energia utile calcolata su base annuale.
4. Lemanazione delle norme e delle condizioni di cui al comma 2 deve
riguardare, in primo luogo, i rifiuti indicati nella lista verde di cui
allallegato II del regolamento CEE n. 259/93, e successive modifiche
ed integrazioni.
5. Per la tutela dei registri di cui agli articoli 32, comma 3, e 33 comma
3, e leffettuazione dei controlli periodici, linteressato è
tenuto a versare alla provincia un diritto di iscrizione annuale determinato
in relazione alla natura dellattività con decreto del Ministro
dellambiente, di concerto con i Ministri dellindustria, del
commercio e dellartigianato e del Tesoro.
6. La costruzione di impianti che recuperano rifiuti nel rispetto delle
condizioni, delle prescrizioni e delle norme tecniche di cui ai commi 2
e 3 è disciplinata dal D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, e dalle altre
disposizioni che regolano la costruzione di impianti industriali. Lautorizzazione
allesercizio nei predetti impianti di operazioni di recupero di rifiuti
non individuati ai sensi del presente articolo resta comunque sottoposta
alle disposizioni di cui agli articoli 27 e 28.
7. Alle denunce e alle domande disciplinate dal presente Capo si applicano,
in quanto compatibili, le disposizioni di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 26 aprile 1992, n. 300, e successive modifiche ed integrazioni.
Si applicano, altresì, le disposizioni di cui allarticolo 21
della L. 7 agosto 1990, n. 241.
(1) Si veda il D.M. 5 febbraio 1998 (Suppl. ord. alla G.U. n. 88 del 16
aprile 1998).
(2) Le parole da: «Le prescrizioni tecniche ...» a «...
rifiuti pericolosi» sono state aggiunte dallart. 21, comma 2,
della L. 24 aprile 1998, n. 128.
(3) Si veda il D.M. 12 giugno 2002, n. 161.
Art. 32 (Autosmaltimento)
1. A condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni
specifiche adottate ai sensi dei commi 1, 2 e 3 dellarticolo 31, le
attività di smaltimento di rifiuti non pericolosi effettuate nel
luogo di produzione dei rifiuti stessi possono essere intraprese decorsi
novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla provincia
territorialmente competente.
2. Le norme tecniche di cui al comma 1 prevedono in particolare:
a) il tipo, la quantità, e le caratteristiche dei rifiuti da smaltire;
b) il ciclo di provenienza dei rifiuti;
c) le condizioni per la realizzazione e lesercizio degli impianti;
d) le caratteristiche dellimpianto di smaltimento;
e) la qualità delle emissioni nellambiente.
3. La provincia iscrive in un apposito registro (1) le imprese che effettuano
la comunicazione di inizio di attività ed entro il termine di cui
al comma 1 verifica dufficio la sussistenza dei presupposti e dei
requisiti richiesti. A tal fine alla comunicazione di inizio di attività
è allegata una relazione dalla quale deve risultare:
a) il rispetto delle condizioni e delle norme tecniche specifiche di cui
al comma 1;
b) il rispetto delle norme tecniche di sicurezza e delle procedure autorizzative
previste dalla normativa vigente.
4. Qualora la provincia accerti il mancato rispetto delle norme tecniche
e delle condizioni di cui al comma 1 dispone con provvedimento motivato
il divieto di inizio ovvero di prosecuzione dellattività, salvo
che linteressato non provveda a conformare alla normativa vigente
dette attività ed i suoi effetti entro il termine prefissato dallamministrazione.
5. La comunicazione di cui al comma 1 deve essere rinnovata ogni cinque
anni e, comunque, in caso di modifica sostanziale delle operazioni di autosmaltimento.
6. Restano sottoposte alle disposizioni di cui agli articoli 27 e 28 le
attività di autosmaltimento di rifiuti pericolosi e la discarica
di rifiuti.
(1) Si veda il D.M. 21 luglio 1998, n. 350.
Art. 33 (Operazioni di recupero)
1. A condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni
specifiche adottate ai sensi dei commi 1, 2 e 3 dellarticolo 31, lesercizio
delle operazioni di recupero dei rifiuti possono essere intraprese decorsi
novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla provincia
territorialmente competente.
2. Le condizioni e le norme tecniche di cui al comma 1, in relazione a ciascun
tipo di attività, prevedono in particolare:
a) per i rifiuti non pericolosi:
1) le quantità massime impiegabili;
2) la provenienza, i tipi e le caratteristiche dei rifiuti utilizzabili
nonché le condizioni specifiche alle quali le attività medesime
sono sottoposte alla disciplina prevista dal presente articolo;
3) le prescrizioni necessarie per assicurare che, in relazione ai
tipi o alle quantità dei rifiuti ed ai metodi di recupero, i rifiuti
stessi siano recuperati senza pericolo per la salute delluomo e senza
usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio allambiente;
b) per i rifiuti pericolosi:
1) le quantità massime impiegabili;
2) provenienza, i tipi e caratteristiche dei rifiuti;
3) le condizioni specifiche riferite ai valori limite di sostanze
pericolose contenute nei rifiuti, ai valori limite di emissione per ogni
tipo di rifiuto ed al tipo di attività e di impianto utilizzato,
anche in relazione alle altre emissioni presenti in sito;
4) altri requisiti necessari per effettuare forme diverse di recupero;
5) le prescrizioni necessarie per assicurare che, in relazione al
tipo ed alle quantità di sostanze pericolose contenute nei rifiuti
ed ai metodi di recupero, i rifiuti stessi siano recuperati senza pericolo
per la salute delluomo e senza usare procedimenti e metodi che potrebbero
recare pregiudizio allambiente.
3. La provincia iscrive in un apposito registro le imprese che effettuano
la comunicazione di inizio di attività ed entro il termine di cui
al comma 1 verifica dufficio la sussistenza dei presupposti e dei
requisiti richiesti. A tal fine alla comunicazione di inizio di attività
è allegata una relazione dalla quale deve risultare:
a) il rispetto delle norme tecniche e delle condizioni specifiche di cui
al comma 1;
b) il possesso dei requisiti soggettivi richiesti per la gestione dei rifiuti;
c) le attività di recupero che si intendono svolgere;
d) stabilimento, capacità di recupero e ciclo di trattamento o di
combustione nel quale i rifiuti stessi sono destinati ad essere recuperati;
e) le caratteristiche merceologiche dei prodotti derivanti dai cicli di
recupero.
4. Qualora la provincia accerti il mancato rispetto delle norme tecniche
e delle condizioni di cui al comma 1 dispone con provvedimento motivato
il divieto di inizio ovvero di prosecuzione dellattività, salvo
che linteressato non provveda a conformare alla normativa vigente
dette attività ed i suoi effetti entro il termine prefissato dallamministrazione.
5. La comunicazione di cui al comma 1 deve essere rinnovata ogni 5 anni
e comunque in caso di modifica sostanziale delle operazioni di recupero.
6. Sino alladozione delle norme tecniche e delle condizioni di cui
al comma 1 e comunque non oltre quarantacinque giorni dal termine del periodo
di sospensione previsto dallarticolo 9 della direttiva 83/189/CEE
e dallarticolo 3 della direttiva 91/689/CEE, le procedure di cui ai
commi 1 e 2 si applicano a chiunque effettui operazioni di recupero dei
rifiuti elencati rispettivamente nellallegato 3 al decreto del Ministro
dellambiente 5 settembre 1994, pubblicato nel supplemento ordinario
n. 126 alla Gazzetta Ufficiale 10 settembre 1994, n. 212, e nellallegato
1 al decreto del Ministro dellambiente 16 gennaio 1995, pubblicato
nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale 30 gennaio 1995, n. 24,
nel rispetto delle prescrizioni ivi contenute; a tal fine si considerano
valide ed efficaci le comunicazioni già effettuate alla data di entrata
in vigore del presente decreto. Le comunicazioni effettuate dopo la data
di entrata in vigore del presente decreto sono valide ed efficaci solo se
a tale data la costruzione dellimpianto, ove richiesto dal tipo di
attività di recupero, era stata già ultimata.
7. La procedura semplificata di cui al presente articolo sostituisce, limitatamente
alle variazioni qualitative e quantitative delle emissioni determinate dai
rifiuti individuati dalle norme tecniche di cui al comma 1 che già
fissano i limiti di emissione in relazione alle attività di recupero
degli stessi, lautorizzazione di cui allarticolo 15, lettera
a) del D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203.
8. Le disposizioni semplificate del presente articolo non si applicano alle
attività di recupero dei rifiuti urbani, ad eccezione:
a) delle attività di riciclaggio e di recupero di materia prima e
di produzione di compost di qualità dai rifiuti provenienti da raccolta
differenziata;
b) delle attività di trattamento dei rifiuti urbani per ottenere
combustibile da rifiuto effettuate nel rispetto delle norme tecniche di
cui al comma 1;
[c) dellimpiego di combustibile da rifiuto nel rispetto delle specifiche
norme tecniche adottate ai sensi del comma 1, che stabiliscono in particolare
la composizione merceologica e le caratteristiche qualitative del combustibile
da rifiuto ai sensi della lettera p) dellarticolo 6] (1).
9. Fermi restando il rispetto dei limiti di emissione in atmosfera di cui
allarticolo 31, comma 3, e dei limiti delle altre emissioni inquinanti
stabilite da disposizioni vigenti nonché fatta salva losservanza
degli altri vincoli a tutela dei profili sanitari e ambientali, entro sessanta
giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo,
il Ministro dellindustria, del commercio e dellartigianato,
di concerto con il Ministro dellambiente, determina modalità,
condizioni e misure relative alla concessione di incentivi finanziari previsti
da disposizioni legislative allutilizzazione dei rifiuti come combustibile
per produrre energia elettrica, tenuto anche conto del prevalente interesse
pubblico al recupero energetico nelle centrali elettriche di rifiuti urbani
sottoposti a preventive operazioni di trattamento finalizzate alla produzione
di combustibile da rifiuti.
10. I rifiuti non pericolosi individuati con apposite norme tecniche ai
sensi del comma 1 che vengono utilizzati in operazioni non comprese tra
quelle di cui allallegato C sono sottoposti unicamente alle disposizioni
di cui agli articoli 10 comma 3, 11, 12 e 15, nonché alle relative
norme sanzionatorie.
11. Alle attività di cui ai commi precedenti si applicano integralmente
le norme ordinarie per lo smaltimento qualora i rifiuti non vengano destinati
in modo effettivo ed oggettivo al recupero.
12. Le condizioni e le norme tecniche relative ai rifiuti pericolosi di
cui al comma 1 sono comunicate alla Commissione dellUnione Europea
tre mesi prima della loro entrata in vigore.
12 bis. Le operazioni di messa in riserva dei rifiuti pericolosi individuati
ai sensi del presente articolo sono sottoposte alle procedure semplificate
di comunicazione di inizio di attività solo se effettuate presso
limpianto dove avvengono le operazioni di riciclaggio e di recupero
previste ai punti da R1 a R9 dellallegato C.
12 ter. Fatto salvo quanto previsto dal comma 12 bis le norme tecniche di
cui ai commi 1, 2 e 3 stabiliscono le caratteristiche impiantistiche dei
centri di messa in riserva non localizzati presso gli impianti dove sono
effettuate le operazioni di riciclaggio e di recupero individuate ai punti
da R1 a R9, nonché le modalità di stoccaggio e i termini massimi
entro i quali i rifiuti devono essere avviati alle predette operazioni.
(1) Questa lettera è stata soppressa dallart. 7, comma 11,
lett. b), del D.L. 28 dicembre 2001, n. 452, convertito, con modificazioni,
nella L. 27 febbraio 2002, n. 16.
(2) Si veda il D.M. 12 giugno 2002, n. 161.
TITOLO II
GESTIONE DEGLI IMBALLAGGI (2)
Art. 34 (Ambito di applicazione)
1. Il presente Titolo disciplina la gestione degli imballaggi e dei
rifiuti di imballaggio sia per prevenirne e ridurne limpatto sullambiente
ed assicurare un elevato livello di tutela dellambiente, sia per garantire
il funzionamento del mercato e prevenire linsorgere di ostacoli agli
scambi, nonché distorsioni e restrizioni alla concorrenza ai sensi
della direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre
1994.
2. La disciplina di cui al comma 1 riguarda la gestione di tutti gli imballaggi
immessi sul mercato nazionale e di tutti i rifiuti di imballaggio derivanti
dal loro impiego, utilizzati o prodotti da industrie, esercizi commerciali,
uffici, negozi, servizi, nuclei domestici, a qualsiasi altro livello, qualunque
siano i materiali che li compongono.
3. Restano fermi i vigenti requisiti in materia di qualità degli
imballaggi, quali quelli relativi alla sicurezza, alla protezione della
salute e alligiene dei prodotti imballati, nonché le vigenti
disposizioni in materia di trasporto e sui rifiuti pericolosi.
4. I requisiti per la fabbricazione di imballaggi stabiliti dal presente
titolo non si applicano agli imballaggi utilizzati per un determinato prodotto
prima del 31 dicembre 1994.
5. Per un periodo non superiore a cinque anni dalla data di entrata in vigore
delle disposizioni del presente titolo è consentita limmissione
sul mercato di imballaggi fabbricati prima di tale data e conformi alle
norme vigenti.
Art. 35 (Definizioni)
1. Ai fini dellapplicazione del presente Titolo si intende per:
a) imballaggio: il prodotto, composto di materiali di qualsiasi natura,
adibito a contenere e a proteggere determinate merci, dalle materie prime
ai prodotti finiti, a consentire la loro manipolazione e la loro consegna
dal produttore al consumatore o allutilizzatore, e ad assicurare la
loro presentazione, nonché gli articoli a perdere usati allo stesso
scopo;
b) imballaggio per la vendita o imballaggio primario: imballaggio concepito
in modo da costituire, nel punto di vendita, ununità di vendita
per lutente finale o per il consumatore;
c) imballaggio multiplo o imballaggio secondario: imballaggio concepito
in modo da costituire, nel punto di vendita, il raggruppamento di un certo
numero di unità di vendita, indipendentemente dal fatto che sia venduto
come tale allutente finale o al consumatore, o che serva soltanto
a facilitare il rifornimento degli scaffali nel punto di vendita. Esso può
essere rimosso dal prodotto senza alterarne le caratteristiche;
d) imballaggio per il trasporto o imballaggio terziario: imballaggio concepito
in modo da facilitare la manipolazione ed il trasporto di un certo numero
di unità di vendita oppure di imballaggi multipli per evitare la
loro manipolazione ed i danni connessi al trasporto, esclusi i container
per i trasporti stradali, ferroviari, marittimi ed aerei;
e) rifiuto di imballaggio: ogni imballaggio o materiale di imballaggio,
rientrante nella definizione di rifiuto di cui allarticolo 6, comma
1, lettera a), esclusi i residui della produzione;
f) gestione dei rifiuti di imballaggio: le attività di gestione di
cui allarticolo 6, comma 1, lettera d);
g) prevenzione: riduzione, in particolare attraverso lo sviluppo di prodotti
e di tecnologie non inquinanti, della quantità e della nocività
per lambiente sia delle materie e delle sostanze utilizzate negli
imballaggi e nei rifiuti di imballaggio, sia degli imballaggi e rifiuti
di imballaggio nella fase del processo di produzione, nonché in quella
della commercializzazione, della distribuzione, dellutilizzazione
e della gestione post-consumo;
h) riutilizzo: qualsiasi operazione nella quale limballaggio concepito
e progettato per poter compiere, durante il suo ciclo di vita, un numero
minimo di spostamenti o rotazioni è riempito di nuovo o reimpiegato
per un uso identico a quello per il quale è stato concepito, con
o senza il supporto di prodotti ausiliari presenti sul mercato che consentano
il riempimento imballaggio stesso; tale imballaggio riutilizzato diventa
rifiuto di imballaggio quando cessa di essere reimpiegato;
i) riciclaggio: ritrattamento in un processo di produzione dei rifiuti di
imballaggio per la loro funzione originaria o per altri fini, compreso il
riciclaggio organico e ad esclusione del recupero di energia;
l) recupero dei rifiuti generati da imballaggi: tutte le pertinenti operazioni
previste dallallegato C al presente decreto;
m) recupero di energia: lutilizzazione di rifiuti di imballaggio combustibili
quale mezzo per produrre energia mediante incenerimento diretto con o senza
altri rifiuti ma con recupero di calore;
n) riciclaggio organico: il trattamento aerobico (compostaggio) o anaerobico
(biometanazione), ad opera di microrganismi ed in condizioni controllate,
delle parti biodegradabili dei rifiuti di imballaggio, con produzione di
residui organici stabilizzanti o di metano, ad esclusione dellinterramento
in discarica, che non può essere considerato una forma di riciclaggio
organico;
o) smaltimento: tutte le pertinenti operazioni di cui allallegato
B al presente decreto;
p) operatori economici: i fornitori di materiali di imballaggio, i fabbricanti
ed i trasformatori di imballaggi, gli addetti al riempimento e gli utenti,
gli importatori, i commercianti ed i distributori, le pubbliche amministrazioni
e gli organismi di diritto pubblico;
q) produttori: i fornitori di materiali di imballaggio, i fabbricanti, i
trasformatori e gli importatori di imballaggi vuoti e di materiali di imballaggio;
r) utilizzatori: i commercianti, i distributori, gli addetti al riempimento,
gli utenti di imballaggi e gli importatori di imballaggi pieni;
s) pubbliche amministrazioni e organismi di diritto pubblico: i soggetti
e gli enti che gestiscono il servizio di raccolta, trasporto, recupero e
smaltimento di rifiuti solidi urbani nelle forme di cui alla legge 8 giugno
1990, n. 142 (1), o loro concessionari;
t) consumatore: lutente finale che acquista o importa per proprio
uso imballaggi, articoli o merci imballate;
u) accordo volontario: accordo ufficiale concluso tra le autorità
pubbliche competenti e i settori economici interessati, aperto a tutti gli
interlocutori che desiderano, che disciplina i mezzi, gli strumenti e le
azioni per raggiungere gli obiettivi di cui allarticolo 37.
(1) Si veda, ora, il D.L.vo 18 agosto 2000, n. 267.
Art. 36 (Criteri informatori dell'attività di gestione dei rifiuti
di imballaggio)
1. Lattività di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di
imballaggio si informa ai seguenti principi generali:
a) incentivazione e promozione della prevenzione alla fonte della quantità
e della pericolosità degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio,
soprattutto attraverso iniziative, anche di natura economica in conformità
ai principi del diritto comunitario, volte a promuovere lo sviluppo di tecnologie
pulite ed a ridurre a monte la produzione e lutilizzazione degli imballaggi,
nonché a favorire la produzione di imballaggi riutilizzabili ed il
riutilizzo degli imballaggi;
b) incentivazione del riciclaggio e del recupero di materia prima, sviluppo
della raccolta differenziata di rifiuti di imballaggio e promozione di opportunità
di mercato per incoraggiare lutilizzazione dei materiali ottenuti
da imballaggi riciclati e recuperati;
c) riduzione del flusso dei rifiuti di imballaggi destinati allo smaltimento
finale attraverso le altre forme di recupero dei rifiuti di imballaggi;
c bis) lapplicazione di misure di prevenzione consistenti in programmi
nazionali o azioni analoghe da adottarsi previa consultazione degli operatori
economici interessati.
2. Al fine di assicurare la responsabilizzazione degli operatori economici
conformemente al principio «chi inquina paga» nonché
la cooperazione degli stessi secondo il principio della «responsabilità
condivisa», lattività di gestione dei rifiuti di imballaggio
si ispira, inoltre, ai seguenti principi:
a) individuazione degli obblighi di ciascun operatore economico, garantendo
che il costo della raccolta, della valorizzazione e delleliminazione
dei rifiuti di imballaggio sia sostenuto dai produttori e dagli utilizzatori
in proporzione delle quantità di imballaggi immessi sul mercato nazionale
e che la pubblica amministrazione organizzi la raccolta differenziata;
b) promozione di forme di cooperazione tra i soggetti istituzionali ed economici;
c) informazione degli utenti degli imballaggi, ed in particolare dei consumatori;
d) incentivazione della restituzione degli imballaggi usati e del conferimento
dei rifiuti di imballaggi in raccolta differenziata da parte del consumatore.
3. Le informazioni di cui alla lettera c) del comma 2 riguardano in particolare:
a) i sistemi di restituzione, di raccolta e di recupero disponibili;
b) il ruolo degli utenti di imballaggi ed in particolare dei consumatori
nel processo di riutilizzazione, di recupero e di riciclaggio degli imballaggi
e dei rifiuti di imballaggio;
c) il significato dei marchi apposti sugli imballaggi quali si presentano
sul mercato;
d) i pertinenti elementi dei piani di gestione per gli imballaggi ed i rifiuti
di imballaggio.
4. In conformità alle determinazioni assunte dalla Commissione dellUnione
Europea, con decreto del Ministro dellambiente e del Ministro dellindustria,
del commercio e dellartigianato, sono adottate le misure tecniche
che dovessero risultare necessarie nellapplicazione delle disposizioni
del presente Titolo, con particolare riferimento agli imballaggi pericolosi,
anche domestici, nonché agli imballaggi primari di apparecchiature
mediche e prodotti farmaceutici, ai piccoli imballaggi ed agli imballaggi
di lusso. Qualora siano interessati aspetti sanitari il predetto decreto
è adottato di concerto con il Ministro della sanità.
5. Tutti gli imballaggi devono essere opportunamente etichettati secondo
le modalità stabilite con decreto del Ministro dellambiente
e del Ministro dellindustria, del commercio e dellartigianato
in conformità alle determinazioni adottate dalla Commissione dellUnione
europea, per facilitare la raccolta, il riutilizzo, il recupero ed il riciclaggio
degli imballaggi, nonché per dare una corretta informazione ai consumatori
sulle destinazioni finali degli imballaggi. Fino alla definizione del sistema
di identificazione europeo si applica, agli imballaggi per i liquidi, la
normativa vigente in materia di etichettatura.
Art. 37 (Obiettivi di recupero e di riciclaggio)
1. Per conformarsi ai principi di cui allarticolo 36, i produttori
e gli utilizzatori devono conseguire gli obiettivi finali di riciclaggio
e di recupero dei rifiuti di imballaggi fissati nellallegato E ed
i relativi obiettivi intermedi.
2. Per garantire il controllo del raggiungimento degli obiettivi di riciclaggio
e di recupero, a partire dall1 gennaio 1998, i produttori e gli utilizzatori
di imballaggi ed i soggetti impegnati nelle attività di riciclaggio
e di recupero dei rifiuti di imballaggio comunicano annualmente, secondo
le modalità previste dalla legge 25 gennaio 1994, n. 70, i dati di
rispettiva competenza, riferiti allanno solare precedente, relativi
al quantitativo degli imballaggi per ciascun materiale e per tipo di imballaggio
immesso sul mercato, nonché, per ciascun materiale, la quantità
degli imballaggi riutilizzati e dei rifiuti di imballaggio riciclati e recuperati
provenienti dal mercato nazionale; tali dati sono trasmessi allANPA
ai sensi dellarticolo 2, comma 2 della legge 25 gennaio 1994, n. 70.
Le predette comunicazioni possono essere presentate dai consorzi di cui
allarticolo 40 per i soggetti che hanno aderito agli stessi, e dalle
associazioni di categoria per gli utilizzatori.
3. Qualora gli obiettivi di riciclaggio e di recupero dei rifiuti di imballaggio
non siano raggiunti entro trenta giorni dalle scadenze previste, con decreto
del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio
dei Ministri, su proposta del Ministro dellambiente e del Ministro
dellindustria, del commercio e dellartigianato, alle diverse
tipologie di materiali di imballaggi sono applicate misure di natura economica,
ivi comprese misure di carattere pecuniario, proporzionate al mancato raggiungimento
di singoli obiettivi, il cui introito è versato alle entrate del
bilancio dello Stato per essere riassegnato con decreto del Ministro del
tesoro ad apposito capitolo del Ministero dellambiente. Dette somme
saranno utilizzate per promuovere la prevenzione, la raccolta differenziata,
il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggio nellambito
del Programma Triennale dellAmbiente.
4. Gli obiettivi di cui al comma 1 sono riferiti ai rifiuti di imballaggi
generati sul territorio nazionale, nonché a tutti i sistemi di riciclaggio
e di recupero al netto degli scarti, e sono adottati ed aggiornati in conformità
alla normativa comunitaria con decreto del Ministro dellambiente e
del Ministro dellindustria, del commercio e dellartigianato.
5. Il Ministro dellambiente e il Ministro dellindustria, del
commercio e dellartigianato notificano alla Commissione dellUnione
Europea, ai sensi e secondo le modalità di cui agli articoli 12,
16 e 17 della direttiva 94/62/CEE del Parlamento europeo e del Consiglio
del 20 dicembre 1994, la relazione sullattuazione delle disposizioni
del presente titolo accompagnata dai dati acquisiti ai sensi del comma 2
e i progetti delle misure che si intendono adottare nellambito del
titolo medesimo.
5 bis. Il Ministro dellambiente e il Ministro dellindustria,
del commercio e dellartigianato forniscono periodicamente allUnione
europea e agli altri Paesi membri i dati sugli imballaggi e sui rifiuti
di imballaggi secondo le tabelle e gli schemi adottati dalla Commissione
dellUnione europea con la decisione 97/138/CE del 3 febbraio 1997.
Art. 38 (Obblighi dei produttori e degli utilizzatori)
1. I produttori e gli utilizzatori sono responsabili della corretta
gestione ambientale degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio generati
dal consumo dei propri prodotti.
2. Nellambito degli obiettivi di cui agli articoli 24 e 37, i produttori
e gli utilizzatori adempiono allobbligo della raccolta dei rifiuti
di imballaggi [primari e degli altri rifiuti di imballaggi comunque conferiti
al servizio pubblico tramite il gestore del servizio medesimo] (2). A tal
fine i produttori e gli utilizzatori sono obbligati a partecipare al Consorzio
Nazionale Imballaggi di cui allarticolo 41. Per gli utilizzatori che
partecipano al Consorzio nazionale degli imballaggi la comunicazione di
cui allarticolo 37, comma 2, viene presentata dal soggetto che effettua
la gestione dei rifiuti di imballaggio (1).
3. Per adempiere agli obblighi di riciclaggio e di recupero nonché
agli obblighi della ripresa degli imballaggi usati e della raccolta dei
rifiuti di imballaggio secondari e terziari su superfici private, nonché
allobbligo del ritiro, su indicazione del Consorzio Nazionale Imballaggi
di cui allarticolo 41, dei rifiuti di imballaggio conferiti dal servizio
pubblico, i produttori, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore delle
disposizioni del presente titolo, possono:
a) organizzare autonomamente la raccolta, il riutilizzo, il riciclaggio
ed il recupero dei rifiuti di imballaggio;
b) aderire ad uno dei consorzi di cui allarticolo 40;
c) mettere in atto un sistema cauzionale.
4. Ai fini di cui al comma 3 gli utilizzatori sono tenuti a ritirare gratuitamente
gli imballaggi usati secondari e terziari ed i rifiuti di imballaggio secondari
e terziari nonché a consegnarli in un luogo di raccolta organizzato
dal produttore e con lo stesso concordato.
5. I produttori che non aderiscono al Consorzio di cui allarticolo
40 devono dimostrare allOsservatorio di cui allarticolo 26,
entro novanta giorni dal termine di cui al comma 3, di:
a) adottare dei provvedimenti per il ritiro degli imballaggi usati da loro
immessi sul mercato;
b) avere organizzato la prevenzione della produzione dei rifiuti di imballaggio,
la riutilizzazione degli imballaggi e la raccolta, il trasporto, il riciclaggio
ed il recupero dei rifiuti di imballaggio;
c) garantire che gli utenti finali degli imballaggi siano informati sul
ritiro e sulle sue relative possibilità.
6. I produttori che non aderiscono ai Consorzi di cui allarticolo
40 devono inoltre elaborare e trasmettere al Consorzio Nazionale Imballaggi
di cui allarticolo 41 un proprio Programma specifico di prevenzione
che costituisce la base per lelaborazione del programma generale di
cui allarticolo 42.
7. Entro il 31 marzo di ogni anno, a partire da quello successivo alla data
di entrata in vigore del presente decreto, i produttori che non aderiscono
ai Consorzi di cui allarticolo 40, sono tenuti a presentare allOsservatorio
sui rifiuti di cui allarticolo 26 una relazione sulla gestione, comprensiva
del programma specifico e dei risultati conseguiti nel recupero e nel riciclo
dei rifiuti di imballaggio, nella quale possono essere evidenziati i problemi
inerenti il raggiungimento degli scopi istituzionali e le eventuali proposte
di adeguamento della normativa.
8. I produttori che non dimostrano di adottare adeguati provvedimenti sono
obbligati a partecipare ai consorzi di cui allarticolo 40, fatti salvi
lobbligo di corrispondere i contributi pregressi e lapplicazione
delle sanzioni di cui allarticolo 54.
9. Sono a carico dei produttori e degli utilizzatori i costi per:
a) il ritiro degli imballaggi usati e la raccolta dei rifiuti di imballaggio
secondari e terziari;
b) la raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio conferiti al servizio
pubblico;
c) il riutilizzo degli imballaggi usati;
d) il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggio;
e) lo smaltimento dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari.
10. La restituzione di imballaggi usati o di rifiuti di imballaggio, ivi
compreso il conferimento di rifiuti in raccolta differenziata, non deve
comportare oneri economici per il consumatore.
(1) Comma così modificato dallart. 4, comma 24, della L. 9
dicembre 1998, n. 426.
(2) Le parole fra le parentesi quadre sono state soppresse dallart.
23, comma 1, lett. g), della L. 31 luglio 2002, n. 179.
Art. 39 (Raccolta differenziata e obblighi della Pubblica Amministrazione)
1. La pubblica amministrazione deve organizzare sistemi adeguati di
raccolta differenziata in modo da permettere al consumatore di conferire
al servizio pubblico rifiuti di imballaggio selezionati dai rifiuti domestici
e da altri tipi di rifiuti di imballaggi in particolare:
a) deve essere garantita la copertura omogenea del territorio in ciascun
ambito ottimale, tenuto conto del contesto geografico;
b) la gestione della raccolta differenziata deve essere effettuata secondo
criteri che privilegiano lefficacia, lefficienza e leconomicità
del servizio, nonché il coordinamento con la gestione di altri rifiuti.
2. Nel caso in cui la pubblica amministrazione non attivi la raccolta differenziata
dei rifiuti di imballaggi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore
del presente decreto, i produttori e gli utilizzatori possono organizzare
tramite il Consorzio Nazionale Imballaggi di cui allarticolo 41 le
attività di raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio [primari]
(1) sulle superfici pubbliche o la possono integrare se insufficiente.
2 bis. La pubblica amministrazione incoraggia, ove opportuno, lutilizzazione
di materiali provenienti da rifiuti di imballaggio riciclati per la fabbricazione
di imballaggi e altri prodotti.
2 ter. I Ministeri dellambiente e dellindustria, del commercio
e dellartigianato curano la pubblicazione delle misure e degli obiettivi
oggetto delle campagne di informazione di cui allarticolo 41, comma
2, lettera g).
2 quater. Il Ministro dellindustria, del commercio e dellartigianato
cura la pubblicazione dei numeri di riferimento delle norme nazionali che
recepiscono le norme armonizzate di cui allarticolo 43, comma 3, e
comunica alla Commissione dellUnione europea le norme nazionali di
cui al medesimo articolo, comma 3, considerate conformi alle predette norme
armonizzate.
(1) La parola: «primari» è stata soppressa dallart.
23, comma 1, lett. h), della L. 31 luglio 2002, n. 179.
Art. 40 (Consorzi)
1. Al fine di razionalizzare ed organizzare la ripresa degli imballaggi
usati, la raccolta dei rifiuti di imballaggi secondari e terziari su superfici
private, ed il ritiro, su indicazione del Consorzio Nazionale Imballaggi
di cui allarticolo 41, dei rifiuti di imballaggi, conferiti al servizio
pubblico, nonché il riciclaggio ed il recupero dei rifiuti di imballaggio
secondo criteri di efficacia, efficienza ed economicità, i produttori
che non provvedono ai sensi dellarticolo 38, comma 3, lettere a) e
c), costituiscono un Consorzio per ciascuna tipologia di materiale di imballaggi.
2. I Consorzi di cui al comma 1 hanno personalità giuridica di diritto
privato e sono retti da uno statuto approvato con decreto del Ministro dellambiente
e del Ministro dellindustria, del commercio e dellartigianato.
3. I mezzi finanziari per il funzionamento dei predetti Consorzi sono costituiti
dai proventi delle attività e dai contributi dei soggetti partecipanti.
4. Ciascun consorzio mette a punto e trasmette al Consorzio nazionale imballaggi
ed allOsservatorio di cui allarticolo 26 un proprio Programma
specifico di prevenzione che costituisce la base per lelaborazione
del programma generale di cui allarticolo 42.
5. Entro il 31 marzo di ogni anno, a partire da quello successivo alla data
di entrata in vigore del presente decreto, i Consorzi trasmettono al Consorzio
Nazionale Imballaggi di cui allarticolo 41 lelenco degli associati
ed una relazione sulla gestione, comprensiva del programma specifico e dei
risultati conseguiti nel recupero e nel riciclo dei rifiuti di imballaggio,
nella quale possono essere evidenziati i problemi inerenti il raggiungimento
degli scopi istituzionali e le eventuali proposte di adeguamento della normativa.
Art. 41 (Consorzio Nazionale Imballaggi)
1. Per il raggiungimento degli obiettivi globali di recupero e di riciclaggio
e per garantire il necessario raccordo con lattività di raccolta
differenziata effettuata dalle Pubbliche Amministrazioni, i produttori e
gli utilizzatori costituiscono in forma paritaria, entro centottanta giorni
dalla data di entrata in vigore delle disposizioni del presente titolo,
il Consorzio Nazionale Imballaggi, in seguito denominato CONAI.
2. Il CONAI svolge le seguenti funzioni:
a) definisce, in accordo con le regioni e con le pubbliche amministrazioni
interessate, gli ambiti territoriali in cui rendere operante un sistema
integrato che comprenda la raccolta, la selezione e il trasporto dei materiali
selezionati a centri di raccolta o di smaltimento;
b) definisce, con le pubbliche amministrazioni appartenenti ai singoli sistemi
integrati di cui alla lettera a), le condizioni generali di ritiro da parte
dei produttori dei rifiuti selezionati provenienti dalla raccolta differenziata;
c) elabora ed aggiorna, sulla base dei programmi specifici di prevenzione
di cui agli articoli 38, comma 6, e 40, comma 4, il Programma generale per
la prevenzione e la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio;
d) promuove accordi di programma con le regioni e gli enti locali per favorire
il riciclaggio ed il recupero dei rifiuti di imballaggio, e ne garantisce
lattuazione;
e) assicura la necessaria cooperazione tra i consorzi di cui allarticolo
40, anche eventualmente destinando, nellambito della ripartizione
dei costi prevista dalla lettera h), una quota aggiuntiva del contributo
ambientale ai consorzi che realizzano le percentuali di recupero superiori
a quelle minime indicate nel Programma generale, al fine del conseguimento
degli obiettivi globali di cui allallegato E, lettera a), annesso
al presente decreto. Nella medesima misura è ridotta la parte del
contributo spettante ai consorzi che non raggiungono i singoli obiettivi
di recupero (6);
f) garantisce il necessario raccordo tra lamministrazione pubblica,
i Consorzi e gli altri operatori economici;
g) organizza, in accordo con le pubbliche amministrazioni, le campagne di
informazione ritenute utili ai fini dellattuazione del Programma generale;
h) ripartisce tra i produttori e gli utilizzatori i costi della raccolta
differenziata, del riciclaggio e del recupero dei rifiuti di imballaggi
[primari, o comunque] (7) conferiti al servizio di raccolta differenziata,
in proporzione alla quantità totale, al peso ed alla tipologia del
materiale di imballaggio immessi sul mercato nazionale, al netto delle quantità
di imballaggi usati riutilizzati nellanno precedente per ciascuna
tipologia di materiale.
2 bis. Per il raggiungimento degli obiettivi pluriennali di recupero e riciclaggio,
gli eventuali avanzi di gestione accantonati dal CONAI e dai consorzi di
cui allarticolo 40 nelle riserve costituenti il loro patrimonio netto
non concorrono alla formazione del reddito a condizione che sia rispettato
il divieto di distribuzione, sotto qualsiasi forma, ai consorziati di tali
avanzi e riserve, anche in caso di scioglimento dei consorzi e del CONAI.
I soggetti di cui allarticolo 38, comma 3, lettera a), partecipano
al finanziamento dellattività del CONAI (2) (3).
3. Il CONAI può stipulare un accordo di programma quadro su base
nazionale con lANCI al fine di garantire lattuazione del principio
di corresponsabilità gestionale tra produttori, utilizzatori e pubblica
amministrazione. In particolare, tale accordo stabilisce:
a) lentità dei costi della raccolta differenziata dei rifiuti
di imballaggio da versare ai comuni, determinati secondo criteri di efficienza,
di efficacia ed economicità di gestione del servizio medesimo, nonché
sulla base della tariffa di cui allart. 49, dalla data di entrata
in vigore della stessa;
b) gli obblighi e le sanzioni posti a carico delle parti contraenti;
c) le modalità di raccolta dei rifiuti da imballaggio in relazione
alle esigenze delle attività di riciclaggio e di recupero.
4. Laccordo di programma di cui al comma 3 è trasmesso allOsservatorio
nazionale sui rifiuti di cui allarticolo 26, che può richiedere
eventuali modifiche ed integrazioni entro i successivi sessanta giorni.
5. Ai fini della ripartizione dei costi di cui al comma 2, lettera h), sono
esclusi dal calcolo gli imballaggi riutilizzabili immessi sul mercato previa
cauzione.
6. Il CONAI ha personalità giuridica di diritto privato ed (4) è
retto da uno statuto approvato con decreto del Ministro dellambiente
e del Ministro dellindustria, del commercio e dellartigianato,
non ha fini di lucro e provvede ai mezzi finanziari necessari per la sua
attività con i proventi delle attività e con i contributi
dei consorziati.
7. [Il CONAI delibera con la maggioranza dei due terzi dei componenti] (5).
8. Al Consiglio di amministrazione del CONAI partecipa con diritto di voto
un rappresentante dei consumatori indicato dal Ministro dellambiente
e dal Ministro dellindustria, del commercio e dellartigianato.
9. I consorzi obbligatori esistenti alla data di entrata in vigore della
presente legge, previsti dallarticolo 9 quater, del decreto legge
9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre
1988, n. 475, cessano di funzionare allatto della costituzione del
consorzio di cui al comma 1 e comunque entro sei mesi dalla data di entrata
in vigore del presente decreto. Il CONAI di cui al comma 1 subentra nei
diritti e negli obblighi dei consorzi obbligatori di cui allarticolo
9 quater, del decreto legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni,
dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, ed in particolare nella titolarità
del patrimonio esistente alla data del 31 dicembre 1996, fatte salve le
spese di gestione ordinaria sostenute dai Consorzi fino al loro scioglimento.
Tali patrimoni dei diversi Consorzi obbligatori saranno destinati ai costi
della raccolta differenziata, riciclaggio e recupero dei rifiuti di imballaggi
primari o comunque conferiti al servizio pubblico della relativa tipologia
di materiale.
10. In caso di mancata costituzione del CONAI entro i termini di cui al
comma 1, e fino alla costituzione dello stesso, il Ministro dellambiente
e il Ministro dellindustria, del commercio e dellartigianato
nominano dintesa un commissario ad acta per lo svolgimento delle funzioni
di cui al presente articolo.
10 bis. In caso di mancata stipula degli accordi di cui ai commi 2 e 3,
il Ministro dellambiente, di concerto con il Ministro dellindustria,
del commercio e dellartigianato, può determinare con proprio
decreto lentità dei costi della raccolta differenziata dei
rifiuti di imballaggio a carico dei produttori e degli utilizzatori ai sensi
dellart. 49, comma 10, nonché le condizioni e le modalità
di ritiro dei rifiuti stessi da parte dei produttori (1).
(1) Comma aggiunto dallart. 1, comma 20, della L. 9 dicembre 1998,
n. 426.
(2) Questo comma è stato aggiunto dallart. 9 della L. 21 novembre
2000, n. 342.
(3) Lart. 12 della L. 23 dicembre 2000, n. 388, dispone che il trattamento
fiscale degli avanzi di gestione, di cui a questo comma è esteso,
alle medesime condizioni, anche agli eventuali avanzi di gestione accantonati
dal Consorzio obbligatorio batterie al piombo esauste e rifiuti piombosi
(COBAT), nonché dal Consorzio nazionale di raccolta e trattamento
degli olii e dei grassi vegetali ed animali, esausti.
(4) Le parole: «La personalità . . . ed» sono state inserite
dallart. 10, comma 2, della L. 23 marzo 2001, n. 93.
(5) Questo comma è stato abrogato dallart. 10, comma 3, della
L. 23 marzo 2001, n. 93.
(6) Le parole «, anche eventualmente . . . di recupero» sono
state aggiunte dallart. 52, comma 56, lett. b), della L. 28 dicembre
2001, n. 448.
(7) Le parole fra parentesi quadre sono state soppresse dallart. 23,
comma 1, lett. i), della L. 31 luglio 2002, n. 179.
Art. 42 (Programma generale di prevenzione e di gestione degli imballaggi
e dei rifiuti di imballaggio)
1. Sulla base dei programmi specifici di prevenzione di cui agli articoli
38, comma 6, e 40, comma 4, il CONAI elabora un Programma generale di prevenzione
e di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio che individua,
con riferimento alle singole tipologie di materiale di imballaggio, le misure
relative ai seguenti obiettivi:
a) prevenzione della formazione dei rifiuti di imballaggio;
b) accrescimento della proporzione della quantità di rifiuti di imballaggi
riciclabili rispetto alla quantità di imballaggi non riciclabili;
c) accrescimento della proporzione della quantità di rifiuti di imballaggi
riutilizzabili rispetto alla quantità di imballaggi non riutilizzabili;
d) miglioramento delle caratteristiche dellimballaggio allo scopo
di permettere ad esso di sopportare più tragitti o rotazioni nelle
condizioni di utilizzo normalmente prevedibili;
e) realizzazione degli obiettivi di recupero e riciclaggio.
2. Il Programma generale di prevenzione determina, inoltre:
a) la percentuale in peso di ciascuna tipologia di rifiuti di imballaggio
da recuperare ogni cinque anni, e nellambito di questo obiettivo globale,
sulla base della stessa scadenza, la percentuale in peso da riciclare delle
singole tipologie di materiali di imballaggio, con un minimo percentuale
in peso per ciascun materiale;
b) gli obiettivi intermedi di recupero e riciclaggio rispetto agli obiettivi
di cui alla lettera a);
c) (Omissis) (1).
3. Il Programma generale è trasmesso per il parere allOsservatorio
sui rifiuti di cui allarticolo 26 ed è approvato con decreto
del Ministro dellambiente e del Ministro dellindustria, del
commercio e dellartigianato, dintesa con la Conferenza permanente
per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento
e di Bolzano e lANCI. Con la medesima procedura si provvede alle eventuali
modificazioni ed integrazioni del programma.
4. Nel caso in cui il Programma generale non sia predisposto entro il termine
di centoventi giorni dalla costituzione del Consorzio Nazionale Imballaggi
di cui allarticolo 41, e, successivamente, dallinizio del quinquennio
di riferimento, lo stesso è elaborato in via sostitutiva dallOsservatorio
di cui allarticolo 26. In tal caso gli obiettivi di recupero e riciclaggio
sono quelli massimi previsti ai sensi della direttiva 94/63/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio del 20 dicembre 1994, e successive modifiche ed
integrazioni.
5. I piani regionali di cui allarticolo 22 sono integrati con un apposito
capitolo relativo alla gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio
in attuazione delle disposizioni del programma di cui ai commi 1 e 2.
(1) Lettera abrogata dallart. 1, comma 21, della L. 9 dicembre 1998,
n. 426.
Art. 43 (Divieti)
1. È vietato lo smaltimento in discarica degli imballaggi e
dei contenitori recuperati, ad eccezione degli scarti derivanti dalle operazioni
di selezione, riciclo e recupero dei rifiuti di imballaggio.
2. A decorrere dall1 gennaio 1998 è vietato immettere nel normale
circuito di raccolta dei rifiuti urbani imballaggi terziari di qualsiasi
natura. Dalla stessa data eventuali imballaggi secondari non restituiti
allutilizzatore dal commerciante al dettaglio possono essere conferiti
al servizio pubblico solo in raccolta differenziata, ove la stessa sia stata
attivata.
3. A decorrere dall1 gennaio 1998 possono essere commercializzati
solo imballaggi rispondenti agli standard europei fissati dal Comitato Europeo
Normalizzazione in conformità ai requisiti essenziali stabiliti dallarticolo
9 della direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20
dicembre 1994, e dallAllegato F al presente decreto. Fino all1
gennaio 1998 si presume che siano soddisfatti tutti i predetti requisiti
quando gli imballaggi sono conformi alle pertinenti norme armonizzate i
cui numeri di riferimento sono pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale delle
Comunità Europee, ovvero, in mancanza delle pertinenti norme armonizzate,
alle norme nazionali considerate conformi ai predetti requisiti.
4. È vietato immettere sul mercato imballaggi o componenti di imballaggio,
ad eccezione degli imballaggi interamente costituiti di cristallo, con livelli
totali di concentrazione di piombo, mercurio, cadmio e cromo esavalente
superiore a:
a) 600 parti per milione (ppm) in peso a partire dal 30 giugno 1998;
b) 250 ppm in peso a partire dal 30 giugno 1999;
c) 100 ppm in peso a partire dal 30 giugno 2001.
5. Con decreto del Ministro dellambiente e del Ministro dellindustria,
del commercio e dellartigianato sono determinate, in conformità
alle decisioni dellUnione Europea:
a) le condizioni alle quali i livelli di concentrazione di cui al comma
4 non si applicano ai materiali riciclati e ai circuiti di produzione localizzati
in una catena chiusa e controllata;
b) le tipologie di imballaggio esonerate dal requisito di cui al comma 4,
lettera c).
TITOLO III
GESTIONE DI PARTICOLARI
CATEGORIE DI RIFIUTI
Art. 44 (Beni durevoli)
1. I beni durevoli per uso domestico che hanno esaurito la loro durata operativa
devono essere consegnati ad un rivenditore contestualmente allacquisto
di un bene durevole di tipologia equivalente ovvero devono essere conferiti
alle imprese pubbliche o private che gestiscono la raccolta e lo smaltimento
dei rifiuti urbani o agli appositi centri di raccolta individuati ai sensi
del comma 2, a cura del detentore. Ai fini della corretta attuazione degli
obiettivi e delle priorità stabilite dal presente decreto, i produttori
e gli importatori devono provvedere al ritiro, al recupero e allo smaltimento
dei beni durevoli consegnati dal detentore al rivenditore, sulla base di
appositi accordi di programma stipulati ai sensi dellarticolo 25.
2. Il Ministro dellambiente, di concerto con il Ministro dellindustria,
del commercio e dellartigianato, promuove accordi di programma tra
le imprese che producono i beni di cui al comma 1, quelle che li immettono
al consumo, anche in qualità di importatori, ed i soggetti, pubblici
e privati, che ne gestiscono la raccolta, il recupero, il riciclaggio e
lo smaltimento. Gli accordi prevedono:
a) la messa a punto dei prodotti per le finalità di cui agli articoli
3 e 4;
b) lindividuazione di centri di raccolta, diffusi su tutto il territorio
nazionale;
c) il recupero ed il riciclo dei materiali costituenti i beni;
d) lo smaltimento di quanto non recuperabile da parte dei soggetti che gestiscono
il servizio pubblico.
3. Al fine di favorire la restituzione dei beni di cui al comma 1 ai rivenditori,
i produttori, gli importatori ed i distributori, e le loro associazioni
di categoria, possono altresì stipulare accordi e contratti di programma
ai sensi dellarticolo 25, comma 2. Ai medesimi fini il ritiro, il
trasporto e lo stoccaggio dei beni durevoli da parte dei rivenditori firmatari,
tramite le proprie associazioni di categoria, dei citati accordi e contratti
di programma non sono sottoposti agli obblighi della comunicazione
annuale al catasto, della tenuta dei registri di carico e scarico, della
compilazione e tenuta dei formulari, della preventiva autorizzazione e della
iscrizione allAlbo di cui agli articoli 11, 12, 15, 28 e 30 del presente
decreto (1).
4. Decorsi tre anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto,
nel caso si manifestino particolari necessità di tutela della salute
pubblica e dellambiente relativamente allo smaltimento dei rifiuti
costituiti dai beni oggetto del presente articolo al termine della loro
vita operativa, può essere introdotto, con decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dellambiente,
di concerto con il Ministro dellindustria, del commercio e dellartigianato,
un sistema di cauzionamento obbligatorio. La cauzione, in misura pari al
10% del prezzo effettivo di vendita del prodotto e con il limite massimo
di euro 103,29, è svincolata allatto della restituzione, debitamente
documentata, di un bene oggetto del presente decreto ai centri di raccolta,
ai servizi pubblici di nettezza urbana o ad un rivenditore contestualmente
allacquisto di un bene durevole di tipologia equivalente. Non sono
tenuti a versare la cauzione gli acquirenti che, contestualmente allacquisto,
provvedano alla restituzione al venditore di un bene durevole di tipologia
equivalente o documentino lavvenuta restituzione dello stesso alle
imprese o ai centri di raccolta di cui al comma 1.
5. In fase di prima applicazione i beni durevoli di cui al comma 1, sottoposti
alle disposizioni del presente articolo, sono:
a) frigoriferi, surgelatori e congelatori;
b) televisori;
c) computer;
d) lavatrici e lavastoviglie;
e) condizionatori daria.
(1) Le parole da: «Ai medesimi fini ...», fino a: «...
del presente decreto.» sono state aggiunte dallart. 1, comma
15, della L. 9 dicembre 1998, n. 426.
(2) Questa norma disciplina i beni durevoli per uso domestico, stabilendo
che quando hanno esaurito la loro durata operativa devono essere consegnati
ad un rivenditore autorizzato in sede di acquisto di un bene nuovo equivalente,
oppure devono essere conferiti alle imprese pubbliche o private che gestiscono
la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti urbani o agli appositi centri di
raccolta che vengono individuati dallo stesso articolo; consegna da effettuarsi
a cura del detentore dei beni in questione.
La violazione dellobbligo è soggetta a una sanzione amministrativa
(art. 50, primo comma).
Il quinto comma dello stesso articolo 44 traccia una prima individuazione
dei beni durevoli, e comprende in detta categoria i frigoriferi (compresi
surgelatori e congelatori), i televisori, i computers, le lavatrici e le
lavastoviglie e infine i condizionatori daria.
La categoria in questione appare opportunamente delineata dalla norma in
quanto vigente il pregresso D.P.R. 915/82 qualche problema di collocazione
sistematica si era posto in ordine agli stessi beni.
A questo punto appare evidente, e senza ombra di dubbio, che gli elettrodomestici
in questione hanno un percorso obbligato ben individuato allor quando la
loro operatività funzionale è cessata e viene stabilito con
chiarezza che il detentore può scegliere esclusivamente le due strade
indicate dalla norma.
Art. 45 (Rifiuti sanitari)
1. Il deposito temporaneo presso il luogo di produzione di rifiuti
sanitari pericolosi deve essere effettuato in condizioni tali da non causare
alterazioni che comportino rischi per la salute e può avere una durata
massima di cinque giorni. Per quantitativi non superiori a duecento litri
detto deposito temporaneo può raggiungere i trenta giorni, alle predette
condizioni.
2. Al direttore o responsabile sanitario della struttura pubblica o privata
compete la sorveglianza ed il rispetto della disposizione di cui al comma
1, fino al conferimento dei rifiuti alloperatore autorizzato al trasporto
verso limpianto di smaltimento.
3. I rifiuti di cui al comma 1 devono essere smaltiti mediante termodistruzione
presso impianti autorizzati ai sensi del presente decreto. Qualora il numero
degli impianti per lo smaltimento mediante termodistruzione non risulti
adeguato al fabbisogno, il Presidente della Regione, dintesa con il
Ministro della sanità ed il Ministro dellambiente, può
autorizzare lo smaltimento dei rifiuti di cui al comma 1 anche in discarica
controllata previa sterilizzazione. Ai fini dellacquisizione dellintesa,
i Ministri competenti si pronunciano entro novanta giorni.
4. Con decreto del Ministro dellambiente, di concerto con il Ministro
della sanità, sentita la Conferenza tra lo Stato, le Regioni e le
Province autonome, sono:
a) definite le norme tecniche di raccolta, disinfezione, sterilizzazione,
trasporto, recupero e smaltimento dei rifiuti sanitari pericolosi;
b) individuati i rifiuti di cui allarticolo 7, comma 2, lettera f)
e definite le norme tecniche per assicurare una corretta gestione degli
stessi;
c) individuate le frazioni di rifiuti sanitari assimilati agli urbani nonché
le eventuali ulteriori categorie di rifiuti sanitari che richiedono particolari
sistemi di smaltimento.
5. La sterilizzazione dei rifiuti sanitari pericolosi effettuata al di fuori
della struttura sanitaria che li ha prodotti è sottoposta alle procedure
autorizzative di cui agli articoli 27 e 28. In tal caso al responsabile
dellimpianto compete la certificazione di avvenuta sterilizzazione.
(1) Si vedano il D.M. 26 giugno 2000, n. 219 e lart. 24 della L. 31
luglio 2002, n. 179.
Art. 46 (Veicoli a motore e rimorchi)
1. Il proprietario di un veicolo a motore o di un rimorchio che intenda
procedere alla demolizione dello stesso deve consegnarlo ad un centro di
raccolta per la messa in sicurezza, la demolizione, il recupero dei materiali
e la rottamazione, autorizzato ai sensi degli articoli 27 e 28. Tali centri
di raccolta possono ricevere anche rifiuti costituiti da parti di veicoli
a motore.
2. Il proprietario di un veicolo a motore o di un rimorchio destinato alla
demolizione può altresì consegnarlo ai concessionari o alle
succursali delle case costruttrici per la consegna successiva ai centri
di cui al comma 1 qualora intenda cedere il predetto veicolo o rimorchio
per acquistarne un altro.
3. I veicoli a motore o rimorchi rinvenuti da organi pubblici o non reclamati
dai proprietari e quelli acquisiti per occupazione ai sensi degli articoli
927-929 e 923 del codice civile, sono conferiti ai centri di raccolta di
cui al comma 1 nei casi e con le procedure determinate con decreto del Ministro
dellinterno, di concerto con il Ministro del tesoro, dellambiente
e dellindustria, del commercio e dellartigianato e dei trasporti
e della navigazione.
4. I centri di raccolta ovvero i concessionari o le succursali rilasciano
al proprietario del veicolo o del rimorchio consegnato per la demolizione
un certificato dal quale deve risultare la data della consegna, gli estremi
dellautorizzazione del centro, le generalità del proprietario
e gli estremi di identificazione del veicolo, nonché lassunzione
da parte del gestore del centro stesso ovvero del concessionario o del titolare
della succursale dellimpegno a provvedere direttamente alle pratiche
di cancellazione dal Pubblico Registro Automobilistico (PRA).
5. Dal 30 giugno 1998 la cancellazione dal Pubblico registro automobilistico
(PRA) dei veicoli e dei rimorchi avviati a demolizione avviene esclusivamente
a cura del titolare del centro di raccolta o del concessionario o del titolare
della succursale senza oneri di agenzia a carico del proprietario del veicolo
o del rimorchio. A tal fine, entro sessanta giorni dalla consegna del veicolo
e del rimorchio da parte del proprietario, il titolare del centro di raccolta,
il concessionario o il titolare della succursale della casa costruttrice
deve comunicare lavvenuta consegna per la demolizione del veicolo
e consegnare il certificato di proprietà, la carta di circolazione
e le targhe al competente ufficio del PRA che provvede ai sensi e per gli
effetti dellarticolo 103, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile
1992, n. 285.
6. Il possesso del certificato di cui al comma 4 libera il proprietario
del veicolo dalla responsabilità civile, penale e amministrativa
connessa con la proprietà dello stesso.
6 bis. I gestori di centri di raccolta, i concessionari e i gestori delle
succursali delle case costruttrici di cui ai commi 1 e 2 non possono alienare,
smontare o distruggere i veicoli a motore e i rimorchi da avviare allo smontaggio
ed alla successiva riduzione in rottami senza aver prima adempiuto ai compiti
di cui al comma 5.
6 ter. Gli estremi della ricevuta dellavvenuta denuncia e consegna
delle targhe e dei documenti agli uffici competenti devono essere annotati
sullapposito registro di entrata e di uscita dei veicoli da tenersi
secondo le norme del regolamento di cui al decreto legislativo 30 aprile
1992, n. 285.
6 quater . Agli stessi obblighi di cui al comma 6 bis e 6 ter sono soggetti
i responsabili dei centri di raccolta o altri luoghi di custodia dei veicoli
rimossi ai sensi dellarticolo 159 del decreto legislativo 30 aprile
1992, n. 285, nel caso di demolizione del veicolo ai sensi dellarticolo
215, comma 4, del predetto decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.
6 quinquies. Allarticolo 103, comma 1, del decreto legislativo 30
aprile 1992, n. 285, le parole : «la distruzione, la demolizione»
sono sostituite dalle parole: «la cessazione della circolazione di
veicoli a motore e di rimorchi non avviati alla demolizione».
7. È consentito il commercio delle parti di ricambio recuperate dalla
demolizione dei veicoli a motore ad esclusione di quelle che abbiano attinenza
con la sicurezza dei veicoli.
8. Le parti di ricambio attinenti la sicurezza dei veicoli sono cedute solo
agli iscritti alle imprese esercenti attività di autoriparazione,
di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 122, e sono utilizzate e sottoposte
alle operazioni di revisione singola previste dallarticolo 80 del
decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.
9. Lutilizzazione delle parti di ricambio di cui ai commi 7 e 8 da
parte delle imprese esercenti attività di autoriparazione deve risultare
dalle fatture rilasciate al cliente.
10. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto,
il Ministro dellambiente, di concerto con i Ministri dellindustria,
del commercio e dellartigianato e dei trasporti e della navigazione
emana le norme tecniche relative alle caratteristiche degli impianti di
demolizione, alle operazioni di messa in sicurezza e allindividuazione
delle parti di ricambio attinenti la sicurezza di cui al comma 8.
Art. 47 (Consorzio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi
vegetali ed animali esausti)
1. È istituito il Consorzio obbligatorio nazionale di raccolta
e trattamento degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti, al quale
è attribuita la personalità giuridica di diritto privato.
2. Il Consorzio non ha scopo di lucro ed è regolato da uno statuto
approvato con decreto del Ministro dellambiente, di concerto con il
Ministro dellindustria, del commercio e dellartigianato, entro
180 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
3. Il Consorzio:
a) assicura la raccolta, il trasporto, lo stoccaggio, il trattamento ed
il riutilizzo degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti;
b) assicura, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di inquinamento,
lo smaltimento di oli e grassi vegetali e animali esausti raccolti dei quali
non sia possibile o conveniente la rigenerazione;
c) promuove lo svolgimento di indagini di mercato e di studi di settore
al fine di migliorare, economicamente e tecnicamente, il ciclo di raccolta,
trasporto, stoccaggio, trattamento e riutilizzo degli oli e grassi vegetali
e animali esausti.
4. Le deliberazioni degli organi del Consorzio, adottate in relazione agli
scopi del presente decreto ed a norma dello statuto, sono vincolanti per
tutte le imprese partecipanti.
5. Partecipano al Consorzio:
a) le imprese che producono, importano o detengono oli e grassi vegetali
ed animali, esausti;
b) le imprese che riciclano e recuperano oli e grassi vegetali e animali
esausti;
c) le associazioni nazionali di categoria delle imprese che effettuano la
raccolta, il trasporto e lo stoccaggio di oli e grassi vegetali e animali
esausti.
6. Le quote di partecipazione al Consorzio sono determinate in base al rapporto
tra la capacità produttiva di ciascun consorziato e la capacità
produttiva complessivamente sviluppata da tutti i consorziati appartenenti
alla medesima categoria.
7. La determinazione e lassegnazione delle quote compete al consiglio
di amministrazione del Consorzio che vi provvede annualmente secondo quanto
stabilito dallo statuto.
8. Nel caso di incapacità o di impossibilità di adempiere,
per mezzo delle stesse imprese e aziende consorziate, agli obblighi di raccolta,
trasporto, stoccaggio, trattamento e riutilizzo degli oli e dei grassi vegetali
e animali esausti stabiliti dal presente decreto, il Consorzio può
nei limiti e nei modi determinati dallo Statuto, stipulare con le imprese
pubbliche e private contratti per lassolvimento degli obblighi medesimi.
9. Le risorse finanziarie del Consorzio sono costituite:
a) dai proventi delle attività svolte dal Consorzio;
b) dalla gestione patrimoniale del fondo consortile;
c) dalle quote consortili;
d) da contributi di riciclaggio a carico dei produttori e degli importatori
di oli e grassi vegetali e animali per uso alimentare destinati al mercato
interno, determinati annualmente, per garantire lequilibrio di gestione
del Consorzio, con decreto del Ministro dellambiente, di concerto
con il Ministro dellindustria, del commercio e dellartigianato.
10. Il Consorzio deve trasmettere annualmente al Ministro dellambiente
e al Ministro dellindustria, del commercio e dellartigianato
il bilancio preventivo e consuntivo entro sessanta giorni dalla loro approvazione,
unitariamente ad una relazione tecnica sullattività complessiva
sviluppata dallo stesso Consorzio e dai singoli consorziati.
11. A decorrere dalla data di scadenza del termine di novanta giorni dalla
data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto di approvazione
dello Statuto di cui al comma 2, chiunque, in ragione della propria attività,
detiene oli e grassi vegetali e animali esausti è obbligato a conferirli
al Consorzio direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati del
Consorzio.
12. Chiunque, in ragione della propria attività ed in attesa del
conferimento al Consorzio, detenga oli e grassi animali e vegetali esausti,
è obbligato a stoccare gli stessi in apposito contenitore conforme
alle disposizioni vigenti in materia di smaltimento.
Art. 48 (Consorzio per il riciclaggio di rifiuti di beni in polietilene)
1. Al fine di ridurre il flusso dei rifiuti di polietilene destinati allo
smaltimento è istituito il Consorzio per il riciclaggio dei rifiuti
di beni in polietilene, esclusi gli imballaggi di cui allarticolo
35, comma 1, lettere a), b), c) e d), i beni di cui allarticolo 44
e i rifiuti di cui agli articoli 45 e 46 (1).
2. Al Consorzio partecipano:
a) i produttori e gli importatori di beni in polietilene;
b) i trasformatori di beni in polietilene;
c) le associazioni nazionali di categoria rappresentative delle imprese
che effettuano la raccolta, il trasporto e lo stoccaggio dei rifiuti di
beni in polietilene;
d) le imprese che riciclano e recuperano rifiuti di beni in polietilene.
3. Il Consorzio si propone come obiettivo primario di favorire il ritiro
dei beni a base di polietilene al termine del ciclo di utilità per
avviarli ad attività di riciclaggio e di recupero. A tal fine il
Consorzio:
a) promuove la gestione del flusso dei beni a base di polietilene;
b) assicura la raccolta, il riciclaggio e le altre forme di recupero dei
rifiuti di beni in polietilene;
c) promuove la valorizzazione delle frazioni di polietilene non riutilizzabili;
d) promuove linformazione degli utenti, intesa a ridurre il consumo
dei materiali ed a favorire forme corrette di raccolta e di smaltimento;
e) assicura leliminazione dei rifiuti di beni in polietilene nel caso
in cui non sia possibile o economicamente conveniente il riciclaggio, nel
rispetto delle disposizioni contro linquinamento.
4. Nella distribuzione dei prodotti dei consorziati il Consorzio può
ricorrere a forme di deposito cauzionale.
5. I mezzi finanziari per il funzionamento del Consorzio sono costituiti:
a) dai proventi delle attività svolte dal consorzio;
b) dai contributi dei soggetti partecipanti;
c) dalla gestione patrimoniale del fondo consortile.
6. Le deliberazioni degli organi del consorzio, adottate in relazione agli
scopi del presente decreto ed a norma dello statuto, sono vincolanti per
tutti i soggetti partecipanti.
7. Il Ministro dellambiente di concerto con il Ministro dellindustria,
del commercio e dellartigianato determina ogni due anni con proprio
decreto gli obiettivi minimi di riciclaggio, e in caso di mancato raggiungimento
dei predetti obiettivi può stabilire un contributo percentuale di
riciclaggio da applicarsi sullimporto netto delle fatture emesse dalle
imprese produttrici ed importatrici di materia prima per forniture destinate
alla produzione di beni di polietilene per il mercato interno.
8. Il Consorzio ha personalità giuridica di diritto privato, non
ha scopo di lucro ed è retto da uno Statuto approvato con decreto
del Ministro dellambiente di concerto con il Ministro dellindustria,
del commercio e dellartigianato.
9. A decorrere dalla data di scadenza del termine di novanta giorni dalla
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto di approvazione dello
Statuto di cui al comma 8, chiunque, in ragione della propria attività,
detiene rifiuti di beni in polietilene è obbligato a conferirli al
consorzio direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati dal consorzio.
(1) Comma così modificato dallart. 1, comma 22, della L. 9
dicembre 1998, n. 426.
TITOLO IV
TARIFFA PER LA GESTIONE
DEI RIFIUTI URBANI
Art. 49 (Istituzione della tariffa)
1. La tassa per lo smaltimento dei rifiuti di cui alla sezione II
del Capo XVIII del titolo III del testo unico della finanza locale, approvato
con Regio Decreto 14 settembre 1931, n. 1175, come sostituito dallarticolo
21 del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915,
ed al capo III del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, è
soppressa a decorrere dai termini previsti dal regime transitorio, disciplinato
dal regolamento di cui al comma 5, entro i quali i comuni devono provvedere
alla integrale copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti
urbani attraverso la tariffa di cui al comma 2 (1).
1 bis. Resta, comunque, ferma la possibilità, in via sperimentale,
per i comuni di deliberare lapplicazione della tariffa ai sensi del
comma 16 (2).
2. I costi per i servizi relativi alla gestione dei rifiuti urbani e dei
rifiuti di qualunque natura o provenienza giacenti sulle strade ed aree
pubbliche e soggette ad uso pubblico, sono coperti dai Comuni mediante listituzione
di una tariffa.
3. La tariffa deve essere applicata nei confronti di chiunque occupi oppure
conduca locali, o aree scoperte ad uso privato non costituenti accessorio
o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle
zone del territorio comunale.
4. La tariffa è composta da una quota determinata in relazione alle
componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli
investimenti per le opere ed ai relativi ammortamenti, e da una quota rapportata
alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito, e allentità
dei costi di gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale
dei costi di investimento e di esercizio.
4 bis. A decorrere dallesercizio finanziario che precede i due anni
dallentrata in vigore della tariffa, i comuni sono tenuti ad approvare
e a presentare allOsservatorio nazionale sui rifiuti il piano finanziario
e la relazione di cui allarticolo 8 del decreto del Presidente della
Repubblica 27 aprile 1999, n. 158 (3).
5. Il Ministro dellambiente di concerto con il Ministro dellIndustria,
del Commercio e dellArtigianato, sentita la Conferenza permanente
per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento
e Bolzano elabora un metodo normalizzato per definire le componenti dei
costi e determinare la tariffa di riferimento, prevedendo disposizioni transitorie
per garantire la graduale applicazione del metodo normalizzato e della tariffa
ed il graduale raggiungimento dellintegrale copertura dei costi del
servizio di gestione dei rifiuti urbani da parte dei comuni.
6. La tariffa di riferimento è articolata per fasce di utenza e territoriali.
7. La tariffa di riferimento costituisce la base per la determinazione della
tariffa nonché per orientare e graduare nel tempo gli adeguamenti
tariffari derivanti dallapplicazione del presente decreto.
8. La tariffa è determinata dagli enti locali, anche in relazione
al piano finanziario degli interventi relativi al servizio.
9. La tariffa è applicata dai soggetti gestori nel rispetto della
convenzione e del relativo disciplinare.
10. Nella modulazione della tariffa sono assicurate agevolazioni per le
utenze domestiche e per la raccolta differenziata delle frazioni umide e
delle altre frazioni, ad eccezione della raccolta differenziata dei rifiuti
di imballaggio che resta a carico dei produttori e degli utilizzatori. È
altresì assicurata la gradualità degli adeguamenti derivanti
dallapplicazione del presente decreto.
11. Per le successive determinazioni della tariffa si tiene conto degli
obiettivi di miglioramento della produttività e della qualità
del servizio fornito e del tasso di inflazione programmato.
12. Leventuale modulazione della tariffa, tiene conto degli investimenti
effettuati dai comuni che risultino utili ai fini dellorganizzazione
del servizio.
13. La tariffa è riscossa dal soggetto che gestisce il servizio.
14. Sulla tariffa è applicato un coefficiente di riduzione proporzionale
alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di
aver avviato al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che
effettua lattività di recupero dei rifiuti stessi.
15. La riscossione volontaria e coattiva della tariffa può essere
effettuata con lobbligo del non riscosso per riscosso, tramite ruolo
secondo le disposizioni del decreto del presidente della Repubblica 29 settembre
1973, n. 602, e del decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1988,
n. 43.
16. In via sperimentale i Comuni possono attivare il sistema tariffario
anche prima del termine di cui al comma 1.
17. È fatta salva lapplicazione del tributo ambientale di cui
allarticolo 19 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504.
(1) Le parole: «dal 1° gennaio 2000» sono state così
sostituite dalle attuali da: «dai termini previsti ...» fino
a: «... tariffa di cui al comma 2» dallart. 33, comma
1, della L. 23 dicembre 1999, n. 488.
(2) Questo comma è stato inserito dallart. 33, comma 2, della
L. 23 dicembre 1999, n. 488.
(3) Questo comma è stato inserito dallart. 33, comma 3, della
L. 23 dicembre 1999, n. 488.
(4) A norma dellart. 1, comma 7, del D.L. 27 dicembre 2000, n. 392,
convertito, con modificazioni, nella L. 28 febbraio 2001, n. 26, sino allanno
precedente allapplicazione della tariffa del servizio di gestione
del ciclo dei rifiuti urbani di cui allart. 49 del decreto legislativo
5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni, continuano ad applicarsi
le disposizioni di cui allart. 31, commi 7 e 23, della legge 23 dicembre
1998, n. 448.
TITOLO V
SISTEMA SANZIONATORIO E DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI (3)
CAPO I
SANZIONI
Art. 50 (Abbandono di rifiuti)
1. Fatto salvo quanto disposto dallarticolo 51, comma 2, chiunque,
in violazione dei divieti di cui agli articoli 14, commi 1 e 2, 43, comma
2, 44, comma 1, e 46, commi 1 e 2 abbandona o deposita rifiuti ovvero li
immette nelle acque superficiali o sotterranee è punito con la sanzione
amministrativa pecuniaria da euro 103 a euro 619. Se labbandono di
rifiuti sul suolo riguarda rifiuti non pericolosi e non ingombranti si applica
la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 25 a euro 154.
1 bis. Il titolare del centro di raccolta, il concessionario o il titolare
della succursale della casa costruttrice, che viola le disposizioni di cui
allarticolo 46, comma 5, è punito con la sanzione amministrativa
pecuniaria da euro 258 a euro 1.549.
2. Chiunque non ottempera allordinanza del Sindaco, di cui allarticolo
14, comma 3, o non adempie allobbligo di cui agli articoli 9, comma
3, è punito con la pena dellarresto fino ad un anno. Con la
sentenza di condanna per tali contravvenzioni, o con la decisione emessa
ai sensi dellarticolo 444 del codice di procedura penale, il beneficio
della sospensione condizionale della pena può essere subordinato
allesecuzione di quanto stabilito nellordinanza o nellobbligo
non eseguiti.
(1) Per un approfondimento dei concetti sanzionatori riportati in questo
articolo rinviamo alla nota in calce allart. 14 del decreto ove largomento
è trattato in modo completo.
Vogliamo qui soltanto ricordare che il sistema sanzionatorio per labbandono
dei rifiuti è articolato nel seguente modo: per i privati che violano
detto duplice divieto è prevista una sanzione amministrativa in base
allarticolo 50 primo comma. Se invece il divieto in questione è
violata dai titolari di imprese ed enti scatta una sanzione penale in base
allarticolo 51 secondo comma (é prevista una duplicità
di ipotesi a seconda che si tratti di rifiuti pericolosi o non pericolosi).
Inoltre, e questo va sottolineato, il terzo comma dellarticolo 14
prevede, fatta salva lapplicabilità delle norme repressive,
anche un principio propositivo e infatti il soggetto responsabile delle
predette violazioni è tenuto a procedere alla rimozione, allavvio
al recupero o allo smaltimento dei rifiuti e al ripristino dello stato di
luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o
personale di godimento sullarea della quale detta violazione sia imputazione
a titolo di dolo o colpa.
È importante detta previsione per un duplice aspetto. In primo luogo
perché in coerenza con il principio base trasversale fin qui esposto
stabilisce lobbligo coattivo di rimozione e ripristino dello stato
dei luoghi a carico del contravventore. Ma tale obbligo è ben specificato
in quanto vigente il D.P.R. 915/82 è stato sempre dibattuto il concetto
del confine della responsabilità del titolare del terreno in ordine
allabbandono di rifiuti sul proprio sito.
Oggi il principio è stato meglio specificato, e quindi abbiamo una
responsabilità di colui che opera labbandono-riversamento di
rifiuti in solido non solo con il proprietario ma con i titolari di diritti
reali o personali di godimento sullarea stessa; tuttavia, questa è
una precisazione doverosa ed opportuna, la violazione deve essere logicamente
imputabile come dolo o come colpa.
Dunque in caso di riversamento ripetuto di rifiuti su un sito da parte di
terzi ignoti, il proprietario o comunque titolare in uso di fatto del terreno
non può essere chiamato a rispondere della fattispecie di abbandono-deposito
incontrollato di rifiuti sulla propria area se non viene individuato a suo
carico lelemento soggettivo del dolo o della colpa. Conseguentemente
lo stesso soggetto non può essere destinatario di ordinanza sindacale
di rimozione e rimessione in pristino ex art. 14 e 50 D.L.vo n. 22/97 con
sanzione penale in caso di inosservanza. In antitesi, si tratterebbe di
caso di responsabilità oggettiva.
Il proprietario o comunque titolare in uso di fatto del terreno può
essere destinatario in tal caso della ordinanza sindacale emessa secondo
i principi generali extra D.L.vo n. 22/97 e sarà semmai parte lesa
nel procedimento a carico dei terzi autori del fatto ove individuati.
La procedura infatti è abbastanza chiara: il sindaco emette una ordinanza
specifica diretta verso il responsabile (in solido con i soggetti sopra
menzionati obbligati alla rimozione e al ripristino dello stato dei luoghi)
e costoro debbono provvedere allattuazione. In caso di omessa ottemperanza
per lordinanza, e questo è altro punto che va sottolineato,
è prevista una sanzione penale dallart. 50, secondo comma (arresto
fino ad un anno) per chi non esegue quanto stabilito in detta ordinanza.
Con la sentenza di condanna (sia ordinaria che di patteggiamento) il beneficio
della sospensione condizionale della pena può essere subordinato
alla esecuzione di quanto stabilito nellordinanza e/o contenuto sostanzialmente
nellobbligo stesso non attuato.
In ordine allinciso della responsabilità solidale tra
soggetto autore dellabbandono o deposito incontrollato e proprietario
e titolare di diritti reali o personali di godimento sullarea, ai
quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o di colpa, va naturalmente
sottolineato che lonere della prova ricade sullorgano di vigilanza
e non potrà mai trattarsi in tali casi di responsabilità oggettiva
o formale.
In altre parole, non basta verificare a livello meramente catastale (o di
informazioni di altro tipo) che quellabbandono o quel deposito incontrollato
è stato effettuato sul terreno di proprietà di un soggetto
o che altro soggetto sia titolare di diritti reali o personali di godimento
su quellarea per farlo soggiacere automaticamente alla sanzione amministrativa
per il caso di abbandono o deposito operato da un privato o denunciarlo
penalmente nel caso di abbandono o deposito effettuato da titolare di impresa
o ente. Infatti, la specifica posizione del proprietario o titolare di diritti
sullarea va esaminata in modo più approfondito, giacché
la norma correttamente ed espressamente prevede che a suo carico lorgano
di vigilanza riscontri il dolo o la colpa. Dunque, la semplice titolarità
dellarea non equivale a responsabilità oggettiva, né
a livello amministrativo né, a maggior ragione, a livello penale.
Si dovrà infatti verificare caso per caso se quel proprietario o
titolare di diritti sullarea aveva in qualche modo espressamente e
volontariamente autorizzato labbandono e il deposito incontrollato
(dolo) oppure se, in ipotesi, a suo carico possa riscontrarsi una qualche
forma di imprudenza, imperizia, negligenza operativa attiva o passiva tale
da determinare una colpa in senso penale (naturalmente è rilevante
anche la colpa omissiva nella mancata vigilanza attiva o segnalazione tempestiva
alle autorità di un fatto nel quale egli non ha avuto un ruolo di
concorso, ma che ha passivamente e quindi colpevolmente tollerato per un
certo periodo di tempo).
Se non sussiste la dimostrazione del dolo o della colpa, secondo i principi
generali dellordinamento, il proprietario o il responsabile dellarea
non può essere chiamato a rispondere di tale sistema sanzionatorio.
Va ribadito e sottolineato che lonere della prova, in questo come
del resto in tutti gli altri casi, non può essere invertito e dunque
ricade sullorgano di vigilanza lincombenza di dimostrare questa
sussistenza di elemento soggettivo a carico di tali figure.
Va ancora rilevato, a livello squisitamente di prassi di principio, che
lorgano di vigilanza non deve naturalmente limitarsi ad attivare la
procedura per lirrogazione della sanzione amministrativa (caso di
soggetto privato) o ad inoltrare la comunicazione di notizia di reato al
Pubblico Ministero (caso di responsabile di ente o impresa) ma deve contestualmente,
con atto separato a parte, informare il sindaco del luogo ove è ubicato
il sito di quanto accaduto fornendo sia gli estremi del fatto che, soprattutto,
le generalità del soggetto individuato come responsabile e, soprattutto,
gli elementi soggettivi rilevati a suo carico (seppur, almeno, in via logico-induttiva).
Infatti il sindaco deve essere messo in condizione conoscitiva formale per
poter poi immediatamente redigere lordinanza prevista dalla legge.
Quindi linformativa che lorgano di vigilanza (anche se di polizia
giudiziaria, e non puramente di vigilanza amministrativa) dovrà inviare
al sindaco, assume primaria importanza in questo senso e non va sottovalutata,
giacché senza detta informativa il sindaco non ha conoscenza del
fatto e quindi non potrà emettere lordinanza.
Va sottolineato che se, in ipotesi, larea risultasse priva di recinzione
non può certo ravvisarsi colpa a carico del proprietario che non
recinta il proprio terreno. Contrariamente a qualche fantasia amministrativa
antitetica sul punto, va evidenziato che nessun proprietario è obbligato
a recintare e/o blindare in qualche modo la propria area onde prevenire
episodi simili e/o connessi; al contrario, è onere della pubblica
amministrazione esercitare, attraverso la vigilanza territoriale, garantire
al privato il rispetto e la tutela delle proprie cose private, ivi incluse
le aree private, da ogni forma di invasione, manomissione, danno ed illecito
di ogni tipo. Dunque deve essere la P.A. a garantire la preservazione dei
terreni privati (per i quali non sussiste, in via logica e ragionevole prima
ancora che giuridica) nessun obbligo di recinzione, da ogni forma di riversamento
illecito di rifiuti. Semmai la minima accezione di culpa in vigilando può
ravvisarsi nel comportamento del titolare dellarea che, notato il
riversamento di terzi estranei, non denunci subito il fatto allautorità
ponendola in condizione di esercitare i controlli preventivi/repressivi
del caso (ma nel caso di specie la ricorrente, essendo non residente né
domiciliata in zona, non aveva neppure tale conoscenza dei fatti).
Art. 51 (Attività di gestione di rifiuti non autorizzata)
1. Chiunque effettua unattività di raccolta, trasporto, recupero,
smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti, in mancanza della
prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli
27, 28, 29, 30, 31, 32 e 33 è punito:
a) con la pena dellarresto da tre mesi ad un anno o con lammenda
da euro 2.582 a euro 25.822 se si tratta di rifiuti non pericolosi;
b) con la pena dellarresto da sei mesi a due anni e con lammenda
da euro 2.582 a euro 25.822 se si tratta di rifiuti pericolosi.
2. Le pene di cui al comma 1 si applicano ai titolari di imprese ed ai responsabili
di enti che abbandonano o depositano in modo incontrollato rifiuti (1) ovvero
li immettono nelle acque superficiali o sotterranee in violazione del divieto
di cui allarticolo 14, commi 1 e 2 (2).
3. Chiunque realizza o gestisce una discarica non autorizzata è punito
con la pena dellarresto da sei mesi a due anni e con lammenda
da euro 2.582 a euro 25.822. Si applica la pena dellarresto da uno
a tre anni e dellammenda da euro 5.164 a euro 51.645 se la discarica
è destinata, anche in parte, allo smaltimento di rifiuti pericolosi.
Alla sentenza di condanna o alla decisione emessa ai sensi dellarticolo
444 del codice di procedura penale consegue la confisca dellarea sulla
quale è realizzata la discarica abusiva se di proprietà dellautore
o del compartecipe al reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica o di ripristino
dello stato dei luoghi (6).
4. Le pene di cui ai commi 1, 2 e 3 sono ridotte della metà nelle
ipotesi di inosservanza delle prescrizioni contenute o richiamate nelle
autorizzazioni nonché nelle ipotesi di inosservanza dei requisiti
e delle condizioni richiesti dalle iscrizioni o comunicazioni.
5. Chiunque, in violazione del divieto di cui allarticolo 9, effettua
attività non consentite di miscelazione di rifiuti, è punito
con la pena di cui al comma 1, lettera b).
6. Chiunque effettua il deposito temporaneo presso il luogo di produzione
di rifiuti sanitari pericolosi, con violazione delle prescrizioni di cui
allarticolo 45, è punito con la pena dellarresto da tre
mesi ad un anno o con la pena dellammenda da euro 2.582 a euro 25.822.
Si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2.582 a euro 15.493
per i quantitativi non superiori a duecento litri.
6 bis. Chiunque viola gli obblighi di cui agli articoli 46, commi 6 bis,
6 ter e 6 quater, 47, commi 11 e 12, e 48, comma 9 (3), è punito
con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 258 a euro 1.549.
6 ter. I soggetti di cui allarticolo 48, comma 2, che non adempiono
allobbligo di partecipazione ivi previsto entro novanta giorni (5)
dalla data di entrata in vigore della presente disposizione sono puniti:
a) nelle ipotesi di cui alla lettera a) del comma 2 dellarticolo 48,
con la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 25 per tonnellata di beni
in polietilene importati o prodotti ed immessi sul mercato interno;
b) nelle ipotesi di cui alla lettera b) del comma 2 dellarticolo 48,
con la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 5 per tonnellata di beni
in polietilene importati o prodotti ed immessi sul mercato interno;
c) nelle ipotesi di cui alle lettere c) e d) del comma 2 dellarticolo
48, con la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 0,052 per tonnellata
di rifiuti di beni in polietilene (4).
6 quater. Le sanzioni di cui al comma 6 ter sono ridotte della metà
nel caso di adesione effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza
del termine di cui allalinea del medesimo comma 6 ter (4).
6 quinquies. I soggetti di cui allarticolo 48, comma 2, sono tenuti
a versare un contributo annuo superiore a euro 51,65. In caso di omesso
versamento di tale contributo essi sono puniti:
a) nelle ipotesi di cui alla lettera a) del comma 2 dellarticolo 48,
con la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 25 per tonnellata di beni
in polietilene importati o prodotti ed immessi sul mercato interno;
b) nelle ipotesi di cui alla lettera b) del comma 2 dellarticolo 48,
con la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 5 per tonnellata di beni
in polietilene importati o prodotti ed immessi sul mercato interno;
c) nelle ipotesi di cui alle lettere c) e d) del comma 2 dellarticolo
48, con la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 0,052 per tonnellata
di rifiuti di beni in polietilene (4).
(1) Loriginaria parola: «propri», è stata soppressa
dallart. 1, comma 24, della L. 9 dicembre 1998, n. 426.
(2) Le originarie parole: «... ovvero effettuano attività di
gestione dei rifiuti senza le prescritte autorizzazioni, iscrizioni o comunicazioni
di cui agli articoli 27, 28, 29, 30, 31, 32 e 33», sono state soppresse
dallarticolo 1, comma 24, della L. 9 dicembre 1998, n. 426.
(3) Le originarie parole: «e 47, comma 12», sono state così
sostituite dallart. 4, comma 25, della L. 9 dicembre 1998, n. 426.
(4) Questo comma è stato aggiunto dallart. 10, comma 4, della
L. 23 marzo 2001, n. 93.
(5) Termine differito al 31 ottobre 2001, ai sensi dellart. 1, comma
2, del D.L. 16 luglio 2001, n. 286, convertito nella L. 20 agosto 2001,
n. 335.
(6) In ordine al concetto di realizzazione e gestione di una discarica,
possiamo sicuramente richiamare come ancora perfettamente attuali i principi
stabiliti dalla Corte di cassazione sotto la vigenza del vecchio D.P.R.
n. 915/1982, perché riteniamo che siano ancora perfettamente attuali.
Le sezioni unite della Suprema Corte con la sentenza 28 dicembre 1994 n.
12753 (Pres. Zucconi Galli Fonseca, Rel. Raimondi) hanno delineato con precisione
il concetto di realizzazione e gestione di discarica; si legge infatti nella
motivazione della sentenza che «(...) la realizzazione consiste nella
destinazione e allestimento a discarica di una data area, con la effettuazione,
di norma, delle opere a tal fine occorrenti: spianamento del terreno impiegato,
apertura dei relativi accessi, sistemazione, perimetrazione, recinzione,
ecc. Tale ipotesi, per la sua struttura, ricorda da vicino il reato di costruzione
abusiva, che è permanente fino allultimazione dellopera.
Dopodiché diventa ad effetti permanenti. La seconda ipotesi, di gestione
di discarica senza autorizzazione, presuppone lapprestamento di unarea
per raccogliervi i rifiuti e consiste nellattivazione di una organizzazione,
articolata o rudimentale non importa, di persone, cose e/o macchine (come,
ad esempio, quelle per il compattamento dei rifiuti) diretta al funzionamento
della discarica. Il reato è permanente per tutto il tempo in cui
lorganizzazione è presente e attiva. Essendo esso centrato
sulla gestione, non importa se per un intervallo, non vengano scaricati
rifiuti nellarea di discarica a causa di una circostanza contingente
(...)».
Infatti, per la realizzazione di una discarica abusiva occorre unattività
sistematica, reiterata e ripetuta nel tempo attraverso una serie di azioni
logico-operative e soggettive tali da integrare appunto una fattispecie
tesa a realizzare concretamente quel complesso sicuramente impegnativo stabile
e duraturo nel tempo che rappresenta il concetto di discarica.
Lo scarico occasionale di rifiuti, invece (leggi: abbandono), non può
certamente in se stesso e da solo essere scambiato con il concetto di realizzazione
di discarica, e questo anche se questo scarico occasionale avviene su quella
che in se stessa è già oggettivamente una discarica.
Chiariamoci in altri termini. In molti siti, specialmente nelle immediate
periferie delle città, ignoti hanno trasformato da tempo alcuni terreni
in discariche abusive di fatto e spesso capita che un ulteriore soggetto
viene trovato mentre getta un piccolo quantitativo di rifiuti suppletivo
su questo cumulo che in se stesso rappresenta oggettivamente (ed anche giuridicamente)
una discarica. A questo punto il dubbio che si era posto (e si pone ancora
oggi con la nuova normativa) è se detto ulteriore ed ultimo soggetto
possa essere chiamato a rispondere per questo gettito isolato di rifiuti
del reato di concorso in realizzazione di discarica abusiva o se invece,
debba essere esclusivamente sanzionato per labbandono isolato di rifiuti
sulla base dellattuale art. 14 del nuovo decreto legislativo.
Riteniamo che la seconda risposta sia certamente la più logica e
la più conforme al dettato di legge. Un soggetto che abbandona in
modo isolato ed occasionale dei rifiuti certamente risponde sempre e comunque
del sistema sanzionatorio in ordine allabbandono stesso; e questo
sia che labbandono avvenga su un terreno sgombero e pulito sia che,
in ipotesi, avvenga su un terreno che, da altri e senza alcun nesso di collegamento
causale ed operativo con la propria diretta attività, sia stato in
precedenza trasformato di fatto in una discarica abusiva.
Naturalmente, il soggetto risponderà di sanzione amministrativa se
privato, e di sanzione penale se titolare di ente o di impresa; ma questo
pur sempre nellambito del sistema sanzionatorio dellart. 14
in questione (e dunque art. 50, primo comma, nel primo caso, ed art. 51,
secondo comma, nel secondo caso).
Può sussistere un caso intermedio, laddove il soggetto colto nellatto
dellabbandono di rifiuti in realtà venga ad essere considerato
come il realizzatore di fatto della discarica stessa o comunque come un
attivo compartecipe; ma, in tal caso, lonere della prova di questa
ulteriore fattispecie oggettiva e soggettiva ricade sempre sullorgano
di vigilanza. In altre parole, sarà onere dellorgano di vigilanza
dimostrare che quello scarico (leggi: abbandono) di rifiuti per il quale
il soggetto viene colto sul fatto non è un abbandono isolato e geneticamente
avulso dalla pregressa realizzazione della discarica, ma costituisce in
realtà soltanto lultimo atto di una serie di atti di abbandono
omogenei pregressi che hanno, nella loro sinergia e consecuzione temporale,
realizzato o comunque fortemente contribuito a realizzare quella discarica
abusiva ubicata su quel sito.
Quindi, in ipotesi, per dirigerci su un caso concreto, se la discarica abusiva
è formata da materiali sostanzialmente omogenei di una certa tipologia
e di una certa individuabile provenienza oggettiva e soggettiva, non vi
è dubbio che il soggetto trovato a scaricare per lennesima
volta materiali qualitativamente e soggettivamente omogenei rispetto a quelli
dei quali è formata in tutto o in gran parte la discarica, può
essere chiamato a rispondere del reato di realizzazione di discarica (argomentando
che quellultimo scarico è di materiale oggettivamente omogeneo
e soggettivamente sinergico rispetto a tutti o sostanzialmente quasi tutti
o gran parte di altri scarichi precedenti che hanno realizzato in tutto
o sostanzialmente in gran parte la discarica abusiva).
In tal caso, lultimo scarico non sarà considerato un abbandono
isolato ex art. 14, D.L.vo n. 22/1997, ma verrà considerato come
la prova finale di unattività sistematica, reiterata e ripetuta
nel tempo che allesito ha portato alla realizzazione di discarica
abusiva.
Quindi, soltanto in questultimo caso a carico del soggetto colto sul
fatto nellatto dellabbandono potrà ricollegarsi non già
la più modesta sanzione dellabbandono ma denunciarlo per il
reato di realizzazione di discarica abusiva.
In tutti gli altri casi, qualunque soggetto, privato o titolare di impresa
o ente, che venga colto mentre abbandona o esegue un deposito incontrollato
di rifiuti sul suolo o un riversamento nelle acque deve essere perseguito
sulla scorta del sistema delineato dalla sinergia degli artt. 14, 50 e 51
del decreto legislativo.
Il sistema sanzionatorio per la discarica abusiva è disciplinato
dallart. 51, terzo comma del decreto legislativo; le pene sono piuttosto
severe perché chiunque realizza o gestisce una discarica non autorizzata
di rifiuti non pericolosi è punito con la pena dellarresto
da sei mesi a due anni e con lammenda da euro 2.582 a euro 25.822,
mentre in caso di rifiuti pericolosi la pena è da uno a tre anni
e lammenda è da euro 5.164 a euro 51.645.
Ma il punto essenziale è nella previsione in base alla quale sia
in caso di condanna ordinaria sia in caso di patteggiamento consegue la
confisca obbligatoria dellarea sulla quale è realizzata la
discarica abusiva e questo non solo se detta area è di proprietà
dellautore ma anche del compartecipe al reato. Ciò significa
peraltro che se la confisca è prevista a livello dibattimentale appare
automatico e inevitabile che il terreno giunga al processo in stato di sequestro
perché non si può confiscare un bene che non è sequestrato
in sede penale; ed ancora di conseguenza detta prassi rende obbligatorio
il sequestro di iniziativa da parte degli organi di polizia giudiziaria
appena il reato di discarica abusiva viene da loro accertato.
Si sottolinea comunque il rilevante effetto deterrente che detta norma può
rappresentare atteso che il responsabile del reato ed il suo compartecipe
(sottinteso al quale si deve addebitare il reato per dolo o colpa) vede
definitivamente sottratta alla propria disponibilità larea
ove sorge la discarica (e questo naturalmente anche se trattasi di area
interna a unazienda e non solo di terreno ordinario).
Unautorevole conferma del presente principio (da noi sostenuto fin
dalla prima edizione di questa pubblicazione) si registra in un documento
ufficiale della Commissione «Ecomafia» del Ministero dellambiente
presieduta dal Ministro Sen. Edo Ronchi.
La «Sottocommissione strategico-operativa» (coordinatore cons.
Maurizio Santoloci) nel documento finale elaborato durante la riunione del
22 ottobre 1997 sviluppa il tema della valorizzazione del sequestro operato
dalla p.g. e della successiva confisca obbligatoria in sede dibattimentale
delle aree adibite a discarica abusiva in caso di condanna ma anche in caso
di patteggiamento nel contesto del D.L.vo n. 22/1997. Si legge nel documento:
«. . . In primo luogo si richiama, per ciò che concerne il
sito di discarica, lo stesso identico discorso sopra tracciato per il veicolo
utilizzato per il trasporto (N.d.R. - vedi successivo paragrafo sul presente
testo in ordine alle sanzioni per il trasporto). E il danno economico è
in tal caso non meno pesante per il soggetto responsabile, anche considerando
che la norma non prevede certo differenze tra aree di campagne aperte, cave
oppure siti allinterno di aree aziendali o comunque private. Va inoltre
evidenziato che anche in tal caso il meccanismo della confisca scatta sia
nella condanna ordinaria che nel patteggiamento; identico discorso vale
per il sequestro immediato da parte della polizia giudiziaria . . .».
Va sottolineato come per la Commissone «Ecomafia» anche larea
interna aziendale è soggetta alla confisca di legge:
«. . . Si sottolinea che deve intedersi nel concetto di discarica
non soltanto lattività di interramento del rifiuto ma anche
lo stoccaggio comunque definitivo e duraturo in superficie o struttura di
superficie. E dunque ad esempio può essere sottoposto a preventivo
sequestro e successiva confisca anche il capannone eventualmente utilizzato
come discarica o sito di stoccaggio definitivo dei rifiuti (naturalmente
fatte salve le singole posizioni soggettive) . . . ».
Dunque per la Commissione (come da noi sostenuto su questo testo fin dalle
precedenti edizioni) anche il capannone destinato a contenere rifiuti in
modo permanente rientra nel concetto di discarica ed è conseguentemente
soggetto alla confisca di legge.
Si deve inoltre rilevare come per la Commissione la procedura per la bonifica
dei siti consegue in via obbligatoria alla pronuncia di condanna o patteggiamento
per la realizzazione-gestione di discarica abusiva:
« . . . Va inoltre sottolineato che a carico del soggetto responsabile,
al di là della condanna o del patteggiamento e della conseguente
obbligatoria confisca del sito, sarà comunque obbligatoria la bonifica
e il ripristino dello stato dei luoghi ex art. 17 decreto legislativo, con
sanzione penale in caso di inadempienza. In caso di inosservanza leventuale
condanna potrà vedere la sospensione condizionale della pena subordinata
allobbligo delleffettiva bonifica o ripristino, altrimenti scatterà
materialmente lesecuzione della pena anche detentiva (nelle more la
pubblica amministrazione provvederebbe alla bonifica e ripristino a spese
del responsabile prima della confisca definitiva dellarea) . . . ».
Infatti, la stessa norma precisa comunque che sono fatti salvi gli obblighi
di bonifica e di ripristino dello stato dei luoghi, al di là ed indipendentemente
dal sistema sanzionatorio sopra evidenziato che resta sempre valido.
La procedura, per la bonifica e il ripristino, è disciplinata dallart.
17 del decreto e sanzionata dallart. 51 bis con la pena dellarresto
da sei mesi ad un anno e con lammenda da euro 2.582 a euro 25.822;
si applica, invece, la pena dellarresto da un anno a due anni e la
pena dellammenda da euro 5.164 a euro 51.645 se linquinamento
è provocato da rifiuti pericolosi. In caso di condanna o di patteggiamento
per la violazione di detto obbligo la sospensione condizionale della pena
può essere subordinata allesecuzione pratica dellobbligo
stesso.
Il che significa, a livello pratico, che il soggetto responsabile della
realizzazione e/o gestione della discarica va incontro comunque alla sanzione
specifica per detta attività; e vedrà comunque confiscata
larea; ma in aggiunta deve in ogni caso bonificare e rimettere in
pristino larea stessa prima dellacquisizione definitiva al patrimonio
pubblico; se non ottempera a tale incombenza da un lato la pubblica amministrazione
provvederà a spese del soggetto responsabile in modo coattivo e lo
stesso soggetto responsabile andrà incontro a nuova condanna penale
successiva a quella già subita per la realizzazione e/o gestione
della discarica; ancora se in caso di tale seconda condanna il giudice subordina
la sospensione condizionale della pena allobbligo di bonificare e
ripulire larea e il soggetto (condannato o che ha patteggiato la pena)
non ottempera oltre alle conseguenze sopra evidenziate sconterà materialmente
la pena detentiva.
Art. 51 bis (Bonifica dei siti)
1. Chiunque cagiona linquinamento o un pericolo concreto ed attuale
di inquinamento, previsto dallarticolo 17, comma 2, è punito
con la pena dellarresto da sei mesi a un anno e con lammenda
da euro 2.582 a euro 25.822 se non provvede alla bonifica secondo il procedimento
di cui allarticolo 17. Si applica la pena dellarresto da un
anno a due anni e la pena dellammenda da euro 5.164 a euro 51.645
se linquinamento è provocato da rifiuti pericolosi. Con la
sentenza di condanna per la contravvenzione di cui al presente comma, o
con la decisione emessa ai sensi dellarticolo 444 del codice di procedura
penale, il beneficio della sospensione condizionale della pena può
essere subordinato alla esecuzione degli interventi di messa in sicurezza,
bonifica e ripristino ambientale (1).
(1) Lultimo periodo di questo comma è stato aggiunto dallart.
1, comma 25, della L. 9 dicembre 1998, n. 426.
(2) Per un approfondimento di tutto il tema delle bonifiche (anche in relazione
al sistema sanzionatorio) rinviamo alle introduzioni del presente capitolo
e del capitolo sulle Acque ove largomento è trattato in modo
completo.
Art. 52 (Violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri
obbligatori e dei formulari)
1. Chiunque non effettua la comunicazione di cui allarticolo
11, comma 3, ovvero la effettua in modo incompleto o inesatto è punito
con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2.582 a euro 15.493. Se
la comunicazione è effettuata entro il sessantesimo giorno dalla
scadenza del termine stabilito ai sensi della legge 25 gennaio 1994, n.
70, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 25 a euro 154.
2. Chiunque omette di tenere ovvero tiene in modo incompleto il registro
di carico e scarico di cui allarticolo 12, comma 1, è punito
con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2.582 a euro 15.493. Se
il registro è relativo a rifiuti pericolosi si applica la sanzione
amministrativa pecuniaria da euro 15.493 a euro 92.962, nonché la
sanzione amministrativa accessoria della sospensione da un mese ad un anno
dalla carica rivestita dal soggetto responsabile dellinfrazione e
dallamministratore. Le sanzioni di cui sopra sono ridotte rispettivamente
da euro 1.032 a euro 6.197 per i rifiuti non pericolosi, da euro 2.065 a
euro 12.394 per i rifiuti pericolosi, nel caso di imprese che occupano un
numero di unità lavorative inferiore a 15 dipendenti calcolate con
riferimento al numero di dipendenti occupati a tempo pieno durante un anno,
mentre i lavoratori a tempo parziale e quelli stagionali rappresentano frazioni
di unità lavorative annue; ai predetti fini lanno da prendere
in considerazione è quello dellultimo esercizio contabile approvato.
3. Chiunque effettua il trasporto di rifiuti senza il prescritto formulario
di cui allarticolo 15 ovvero indica nel formulario stesso dati incompleti
o inesatti è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da
euro 1.549 a euro 9.296. Si applica la pena di cui allarticolo 483
del codice penale nel caso di trasporto di rifiuti pericolosi. Tale ultima
pena si applica anche a chi, nella predisposizione di un certificato di
analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione
e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di un
certificato falso durante il trasporto (2).
4. Se le indicazioni di cui ai commi 1 e 2 sono formalmente incomplete o
inesatte ma i dati riportati nella comunicazione al catasto, nei registri
di carico e scarico, nei formulari di identificazione dei rifiuti trasportati
e nelle altre scritture contabili tenute per legge consentono di ricostruire
le informazioni dovute si applica la sanzione amministrativa pecuniaria
da euro 258 a euro 1.549. La stessa pena si applica se le indicazioni di
cui al comma 3 sono formalmente incomplete o inesatte ma contengono tutti
gli elementi per ricostruire le informazioni dovute per legge, nonché
nei casi di mancato invio alle autorità competenti e di mancata conservazione
dei registri di cui allarticolo 12, commi 3 e 4, o del formulario
di cui allarticolo 15.
(1) Per un approfondimento sul sistema sanzionatorio connesso al trasporto,
con riferimento anche alle procedure di sequestro e confisca, nonché
in relazione al parallelo trasporto di «rifiuti liquidi costituiti
da acque reflue» sulla base dellart. 36, D.L.vo n. 152/99, rinviamo
alla introduzione del presente capitolo ed alla introduzione del capitolo
sulle acque.
(2) Le analisi del rifiuto sono parte integrante e necessaria del formulario
di identificazione di un rifiuto? Il non allegare al formulario di identificazione
del rifiuto delle analisi è sanzionato?
Il problema del certificato di analisi da allegare al formulario di identificazione
dei rifiuti è oggetto da tempo di un ampio dibattito. La questione
infatti non è stata ancora risolta in modo concorde.
Il decreto n. 22/97 non prevede che un certificato di analisi debba essere
allegato al formulario di identificazione utilizzato per il trasporto. Tuttavia
il sistema sanzionatorio prevede una pesante pena per chiunque falsifica
il certificato di analisi allegato al formulario di identificazione o comunque
fornisce false indicazioni sulla natura e quantità dei rifiuti trasportati.
Il sistema sanzionatorio va letto non in relazione ad una norma di precettività
specifica, ma rispetto allimpianto generale del decreto ed anche in
relazione al combinato disposto dei decreti n. 22/97 e n. 152/99. Una parte
rilevante dei rifiuti è identificabile a vista: ricordiamo
che i rifiuti speciali non possono e non devono essere mischiati, e quindi
vengono trasportati separati, tipologia per tipologia.
Vi sono, tuttavia, casi in cui il formulario di identificazione è
del tutto carente per documentare la qualità dei rifiuti.
Il caso più esemplificativo e realmente manualistico è costituito
dalla nuova categoria dei «rifiuti liquidi costituiti da acque reflue».
Si tratta infatti di quella speciale categoria intermedia di rifiuti liquidi
che si trovano oggi a cavallo tra il decreto n. 22/97 e il decreto n. 152/99.
Per intenderci, si tratta dei famosi ex scarichi indiretti, e cioè
di quei liquami (sia aziendali che di origine domestica) i quali riversati
dalla fonte di produzione in una vasca o cisterna o contenitore similare,
dopo un periodo di stasi di deposito vengono prelevati da un mezzo (verosimilmente
autospurgo) che li trasporta verso un impianto di trattamento conto terzi.
Vigente la pregressa legge Merli ed il pregresso D.P.R. n. 915/82, tali
liquami erano considerati giuridicamente «scarico indiretto»
ed enucleati dentro la disciplina della legge Merli n. 319/76.
Oggi la normativa è cambiata e la sinergia normativa tra il decreto
n. 22/97 e il decreto n. 152/99 classifica questi liquami non più
«scarico» in senso stretto bensì «rifiuti liquidi
costituiti da acque reflue». Quindi si tratta di una categoria di
rifiuti. Ed allora la stasi in vasca di questi liquami rappresenta un «deposito
temporaneo» previsto dal decreto sui rifiuti ed il viaggio è
un trasporto ordinario di rifiuti liquidi che deve essere assistito dal
formulario di identificazione. Formulario di identificazione che però,
come appare evidente, per tale speciale nuova categoria di rifiuti liquidi,
non può dirsi esaustiva esclusivamente con i codici ed i campi previsti
in modo prefissato dalla modulistica.
Serve qualcosa in più per identificare tale tipo di rifiuto liquido.
Ed a un certo momento del viaggio del rifiuto tale esigenza appare assolutamente
inderogabile. Si pensi infatti al momento in cui lautospurgo giunge
presso il depuratore comunale, e il gestore del servizio idrico integrato
non può permettere laccesso di tali liquami nella struttura
del depuratore altrimenti trasformerebbe esso impianto in una struttura
che tratta rifiuti liquidi per conto terzi e, anche sulla base della precisa
novella apportata dal decreto «acque bis» sul decreto n. 152/99,
il gestore andrebbe incontro alla pesante sanzione penale prevista dallart.
51 del decreto n. 22/97 per avere gestito illegalmente un impianto di trattamento
rifiuti liquidi conto terzi.
Lunica deroga (verosimilmente scriminante) che ha il gestore del servizio
idrico integrato è quello di ricorrere alla norma dellart.
36 del decreto n. 152/99 che gli consente di accettare tali liquami (formalmente
rifiuti liquidi) laddove venga comunque provato che al momento dellingresso
nel depuratore comunale essi rispettino i valori limite per lo scarico in
fognatura. Dovrebbe trattarsi cioè, in altre parole, del liquame
che potrebbe essere accettato agevolmente in fognatura se dalla fonte produttiva
(aziendale o privata) il titolare avesse riversato detti liquami con una
tubatura diretta allinterno della struttura fognaria. Ma si pone naturalmente
a questo punto il problema: come fa il gestore del servizio idrico
integrato a verificare con esattezza (sotto comminatoria di sua pesante
responsabilità penale in caso negativo) se detti liquami effettivamente
rispettano i valori limite per lo scarico in fognatura o se invece lautista
del mezzo sta attivando un comportamento di dichiarazione fraudolente a
riguardo? Certamente appare logico che in questo caso lunico sistema
formale e sostanziale che è ipotizzabile è il fatto che ad
esso formulario (in se stesso non esaustivo in tal senso) venga allegato
un certificato di analisi dei liquami che appunto certifichi la condizione
prevista dalla norma. Certamente non è realistico ipotizzare che
per ogni viaggio venga eseguita una analisi, ma è pur sempre possibile
un certificato di caratterizzazione generale della fonte produttiva, la
quale con un ciclo una tantum, periodico e ripetitivo certifichi ed attesti
che dal quel ciclo produttivo o abitazione domestica derivi sostanzialmente
quella tipologia di liquami compatibile con i valori limite per lo scarico
in fognatura. Ed ecco dunque che questo è uno dei casi nei quali
appare logico che il certificato di analisi sia indispensabile come allegato
al formulario di identificazione. Certamente la norma punisce di conseguenza
la falsa realizzazione del formulario come pesante illecito penale. Ma in
un certificato di caratterizzazione generale della fonte produttiva (aziendale
o privata) il certificato potrebbe essere in se stesso reale e cioè
il tecnico ha documentato correttamente che in effetti da quella fonte deriva
potenzialmente quel tipo di sostanze. Poi lautista del camion, da
solo o in concorso con il titolare della fonte produttiva, potrebbe rendere
dichiarazioni fraudolente al gestore del servizio idrico integrato e cioè
spacciare il carico reale con il certificato che rappresenta una realtà
diversa dalleffettivamente trasportato.
In questo caso il certificato sarebbe formalmente vero e non falso, ma lattività
fraudolenta dichiarativa sortirebbe leffetto di introitare nel depuratore
comunale un liquame non consentito. Ecco perché evidentemente il
decreto n. 22/97 prevede nel sistema sanzionatorio che non soltanto la classificazione
cartografica ed ideologica del certificato di analisi è punito penalmente
ma anche utilizzare eventualmente il certificato vero per fornire false
indicazioni sulla reale natura qualitativa e quantitativa dei liquami trasportati
o anche comunque fornire false informazioni in linea generale rappresenta
una attività di falsificazione fraudolenta virtuale che viene punita
in questo caso dalla norma ed espressamente dal sistema sanzionatorio penale
del decreto n. 22/97.
Art. 53 (Traffico illecito di rifiuti)
1. Chiunque effettua una spedizione di rifiuti costituente traffico illecito
ai sensi dellarticolo 26 del regolamento (CEE) n. 259/93 del Consiglio,
del 1° febbraio 1993, o effettua una spedizione di rifiuti elencati
nellallegato II del citato regolamento in violazione dellarticolo
1, comma 3, lettere a), b), c) e d), del regolamento stesso, è punito
con la pena dellammenda da 1.549 euro a 25.822 euro e con larresto
fino a due anni. La pena è aumentata in caso di spedizione di rifiuti
pericolosi (1).
2. Alla sentenza di condanna, o a quella emessa ai sensi dellarticolo
444 del codice di procedura penale, per i reati relativi al traffico illecito
di cui al comma 1 o al trasporto illecito di cui agli articoli 51 e 52,
comma 3, consegue obbligatoriamente la confisca del mezzo di trasporto (3).
(1) Questo comma è stato così sostituito dallart. 14
della L. 1° marzo 2002, n. 39.
(2) Tale norma disciplina il traffico illecito dei rifiuti e prevede che
chiunque effettua spedizioni dei rifiuti espressamente previsti dalla norma
stessa, in relazione al regolamento CEE n. 259/93, integra il «traffico
illecito» ed è punito con una sanzione penale, aumentata in
caso di spedizione di rifiuti pericolosi.
Trattasi di concetto molto importante in quanto per la prima volta nel nostro
ordinamento, rispetto alle generiche previsioni adottate dal D.P.R. 915/82,
dopo aver disciplinato il generale trasporto dei rifiuti, la norma va a
sottospecificare ed espressamente disciplinare un aspetto specifico del
trasporto stesso che è costituito appunto dal traffico in senso stretto
dei rifiuti stessi (naturalmente con carattere internazionale).
Detto traffico illecito è concretizzato allorquando sono integrati
i presupposti di fatto e di diritto previsti dallart. 26 del citato
regolamento CEE.
È agevole argomentare che tale traffico illecito corrisponde sostanzialmente
alle attività di gestione criminale dei rifiuti operate con elementi
caratterizzanti diversi, e certamente più impegnativi, rispetto al
trasporto dei rifiuti previsto dallarticolo 15 rispetto al quale,
oltre al carattere internazionale, il traffico disciplinato dal citato art.
53 rappresenta un quid pluris e certamente pretende caratteristiche oggettive
e soggettive di maggiore gravità e un substrato organizzativo di
più rilevante spessore.
In particolare, appare logico che per aversi un vero e proprio traffico
è necessario laccertamento di un elemento minimale, costituito
da una sistematicità operativa e da una organizzazione stabile (o
quanto meno seria e duratura nella sua struttura e portata) oltre che dalla
specifica destinazione.
Appare logico che detto articolo può ricomprendere anche attività
gestite dallecomafia.
Limportanza della fattispecie così inquadrata, tuttavia, viene
in qualche modo mitigata dal sistema sanzionatorio connesso in quanto si
deve rilevare che la punibilità è relegata a una pena contravvenzionale
(art. 53, primo comma) con unammenda da tre a cinquanta milioni e
con larresto fino a due anni (con pena sensibilmente aumentata in
caso di rifiuti pericolosi - stesso articolo - ultima parte primo comma).
A ben guardare, il deterrente e laspetto repressivo sono praticamente
minimi se raffrontati ai traffici sistematici come sopra evidenziati.
Va rilevato che per il citato articolo 53 sarebbe stata idonea una previsione
di tipo delittuoso, con pene variabili ma comunque con maggiore effetto
deterrente e repressivo; soprattutto considerando - come paragone - che
il trasporto di rifiuti pericolosi con dati incompleti o inesatti sul formulario
è punito con la pena del delitto di cui allart. 483 c.p.
Vogliamo, comunque, evidenziare che a nostro avviso in caso di spedizione
attraverso traffico illecito possono entrare in concorso le norme specifiche:
il qui esaminato articolo 53, ma anche il precedente articolo 52 terzo comma
(prima parte, seconda ipotesi), laddove - come appena accennato - punisce
chi durante il trasporto di rifiuti pericolosi indica dati incompleti o
inesatti sul formulario con la sanzione ex art. 483 del codice penale. Infatti,
da un lato va rilevato che il concetto più globale di traffico non
esclude certo il concorso con eventuali norme previste per il trasporto,
perché certamente nel concetto di traffico a maggior ragione vanno
ricomprese ed assorbite tutte le fattispecie minori contenenti il trasporto;
e dallaltro lato è realistico immaginare che chi esegue un
traffico illecito con spedizione di rifiuti in modo sistematico, esercita
detta attività in modo organizzato con redazione di documentazioni
falsificati in modo idoneo per cercare di superare gli ostacoli dei controlli.
In tal caso non si tratta certo di soggetti che operano improvvisate violazioni
alla norma (come coloro che, in caso antitetico, possono rientrare nella
sub-previsione di cui allart. 52 quarto comma - prima ipotesi - con
sanzione amministrativa) ma colui che gestisce un traffico illecito di rifiuti
con spedizioni sistematiche per forza di cose sarà costretto anche
a una falsificazione (magari sofisticata e sistematica) dei formulati. Dunque
detta redazione di dati incompleti o inesatti (a maggior ragione del tutto
falsi) va automaticamente ad integrare parallelamente anche la previsione
dellarticolo 52, terzo comma (prima parte, seconda ipotesi).
Inoltre, è ovvio che chi gestisce un traffico similare facilmente
predispone, per eludere i controlli, certificati di analisi di rifiuti con
false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche
chimico-fisiche dei rifiuti e fa poi uso dello stesso certificato falso
durante il trasporto; in tal caso sarà integrato, sempre in parallelo,
anche lo specifico reato previsto dallarticolo 52, terzo comma, seconda
parte (che rinvia sempre come pena allart. 483 c.p.).
Va infine rilevato che larticolo 53 nel secondo comma prevede, e questo
appare molto opportuno, che sia nella sentenza di condanna sia nella sentenza
di patteggiamento ex articolo 444 del codice di procedura penale per le
contravvenzioni relative sia al traffico sia al trasporto illecito dei rifiuti
consegue obbligatoriamente la confisca del mezzo di trasporto.
Questa previsione, oltre che costituire certamente un aspetto deterrente
e repressivo di sensibile spessore, induce comunque a ritenere (e questo
è un punto che vogliamo evidenziare con particolare sottolineatura)
che viene di fatto (seppur indirettamente) reso praticamente obbligatorio
il sequestro del mezzo di trasporto da parte degli organi di polizia e di
vigilanza al momento dellaccertamento dei fatti-reato previsti:
dallarticolo 52 terzo comma (prima parte, seconda ipotesi) per trasporto
con dati incompleti o inesatti di rifiuti pericolosi;
dallarticolo 53 per il caso dei traffici illeciti (con categorie predeterminate
di rifiuti);
dallarticolo 51 primo comma in ordine al trasporto di rifiuti prodotti
da terzi (pericolosi e non) in mancanza della prescritta autorizzazione,
iscrizione o comunicazione di cui agli artt. 27, 28, 29, 30, 31, 32 e 33.
Largomentazione appare abbastanza logica: non può certo essere
prevista la confisca di un mezzo di trasporto, se non si sottointende che
lo stesso allo stato del dibattimento sia in stato di sequestro penale,
perché non si può certo confiscare un bene che non è
stato già in sede di accertamento di polizia giudiziaria sottoposto
a sequestro.
Questo punto appare eccezionalmente importante, in quanto fino ad oggi una
delle carenze fondamentali in ordine agli accertamenti di reato inerenti
i trasporti e traffici illeciti di rifiuti è stato proprio quello
in ordine allattività di sequestro dei mezzi operata dalla
Polizia giudiziaria. Su questo aspetto si deve registrare, non senza una
nota di disappunto critico, che raramente gli organi di P.G. hanno proceduto
a sequestrare i mezzi di trasporto in flagranza di traffici illeciti di
rifiuti o trasporti comunque di una certa gravità rispetto alle fattispecie
penali previste dal D.P.R. 915/82.
Forti resistenze mentali ed operative sono state mascherate con vuote questioni
di principio in ordine alla presunta incompetenza da parte degli organi
di polizia giudiziaria per effettuare i sequestri di iniziativa (in realtà
ciò ha sempre nascosto un vero e proprio scaricabarile in ordine
alla successiva attività del pubblico ministero).
Oggi la norma appare a nostro avviso chiarissima in questo senso, perché
dando per obbligatoria la confisca del mezzo utilizzato per il traffico
e il trasporto illecito, dà logicamente per scontato il senso della
analoga e strettamente propedeutica necessità del sequestro del mezzo
stesso, operato naturalmente in sede di indagini (e dunque, altrettanto
logicamente, ad iniziativa dalla polizia giudiziaria oppure, in ipotesi
residuali, anche dal pubblico ministero là dove la P.G., per motivi
spesso incomprensibili, non ritenga di procedere di iniziativa e di lasciare
nelle mani del pericolosissimo e spesso criminale contravventore il mezzo
usato per questo tipo di gravissima violazione alla normativa di settore).
Questa nostra interpretazione trova conforto e conferma nel fatto che la
«Commissione ecomafia» del Ministero dellambiente nel
proprio documento finale ha adottato principio assolutamente identico, raccomandando
uno sviluppo di tali prassi ad opera degli organi di P.G. sul territorio.
Ancora. In sede di lavori della Commissione Parlamentare di inchiesta sulle
attività connesse al traffico illecito di rifiuti è stata
elaborata una proposta normativa in materia di criminalità organizzata
nel settore ed è stata prevista lintegrazione dellart.
321 del codice di procedura penale inerente il sequestro con un art. 321
bis per rendere espressamente obbligatori i sequestri da parte della P.G.
in questo ed altri casi.
(3) Importante la modifica apportata al secondo comma dellarticolo
53 dal Ronchi bis.
Nel corpo di detto comma è stata abolita la parola «contravvenzioni»
e sostituita con la parola «reati». In altre parole il testo
originario recitava nel seguente modo: «Alla sentenza di condanna,
o a quella emessa ai sensi dellarticolo 444 del codice di procedura
penale, per le contravvenzioni relative al traffico illecito di cui al comma
1 o al trasporto illecito di cui agli articoli 51 e 52, comma 3, consegue
obbligatoriamente la confisca del mezzo di trasporto» mentre il testo
modificato recita nel seguente modo: «Alla sentenza di condanna, o
a quella emessa ai sensi dellarticolo 444 del codice di procedura
penale, per i reati relativi al traffico illecito di cui al comma 1 o al
trasporto illecito di cui agli articoli 51 e 52, comma 3, consegue obbligatoriamente
la confisca del mezzo di trasporto». Ad un esame superficiale la modifica
è di mera forma e scarsamente significativa ma in realtà rappresenta
intervento di salvaguardia per uno degli assi portanti fondamentali del
decreto Ronchi.
Si rileva infatti che nelle norme richiamate si opera un rinvio allarticolo
483 codice penale con la formula «si applica la pena di cui allarticolo
483 del codice penale nel caso di trasporto di rifiuti pericolosi. Tale
ultima pena si applica anche a chi nella predisposizione di un certificato,
etc. ...».
Lart. 483 c.p. è un delitto. si era dunque da taluno argomentato
(con una interpretazione restrittiva e riduttiva) che non sussistendo contravvenzioni
nel corpo di detto sistema sanzionatorio (essendo, appunto, il reato richiamato
un delitto) di fatto la confisca non si poteva applicare mai e dunque di
fatto si sarebbe vanificato il sistema sopra descritto. Si era replicato
che il rinvio era solo quoad poenam, ma si deve comunque considerare preziosa,
onde evitare equivoci, la modifica per depennare la parola «contravvenzioni»
e sostituirla con la parola «reati».
Art. 53 bis (Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti)
1. Chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più
operazioni e attraverso lallestimento di mezzi e attività continuative
organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce
abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti è punito con la reclusione
da uno a sei anni.
2. Se si tratta di rifiuti ad alta radioattività si applica la pena
della reclusione da tre a otto anni.
3. Alla condanna conseguono le pene accessorie di cui agli articoli 28,
30, 32 bis e 32 ter del codice penale, con la limitazione di cui allarticolo
33 del medesimo codice.
4. Il giudice, con la sentenza o con la decisione emessa ai sensi dellarticolo
444 del codice di procedura penale, ordina il ripristino dello stato dellambiente,
e può subordinare ove possibile la concessione della sospensione
condizionale della pena alleliminazione del danno o del pericolo per
lambiente.
(1) Questo articolo è stato inserito dallart. 22 della L. 23
marzo 2001, n. 93.
Art. 54 (Imballaggi)
1. I produttori e gli utilizzatori che non adempiono allobbligo
di cui allarticolo 38, comma 2, entro il 28 febbraio1999 (2), sono
puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria pari a sei volte le somme
dovute per ladesione al CONAI, fatto comunque salvo lobbligo
di corrispondere i contributi pregressi (1). Tale sanzione è ridotta
della metà nel caso di adesioni effettuate entro il sessantesimo
giorno dalla scadenza sopra indicata (1). I produttori di imballaggi che
non provvedono ad organizzare un proprio sistema per ladempimento
degli obblighi di cui allarticolo 38, comma 3, e non aderiscono ai
consorzi di cui allarticolo 40 ne adottano un proprio sistema cauzionale
sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 7.746 a euro
46.481. La stessa pena si applica agli utilizzatori che non adempiono allobbligo
di cui allarticolo 38, comma 4.
2. La violazione dei divieti di cui allarticolo 43, commi 1 e 4, è
punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.164 a euro 30.987.
La stessa pena si applica a chiunque immette nel mercato interno imballaggi
privi dei requisiti di cui allarticolo 36, comma 5.
3. La violazione del divieto di cui allarticolo 43, comma 3, è
punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2.582 a euro 15.493.
(1) Periodo aggiunto dallart. 4, comma 26, della L. 9 dicembre 1998,
n. 426.
(2) Termine così prorogato dallart. 1 del D.L. 28 dicembre
1998, n. 452, conv., con modif., nella L. 22 febbraio 1999, n. 35.
Art. 55 (Competenza e giurisdizione)
1. Fatte salve le altre disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689,
in materia di accertamento degli illeciti amministrativi, allirrogazione
delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dalla presente normativa
provvede la Provincia nel cui territorio è stata commessa la violazione,
ad eccezione delle sanzioni previste dallarticolo 50, comma 1, per
le quali è competente il Comune (1).
2. Avverso le ordinanze-ingiunzione relative alle sanzioni amministrative
di cui al comma 1 è esperibile il giudizio di opposizione di cui
allarticolo 23 della legge 24 novembre 1981 n. 689.
3. Per i procedimenti penali pendenti alla data di entrata in vigore del
presente decreto lautorità giudiziaria, se non deve pronunziare
decreto di archiviazione o sentenza di proscioglimento, dispone la trasmissione
degli atti agli enti indicati al comma 1 ai fini dellapplicazione
delle sanzioni amministrative.
(1) Il primo comma dellarticolo 55 che prevede la competenza delle
province per lirrogazione delle sanzioni amministrative previste dal
decreto (ad eccezione della competenza del comune per le sanzioni dellarticolo
50, comma 1) è stato modificato dal «Ronchi bis» nel
senso di prevedere in apertura del primo comma la dicitura «fatte
salve le altre disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689 in materia
di accertamento degli illeciti amministrativi».
Detta premessa potrebbe anche apparire superflua, giacché la stesura
originaria del comma era abbastanza chiara: prevedeva e prevede che provincia
e comune provvedono alla «irrogazione» delle sanzioni amministrative
e quindi soltanto a tale atto specifico di irrogare la sanzione è
ricollegata la competenza selettiva esclusiva di tali due enti.
Appariva chiaramente sottinteso e non contestabile che gli accertamenti
degli illeciti amministrativi (cosa ben diversa dalla irrogazione successiva
delle sanzioni) appartenevano ed appartengono a tutti gli organi di qualunque
natura deputati alla vigilanza sul territorio.
Però nel regime di overdose di polemiche scatenato dopo lentrata
in vigore del decreto legislativo in esame qualcuno, spesso per mero esercizio
teorico verbale, ha voluto sostenere che da tale norma si poteva trarre
una competenza esclusiva delle province e dei comuni anche in ordine alla
pregressa fase degli accertamenti degli illeciti amministrativi sul territorio:
una specie di attrazione fatale e conseguente alla espressamente ed unicamente
prevista irrogazione delle sanzioni.
Ma così non era, e non poteva essere. Perché oltretutto sarebbe
stato già assurdo in via logica che su tutto il territorio nazionale
soltanto il personale delle province di fatto poteva procedere allaccertamenti
degli illeciti amministrativi e tutti gli altri organi di vigilanza, anche
statali (vedi le forze di polizia ordinarie) dovevano restare sopite con
le braccia conserte di fronte agli stessi illeciti.
Comunque, bene ha fatto il legislatore ad eliminare ogni dubbio con linciso
in questione che dovrebbe stroncare finalmente ogni residua polemica sul
punto avendo chiarito che tutti gli organi di vigilanza (naturalmente ivi
compresi anche le forze di polizia dello Stato) devono controllare tutti
gli illeciti amministrativi del decreto Ronchi mentre poi i verbali verranno
inviati alle province (e parte minore ai comuni) per la successiva ed indipendente
procedura della irrogazione materiale delle sanzioni conseguenti agli accertamenti
così sviluppati sul territorio.
Art. 55 bis (Proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie)
1. I proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie per le violazioni
del presente decreto sono devoluti alle province e sono destinati allesercizio
delle funzioni di controllo in materia ambientale, fatti salvi i proventi
delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui allarticolo 50, comma
1, che sono devoluti ai comuni.
CAPO II
DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI
Art. 56 (Abrogazione di norme)
1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto
sono abrogati:
a) la legge 20 marzo 1941, n. 366;
b) il decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915;
c) il decreto legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni,
dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, ad eccezione degli articoli 7, 9 e
9 quinquies;
d) il decreto legge 31 agosto 1987, n. 361, convertito, con modificazioni,
dalla legge 29 ottobre 1987, n. 441, ad eccezione degli articoli 1, 1 bis,
1 ter, 1 quater, 1 quinquies e 14, comma 1;
e) il decreto legge 14 dicembre 1988, n. 527, convertito, con modificazioni,
dalla legge 10 febbraio 1988, n. 45;
f) larticolo 29 bis del decreto legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito,
con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, e successive modificazioni.
f bis) i commi 3, 4 e 5, secondo periodo, dellarticolo 103 del
decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285;
f ter) larticolo 5, comma 1, del decreto del Presidente della
Repubblica 8 agosto 1994, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 251 del
26 ottobre 1994.
2. Il Governo, ai sensi dellarticolo 17, comma 2, della legge 23 agosto
1988, n. 400, adotta, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del
presente decreto, su proposta del Ministro dellambiente, di concerto
con il Ministro dellindustria, del commercio e dellartigianato,
previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, che si esprimono
entro 30 giorni dalla trasmissione del relativo schema alle Camere, apposito
regolamento con il quale sono individuati gli atti normativi incompatibili
con il presente decreto, che sono abrogati con effetto dalla data di entrata
in vigore del regolamento medesimo.
2 bis. Il Governo, ai sensi dellarticolo 17, comma 2, della legge
23 agosto 1988, n. 400, adotta entro sessanta giorni dalla data di entrata
in vigore del presente decreto, su proposta del Ministro dellambiente,
di concerto con il Ministro dellindustria, del commercio e dellartigianato,
sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni
e le province autonome di Trento e di Bolzano, previo parere delle competenti
commissioni parlamentari, che si esprimono entro trenta giorni dalla trasmissione
del relativo schema alle Camere, apposito regolamento con il quale sono
disciplinate in conformità ai principi del presente decreto le attività
di gestione degli oli usati e sono individuati gli atti normativi incompatibili
con il decreto medesimo, che sono abrogati con effetto dalla data di entrata
in vigore del regolamento stesso.
Art. 57 (Disposizioni transitorie)
1. Le norme regolamentari e tecniche che disciplinano la raccolta,
il trasporto e lo smaltimento dei rifiuti restano in vigore sino alladozione
delle specifiche norme adottate in attuazione del presente decreto. A tal
fine ogni riferimento ai rifiuti tossici e nocivi si deve intendere riferito
ai rifiuti pericolosi.
2. Sono fatte salve le attribuzioni di funzioni delegate o trasferite già
conferite dalle regioni alle province e agli altri enti locali in attuazione
della legge 8 giugno 1990, n. 142 (2).
3. Le autorizzazioni rilasciate ai sensi del decreto del Presidente della
Repubblica 10 settembre 1982, n. 915, restano valide fino alla loro scadenza
e comunque non oltre il termine di quattro anni dalla data di entrata in
vigore del presente decreto.
4. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto le
Regioni provvederanno ad aggiornare le autorizzazioni in essere per la gestione
dei rifiuti sulla base della nuova classificazione degli stessi.
5. Le attività che in base alle leggi statali e regionali vigenti
risultano escluse dal regime dei rifiuti, ivi compreso lutilizzo dei
materiali e delle sostanze individuati nellallegato 1 al decreto del
Ministro dellambiente 5 settembre 1994, pubblicato nel Supplemento
ordinario n. 126 alla Gazzetta Ufficiale 10 settembre 1994, n. 212, devono
conformarsi alle disposizioni del presente decreto entro e non oltre il
30 giugno 1999 (1).
6. Fermo restando il termine di cui allarticolo 33, comma 6, per la
prosecuzione delle operazioni di recupero dei rifiuti compresi nellallegato
3 al decreto del Ministro dellambiente 5 settembre 1994, pubblicato
nel Supplemento ordinario n. 126 alla Gazzetta Ufficiale 10 settembre 1994,
n. 212, e nellallegato 1 al decreto del Ministro dellambiente
16 gennaio 1995, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale
30 gennaio 1995, n. 24, in esercizio e che risultino conformi alle norme
tecniche adottate ai sensi degli articoli 31 e 33, gli interessati sono
tenuti ad effettuare la comunicazione di cui allarticolo 33, comma
1, entro trenta giorni dallemanazione delle predette norme tecniche;
in tal caso lesercizio dellattività può essere
continuato senza attendere il decorso di novanta giorni dalla comunicazione.
6 bis. In attesa delle specifiche norme regolamentari e tecniche, da adottarsi
ai sensi dellarticolo 18, comma 2, lettera i), i rifiuti sono assimilati
alle merci per quanto concerne il regime normativo in materia di trasporti
via mare e la disciplina delle operazioni di carico, scarico, trasbordo,
deposito e maneggio in aree portuali. In particolare i rifiuti pericolosi
sono assimilati alle merci pericolose.
6 ter. In attesa delladozione della nuova disciplina organica in materia
di valutazione di impatto ambientale la procedura di cui allarticolo
6 della legge 8 luglio 1986, n. 349, continua ad applicarsi ai progetti
delle opere rientranti nella categoria di cui allarticolo 1, lettera
i), del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 agosto 1988,
n. 377, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 31 agosto 1988, n. 204,
relativa ai rifiuti già classificati tossici e nocivi.
(1) Le originarie parole: «devono conformarsi alle disposizioni del
presente decreto entro tre mesi dal termine di cui allarticolo 33,
comma 6» sono state così sostituite dallart. 1, comma
14, della L. 9 dicembre 1998, n. 426. Il termine, dapprima fissato da questa
legge al 31 dicembre 1998, è stato successivamente così modificato
dallart. 1, comma 36, della L. 23 dicembre 1998, n. 448.
(2) Si veda, ora, il D.L.vo 18 agosto 2000, n. 267.
Art. 58 (Disposizioni finali)
1. Nelle attrezzature sanitarie di cui allarticolo 4, secondo comma,
lettera g), della legge 29 settembre 1964, n. 847 (1), sono ricomprese le
opere, le costruzioni e gli impianti destinati allo smaltimento, al riciclaggio
o alla distruzione dei rifiuti urbani, speciali, pericolosi, solidi e liquidi,
alla bonifica di aree inquinate.
2. (Omissis) (2).
3. Dallattuazione del presente decreto non devono derivare maggiori
oneri o minori entrate a carico dello Stato.
4. Il Consorzio obbligatorio delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti
piombosi di cui allarticolo 9 quinquies del decreto legge 9 settembre
1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988,
n. 475, ha personalità giuridica di diritto privato.
5. Il Consorzio obbligatorio degli oli usati di cui allarticolo 11
del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, ha personalità giuridica
di diritto privato.
6. Nellassegnazione delle risorse stanziate, ancora disponibili, del
decreto legge 31 agosto 1987, n. 361, convertito, con modificazioni, dalla
legge 29 ottobre 1987, n. 441, si prescinde dalle specificazioni di cui
agli articoli 1, 1 bis e 1 ter e delle tipologie impiantistiche ivi indicate.
7. Le disposizioni del Titolo II del presente decreto entrano in vigore
dal 1° maggio 1997.
7 bis. Le spese per lindennità e per il trattamento economico
del personale di cui allarticolo 9 del decreto legge 9 settembre 1988,
n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475,
sono imputate sul capitolo 5940 dello stato di previsione del Ministero
dellambiente. Il trattamento economico resta a carico delle istituzioni
di appartenenza, previa intesa con le medesime, nel caso in cui il personale
svolga attività di comune interesse.
7 ter. I rifiuti provenienti da attività di manutenzione o assistenza
sanitaria si considerano prodotti presso la sede o il domicilio del soggetto
che svolge tali attività (3).
7 quater. Le disposizioni di cui agli articoli 11, 12, 15 e 30 non si applicano
alle attività di raccolta e trasporto di rifiuti effettuate dai soggetti
abilitati allo svolgimento delle attività medesime in forma ambulante,
limitatamente ai rifiuti che formano oggetto del loro commercio (3).
(1) Autorizzazione ai comuni e loro consorzi a contrarre mutui per lacquisizione
delle aree ai sensi della legge 18 aprile 1962, n. 167.
(2) Contiene modifiche alla L. 19 ottobre 1984, n. 748 (vedasi alla voce
Agricoltura) riportate nel testo della medesima legge.
(3) Comma aggiunto dallart. 4, comma 27, della L. 9 dicembre 1998,
n. 426.
Allegato A
1. CATEGORIE DI RIFIUTI
Q1Residui di produzione o di consumo in appresso non specificati
Q2Prodotti fuori norma
Q3Prodotti scaduti
Q4Sostanze accidentalmente riversate, perdute o aventi subito qualunque
altro incidente, compresi tutti i materiali, le attrezzature, ecc. contaminati
in seguito allincidente in questione
Q5Sostanze contaminate o insudiciate in seguito ad attività volontarie
(ad esempio residui di operazioni di pulizia, materiali da imballaggio,
contenitori, ecc.)
Q6Elementi inutilizzabili (ad esempio batterie fuori uso, catalizzatori
esausti, ecc.)
Q7Sostanze divenute inadatte allimpiego (ad esempio acidi contaminati,
solventi contaminati, sali da rinverdimento esauriti, ecc.)
Q8Residui di processi industriali (ad esempio scorie, residui di distillazione,
ecc.)
Q9Residui di procedimenti antinquinamento (ad esempio fanghi di lavaggio
di gas, polveri di filtri daria, filtri usati, ecc.)
Q10Residui di lavorazione/sagomatura (ad esempio trucioli di tornitura o
di fresatura, ecc.)
Q11Residui provenienti dallestrazione e dalla preparazione delle materie
prime (ad esempio residui provenienti da attività minerarie o petrolifere,
ecc.)
Q12Sostanze contaminate (ad esempio olio contaminato da PCB, ecc.)
Q13Qualunque materia, sostanza o prodotto la cui utilizzazione è
giuridicamente vietata
Q14Prodotti di cui il detentore non si serve più (ad esempio articoli
messi fra gli scarti dellagricoltura, dalle famiglie, dagli uffici,
dai negozi, dalle officine, ecc.)
Q15Materie, sostanze o prodotti contaminati provenienti da attività
di riattamento di terreni
Q16Qualunque sostanza, materia o prodotto che non rientri nelle categorie
sopra elencate
2. ELENCO DEI RIFIUTI ISTITUITO CONFORMEMENTE ALLARTICOLO 1, LETTERA
A),
DELLA DIRETTIVA 75/442/CEE RELATIVA AI RIFIUTI E ALLARTICOLO 1, PARAGRAFO
4, DELLA DIRETTIVA 91/689/CEE RELATIVA AI RIFIUTI PERICOLOSI
(1) In virtù di quanto dispone il punto 1 (lett. A, B, C), della
Dir. (Min. Amb.) 9 aprile 2002 (S.O. alla G.U. n. 108 del 10 maggio 2002):
«A. Lallegato A alla presente direttiva contiene la decisione
della Commissione 2000/532, modificata da ultimo con decisione 2001/573
e, in particolare, lelenco europeo dei rifiuti sostitutivo dellallegato
D del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22. Ogni riferimento alla
Sezione A. 2 (catalogo europeo dei rifiuti) del Decreto Legislativo 5 febbraio
1997, n. 22 contenuto nella normativa vigente, si intende relativo allelenco
dei rifiuti di cui allallegato A della presente direttiva».
«B. Nellelenco dei rifiuti indicati nellallegato A alla
presente direttiva sono classificati pericolosi - anche ai sensi e per gli
effetti di cui allarticolo 7, comma 4, del decreto legislativo 5 febbraio
1997, n. 22 - i rifiuti contrassegnati con un asterisco (*), nel rispetto
delle procedure previste dalla normativa nazionale e comunitaria vigenti».
«C. La sezione A. 2 (catalogo europeo dei rifiuti) del Decreto Legislativo
5 febbraio 1997, n. 22 risulta soppressa. Ogni riferimento ai rifiuti pericolosi
di cui alla normativa vigente si intende relativo ai rifiuti precisati con
asterisco nellelenco dei rifiuti di cui allallegato A alla presente
direttiva». Si veda, pertanto, ora lelenco che ha sostituito
lallegato D.
(Omissis) (4).
Allegato B
OPERAZIONI DI SMALTIMENTO
N.B. Il presente allegato intende elencare le operazioni di smaltimento
come avvengono nella pratica. Ai sensi dellarticolo 2, i rifiuti devono
essere smaltiti senza pericolo per la salute delluomo e senza usare
procedimenti o metodi che possano recare pregiudizio allambiente.
D 1Deposito sul o nel suolo (ad es. discarica)
D 2Trattamento in ambiente terrestre (ad es. biodegradazione di rifiuti
liquidi o fanghi nei suoli)
D 3Iniezioni in profondità (ad es. iniezioni dei rifiuti pompabili
in pozzi, in cupole saline o faglie geologiche naturali)
D 4Lagunaggio (ad es. scarico di rifiuti liquidi o di fanghi in pozzi, stagni
o lagune, ecc.)
D 5Messa in discarica specialmente allestita (ad es. sistematizzazione in
alveoli stagni separati, ricoperti o isolati gli uni dagli altri e dallambiente)
D 6Scarico dei rifiuti solidi nellambiente idrico eccetto limmersione
D 7Immersione, compreso il seppellimento nel sottosuolo marino
D 8Trattamento biologico non specificato altrove nel presente allegato,
che dia origine a composti o a miscugli che vengono eliminati secondo uno
dei procedimenti elencati nei punti da D 1 a D 12
D 9Trattamento fisico-chimico non specificato altrove nel presente allegato
che dia origine a composti o a miscugli eliminati secondo uno dei procedimenti
elencati nei punti da D 1 a D 12 (ad es. evaporazione, essiccazione, calcinazione,
ecc.)
D 10Incenerimento a terra
D 11Incenerimento in mare
D 12Deposito permanente (ad es. sistemazione di contenitori in una miniera,
ecc.)
D 13Raggruppamento preliminare prima di una delle operazioni di cui ai punti
da D 1 a D 12
D 14Ricondizionamento preliminare prima di una delle operazioni di cui ai
punti da D 1 a D 13
D 15Deposito preliminare prima di una delle operazioni di cui ai punti da
D 1 a D 14 (escluso il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo
in cui sono prodotti)
Allegato C
OPERAZIONI DI RECUPERO
N.B. Il presente allegato intende elencare le operazioni di recupero come
avvengono nella pratica. Ai sensi dellarticolo 2, i rifiuti devono
essere recuperati senza pericolo per la salute delluomo e senza usare
procedimenti o metodi che possano recare pregiudizio allambiente.
R 1Utilizzazione principale come combustibile o come altro mezzo per produrre
energia
R 2Rigenerazione/recupero di solventi
R 3Riciclo/recupero delle sostanze organiche non utilizzate come solventi
(comprese le operazioni di compostaggio e altre trasformazioni biologiche)
R 4Riciclo/recupero dei metalli o dei composti metallici
R 5Riciclo/recupero di altre sostanze inorganiche
R 6Rigenerazione degli acidi o delle basi
R 7Recupero dei prodotti che servono a captare gli inquinanti
R 8Recupero dei prodotti provenienti dai catalizzatori
R 9Rigenerazione o altri reimpieghi degli oli
R 10Spandimento sul suolo a beneficio dellagricoltura o dellecologia
R 11Utilizzazione di rifiuti ottenuti da una delle operazioni indicate da
R 1 a R 10
R 12Scambio di rifiuti per sottoporli ad una delle operazioni indicate da
R 1 a R 11
R 13Messa in riserva di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate
nei punti da R 1 a R 12 (escluso il deposito temporaneo, prima della raccolta,
nel luogo in cui sono prodotti).
Allegato D
*ESISTENTE MA PER RAGIONI DI SPAZIO NON VIENE VISUALIZZATO
INDICE
Capitoli dell'elenco
Allegato E
OBIETTIVI DI RECUPERO E DI RICICLAGGIO
Entro 5 anni
Minimi
massimi
a) Rifiuti di imballaggi da recuperare con
materia o come componente di energia: in peso almeno il
50%
65%
b) Rifiuti di imballaggi da riciclare:
in peso almeno il
25%
45%
c) Ciascun materiale di imballaggio da riciclare
: in peso almeno il
15%
25%
Allegato F
REQUISITI ESSENZIALI CONCERNENTI
LA COMPOSIZIONE E LA RIUTILIZZABILITÀ E LA RECUPERABILITÀ
(IN PARTICOLARE LA RICICLABILITÀ) DEGLI IMBALLAGGI
1. Requisiti per la fabbricazione e composizione degli imballaggi.
-Gli imballaggi sono fabbricati in modo da limitare il volume e il peso
al minimo necessario per garantire il necessario livello di sicurezza, igiene
e accettabilità tanto per il prodotto imballato quanto per il consumatore.
-Gli imballaggi sono concepiti, prodotti e commercializzati in modo da permetterne
il reimpiego o il recupero, compreso il riciclaggio, e da ridurne al minimo
limpatto sullambiente se i rifiuti di imballaggio o i residui
delle operazioni di gestione dei rifiuti di imballaggio sono smaltiti.
-Gli imballaggi sono fabbricati in modo che la presenza di metalli nocivi
e di altre sostanze e materiali pericolosi come costituenti del materiale
di imballaggio o di qualsiasi componente dellimballaggio sia limitata
al minimo con riferimento alla loro presenza nelle emissioni, nelle ceneri
o nei residui di lisciviazione se gli imballaggi o i residui delle operazioni
di gestione dei rifiuti di imballaggio sono inceneriti o interrati.
2. Requisiti per la riutilizzabilità di un imballaggio.
I seguenti requisiti devono essere soddisfatti simultaneamente:
-le proprietà fisiche e le caratteristiche dellimballaggio
devono consentire una serie di spostamenti o rotazioni in condizioni di
impiego normalmente prevedibili;
-possibilità di trattare gli imballaggi usati per ottemperare ai
requisiti in materia di salute e di sicurezza dei lavoratori;
-osservanza dei requisiti specifici per gli imballaggi recuperabili se limballaggio
non è più utilizzato e diventa quindi un rifiuto.
3. Requisiti per la recuperabilità di un imballaggio.
a) Imballaggi recuperabili sotto forma di riciclaggio del materiale.
Limballaggio deve essere prodotto in modo tale da consentire il riciclaggio
di una determinata percentuale in peso dei materiali usati, nella fabbricazione
di prodotti commerciabili, rispettando le norme in vigore della Comunità
europea. La determinazione di tale percentuale può variare a seconda
del tipo di materiale che costituisce limballaggio.
b) Imballaggi recuperabili sotto forma di recupero di energia.
I rifiuti di imballaggio trattati a scopi di recupero energetico devono
avere un valore calorifico minimo inferiore per permettere di ottimizzare
il recupero energetico.
c) Imballaggi recuperabili sotto forma di compost.
I rifiuti di imballaggio trattati per produrre compost devono essere sufficientemente
biodegradabili in modo da non ostacolare la raccolta separata e il processo
o lattività di compostaggio in cui sono introdotti.
d) Imballaggi biodegradabili.
I rifiuti di imballaggio biodegradabili devono essere di natura tale da
poter subire una decomposizione fisica, chimica, termica o biologica grazie
alla quale la maggior parte del compost risultante finisca per decomporsi
in biossido di carbonio, biomassa e acqua.
Allegato G
CATEGORIE O TIPI GENERICI DI RIFIUTI PERICOLOSI ELENCATI IN BASE ALLA LORO
NATURA O ALLATTIVITÀ CHE LI HA PRODOTTI (*) (I RIFIUTI POSSONO
PRESENTARSI SOTTO FORMA DI LIQUIDO, DI SOLIDO O DI FANGO)
Allegato G-1
Rifiuti che presentano una qualsiasi delle caratteristiche elencate nellallegato
I e che consistono in:
1. Sostanze anatomiche: rifiuti di ospedali o provenienti da altre attività
mediche
2. Prodotti farmaceutici, medicinali, prodotti veterinari
3. Prodotti per la protezione del legno
4. Biocidi e prodotti fitosanitari
5. Residui di prodotti utilizzati come solventi
6. Sostanze organiche alogenate non utilizzate come solventi, escluse le
sostanze polimerizzate inerti
7. Sali per rinvenimento contenenti cianuri
8. Oli e sostanze oleose minerali (ad esempio fanghi di lavorazione, ecc.)
9. Miscugli olio/acqua o idrocarburo/acqua, emulsioni
10. Sostanze contenenti PCB e/o PCT (ad esempio isolanti elettrici, ecc.)
11. Sostanze bituminose provenienti da operazioni di raffinazione, distillazione
o pirolisi (ad esempio residui di distillazione, ecc.)
12. Inchiostri, coloranti, pigmenti, pitture, lacche, vernici
13. Resine, lattici, plastificanti, colle/adesivi
14. Sostanze chimiche non identificate e/o nuove provenienti da attività
di ricerca, di sviluppo o di insegnamento, i cui effetti sulluomo
e/o sullambiente non sono noti (ad esempio rifiuti di laboratorio,
ecc.)
15. Prodotti pirotecnici e altre sostanze esplosive
16. Prodotti di laboratori fotografici
17. Qualunque materiale contaminato da un prodotto della famiglia dei dibenzofurani
policlorurati
18. Qualunque materiale contaminato da un prodotto della famiglia delle
dibenzoparadiossine policlorurate
Allegato G-2
Rifiuti contenenti uno qualunque dei costituenti elencati nellallegato
H, aventi una delle caratteristiche elencate nellallegato I e consistenti
in:
19. Saponi, corpi grassi, cere di origine animale o vegetale
20. Sostanze organiche non alogenate non utilizzate come solventi
21. Sostanze inorganiche senza metalli né composti metallici
22. Scorie e/o ceneri
23. Terre, argille o sabbie, compresi i fanghi di dragaggio
24. Sali per rinvenimento non contenenti cianuri
25. Polveri metalliche
26. Materiali catalitici usati
27. Liquidi o fanghi contenenti metalli o composti metallici
28. Rifiuti provenienti da trattamenti disinquinanti (ad esempio: polveri
di filtri dellaria, ecc.) salvo quelli previsti ai punti 29, 30 e
33
29. Fanghi provenienti dal lavaggio di gas
30. Fanghi provenienti dagli impianti di depurazione dellacqua
31. Residui da decarbonazione
32. Residui di colonne scambiatrici di ioni
33. Fanghi residuati non trattati o non utilizzabili in agricoltura
34. Residui della pulitura di cisterne e/o di materiale
35. Materiale contaminato
36. Recipienti contaminati (ad esempio: imballaggi, bombole di gas, ecc.)
che abbiano contenuto uno o più dei costituenti elencati nellallegato
H
37. Accumulatori e pile elettriche
38. Oli vegetali
39. Oggetti provenienti da una raccolta selettiva di rifiuti domestici e
aventi una delle caratteristiche elencate nellallegato I
40. Qualunque altro rifiuto contenente uno qualunque dei costituenti elencati
nellallegato H e aventi una delle caratteristiche elencate nellallegato
I
(*) Alcune ripetizioni rispetto alle voci dellallegato H sono fatte
intenzionalmente.
Allegato H
COSTITUENTI CHE RENDONO PERICOLOSI I RIFIUTI DELLALLEGATO G-2 QUANDO
TALI RIFIUTI POSSIEDONO LE CARATTERISTICHE DELLALLEGATO I (*)
Rifiuti aventi come costituenti:
C1Berillio, composti del berillio
C2Composti del vanadio
C3Composti del cromo esavalente
C4Composti del cobalto
C5Composti del nickel
C6Composti del rame
C7Composti dello zinco
C8Arsenico, composti dellarsenico
C9Selenio, composti del selenio
C10Composti dellargento
C11Cadmio, composti del cadmio
C12Composti dello stagno
C13Antimonio, composti dellantimonio
C14Tellurio, composti del tellurio
C15Composti del bario, ad eccezione del solfato di bario
C16Mercurio, composti del mercurio
C17Tallio, composti del tallio
C18Piombo, composti del piombo
C19Solfuri inorganici
C20Composti inorganici del fluoro, escluso il fluoruro di calcio
C21Cianuri inorganici
C22I seguenti metalli alcalini o alcalino-terrosi: litio, sodio, potassio,
calcio, magnesio sotto forma non combinata
C23Soluzioni acide o acidi sotto forma solida
C24Soluzioni basiche o basi sotto forma solida
C25Amianto (polvere e fibre)
C26Fosforo, composti del fosforo esclusi i fosfati minerali
C27Metallocarbonili
C28Perossidi
C29Clorati
C30Perclorati
C31Azoturi
C32PCB e/o PCT
C33Composti farmaceutici o veterinari
C34Biocidi e sostanze fitosanitarie (ad esempio antiparassitari, ecc.)
C35Sostanze infettive
C36Oli di creosoto
C37Isocianati, tiocianati
C38Cianuri organici (ad esempio: nitrilli, ecc.)
C39Fenoli, composti fenolati
C40Solventi alogenati
C41Solventi organici, esclusi i solventi alogenati
C42Composti organo-alogenati, escluse le sostanze polimerizzate inerti e
le altre sostanze indicate nel presente allegato
C43Composti aromatici, composti organici policiclici ed eterociclici
C44Ammine alifatiche
C45Ammine aromatiche
C46Eteri
C47Sostanze di carattere esplosivo, escluse le sotanze indicate in altri
punti del presente allegato
C48Composti organici dello zolfo
C49Qualsiasi prodotto della famiglia dei dibenzofurani policlorati
C50Qualsiasi prodotto della famiglia delle dibenzo-paradiossine policlorate
C51Idrocarburi e loro composti ossigenati azotati e/o solforati non altrimenti
indicati nel presente allegato
(*) Alcune ripetizioni rispetto ai tipi generici di rifiuti pericolosi dellallegato
G sono fatte intenzionalmente.
Allegato I
CARATTERISTICHE DI PERICOLO
PER I RIFIUTI
H1«Esplosivo»: sostanze e preparati che possono esplodere per
effetto della fiamma o che sono sensibili agli urti e agli attriti più
del dinitrobenzene;
H2«Comburente»: sostanze e preparati che, a contatto con altre
sostanze, soprattutto se infiammabili, presentano una forte reazione esotermica;
H3-A«Facilmente infiammabile»: sostanze e preparati:
- liquidi il cui punto di infiammabilità è inferiore a 21
°C (compresi i liquidi estremamente infiammabili), o
- che a contatto con laria, a temperatura ambiente e senza apporto
di energia, possono riscaldarsi e infiammarsi, o
- solidi che possono facilmente infiammarsi per la rapida azione di una
sorgente di accensione e che continuano a bruciare o a consumarsi anche
dopo lallontanamento della sorgente di accensione, o
- gassosi che si infiammano a contatto con laria a pressione normale,
o
- che, a contatto con lacqua o laria umida, sprigionano gas
facilmente infiammabili in quantità pericolose;
H3-B«Infiammabile»: sostanze e preparati liquidi il cui punto
di infiammabilità è pari o superiore a 21 °C e inferiore
o pari a 55 °C;
H4«Irritante»: sostanze e preparati non corrosivi il cui contatto
immediato, prolungato o ripetuto con la pelle o le mucose può provocare
una reazione infiammatoria;
H5«Nocivo»: sostanze e preparati che, per inalazione, ingestione
o penetrazione cutanea, possono comportare rischi per la salute di gravità
limitata;
H6«Tossico»: sostanze e preparati (comprese le sostanze e i
preparati molto tossici) che, per inalazione, ingestione o penetrazione
cutanea, possono comportare rischi per la salute gravi, acuti o cronici
e anche la morte;
H7«Cancerogeno»: sostanze e preparati che, per inalazione, ingestione
o penetrazione cutanea, possono produrre il cancro o aumentarne la frequenza;
H8«Corrosivo»: sostanze e preparati che, a contatto con tessuti
vivi, possono esercitare su di essi unazione distruttiva;
H9«Infettivo»: sostanze contenenti microrganismi vitali o loro
tossine, conosciute o ritenute per buoni motivi come cause di malattie nelluomo
o in altri organismi viventi;
H10«Teratogeno»: sostanze e preparati che, per inalazione, ingestione
o penetrazione cutanea, possono produrre malformazioni congenite non ereditarie
o aumentarne la frequenza;
H11«Mutageno»: sostanze e preparati che, per inalazione, ingestione
o penetrazione cutanea, possono produrre difetti genetici ereditari o aumentarne
la frequenza;
H12Sostanze e preparati che, a contatto con lacqua, laria o
un acido, sprigionano un gas tossico o molto tossico;
H13Sostanze e preparati suscettibili, dopo eliminazione, di dare origine
in qualche modo ad unaltra sostanza, ad esempio ad un prodotto di
lisciviazione avente una delle caratteristiche sopra elencate;
H14«Ecotossico»: sostanze e preparati che presentano o possono
presentare rischi immediati o differiti per uno o più settori dellambiente.
Note.
1. Lattribuzione delle caratteristiche di pericolo «tossico»
(e «molto tossico»), «nocivo», «corrosivo»
e «irritante» è effettuata secondo i criteri stabiliti
nellallegato VI, parte I.A e parte II.B della direttiva 67/548/CEE
del Consiglio, del 27 giugno 1967, concernente il ravvicinamento delle disposizioni
legislative, regolamentari ed amministrative relative alla classificazione,
allimballaggio e alletichettatura delle sostanze pericolose,
nella versione modificata dalla direttiva 79/831/CEE del Consiglio.
2. Per quanto concerne lattribuzione delle caratteristiche «cancerogeno»,
«teratogeno» e «mutageno» e riguardo allattuale
stato delle conoscenze, precisazioni supplementari figurano nella guida
per la classificazione e letichettatura di cui allallegato VI
(parte II D) della direttiva 67/548/CEE, nella versione modificata dalla
direttiva 83/467/CEE della Commissione.
Metodi di prova.
I metodi di prova sono intesi a conferire un significato specifico alle
definizioni di cui allallegato I.
I metodi da utilizzare sono quelli descritti nellallegato V della
direttiva 67/548/CEE, nella versione modificata dalla direttiva 84/449/CEE
della Commissione o dalle successive direttive della Commissione che adeguano
al progresso tecnico la direttiva 67/548/CEE. Questi metodi sono basati
sui lavori e sulle raccomandazioni degli organismi internazionali competenti,
in particolare su quelli dellOCSE.
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